Creato da RecuperiDiPsicologia il 29/11/2009

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Giovani!

Se penso a tutto quello che ultimamente si correla alla parola "giovane" mi viene la pelle d'oca. Ricapitoliamo! La prima cosa che mi viene in mente è il termine, sempre più utilizzato, "emergenza educativa". Io sono assolutamente contraria a questa definizione. "Emergenza" già è una parola che mette in allerta, "emergenza terrorismo", "emergenza legalità", "emergenza ambientale", oggi purtroppo si parla dell'emergenza Haiti. I giovani non sono e non devono essere considerati un'emergenza. Se proprio qualcuno deve essere considerato in emergenza, questi non sono sicuramente i giovani. Da tanto tempo mi scaglio contro le famiglie di oggi, famiglie sempre più lassiste, senza dei veri genitori, con tanti figli orfani di genitori vivi, figli con adulti che fanno gli amici e non i genitori.

La vera emergenza, a mio parere è quella che riguarda la crisi dei 30-40enni, genitori troppo presi da sè e dal proprio lavoro e dalle proprie amicizie e dalla cura di se stessi, per accorgersi della deriva dei figli. Insegnanti troppo impegnati a preservare il proprio posto di lavoro, la propria integrità di insegnate, ultimamente troppo spesso scontata e umiliata. Enti, associazioni, che si occupano di giovani senza programmi stabiliti insieme alle famiglie. Parrocchie che provano a rimettere in piedi il caro buon vecchio oratorio, ma che si ritrovano a che fare con persone volenterose ma non preparate.

Più mi trovo a contatto con "i giovani", più mi rendo conto del loro bisogno di essere accolti ed amati, per poter a propria volta accogliere ed amare, del desiderio di libertà e di responsabilità.

Numerosi studi su campo nazionale ed estero sono concordi nell'attribuire le stesse caratteristiche all'uso di sostanze da parte degli adolescenti (ormai l'adolescenza viene considerata quel periodo della vita che va dai 16-17 anni ai 24-25, con buona pace di Brunetta ;-) ): un consumo occasionale, effettuato da giovani ben inseriti nei contesti sociali, nel mondo produttivo.

Allora, partiamo da qui: consumo occasionale e ricreativo: perchè un gran numero di giovani "normali", ben integrati nella società, è così incline a mettere a repentaglio la propria salute fisica e mentale attraverso un uso ricreativo di sostanze? Non è ancora chiaro, infatti, il danno neurologico esercitato dalle sostanze di sintesi...

Perchè i giovani, ripeto, dai 16 ai 25 anni hanno bisogno di assumere droga per ampliare le proprie capacità percettive? Per incrementare le proprie prestazioni fisiche? Per indebolire i propri freni inibitori? Molti giovani che assumono ecstasy riferiscono un'esperienza molto coinvolgente, che dà loro modo di sperimentarsi e scoprire un'immagine di sè convincente, autentica e vincente. Da cosa deriva il bisogno dei nostri giovani di sentirsi accettati e riconosciuti come amabili?

Non deriverà mica dal mondo che abbiamo costruito noi e che stiamo continuando a costruire? Dai miti che stiamo lasciando? Dall'idea di "non farti mai mettere sotto" o di "soldi e potere cono tutto"? La vecchia frase evangelica del "porgi l'altra guancia" ormai non la conosce più nessuno, oggigiorno troviamo bulletti di 8 anni e non li voglio immaginare quando di anni ne avranno 18..., ma provo semplicemente ad immaginare le famiglie e, stanamente, non le immagino mai felici...

Questa è l'emergenza giovanile...

 
 
 

Ecco perchè aggiorno molto saltuariamente..

Post n°5 pubblicato il 30 Dicembre 2009 da RecuperiDiPsicologia
 

Emozione e motivazione sono termini che condividono una me­desima radice etimologica derivante dalle espressioni latine «emove­re» e «movere», e si associano, nell'uso corrente, ad immagini di movimento e di attività.

Quando parliamo di emozioni come la rabbia, la paura, la sor­presa, il disgusto ci riferiamo a fenomeni che, in presenza di deter­minati eventi o situazioni, insorgono dall'interno e coinvolgono la persona intensamente al di là della sua consapevo­lezza e della sua intenzionalità. La persona emozionata è attraversata da «brividi» che ne alterano l'aspetto, la voce, la condotta.

Nel caso della motivazione, invece, si può notare come tale con­cetto sia connesso a bisogni, fini, strategie, ad un in­sieme di fenomeni insomma che si trovano in una posizione intermedia e han­no una funzione di raccordo e di regolazione nei rapporti tra la per­sona e l'ambiente.

La persona motivata è portatrice di un bisogno da soddisfare, è orientata al perseguimento di un fine, è impegnata nello sviluppo e nel dispiegamento di una strategia.

La motivazione è la forza che spinge l’uomo ad agire per soddisfare le proprie esigenze.

La motivazione in senso lato concerne il «perché» del comporta­mento: le cause, le ragioni, i motivi, i fini.

Facciamo ricorso allo stes­so costrutto sia quando ci interroghiamo su ciò che origina, regola, dirige e perciò «motiva» l'agire di un individuo sia quando ci propo­niamo di «motivare» una persona a fare ciò che altrimenti, sponta­neamente, non farebbe. In entrambi i casi, sia quando ci domandia­mo «che cosa motiva una condotta», sia quando ci domandiamo «come è possibile motivare ad una condotta», facciamo riferimento a qualche cosa che fa da interfaccia tra l'organismo e l'ambiente e da cui dipende l'innesco, l'ampiezza, l'intensità, la durata, la cessazione di un comportamento.

Vanno in particolare distinte situazioni di trasformazione in cui la reazione emotiva si trasforma in motivazione o, viceversa, la moti­vazione rende inclini a particolari tipi di reazione emotiva, da altre situazioni in cui la reazione emotiva è come l'elemento centrale  della motivazione che di essa rappresenta in parte l'involucro e in parte il modulatore.

Mi corre l’obbligo di sottolineare la distinzione tra emozioni e motiva­zioni.

Le emozioni sono transitorie, hanno carattere d'urgenza e una volta innescate sono vissute come scarsamente controllabili nelle loro manifestazioni e nel loro corso.

Le motivazioni, al contrario, sono stabili e permanenti, si dispiegano nel tempo con carattere di conti­nuità e discrezionalità.

Le emozioni sono le risultanti di combinazioni tra eccitazione e rappresentazioni, relativamente primitive in quanto a complessità or­ganizzativa e perlopiù stereotipali nelle loro manifestazioni espressive e comportamentali.

Le motivazioni, invece, sono organizzazioni complesse, che risul­tano da combinazioni e trasformazioni di affetti e rappresentazioni in piani di comportamento e intenzioni, che gradualmente si perfezio­nano nel corso dell'ontogenesi in forza di una interazione continua e reciproca con l'ambiente.

Le emozioni sono reazioni ad emergenze del mondo interno o del mondo esterno secondo l'asse piacere/dispiacere, che tradiscono la rottura di un equilibrio, per una discrepanza o per una emergenza.

Le motivazioni sono tendenze orientate ad agire nel mondo esterno secondo l'asse possibilità/impossibilità, che mirano alla realiz­zazione di nuovi equilibri al proprio interno e che esprimono dei progetti rispetto a possibili scenari futuri dell'interazione tra l'indivi­duo e l'ambiente.

Geneticamente è plausibile che il costituirsi delle emozioni secon­do copioni largamente «condizionati» anticipi e faccia da modello al costituirsi delle motivazioni.

Le emozioni sono più arcaiche e affondano maggiormente le loro radici nel biologico; le motivazioni riflettono inve­ce livelli di organizzazione propri di una più decisa emancipazione del mentale rispetto al biologico.

Ciò che segna il costituirsi effettivo delle motivazioni, e la loro emancipazione dagli schemi stereotipati e quasi-automatici delle emo­zioni o la trasformazione di queste in motivazioni, è un salto di qualità sul piano dell'organizzazione cognitiva al quale si associano nuo­ve capacità di rappresentazione, di anticipazione, di autoregolazione.

In definitiva, questo blog è stato creato sulla scia di un’emozione… la motivazione servirà per portarlo avanti!

Auguri di buon anno a tutti!

 
 
 

Dipendenze tecnologiche

Post n°4 pubblicato il 12 Dicembre 2009 da RecuperiDiPsicologia
 

Per educare e crescere bene i bambini di oggi gli specialisti rivelano ai genitori i segreti per difenderli dalla televisione, dal cibo, dai videogiochi, dai computer: insomma, dai prodotti che si dice (e si crede) che siano fonte di benessere.

Oggi siamo diventati tutti tecnodipendenti, oggi non possiamo più fare a meno di strumenti, apparecchiature e tecnologia in generale, sia nella vita domestica e lavorativa che in settori specifici come la ricerca.Ma mentre le tecnologie tradizionali rendevano sempre più efficace e preciso il lavoro fisico, supportavano la fatica muscolare e consentivano la conoscenza del mondo realle, le nuove tecnologie ci fanno conoscere sempre più nuovi regni virtuali.

Gli adolescenti, come avevo già scritto nel opst precedente, usano il pc o il cellulare come status symbol, li valorizzano e li desiderano quanto e più delle relazioni amicali e delle comunicazioni reali.

Onnipotenza, regressione e coazione sermbrano essere alcuni dei meccanismi patologici che si contrappongono ad un uso maturo, competente, responsabile dei mezzi tecnologici.

Negli ultimi anni si è venuta a creare sempre più una situazione definita computer rage, ovvero rabbia da computer, determinata dagli innumerevoli incidenti ai quali ci espongono l'uso del PC e di Internet, ed è la prova più sconcertante di quanto siamo (o meglio, ci sentiamo) impotenti davanti ai mostri della tecnologia. La fiducia nel mezzo e l'impotenza in cui si casca una volta scoperta la nostra "piccolezza"si ribalta nel soggetto dipendente dal mezzo e dalle esperienza che esso potrà rendere possibili.

Non è rara, anzi, si va via via intensificando la denuncia di periodi transitori (da uno a sei mesi) di comportamenti maladattivi, alcune volte anche compulsivi in soggetti che scoprono e vengono catturati dalle potenzialità della rete, tanto da sacrificare le ore di sonno notturno, impegni, relazioni significative con conseguenza molto negative per la propria vita.

Nei prossimi post ci addentreremo tra i vari tipi di dipendenze tecnologiche...

 
 
 

I rapporti sociali

Post n°3 pubblicato il 03 Dicembre 2009 da RecuperiDiPsicologia
 

Già nel 1945 Spitz aveva notato che i neonati privati per un certo periodo di tempo delle cure materne, alla lunga, andavano incontro a depressione o altri disturbi. La privazione sensoriale quindi può avere esiti fatali?

Da ciò si passò alla formulazione del concetto di fame di stimolo. Si può allora fare un parallelismo tra la fame di stimolo e la fame di cibo, non solo sotto l'aspetto biologico, ma anche sotto l'aspetto psicologico e sociale. Come ci si rimpinza di cibo ci si può rimpinzare di stimoli. Penso ai giovani che passano ore ed ore al pc, ma penso anche a tutti i dipendenti da shopping, da tecnologia, da gioco d'azzardo, per finire alla ormai pluricitata e sempre in voga (purtroppo) tossicodipendenza. 

Ma allora, come correlare i rapporti sociali con le dipendenze?

In questi giorni mi è stato commissionato un lavoro su nuove tecnologie e giovani. Il dato più allarmante, a mio modesto parere è l'incapacità dei ragazzi di vedere il pericolo. Pericolo della fine delle loro relazioni sociali, umane, reali, pericolo della creazione di nuove dipendenze, ma anche, e soprattutto il pericolo delle conoscenze in rete.

Più del 50% dei giovani con cui ho avuto a che fare passa più di tre ore al computer. Il 90% degli stessi giovani ritiene di non aver mai trascurato le amicizie. Mi sono fatta due conti: i giovani presi in esame hanno un'età compresa tra i 13 e i 18 anni, quindi, ufficialmente, ancora dovrebbero frequentare la scuola. Considerando che quindi le 5 ore mattutine sono impegnate, e che ogni giorno passano più di 3 ore al pc, che ormai tutti i giovani frequentano palestra, danza, calcio, pallavolo, gruppi vari ed eventuali e che nel frattempo dovrebbero studiare le materie per il giorno dopo... mi dite come e che tipo di relazioni possono intrattenere con i coetanei?

 
 
 

Società in evoluzione?

Post n°2 pubblicato il 30 Novembre 2009 da RecuperiDiPsicologia
 

Premessa

La società di oggi è sicuramente in evoluzione. Da cosa però sia caratterizzato questo fatto e compito della sociologia stabilirlo. Noi, però, possiamo fare una breve analisi delle maggiori differenze tra passato e presente che, forse, hanno potuto portare tali cambiamenti.

Famiglia

Passato: famiglia patriarcale (vivevano insieme nonni, genitori, figli, nipoti e spesso anche qualche parente)

Presente: famiglia moderna (vivono insieme solo padre, madre e figli; alle volte ci si imbatte in famiglie monoparentali- solo il padre o solo la madre con i figli)

Educazione

Passato: quella della familgia era la più importante; erano "gli adulti" (troppo spesso i nonni) a tenere in mano le redini dell'intera famiglia.

Presente: una serie di "agenzie educative" si contendono il "bollino" dell'esperto educatore: la scuola, le parrocchie, i gruppi sportivi, le associazioni, perfino i mass media. Ma la famiglia, in tutto ciò, dov'è finita?

Economia

Passato: si doveva sopperire alle esigenze della famiglia patriarcale.

Presente: l'economia di oggi deve sopperire alle esigenze di mercato, e spesso la famiglia viene usata per questa necessità.

Anziani

Passato: rappresentavano la saggezza, la legge.

Presente: quanti di noi in determinate occasioni non li hanno visti quasi come un peso?

Ruolo della donna

Passato: stava in casa e accudiva, educava, i figli.

Presente: sempre meno mamme stanno a casa, i rapporti con i figli quindi sono notevolmente cambiati, modificati dalle esigenze lavorative.

Figli

Passato: considerati "una benedizione del Signore", più ne nascevano, più ricchezza producevano, spesso ci si trovava di fronte intere stirpi che svolgevano lo stesso mestiere del "capo fila".

Presente: rappresentano un onere eccessivo. I ragazzi di oggi non seguono più il padre ma le aspirazioni e spesso il progresso tecnologico. Spesso sono più istruiti dei genitori.

A questo punto la domanda: Perchè oggi si parla di "crisi della famiglia"?

A mio parere uno dei nodi più difficili da sciogliere è la distanza tra le generazioni, che si accentua maggiormente dall'adolescenza dei figli.

Facendo un brevissimo viaggio tra società diverse, non sempre troviamo un periodo dell'adolescenza burrascoso come il nostro. Spesso infatti nelle società primitive, l'adolescenza non comporta nessun cambiamento nelle relazioni familiari. Tanto più, infatti, la società ha un'organizzazione economica "semplice", tanto più il passaggio dal mondo infantile a quello adulto è breve e sancito da veri e propri riti di iniziazione.

I ragazzi, oggi sono sensibilmente diversi dai genitori, ancor più dai nonni. I nonni sono quelli che hanno vissuto la guerra, la carenza di cibo, i genitori sono quelli che hanno vissuto "all'ombra dei nonni", perhcè ancora esisteva l'autorità paterna. Ma allora perchè si sentono sempre più spesso notizie di genitori che sostengono i figli in battaglie contro i professori? Perchè ormai un professore non può permettere la cara buona "nota" sul registro?

Cosa è scattato nelle menti di questi genitori troppo impegnati nel lavoro, troppo impegnati nelle socializzazioni, negli sport, tanto impegnati nel "proteggere" i figli dalle delusioni più che educarli anche al superamento delle delusioni?

 
 
 
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