Creato da dylandog5656 il 03/01/2010

Cet

parole, solo parole: vacue e vuote.

 

 

RITORNI DELL'AMORE COME ERA

Post n°27 pubblicato il 17 Settembre 2012 da dylandog5656

RAFEAL ALBERTI

 A quel tempo eri bionda e grande, 
solida spuma ardente ed elevata. 


Parevi un corpo staccatosi 
dai centri del sole, lasciato 
da un colpo di mare sulla sabbia.

Tutto era fuoco a quel tempo. Bruciava 
intorno a te la spiaggia. A rutilanti 
vetri di luce erano ridotte 
le alghe, i molluschi, le pietre 
che le ondate spingevano contro di te.

Tutto era fuoco, fulmine, palpito 
d'onda calda in te.

Se era una mano 
che osava o le labbra, cieche braci 
volando fischiavano nell'aria. 
Tempo incendiato, sogno consumato.

Io mi rotolai nella tua spuma a quel tempo.

 
 
 

Martedì d'Ineja

Post n°26 pubblicato il 31 Agosto 2012 da dylandog5656

Un qualsiasi martedì sera
la piazza della chiesa
il bar, l'acquasantiera
la smilza e l'obesa.

“Sei splendida”.

Si trascina il volgo
per la via del borgo
chi mi sbircia di traverso
e chi mi scruta, perso.

“Che figa”

C'era ancora sole,
batteva sul tempo
di questo orologio
che non ho
che non è.

“Che fata.”

Ma. All'improvviso.
 
Per mano te ne andavi
ad una bionda vita.
Ti sorrideva. Le sorridevi.

Per mano me ne andavo
a due teneri virgulti d'amare.
Mi strappavano le dita.
“Mamma, il signore del mare!”
Scendevo dall'oro dei tacchi 
Cucivo le lacrime agli occhi.
I respiri con i miei gli chiudevo
a nessun perché rispondevo.

“Me fija.”
mi sussurrava una piccola donna
le spalle incurvate dal male che culla.
Mi accoglieva tra le sue braccia nodose.
Le lasciavo fare.
Non sapevo 
(anzi sì) 
potesse fare tanto male.
anna greco

 
 
 

Quo vadis?

Post n°25 pubblicato il 24 Agosto 2012 da dylandog5656
Foto di dylandog5656

La piazza del mercato al sabato mattina. Sabato di maggio.

Bancarelle e. Umanità multiforme. E globalizzata.

Questuanti di seconda generazione, extra-ordinari, laurea al Conservatorio di patrie lontane.

“Verni moiu liubovi", straziante amore su labbra morbide, appoggiate all'ancia di un clarinetto tenuto bene.

Musica di seconda mano, per mangiare. Monetine nel cappello e inchini profondi. Carichi di speranza curvati al tintinnio di un volgare centesimo. Sprezzante.

L'ha lanciato una vecchia che si crede di sapere tutto sulla vita.

Si è trascinata sulla panchina, proprio quella imbrattata di parole d'amore. Ci poggia il culo, irriverente. Le avevo scritte per te e pure in greco antico. Vago ricordo erudito. “Ego boulomai dialegeszai sun se”

 

“Come mi sta?”

Trattiene uno sbadiglio il marito annoiato, gli occhi sulle gambe di una valchiria arrampicata sui tacchi a spillo.

 

Un bar, un gazebo, fiori e piante della Riviera. 

Una birra ghiacciata. Un uomo accarezza la caraffa. Su e giù, lentamente. Ha dita seducenti. La caraffa si è bagnata.

Una locandina. “Questa sera si recita a soggetto.”

 

Aspettiamo la sera.

La piazza del mercato è andata in ombra, si è ritirata l'umanità.

 

C'è una chitarra. Pantaloni rossi smunti.

 

C'è una voce maschile. Profonda. Scende nell'anima, la accarezza e la schiaffeggia.

Rimprovero supino.

“I desideri sono la cosa più importante che abbiamo e non si può prenderli in giro più di tanto. Così, alle volte, vale la pena di non dormire per star dietro ad un proprio desiderio. Si fa la schifezza e poi si paga. E' solo questo davvero importante: che quando arriva il momento di pagare uno non pensi a scappare e stia lì, dignitosamente, a pagare. Solo questo è importante.” (A. Baricco)

 

C'è una voce femminile. Canta due note, senza arte. Se le è cavate dallo stomaco e le ha buttate oltre l'esofago. Per questo bruciano sulla pelle.

 

E' stata una sera bellissima. E lei era felice, molto felice. Come non succedeva da anni.

Se ne sono accorti persino i bambini.

 

Manuela Anna Greco

 
 
 

stents

Post n°24 pubblicato il 17 Agosto 2012 da dylandog5656
Foto di dylandog5656

Come mi vorreste? Con un altro carattere, altre caratteristiche?

Riepiloghiamo. Troppo generoso, altruista.

“Hey ombre, tu sei armonia.” “Accidente, ma quanto ti ha fatto bello tua madre?”

 

Sessualmente? State pensando a quello, ammettetelo.

I giudizi, a caldo e a freddo sono assai lusinghieri, e sempre ripetuti nel tempo. Ma non li dico.

Funziono come un centometrista: scopo in decontrazione, ma senza correre, con lenta e fantasmagorica immaginazione. Per “non morire lentamente” cambio marcia, ritmo, vado in assolo, rubando – con cortesia, il tempo, solo un po’, al partner, per restituirglielo e suonare e suonare: in accordo.

Quando la musica finisce si resta in silenzio, dentro quel silenzio beato.

Ti guardo, ti sorrido. Sorridi e mi accarezzi.

“E’ buona musica, non trovi? Ti piace il jazz?”

 
 
 

Imbecilli! (Senza finestre dalla parte del cielo).

Post n°23 pubblicato il 14 Agosto 2012 da dylandog5656

Imbecilli! (Senza finestre dalla parte del cielo).

Ci fate sapere di voi, auto celebrando i vostri dolori o le vostre gioie e li rendete pubblici, così da esporvi alla frivolezza degli sciocchi.

Destate la collera pari alla sveglia che ci sveglia al mattino.

Siete irritanti, urticanti e invasivi. 
Riflettete la vostra sostanza nella cronicità dei vostri vuoti a perdere.

A chi urlate, contro chi imprecate?
Vedete forse la luna che abbaiate come cani drogati e recintati?

La vita, come la morte o la malattia, dovrebbero essere contenute nella memoria per non rischiare il ridicolo nella piccola miseria del tempo moderno.

Le vostre pubblicazione non sono, dio mio, alterate, a dimostrazione che siete lucidi nella vostra microscopica pochezza intellettiva.

L'unica forma di razzismo che mi riconosco e sento pulsare è nei confronti degli Imbecilli.

<<Io so che quattro, cinque, dieci idee vi bastano per tutta la vita, vi servono per tutti gli usi quotidiani, per il giorno e per la notte, per l'amante e per il parrucchiere, per parlare e per scrivere, per alzarvi e per andare a letto la sera e che nel vostro cervello, senza finestre dalla parte del cielo, non hanno diritto d'ingresso che le verità diventate luoghi comuni e le idee che a forza d'uso si son fatte imbecillità.>> (Giovanni Papini)

 
 
 

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