« L'orientamento dell'evoluzioneMessaggio #14 »

Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 09 Luglio 2008 da bioantroponoosfera

 

IL FENOMENO TEILHARD

di Yves Coppens

     Al  punto in cui sono giunte le no­stre conoscenze in Paleontolo­gia  generale,   sembra  sorpren­dente che l'Africa non sia stata subito individuata  come  la  sola  regione del mondo in cui lo studioso può ricercare, con qualche probabilità di successo, le tracce della specie umana.

Cosi si esprimeva, con una straordina­ria chiaroveggenza, Pierre'Teilhard de Chardin nel settembre 1954 a New York.

Meno di cinque anni dopo avrebbe ini­ziato in Africa orientale la più grande avventura paleontologica di tutti i tempi: lungo 2.000 chilometri di faglia, là dove i sedimenti si accumulano come intrappo­lati, si sarebbero avvicendate otto grandi spedizioni internazionali, cioè più di 500 persone, per quindici anni, raccogliendo centinaia di migliaia di ossa fossili, tra cui centinaia di resti di ominidi. La storia della specie umana si arretrò allora con­siderevolmente e si parla ormai di ante-datare di quattro milioni di anni l'appari­zione dell'uomo, di tre milioni di anni quella dei primi utensili, di circa due mi­lioni di anni quella delle prime costruzio­ni e di un milione e mezzo di anni i primi riti.

Non posso fare a meno di immaginare quale grande felicità deve essere stata per Pierre Teilhard de Chardin il fatto di vivere in questa epoca abbastanza re­cente.

Se ho iniziato con questa profetica ci­tazione e con un breve bilancio di quanto abbiamo scoperto e appreso dopo la morte di Teilhard, è certo per collegare l'insieme delle conoscenze degli anni '50 con quelle che ci apprestiamo ad acqui­sire, ma è anche per ricordare che Teil­hard fu anzitutto un paleontologo.

    Egli ebbe il suo colpo di fulmine per la Paleontologia al Museo di Storia Natura­le di Parigi.

«Vi ricordate del nostro primo incontro verso la metà di luglio del 1912? — scri­veva egli a Marcellin Boule — Quel gior­no, verso le 2, venni timidamente a suo­nare alla porta, che più tardi avrei attra­versato tanto spesso, del laboratorio di piazza Valhubert. Eravate esattamente alla vigilia (sacra!) della partenza per le vacanze, occupatissimo. Mi riceveste malgrado ciò. E... mi proponeste di veni­re a lavorare da voi, alla scuola di Gau-dry, alla vostra scuola. Ed ecco come, nello spazio di cinque minuti, m'imbar­cai in quella che da quel momento sareb­be stata la mia esistenza, la ricerca e l'avventura nel campo della Paleontolo­gia umana. Mai, credo, la Provvidenza mi è stata cosi vicina nella vita...».

E Pierre Teilhard de Chardin va a stu­diare per undici anni, con grande assi­duita, le famose collezioni dell'Istituto di Paleontologia del Museo.

Se la sua partenza per la Cina nel 1923 segna l'inizio di lunghissimi giorni all'e­stero e di numerosi viaggi in tutto il mondo, questa vita molto attiva non gli impedirà, ad ognuno dei suoi passaggi da Parigi, di venire a lavorare in questa grande istituzione del Jardin des Plan-tes, dove aveva ricevuto, a trentun anni, lo «shock da fossili».

Oltre alla sua vita di pensatore e di scrittore nonché di prete, Teilhard ha dunque vissuto una vita assolutamente riempita di Paleontologia. Quando si consulta la lista dei suoi lavori scientifi­ci, ci si accorge che la sua produzione è quella di un eccellente ricercatore, come se non avesse fatto altro: da 5-6 a 12-13 articoli o memorie all'anno, un totale dipiù di 250 titoli in una quarantina d'anni di ricerche.

Vi si scorge l'abituale slittamento del­la Paleontologia da una parte verso la Geologia, per cominciare dal contenente per comprendere da dove viene il conte­nuto, e dall'altra verso la preistoria, per­ché attraverso il tempo e i suoi depositi si cerca sempre, coscientemente o no, l'Uomo.

E Pierre Teilhard de Chardin ha cosi bene compreso tutto questo che il primo Istituto di ricerca che egli ebbe l'occa­sione di fondare fu, nel 1940, a Pechino, con Padre Leroy, un Istituto che chiamò di «Geobiologia» (La Terra e la Vita).

In Paleontologia umana ha seguito as­sai da vicino, a partire dal 1929, la mag­gior parte dei grandi lavori in questa ri­cerca. Durante i suoi lunghi soggiorni in Cina, ha partecipato agli scavi dei due famosi giacimenti di Chukutien, vicino Pechino, accanto a Davidson Black, Georgo Barbour, C.C. Young e Pei Wen-Chung nonché allo studio propriamente detto dei resti del «sinantropo», accanto a Franz Weidenreich. Nel 1935 e nel 1938 si è recato a Giava per visitare con Ralph von Koenigswald i famosi luoghi del Pi­tecantropo di Trinil e di Sangiran e poi è andato a studiare, anche questa volta in due riprese, nel 1951 e nel 1953, le grotte dell'Australopiteco, nell'Africa del sud, sotto la direzione di Revil Mason, Van Riet Lowe e John Robinson.

Le attività della preistoria non sfuggo­no evidentemente all'interesse di padre Teilhard; quando cerca dei fossili, ricer­ca egualmente le tracce dell'Uomo ed è per questo che è stato portato a scoprire siti paleolitici e neolitici in Cina, in India, in Birmania, a Gibuti, in Etiopia e a visitarne molti altri e tentare una sintesi.

 Quanto ai suoi lavori di geologia, sono numerosissimi e importatnti; è facile comprendere come Teilhard s'interes­sasse innanzi tutto allo studio fonda­mentale della struttura dei depositi; pen­so che ha dovuto scrivere sulla geologia di tutti i siti che ha dovuto studiare o visitare, da Jersey a Giava e naturalmen­te dappertutto in Cina.

Che cosa emerge dunque da tutta que­sta considerevole opera scientifica, che non è che una parte della produzione e del pensiero di Pierre Teilhard de Char-din? È soprattutto un'opera sulle scienze del passato: la paleontologia, la geolo­gia, la preistoria. Ed è un'opera sulla ter­ra. Teilhard corre per il mondo con in mano il martello del geologo, si precipita dove affiora un sintomo della struttura profonda della terra e non teme né i chilometri, né i climi, né gli uomini. Col­pito nel 1947 da infarto del miocardio, scrive in un appunto datato nel mese di luglio: «il mattino... del 1° giugno, crisi cardiaca... Poi degenza in ospedale... È una svolta nella mia vita. Rinuncia forza­ta alla vita attiva sul terreno. Oggi, pro­prio a quest'ora, dovrei essere in volo per Johannesburp».

È poi un'opera di sintesi a tutti i livelli. Qualsiasi scoperta fortuita, qualsiasi analisi di un fenomeno, d'un fossile, d'un oggetto preistorico costituisce pre­testo per la compilazione di un lavoro d'insieme sui problemi che ne derivano. E poi, su un altro livello, Pierre Teilhard de Chardin collega naturalmente in mo­do perfetto i suoi lavori sulla geologia a quelli sul contenuto degli strati studiati, sui fossili e sulle pietre tagliate; ed anco­ra su di un altro livello, uno dei lati origi­nali del suo pensiero è quello di conside­rare l'Uomo, la Vita nel suo ambiente terrestre e cosmico e di collegare quindi i fenomeni che appaiono come troppo isolati nella loro partecipazione alla evo­luzione generale dell'Universo.

È un'opera di portata internazionale, si potrebbe dire mondiale, non parlo dell'o­pera in se stessa, che si rispecchia nel­l'universale, ma del modo in cui è stata trattata. Pierre Teilhard ha lavorato in Europa, in Asia, in Africa, in America; è vissuto venti anni o quasi in Cina e colla-borato a lungo con C.C. Young, Pei Wen-Chung, Yang Kieh, H.C. Chang, è vissuto negli Stati Uniti, partecipando ai lavori della Fondazione Wenner Gren per le ri­cerche antropologiche. Ed infine, segna­lerei ancora un aspetto della sua opera, che non è comune ma che però non è tra i minori: si tratta di un'opera scientifica ma anche poetica.

«Alcune migliaia di milioni di anni fa — egli scrive a proposito dell'origine della Terra — un brandello di materia for­mato da atomi particolarmente stabili si staccò dalla superficie del sole. E, senza spezzare i legami che lo univano e tutte le altre cose, ma mantenendosi ad una giusta distanza dall'astro genitore per riceverne i raggi con una intensità me­dia, questo brandello si agglomerò, si arrotondò, prese forma...» E sull'origine dell'Uomo: «Quando per la prima volta, in un essere vivente, l'istinto ha preso coscienza di se stesso, è tutto il mondo che fa un passo avanti. Silenziosamente vi ha fatto il suo ingresso l'Uomo».

Questo testo è un riassunto della relazio­ne presentata dall'autore al colloquio in­temazionale dell'Unesco tenutosi a Pari­gi dal 16 al 18 settembre 1981.

YVES COPPENS, professore al Museo di storia naturale (Musée de l'Homme). a Parigi, è membro del Comitato esecutivo dell'Unione internaziona­le delle scienze antropologiche ed etnologiche, presidente della commissione per lo studio dei primi ominidi dell'Unione internazionale delle scienze preistoriche e protostoriche. Ha diretto importanti missioni antropologiche al C/ad (1960-1966) e in Etiopia, Giacimenti dì Orno, (1967-1976) èdi Afar, (1972-1981). Tra i suoi scritti segnaliamo Origines de l'Homme (Libreria «Mu­sèo do l'Hommou, Par/gì. 1976 1980). nitro al .si/o contributo a /'Hifìloire gtìrirtralo fio l'Alricjuo (Unn uco Jttunt! Atrlciuti, Stock, f'ittìtil. IfMIO}.

 

 

 

 

 

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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