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Canzone 5

Post n°457 pubblicato il 22 Dicembre 2013 da livieroamispera
 

Al Sig. Alessandro Marchetti

CANZONE

Come ad eccelso, inusitato lume
Giunger splendor più bello indarno aspira
Favilla, che per se poco risplenda;
O qual picciol talora ignoto fiume
Il tortuoso piede indarno aggira
Perchè degno tributo al mare ei renda;
Ovver perché s' accenda
Foco di rara, e debil luce adorno
Crescer non vai fregi più chiari al giorno;

Così, grande Alessandro, il canto mio
Al glorioso tuo nome immortale
Crescer non puote mai vanto maggiore;
Ma il mio pensiero all' alto suo desìo,
Che il tragge a te, di contrastar non vale,
Benché non abbia a lui pari il vigore.
Pur quale umil vapore
Se mai la maggior lampa, e la più bella
L' innalza al Ciel, per lei si cangia in stella:

Tale a me par, ch' al tuo possente, e raro
Pregio sovra l' umano essere umile
Anch' ei già s' erga, e qualitade apprenda
Da te novella, e 'l tuo spedito, e chiaro
Cammin seguendo in disusato stile
Leggier fin sovra l' aere il volo stenda,
Dove come s'accenda
Astro crinito ei per te scopra, e come
Fai dei raggi di lui fregio al tuo nome.

Mentre con dotte, e gloriose carte
Di qual tempra formato, e di qual lume
Egli sia tu dispieghi ai dubbi ingegni:
Pur qui il pensier non fermasi, che in parte
Novella dispiegar l' ardite piume
Con vigor non men saldo ei non disegni.
Teco a' celesti regni
Mi volgo, e teco al Sole, a' cui splendori
Han luce, e moto i bei globi minori.

Ed ivi miro come il guardo altero
In quell' immenso incomprensibll lume
Fissi senza abbagliarti, e come i suoi
Rivolgimenti intendi, e scopri il vero
Del di lui sovruman dolce costume,
Con cui ignota virtù spira fra noi,
E infin veggio dappoi
A ciò, cbe adorna il cielo ergersi, e 'l volo
Indi non disdegnar piegare al suolo.

Ove so che non raén quanto produce
La terra, e quanto in se racchiude il mare.
Che all' alto saper tuo non resta ignoto:
Onde, qual suol la matutina luce
Mentre serena in Oriente appare,
Ciò che ascondea la terra, altrui far noto;
Tal nulla sì remoto
È dall' ingegno uman, ch' ai chiari tuoi
Detti un giorno non fia scoperto a noi,

Però che dentro saggi, eccelsi, e santi
Carmi con nuovo modo, e sovrumano
Principj ignoti, e meraviglie ascose
Chiari per te vedransi, e se davanti
A te sì dolcemente il gran Romano
Scrisse della Natura delle cose
Di più degne, e famose
Opre tu lieto andrai, che al vero lume
Spieghi per l' alta via sicure piume.

Anzi allora, che tu vita novella
A lui donar potesti e di splendore
Eccelso farlo adorno eternamente
Volgendo nella tua natìa favella
I detti suoi, a te ben so, che il cuore
Generosa pietà vinse sovente,
Mentre della sua mente
II bel lume talora, error poteo
Render men chiaro, e incontro al ciel far reo.

Ma qual per erta, e perigliosa via
Di notte ancora, accorto Peregrino
Inciampo trova al dubbio suo viaggio,
Tal' ei non men da poi che se ne gìa
Per così malaszevole cammino
Privo del santo, e luminoso raggio
Della fé, benché saggio;
Meraviglia non è, se col pensiero
In ciò tal' ora errò lungi dal vero.

Vero che a te palese, anzi nel sole
Aquila sì non fissò il guardo unquanco,
Come all' incomprensibile, immortale
Lume, che scopre il cielo, erger si suole
L'ingegno tuo, ed ispedito, e franco
Per le più dubbie vie dispiegar l' ale,
Per cui avvien, che tale
Virtù t' adorni poi, che quanto cela
Natura in se, non ti si asconde, o vela.

Che infin seguendo il nobile pensiero
Tutto pronto, e leggier correr potesti
L' erme, e riposte vie della durezza,
E scoprir ne' suoi fogli il magistero,
E la forza onde avvien, ch' ella n'appresti
A mille corpi, e mille alta saldezza,
E qual forma gli spezza,
E qual virtude allo spezzar contrasta,
E qual basta a librarla, e qual non basta.

Così se quell' immenso, e sovrumano
Divin voler da ciò, ch' all' uomo in terra
Mostrar ei non sdegnò s' intende in parte,
In parte intende ancor l'ingegno umano,
Ove giungi da ciò, ch' a noi disserra
La tua virtude in più di mille carte,
Per cui non fia, che sparte
Sian d' oblìo le tue glorie infin che adorno
S' ergerà il Sole a ricondurne il giorno.

Canzon mia, d'Alessandro il volo altero
Non lasciar; che se in prima a me scoperse
Queir immortai sentiero,
Ch' a vera gloria mortal uom conduce,
Sempre a te sarà ancor sostegno, e duce.

Maria Selvaggia Borghini
Saggio di poesie di Maria Selvaggia Borghini, Pag. 15

 
 
 
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