aurelioderosearte e cultura -Tutti gli scritti sono di proprietà dell'autore |
Studioso della vita artistica napoletana antica e moderna. Ho collaborato e collaboro con quotidiani, riviste letterarie e culturali, con interventi di storia del costume e critica d'arte. Tra i vincitori del Premio Pontano - (sez. poesia), 1977; ho pubblicato: "Monili", La Zagara/ testi di poesia- IGEI, Napoli, 1979; "Napoli dell'antico e del nuovo". Cronologia dinastica e itinerari della città, il Girasole, Napoli, 1994; "Le fontane di Napoli", Newton & Compton, Roma, 1994 ; "Le chiese gotiche di Napoli", Newton & Compton, Roma, 1995; "I Palazzi di Napoli", Newton & Compton, Roma, 2001. Sono tra gli estensori del testo "Metrò-Art -Visitare Napoli con la Metropolitana", Dieffe Comunicazioni, Napoli, 2003. Sono presente in varie antologie tra le quali si citano le più recenti: "La parola negata" (rapporto sulla poesia a Napoli), di Mario M. Gabriele, Nuova Letteratura, Campobasso, 2004; "Le città dei poeti", a cura di Carlo Felice Colucci, Guida, Napoli, 2005; Primo Premio (silloge) Memorial Gennaro Sparagna, 2007. "Concerto per pianoforte", (testi di poesia), Ed. Stravagario, Minturno, 2008. "L’Anticaglia" Passeggiando per il Decumano cuore della Napoli antica, Ed. Stamperia del Valentino, Napoli, 2009. "Neapolis - Aneddotica e memoria", Ed.Youcanprint, Lecce, 2012. "Napoli-La Cappella Sansevero-La storia,le opere,gli artisti" Rogiosi Ed. , Napoli, 2014. "Il Misterioso Sebeto- storia delle acque un Campania e delle fontane di Napoli" Cuzzolin Ed. , Napoli 2017,
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dalla Storia della mia famiglia
all'angolo degli amici poeti
e
della mia poesia.
Dalle storie accadute a Napoli di:
Dell'antico e del nuovo,
alle mie foto- ricordi.
Ed ancora: alcuni degli articoli
pubbllicati in più di quarant'anni.
Inoltre:
gli artisti in famiglia: da nonno Luigi al figlio Carlo,
da Augusto ad Adriano De Rose; da Vincenzo Meconio a
Gennaro d'Angelo.
Inoltre dai miei testi
alla inchiesta il "Silenzio delle Arti".
Ed ancora delle recensioni per gli artisti :
da Mario Buonoconto a Mario D'Albenzio; da Armando de Stefano a Viviana Lo Russo e tantissimi altri.
Infine un ritorno alla meglio Gioventù ritrovata dopo 50 anni.Gli amici Scaut del 13°
VAI quindi (se vuoi ) a tutti i tags
Grazie
DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE
Uscirà quest'anno
edito dalla ROGIOSI
Delle Opere e degli Artisti
della Cappella Sansevero
LINO ESPOSITO
Ritratto che mi fece Lino Esposito
nei corridoi dell'Accademia
16/1/57
IVANO FOSSATI
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Alcune poesie di:
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Giulia Lezoche
Mario Perrone
Franco Riccio
Irene Malecore
Mario Buonoconto
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Giuseppe Pirozzi
Maria Grazia Emiliani
Aristide La Rocca
Luciano Somma
Claudio d'Aquino
Franco Santamaria
PIERANGELO BERTOLI
GLI ARTISTI IN FAMIGLIA
Luigi De Rose
Carlo De Rose
Luigi De Rose
Rubens De Rose
Filiberto De Rose
Augusto De Rose
Aurelio De Rose
Adriano De Rose
Gennaro d'Angelo
Vincenzo Meconio
RACHMANINOV CONCERTO NO. 3 - OLGA KERN - PART 1
RACHMANINOV CONCERTO NO. 3 - OLGA KERN - PART 2
RACHMANINOV CONCERTO NO. 3 - OLGA KERN - PART 3
il Brigantel con Giuseppe Pirozzi Claudio Lezoche e Carmine Di Ruggiero alla mostra di Tina Vaira il 10/4/2008 con il mio amico Marcello d'Orta alla presentazione del suo libro "Ogni porco é signorina" 22/5/2008 al bar dell'Epoca di via Costantinopoli |
Marisa Ciardiello La cosmogonia nei “ miti ” di Aurelio De Rose
Ma cosa è la cosmogonia ? E’ il termine usato da Mauro Giancaspro in uno dei testi ( l’altro è di Filomena Maria Sardella ) di presentazione alla mostra: Primitivismo litico, che Marisa Ciardiello ha inaugurata il 7 maggio -nell’ambito dell’evento Maggio dei Monumenti 2008,- nella sala Leopardi della Biblioteca Nazionale in Palazzo Reale di Napoli. E’, la cosmogonia, quell’insieme decodificabile di rappresentazione sulle origini dell’universo e su quanto in esso è vivo ed é manifestato attraverso i miti: ovvero l’essere umano. Mito che ha la necessità d’essere decrittato quando, come “placenta del modo”, viene alla luce e si offre come soggetto “pensante”. In quest’ottica Marisa Ciardiello propone tutta una serie di opere, dalle varie forme oggettuali che di volta in volta ha “concretizzato”, al fine di manifestare a quella tematica una propria “simbologia”. Elemento questo ultimo che attraverso le “terre” e la “pietra”: quali corpi di una entità “vergini”, Le permettono di far trasmigrare il proprio pensiero materializzandolo per offrirsi in una propria nuova vitalità. E non a caso, quelle “sostanze” proposte si offrono come elementi di modifica: ad una corporeità che prorompe ed ha la necessità di essere anch’essa presente nel cosmo. Ed é così quindi che i vari “miti” d’una propria personale creazione, si sviluppano in forme sempre aderenti ad un soggettivo immaginario: figurativamente espressivo. Infatti, Marisa Ciardiello proviene dal quel crogiuolo d’arte che fu l’Accademia di Belle Arti napoletana tra gli anni 50 e 60. Luogo, ed é indubbio, che per le qualità degli artisti che la conducevano può essere ricordato come officina di apprendimento che non ha più avuto eguali nei tempi successivi. E da lì che parte la Sua “educazione figurativa” che non è mai stata “classicheggiante” ma ne rileva le radici in uno ad un personale approfondimento culturale maturato anche nel contesto di identica provenienza. Il Suo quindi, è un linguaggio figurativo fortemente espressivo, trasmesso sia nelle grafiche: che spesso sono elemento preparatorio e di proposizione; che nelle successive fasi di manualità scultorea, così come nel divertismant dei “monili”. Opere che si contraddistinguono per il susseguirsi di elementi che si intrecciano e sono fra loro concatenati; predominando la materia plasmata. Questi componenti, a mio parere, sono: il pensiero legato al generare, che a sua volta è collegato al dolore che, nel percorso intrapreso conduce alla morte. Il primo: é rappresentato dalle “teste” che danno vita nella loro conformazione “sognatrice” ad elementi di riflessione così come nel caso di “Visioni”; - un disegno colorato - cm.100x150; che in effetti raggruppa tutti quei fattori prima accennati. E’ infatti dal “corpo testa” che l’anima, come pensiero, transfuga il corpo: ovvero lo diserta per proporsi in forma amorfa, statica, asessuata. Corpo che non ha la parte procreativa. Che non genera sentimento e neppure lo offre ma, è esclusivamente rappresentativo di una trasmigrazione di quel pensiero che lo ha originato. Che emana, nell’indifferenza al dolore, una espressione di rifiuto quale segno di un abbandono al termine “ vita”. Amara conclusione di una insensibilità che persiste nel mondo. Che conduce, nella impassibilità totale del “soggetto pensiero”; al trasportare i propri umani abbandoni: verso la morte. Elementi questi che si ripropongono in tante altre delle opere esposte , così come nella ” Maternità al negativo” – un gesso–di 90 cm. Anche in questa, la testa quale fulcro del pensiero, pare allontanarsi, dalla umana ragionevole riflessione e, così come un colpo di vento che allontani il copricapo: “il pensiero” diviene rifiuto dell’elemento nascente. Proteso a chiedere sostegno. Maternità negata e negativa quindi che é sempre più mancante di un gesto, di carezza, d’amore e tale, appare ancora sia nel “il sogno” –terracotta colorata-h.cm 20x33- che, nei due disegni della “Proiezione”, dei quali particolarmente il primo: -disegno colorato cm. 70x100)- manifesta l’idea d’essere fase preparatoria alla successiva concretizzazione scultorea del tema “maternità”. Ma la Ciardiello vuole anche approfondire sia quei concetti citati che quelli dell’essere umano che si rapporta nella condivisione di quanto produce la quotidianità della vita e, in questa Sua trasmigrazione anche surreale giunge a rappresentare sempre più quei “corpi” evirati da forme di “ umanità. ” perché tali ne affronta il reale; trasformandoli appunto da prima nell’essere che diviene trottola: -che non ha neppure la capacità di ruotare-, e staticamente s’adagia come vasellame “archeologico” nella considerazione d’essere esclusivo elemento decorativo;. e successivamente nei busti, androgini, svuotati, incasellati in un percorso di ricerca d’una errante umanità. Ed ancora nella staticità espressiva della Memoria o di Oriana e il cane che si enunciano, nella mancanza di movimento, la ricerca di scardinarne la impassibilità affinché vi sia almeno un momento di affermazione, di presenza di quegli esseri sollecitata anche dal penetrare un corpo in fuga trafitto nel Il Cero – gesso patinato h. cm.100 - da “pigne” simbolicamente rappresentative non solo di un elemento cosmico ma di una “vitalità” mancante. da sollecitare. E’ indubbio che nel proseguire la narrazione la Ciardiello lascia un particolare senso di riflessione a quanti osservano le Sue opere. Considerazioni legate a quanto di “mistero” è nell’essere umano. E lo fa con un incidere sempre più freddo nelle analisi che vuole proporre così come appare nella duplice fisicità Dell’amante di Giano che pur presentandosi come una offerta “votiva” del ruolo femmineo definito, ne vuole evidenziare la contrapposizione a quello maschile indefinito. Enigma da districare come nella Semiologia del verso che trasuda tutta l’arrendevolezza ad una evanescente e statica cultura. Cultura, che nella Ciardiello è invece significativamente radicata anche nella storiografia del territorio. Di questo legato alla morte ne evoca uno dei momenti tragici come fu quello della rivoluzione del 1799: - Bozzetto per un monumento a Gennaro Serra. Anche qui la testa incappucciata del boia, iniziale elemento di pensiero: lo “sfugge”. E la mano che non è solo la sua ma anche di una impazzato popolo, accompagna la mannaia; come silente volontà comune. Appunto di mettere fine al pensiero. Guinzaglio Bozzetto per un Monumento a Gennaro Serra Cero Pubblicato su ; Scena Illustrata, Roma Reporter e il Brigante |
Luciano Beccaria “Un Atelier d’arte” In una delle strade più caratteristiche del centro romano, Luciano Beccaria ha trovato il Suo spazio d’arte che lo vede attivo, sia per la sapiente produzione artistica che lo contraddistingue che, per la fucina di operatività offerta a molti giovani, in un insegnamento adeguato dal punto di vista formale e cromatico. Infatti se passeggiando fra Piazza Navona e Campo dei Fiori, capitasse di inoltrarsi in via del Governo Vecchio, trovereste che al n. 37 vi è l’Atelier dove, fra gli spazi destinati a molti degli artisti che cerca di “formare”, fanno bella mostra le Sue opere. In queste, si evidenziano le figurazioni compositive (vedi foto), che esaltano l’operatività di Beccarla, non solo sotto il profilo descrittivo e compositivo ma, anche, per le loro calde tessiture cromatiche che sono in grado di rivelare, nei toni caldi, le forme realizzate. Per lo più Beccarla, in questo luogo insegna, come dicevamo, ed in questo spazio d’arte diviene anche significativa la presenza di giovani ragazze straniere che sono qui a Roma non solo per apprendere dal Suo insegnamento che le porterà, alla ricerca di una collocazione nel campo artistico. Per questa necessità che hanno di apprendere al meglio, attraverso una didattica attenta sono attratte dalle Sue indicazioni che rappresentano le “basi necessarie” per poter proseguire. Tutto ciò accade per la stretta colleganza che personalmente Egli ha con “l’oggetto figurativo” riuscendo ad elargire quindi i necessari canoni anche e soprattutto per il personale “carisma” che possiede. Dicevo del termine “figurativo”: catalogante il basilare “genere” di indirizzo pittorico, che ha trovato, trova e troverà sempre una propria collocazione primaria, e che rappresenta la base di ogni trasformazione nell’arte: appunto indicata come figurativa. Ebbene Beccarla ha, nel corso della Sua lunga partecipazione a questa “concettualità”, sedimentato e rappresentato culturalmente questo elemento che, non ha mai tralasciato di percorrere sia nell’approfondimento che nella trasposizione visivamente presente e mai discontinua delle Sue opere. Ecco! Se vi capitasse di visitare quei luoghi descritti all’inizio di questa nota; fermarsi all’athelier sarà d’obbligo. Gusterete visivamente la produzione artistica di Luciano Beccarla e ne resterete piacevolmente attratti, notando anche giovani attente alla rappresentazione che da Lui ha inizio. Aurelio De Rose pubblicato su il Brigante |
Mario Carrese Le opere dell'artista napoletano Mario Carrese e di Bruno Caruso e Antonio Passa sono state elelenti essenziali nel dramma "Vaghe stelle dell'orsa" un inedito scritto e diretto da Michele Greco e Pamela Cento, andato in scena il 12 e 13 maggio scorso al Teatro dell'ateneo dell'Università la Sapienza. Ebbe così inizio con il patrocinio della Regione Campania e, con la presentazione del filosofo Aldo Masullo, una serie di incontri dibattito sulle opere e sul Dimensionalismo, sia nella sede del Centro Studi 70 che, in quella dell'Istituto per gli studi Filosofici in palazzo Serra di Cassano. Nel 1998 poi, seguirono una serie di seminari svolti nell'Istituto di via Monte di Dio che diedero luogo alla realizzazione di un primo movimento napoletano e, successivamente romano, presso l'Università La Sapienza, coinvolgendo artisti come Ugo Attardi, Bruno Caruso, Renzo Vespignani, Alessandro Kokocinski e Marino Haupt. L'evento ultimo quindi, ha definito le penetrazioni di carattere cinematografico delle opereattraverso una serie di ambientazioni scenotecniche che deformavano ed esaltavano sia gli attori che le quinte, determinando una serie d'immagini uniche e, rappresentativamente inimitabili dagli stessi protagonisti; definendo poi attraverso il linguaggio la narrazione testuale. La manifestazione ultima, avendo conseguito un notevole successo ha suggerito di proseguire nella proposizione al pubblico. Quindi, dopo questo romano, sia l'evento teatrale che l'esposizione delle opere plastiche saranno proposte a giugno prossimo ad Agropoli, presso il Castello medioevale. Aurelio De Rose Pubblicato su: Cronache di Napoli il 2 giugno 2000 |
Vitaliano Corbi Dopo gli incontri avuti con i Direttori del Grenoble e dell'Accademia di Belle Arti: Jean Noel Schifano e Gianni Pisani; continua la nostra inchiesta sulla condizione della cultura a Napoli ed in particolare quella delle Arti figurative. Campo che da sempre ha riscontrato nella Città un fermento di ricerche non suffragate dal necessario interesse del pubblico e dei mass media. Professore Corbi. Quale particolare significato e condizione assumono oggi, le arti figurative ? Non pare proprio che le arti figurative godano oggi di una condizione particolarmente favorevole. Lo spazio che normalmente dedicano ad esse i mass media non è molto grande. A meno che un artista non faccia notizia per altri motivi, che non hanno molto a che fare con i problemi ed i valori della cultura artistica, quello che egli fa e pensa interessa infinitamente meno di quel che fanno e dicono, ad esempio, i personaggi del piccolo schermo e del mondo dello spettacolo. Ha ragione! Pochissimi. Alcuni giorni fa, nel presentare alla Libreria Guida a Port'Alba una mostra di incisioni di Bruno Starita, accennavo appunto a questo problema, osservando come le immagini delle incisioni, consegnate alla dimensione d'un foglio, come appunto le parole nelle pagine di un libro, sembrano rimanere discretamente sulla soglia che li divide dallo spazio dell'esistenza, quasi ai margini della realtà. E l'incisione, proprio in questa sua condizione di marginalità, in fondo, riassume la condizione di tutte le arti visive tradizionali, della pittura e della scultura. E' opportuno aggiungere, per chi non l'avesse capito, che si tratta di una marginalità preziosa, che non dovremmo mai tentare di barattare per un successo in più ( come fanno quegli artisti e quei critici che si danno le arie delle star) poiché essa stabilisce quella pausa di silenzio tra noi e gli altri che è la condizione necessaria all'esercizio della fantasia e della riflessione. Cosa ha rappresentato la critica dal dopoguerra ad oggi, nel panorama artistico proposto in questa Città? A dire la verità, mi pare proprio che, tranne qualche rarissima e parziale eccezione, la critica abbia rappresentato ben poco a Napoli. Ma il mercato? Esiste un mercato a Napoli? In realtà, il mercato artistico, attraverso la rete delle gallerie private, costituisce tutto sommato il circuito fondamentale della distribuzione delle opere d'arte e condiziona la stessa informazione sulla vita artistica. In questo senso esso è una realtà importante ed in quanto tale non deve essere esaltato nè demonizzato. Piuttosto sarà da ricercare in concreto, e di volta in volta, quali margini di mediazione esistano tra gli interessi del mercato ed una realistica iniziativa culturale che non chiami in causa soltanto la responsabilità personale dell'artista e del critico, ma anche quella delle istituzioni e delle strutture pubbliche. Cosa pensa dei rapporti arte-istituzioni? Quella precedente contiene in parte già una risposta a questa domanda. Più concretamente sulla situazione napoletana sono almeno quindici anni che sto intervenendo con denunce e con richieste di una seria politica culturale per le arti visive. Ora che forse finalmente qualcosa sta per cambiare, non è inutile tuttavia ripetere quanto scrissi pressappoco un anno fa su questo problema, in occasione di una scandalosa mostra organizzata dalla passata amministrazione comunale negli spazi del Maschio Angioino: L'utilizzazione degli spazi pubblici, e specialmente di quelli che hanno particolare valore storico-artistico, come sede di mostre d'arte contemporanea non è un affare secondario, da gestire in maniera occasionale e cedendo alla tentazione del clientelismo. Una politica culturale di più alto profilo non solo contribuirebbe ad avvicinare il pubblico napoletano ai vari aspetti dell'arte contemporanea, ma finirebbe col valorizzare anche l'inserimento nei programmi espositivi di mostre di artisti locali e di giovani poco conosciuti. Naturalmente non basta più consultare l'elenco dei postulanti e mettere in moto il meccanismo delle raccomandazioni e dei favori, che, nel migliore dei casi, porta al cosiddetto voto di scambio. Una dignitosa attività espositiva richiede competenze specifiche ed adeguate capacità manageriali. Vuole citarne qualcuno? Per fare qualche esempio di una collaborazione del genere, non c'è poi bisogno di andare lontano. Basta ricordare la serie delle mostre realizzata dalle Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli prima a Villa Pignatelli poi nel Salone dei Camuccini del Museo di Capodimonte. Non sarebbe male, ora che il clima politico a Napoli è cambiato, che si incominciasse a discutere seriamente e pubblicamente di queste cose. In che modo? Rispetto alla vecchia consuetudine clientelare è necessario che l'amministrazione comunale dia un forte segnale di discontinuità. La prima cosa da fare è bloccare qualsiasi concessione di spazi e danari pubblici ed imboccare subito, anche in questo versante, la strada della progettualità. Ciò non significa dar fiato a piani grandiosi quanto irrealizzabili, ma avviare una programmazione realistica, con una gestione responsabile, chiamata periodicamente a rendere conto del proprio operato. La necessità di rigorosi criteri di responsabilità e di competenza non è in rapporto all'entità dei finanziamenti pubblici di cui si potrà disporre: Anche se la nuova amministrazione dovesse essere in condizione di non poter erogare per l'arte a Napoli, sarebbe ugualmente necessario procedere a una chiara inversione di tendenza, rivolta almeno a riqualificare il valore culturale dell'intervento pubblico, facendo, ad esempio, anche della sola concessione del patrocinio a una mostra d'arte non il segnale del favoritismo e della corruzione, ma un ambìto riconoscimento di qualità. Il condizionamento di una certa cultura e di altrettanta parte della borghesia al gusto legato ancora alla tradizione; ha avuto da parte dei critici eguale riscontro? Certamente c'è stato, come ho già detto, un pesante condizionamento anche sulla critica. Ma il discorso è molto più complesso, investendo il rapporto dei ceti dirigenti della città con l'arte contemporanea. Ad esempio, la verità è che i collezionisti che fanno l'amore con le peggiori croste dell'Ottocento e comprano le false gouaches di cui è pieno il mercato scansano gli artisti che possono turbare la loro "cattiva coscienza" con immagini troppo segnate dalla storia di questa città di cui è stata perpetrata la devastazione non solo ad opera della malavita politica e affaristica, ma anche dell'abitudine alla complicità ed al silenzio. Ma a Napoli non sono molto amati neppure quegli artisti che all'assedio del disordine, della violenza e della corruzione hanno risposto con generose proposte di rinnovamento radicale, attraverso le immagini di un'arte rappacificata con la vita nel segno di un'armoniosa misura della ragione e dei sentimenti. E' dagli anni Cinquanta che alcuni astrattisti napoletani battono questa strada, tra speranza progettuale e utopia, ostinandosi non solo a custodire il sogno di un altro futuro per Napoli, ma anche a cercare un dialogo con la città puntualmente rifiutato. Ma Lei crede che questa speranza progettuale possa in pari con la città avere nel futuro un riscatto? Fin dai primi decenni del secolo è presente negli artisti napoletani il sentimento del legame strettissimo che unisce il loro destino alla speranza di riscatto della città. Si può dire che a Napoli l'arte contemporanea nasca col rifiuto dell'immagine oleografica di una città in cui la durezza della realtà si stempera nel languore sentimentale e la miseria si fa bella dei suoi stracci colorati. L'incontro degli artisti napoletani con il Futurismo, che non fu affatto un episodio marginale della vita artistica italiana, avviene appunto sulla base di questo atteggiamento e nel segno di una speranza di rinnovamento. Su di essa, infatti, soffiava energicamente Boccioni, quando nel 1916, esortando gli artisti napoletani a combattere contro il "lazzaronismo", li incitava a guardare con fiducia all'avvenire, a non piangere sulla Napoli che scompare, perchè "Napoli è, Napoli vive e si trasforma con tutte le sue forze, con tutte le sue originalità". Aurelio De Rose Pubblicato su il Mezzogiorno 11 maggio 1994 |
Gianni Pisani Proseguendo l'inchiesta sulla condizione della cultura a Napoli abbiamo ritenuto opportuno intervistare il Direttore dell'Accademia di Belle Arti Gianni Pisani perchè riteniamo che questa Istituzione nel panorama culturale della nostra città ha avuto ed ha un ruolo di grande rilievo. Ma per l'Accademia, quale è stato il suo ruolo, quali i condizionamenti? pubblicato su: il Mezzogiorno 15 aprile 1994 |
Post n°167 pubblicato il 03 Maggio 2008 da aurelioderose
Per chi é interessato a inserire questo Banner <p align="center" /><p align="center" /><p align="center"><a href="http://blog.libero.it/auurelioderosear/" target="_blank"><img alt="Il Blog di Aurelio De Rose" src="http://img371.imageshack.us/img371/9026/cooltext87362957fi8.jpg" border="0" /> |
Viviana Lo Russo é una giovane pittrice romana impegnata soprattutto nelle scenotecniche dei set cinematografici. Lavoro particolarmente faticoso che ha però la necessità di essere realizzato da mani capaci. A questo abina, per la sua personale dote e volontà, quello di determinare delle proprie realizzazioni pittoriche che particolarmente sono indirizzate verso la "corporeità". Tema che personalmente, per l'intrinsiche capacità che dimostra, ho più volte insistito che perseguisse. |
Dalle ricerche che sto effettuando delle opere realizzate da Luigi De Rose (1871-1937) ne ritrovo alcune attraverso Google . |
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