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DALLA FAVOLA AL GIOCO   di Ettore Zuccheri

Post n°14 pubblicato il 11 Maggio 2007 da maurizio.massari
 

Sono passati 5 anni dalla prima volta che ci siamo presentati alla Elementare di Budrio.
Eravamo Francesco Busciglio e il sottoscritto , insieme. Abbiamo  offerto il servizio di collaboratore esterno per le attività sportive , a settimane alterne, per tutto l’anno, con 20 classi, oltre 400 bambini. Le lezioni di avviamento al basket ( 3°,4° e 5°),  sono state impostate per favorire la collaborazione tra gli allievi,  per giocare con l’attività più socializzante che conosciamo: “L’attacco al castello”. Se usiamo la parola socializzazione è perché siamo consapevoli della sua importanza rappresentata dal lavoro per il passaggio “egocentrismo-altruismo” che i bambini dovrebbero raggiungere durante il periodo della elementare. Pedagogia e psicologia ci guidano durante il nostro cammino. Come dice la favola del “Jungle Team”, che ci aiuta in questo percorso, la meta di ogni squadra è la partecipazione al torneo di fine anno. Una festa di grandi contenuti comportamentali perché i bambini ascoltano, prima di giocare,  i discorsi di “Ettore l’Elefante” che esprimono la necessità di una buona condotta nei confronti dell’arbitro e degli avversari.  Un insegnamento anche per le maestre, talvolta troppo prese dal risultato. Poi , i bambini, giocano attaccando il “castello”  che è basket adatto alla loro condizione di allievi dell’elementare, dove ci sono classi miste con 20-25 allievi , aventi componenti psicologiche e fisiche di ogni tipo.  Ma giocano tutti, maschi e femmine, insieme a bambini portatori di leggeri handicap. Giocano, non fanno esercizi. Scusate se ripeto sempre volutamente la stessa parola, ma l’importanza del gioco è riconosciuta  da tutti o dobbiamo sottolineare che è anche un bisogno primario? Significa che è messo allo stesso livello del respirare e mangiare, ma in più (il gioco) soddisfa anche il bisogno di sognare.  Quando i bambini entrano in campo sono una “squadra” con la loro divisa di rappresentanza, onorano  un cartellone pubblicitario che hanno costruito insieme e che ora vedono affisso alle pareti della palestra. C’è scritto un nome e può essere “Le aquile nere” oppure “Blue Dolphins”, scelto insieme al capitano, regolarmente eletto, e sono orgogliosi si averlo fatto tutti insieme e  d'accordo. Fa parte del  rispetto delle  regole per  partecipare  al torneo. Quando le squadre entrano in campo è più di una festa , è uno spettacolo di colori ed incitamenti, perché il tifo “corretto” si può fare. Non è un basket facilitato dagli ampi spazi perché interpretato come esercizio 3c3 o 4c4. Più spazio, più facile giocare. Impossibile da fare in una classe delle elementari, facendo giocare tutti.  Su questo pensiero la direttrice è stata precisa: “Se giocano tutti, potete andare avanti!” Il nostro  è un vero gioco 5c5 (o 6c6), dove vengono però limitati i fondamentali più condizionanti: la difesa e il palleggio. Si gioca soprattutto con passaggio e tiro da fuori area (castello). Ed è il  tiro da fuori il vero livellatore di capacità tecniche , il fondamentale che pone tutti sullo stesso livello, che mette in condizione i maschietti di far vedere se veramente sono i  più bravi. Quelli che giocano durante il pomeriggio, nell’organizzazione E’ Vita Budrio ,vedono cadere la loro sicurezza rappresentata solamente  dal tiro da sotto canestro. Qui, si può realizzare solo da fuori. Sono quindi allo stesso livello e crollano clamorosamente. Solo chi dimostra sicurezza realizza un canestro da fuori dal castello. E sapete chi lo fa? Sono le femmine che diventano protagoniste. Le bambine che, tra l’altro, hanno il vantaggio che il loro canestro vale 3Pt. Scusate se lo sottolineo: far valere il canestro delle femmine 3Pt. è la più grande idea socializzante che  abbiamo  mai realizzato. I maschietti abbassano la coda, chiedono aiuto alle compagne per vincere e questo è fantastico. E’ la propaganda più grande che si possa fare per avere un reclutamento anche con le femmine.  Chi l’avrebbe mai detto? Solo attraverso le esperienze si raggiungono certe verità. Quest’anno se ne sono iscritte 10, ma altrettante ce ne saranno il prossimo anno perché la felicità si scopre pian piano. Ettore “l’elefante” , prima di ogni partita dice di rispettare l’arbitro,che potrebbe anche sbagliare, ma in cuor suo non vuole favorire nessuno. Lo ricorda ai bambini , ma il messaggio, come già detto , è per le maestre. Dice anche che è difficile vincere , ma perdere lo diventa ancora di più perché c’è  un legame col proprio orgoglio. Bisogna salutare ugualmente gli avversari, alla fine, col sorriso e correre subito nello spogliatoio per piangere. Ma la colpa non è di nessuno, oppure è di tutti. E’ la bellezza dello sport. E cosi, la purezza dei bambini , si fa coinvolgere con una morale giusta: salutare il vincitore e correre a piangere nello spogliatoio. Perché non si gioca in tutta Italia, nelle scuola elementare, con l’attacco al castello? Credemi, nessun svantaggio tecnico, nessuna abitudine errata,  se è questo che preme, come priorità, quando si debbono fare delle scelte. I nostri bambini e bambine che si iscrivono per il basket pomeridiano, organizzato dall’ E’ Vita Budrio, non hanno problemi rispetto l’impiego difensivo individuale. Ci mancherebbe. Avere una responsabilità precisa diventa più facile. Magari l’attacco è  più difficile, ma solo inizialmente. Rimane però nelle loro mente un concetto fondamentale:  si vince col tiro da fuori area. Così, durante le partite (per esempio) Budrio-Fortitudo, basate sul pressing, i nostri bambini/bambine tirano naturalmente da fuori, cosa che non succede nelle altre squadre.
Sarà un caso? Il gioco “Attacco al Castello” è semplice e solo questa parola dovrebbe far pensare che siamo sulla strada buona. Se poi le regole sono poche, il divertimento diventa massimo. Queste parole , che non sono mie, mi hanno fatto pensare moltissimo come all’annuncio di una grande verità. Le ho viste scritte in un cartellone dei bambini dell’elementare, frutto di una ricerca stimolata dalla maestra.  Avrei dovuto arrivarci da solo, ma sono in bambini che me lo hanno insegnato. Se non devono troppo pensare alle regole, si possono vedere interpretazioni personali durante il gioco come , per esempio, bambini che fintano il tiro, prima di scoccarlo. Nessuno lo ha mai insegnato, ma loro lo fanno perché facilitati dal fatto che non devono pensare alle regole per giocare. Come detto, sono poche e semplici.

La prima dice che gli attaccanti non possono entrare dentro il castello e che i difensori non possono uscire dallo stesso, per difendere. Durante la transizione difensiva (attacco-difesa) non è possibile contrastare gli avversari che avanzano per attaccare. Si può farlo da dentro il castello.

La seconda afferma che si può contrattaccare, una volta conquistato il possesso della palla, in modo blando oppure velocemente. Se l’attacco viene eseguito come nel primo caso, la palla deve andare “dall’alba al tramonto” (percorso del sole: è un linguaggio figurato) prima di far scoccare il tiro perché tutti devono partecipare all’attacco (socializzazione). In caso di intercettazione o contropiede si può tirare velocemente ,se il rientro difensivo non è realizzato da almeno due avversari. Quindi, intercettare da dentro il castello, palleggiare velocemente e tirare, si può fare se ci sono solo due avversari, o uno, o nessuno. E’ una possibilità che rende il gioco più brioso. E’ evidente che ogni lezione ,fatta durante l’anno , è stata realizzata con gare di tiro a canestro (vari modi) e gioco.

Non so cosa possa pensare un allenatore che legge questa esperienza. Può immaginare che dalla semplicità possa scaturire una grande gioia? Riesce a vedere, con la fantasia, i bambini che giocano  pensando di essere protagonisti come i grandi della TV? Credo che la felicità sia il miracolo della vita e poterla provare con una partita di basket, alla elementare,  sia il massimo che un allenatore per le giovanili possa realizzare. Spero che tutti possano comprendere il gioco delle priorità. Durante il periodo delle elementari, la tecnica non può trovare spazio. Non c’entra proprio per niente, mentre il gioco è tutto.

 
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