Creato da Maddalena_e_oltre il 30/04/2013
C'è una forza misteriosa nelle cose esteriori [...]. Un attore, per immedesimarsi perfettamente nello spirito del personaggio da rappresentare, deve indossarne il costume.*
 

 

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wormholes

Post n°94 pubblicato il 04 Giugno 2014 da Maddalena_e_oltre

 

 

La scrittura è un vizio solitario, una necessità, a volte un vezzo, un narcisistico bisogno di denudarsi. La scrittura è un bisturi, tenta di togliere il velo che ricopre le cose. Un indagare appena sotto la superficie, un pescare sul pelo dell'acqua.
Non mi piace rischiare di svegliare i mostri marini che abitano le profondità.
Scrivere è cercare le domande giuste, quelle che ti portano più vicino ai meccanismi delle cose. Quando scrivo mi immedesimo, trasfiguro la mia storia, indossando altre vesti e, con quelle, spero, altri pensieri. Credo che sarebbe un esercizio salutare per ognuno. Non solo per ogni singolo individuo, ma per questa misera collettività intera che pare aver dimenticato il concetto, la fondante significatività, di “società umana”. Se ognuno provasse a indossare quelle altre/altrui vesti, saprebbe rinunciare alla sete prevaricante, alla febbre di potere che tutto insegue e a cui tutto si sacrifica.

La sensibilità è la moneta per questo spettacolo di mimi. Paghi pegno quando il travestimento riesce e tu davvero indossi per un attimo i panni del bimbo profugo o del soldato ferito o della donna sfregiata e stuprata. Il pegno è una tacca in più sul perimetro del tuo cuore, qualche lacrima versata e un impegno a divenire quella goccia nel mare, contro ogni evidenza e contro ogni impotenza che vorrebbe ridurti al silenzio.

Credo siano stati i libri che mio padre ha donato alla mia infanzia ad inculcare questo imperioso senso di equità e di giustizia. L'etica della lealtà e dell'onestà, questa fede cavalleresca nel diritto pari per ogni uomo sulla terra. Certo mio padre non avrebbe voluto che io fossi tanto prodiga nel pagare il pegno alla mia sensibilità, tanto vulnerabile. Ma non mi pento di questo precipitare sempre più nella vertigine della condivisione. È stato un buon insegnamento, uno dei pochi degni di essere trasmessi, il sacro calice del rispetto e la preziosità della vita, dono inestimabile e unico.

 

Le parole sono l'unico mezzo che conosco per dire qualcosa quando quel qualcosa trabocca e urge. La musica e ogni altra arte sarebbero certamente più efficaci, più capaci di cogliere le sfumature e le incertezze, ma io non le possiedo. Ascolto molto, questo sì. Mi piace ascoltare e mi piace guardare, tutto quello che mi viene dato, tutto quello cui riesco a giungere. Però, se devo parlare io, devo scrivere.

 

 
 
 
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