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« Insetticidi in casa e all’apertoIl rituale dell’ 11/09/2001 »

I Piretroidi Atti della tavola rotonda “Insetticidi: loro applicazione ed effetti in aree antropizzate” Roma 7 marzo 2014

 

 

Da millenni l’uomo usa il piretro, una sostanza ricavata da una pianta cespugliosa della famiglia delle Composite, come repellente per tenere lontani gli insetti. I principi attivi, chiamati piretrine, come quasi tutte le sostanze di origine naturale si degradano rapidamente e durano poco nell’ambiente.

Negli ultimi anni, per motivi commerciali, il piretro naturale è stato sostituito con piretroidi di origine sintetica, che svolgono la stessa funzione, ma sono molto più potenti e persistenti nell’ambiente.

 

L’uso di questi insetticidi è aumentato considerevolmente negli ultimi due decenni per controllare i parassiti in agricoltura e negli ambienti urbani, in particolare perchè la loro tossicità sistemica sull'uomo è ritenuta bassa, grazie al fatto che il fegato li metabolizza rapidamente.

In realtà l’uso di questi prodotti di sintesi desta molte perplessità in riferimento ai possibili effetti collaterali cronici documentati in letteratura scientifica.

 

Il sito primario d'azione di Piretrine e Piretroidi sono i canali del sodio della membrana cellulare, tra i principali responsabili dei fenomeni elettrici che determinano le attività degli organismi. Queste sostanze tendono a concentrarsi nei tessuti ad elevato contenuto lipidico come quello nervoso, sul quale agiscono disturbando la trasmissione degli impulsi lungo i nervi.

 

I meccanismi d'azione sono gli stessi negli insetti e nei mammiferi, ma sono molto più efficaci nei primi poiché hanno maggiore sensibilità dei canali del sodio, dimensioni molto più piccole e bassa temperatura corporea.

 

In molti prodotti la tossicità è amplificata dalla presenza di Piperonyl-Butoxide, che protegge i Piretroidi, allungandone la durata nell’ambiente ed aiutando la loro penetrazione all’interno del corpo degli artropodi. Questa sostanza, a sua volta, è dannosa per gli ambienti e gli organismi acquatici ed è considerata cancerogena dall’Environmental Protection Agency degli USA.

 

La maggior parte dei mammiferi sono protetti da uno scarso assorbimento dermico e da una rapida trasformazione in metaboliti non tossici, ma quando entrano ripetutamente in contatto con i Piretroidi, questi si possono accumulare nei tessuti adiposi tra i quali il cervello (67% di tessuto grasso), il cui metabolismo viene danneggiato[1].

Poiché altre sostanze utilizzate negli insetticidi, come ad esempio gli Organofosforici, inibiscono le capacità enzimatiche dei mammiferi, la simultanea esposizione a questi agenti può rendere la tossicità di Piretrine o Piretroidi più probabile o più grave.

 

Alcuni mammiferi mostrano una sensibilità maggiore rispetto ad altri, caratteristica che spesso è emersa successivamente all’immissione nel mercato, essendo i protocolli sperimentali basati su specie evidentemente poco rappresentative rispetto ai diversi sistemi metabolici.

 

E‘ altresì da tenere presente, che i protocolli sperimentali non risultano adeguati a giudicare la tossicità sugli esseri umani perché ad esempio i ratti, specie utilizzata come modello per la tossicità sui mammiferi, hanno una capacità di recupero cellulare molto più elevata. Infatti gli studi del CNR francese e di Antidote Europe, con la tossicogenomica, hanno dimostrato, che molti prodotti commerciali di largo utilizzo, considerati poco tossici, in realtà hanno la capacità di alterare l’espressione genica determinando danni cronici.

 

Ulteriori protocolli sperimentali, su altri gruppi di viventi (anfibi, rettili, pesci etc.) sono condotti su troppe poche specie rispetto alle necessità, tant’è che quando sono state studiate specie diverse rispetto a quelle dei protocolli sperimentali, si è osservata una maggiore tossicità .

 

Ad esempio il fegato del gatto, rispetto a quello di altre specie di mammiferi, risulta inefficiente per l’azione dei Piretroidi, che parallelamente, causano un rallentamento dell'escrezione urinaria e un accumulo di metaboliti tossici.

In particolare la Permetrina, ritirata dal commercio come pesticida in agricoltura, ma presente nei capitolati di alcuni comuni relativi alle disinfestazioni, e utilizzata come antiparassitario per uso esterno (collari, polveri, spray) per cani, causa al 96.9% dei gatti esposti, anche solo per contatto occasionale, gravi sintomi  di avvelenamento.

 

Recenti studi hanno evidenziato come alcuni Piretroidi abbiano gravi effetti sulla salute umana, come ad esempio neurotossicità sui soggetti giovani, in età dello sviluppo, con induzione di morte dei neuroni e problemi con i prodotti di metabolizzazione da parte dell'organismo[2].

 

L'inalazione di repellenti a base di piretroidi, durante i primi anni di vita del bambino, può portare ad effetti negativi causando notevoli alterazioni che interessano il sistema nervoso centrale ed in particolare la barriera emato-encefalica BBB.

I danni sono stati identificati in particolare e livello micromolecolare e suggeriscono effetti cronici sul cervello.

 

Piretroidi, frequentemente usati, sono stati riconosciuti come probabili interferenti endocrini, come ad  esempio l’Esbiotrina, la Beta-cipermetrina, la Bioalletrina, la Resmetrina e la già citata Permetrina.

La Bioalletrina e la Beta-cipermetrina sono considerate anche possibili carcinogenetici, come la Delta-transalletrina.

Queste sostanze sono presenti nei capitolati di alcuni Comuni relativi alle disinfestazioni esterne, nelle abitazioni private, scuole, ospedali, centri di soggiorno, mense, alberghi e ristoranti[3] e rientrano nella composizione di liquidi e tavolette per elettroemanatori, pasticche antiacari, collari per cani contro pulci e zecche.

Eppure la loro azione sul sistema nervoso e il potenziale accumulo nei tessuti adiposi, ne sconsiglierebbe l’uso ripetuto in ambienti frequentati dagli esseri umani.

 

Dal punto di vista ecologico i danni di queste sostanze sono elevati.

Tutti i Piretroidi, per la loro efficacia sugli artropodi, determinano perdita della biodiversità almeno a livello locale. Non essendo selettivi uccidono anche insetti utili e possono causare gravi danni agli ecosistemi terrestri.

 

La loro eccessiva applicazione in ambito agricolo può determinare una riduzione nella produttività delle rosaceae da frutto (pele, mere, albicocche, pesche, susine etc.), nelle brassicacee (cavoli, broccoli colza) e nelle asteracee (radicchio, lattuga, cicoria etc.).

 

La maggior parte dei Piretroidi sono tossici per i pesci ed altri organismi acquatici, e dovrebbe esserne evitato l’impiego in ambienti acquatici o nelle vicinanze di questi, perchè

possono influenzare negativamente le popolazioni di zooplankton, crostacei e pesci, determinando gravi alterazioni della catena alimentare.

Infine, l’uso dei Piretroidi nei seminativi intensivi, insieme alle irrorazioni e l’uso domestico in ambito urbano, determinano negli ambienti acquatici, un inquinamento diffuso.

 

La lunga persistenza di alcuni di essi può causare danni anche a distanza dal luogo di irrorazione e determinare accumuli nei bacini idrici con grave alterazione delle catene alimentari e della struttura delle comunità. Vi sono prove che l’esposizione, anche di poche ore, ai piretroidi in fase acquosa, sia in grado di produrre effetti acuti e a lungo termine, nei macroinvertebrati natanti[4].

 

Nonostante le numerose evidenze sopra riportate, l’Organizzazione Mondiale della Sanità classifica queste sostanze come “moderatamente pericolose” per l’uomo, e l’Istituto Superiore di Sanità ne consiglia l’impiego nel trattamento anti-zanzara, con particolare riferimento alla vegetazione arbustiva, dove, per altro, nelle città, si annida buona parte della biodiversità residua.

 

Va infine considerato, che tutti questi insetticidi hanno effetti dannosi sulle api e gli altri impollinatori, provocando conseguentemente una grave perdita della biodiversità e delle stesse rese agricole.



[1] Intervento del dr. Massimo Formica, Medico Neurologo Associazione Medici per l'Ambiente (ISDE  ITALIA) - Zea  Centro Studi al Convegno “Zanzare: Che Fare? Metodologie a confronto a protezione della Salute e dell’Ambiente”,   Sabato 1 dicembre 2007 ore 16,00 Centro Culturale Le Fontane - Via Garibaldi – Trevignano Romano (RM)

[2] www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16324748

[3] Si veda ad es.: http://www.beyondpesticides.org/mosquito/documents/citizensHealthEffectsMosqP.pdf

[4] Si veda ad es.: Liess M., Schulz R., 1996: Chronic effects of short-term contamination with the pyrethroid insecticide fenvalerate on the caddisfly Limnephilus lunatus. Hydrobiologia 324: 99-106; Schulz R., Liess M., 2000: Toxicity of fenvalerate to caddisfly larvae: chronic effects of 1-vs 10-h pulse-exposure with constant doses. Chemosphere 41: 1511-1517.; Rasmussen J.J., Friberg N., Larsen S.E., 2008: Impact of lambda-cyhalothrin on a macroinvertebrate assemblage in outdoor experimental channels: implications- for ecosystem functioning. Aquat. Toxicol. 90:228-234; Nørum U., Friberg N., Jensen M., Pedersen J., Bjerregaard P., 2010: Behavioural changes in three species of freshwater macroinvertebrates exposed to the pyrethroid lambda-cyhalothrin: laboratory and stream microcosm studies. Aquat. Toxicol. 98: 328-335.;

 

 
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