Teilhard de Chardin
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Post N° 103
Filosofo, paleontologo, teologo
TEILHARD DE CHARDIN
Audacia di un non conformista
“Pierre Teilhard de Chardin, filosofo, teologo, scienziato, la cui speculazione e le cui opere hanno considerevolmente arricchito il pensiero religioso, filosofico e scientifico proponendo gli elementi di una civiltà dell0Universo…” In questi termini si esprimeva a Belgrado, nel 1980, la Conferenza Generale dell’Unesco quando ha deciso all’unanimità che l’Unesco celebrasse nel 1981 il centenario della nascita di Teilhard.
Un colloquio internazionale si è quindi riunito a Parigi, nel settembre del 1981, con la partecipazione di non meno di quaranta personalità: specialisti di paleontologia, preistoria, etnologia insieme a famosi teologi provenienti da diciotto paesi di tutti i continenti. Il Direttore generale dell’Unesco, Amadou-Mahatar M’Bow e il Presidente della Repubblica francese Francois Mitterand hanno preso la parola alla seduta di chiusura di questo colloquio.
Un omaggio così solenne ha potuto essere motivo di sorpresa per qualcuno. Certamente l’opera scientifica è ben conosciuta e altamente apprezzata tra gli studiosi di paleontologia e di preistoria, ma molto meno da gran parte del pubblico. Quanto al suo pensiero filosofico e religioso, sembrava un poco dimenticato, dopo aver suscitato un grande entusiasmo negli anni successivi dalla sua morte: si sa che, mentre era vivo, le autorità cattoliche romane non autorizzarono la pubblicazione degli scritti in questo campo.
Il colloquio dell’Unesco ha potuto dimostrare che la personalità di Teilhard ed i diversi aspetti del suo pensiero richiamavano al massimo l’attenzione degli specialisti, anche se alcuni di essi non condividono le sue convinzioni religiose.
Pierre Teilhard de Chardin nacque in Francia, in Alvernia, da una famiglia appartenente alla borghesia agiata e di tradizione cristiana. Niente nella sua infanzia, se non un interesse preciso per le pietre e i minerali, facevano prevedere l’uomo dalle grandi vedute e l’esploratore infaticabile, appassionato dell’avvenire oltre che del passato del mondo e dell’uomo.
Nel 1899 entra nell’ordine dei Gesuiti. Gli anni della sua formazione iniziatasi in Francia lo conducono nell’isola britannica di Jersey, dove,pur proseguendo i suoi studi di filosofica, si interessa già alla mineralogia ed alla geologia; e poi in Egitto, al Cairo (dal 1901 al 1905) dove insegna fisica al Collegio dalla Sacra Famiglia e consolida il suo interesse per le scienze della terra; infine in Inghilterra, ad Hastings, presso Londra, dove dedica il suo tempo libero lasciatogli dalla teologia a lavori di paleontologia.
Tuttavia è soltanto nel 1912 che si impegna veramente nella carriera scientifica: viene accolto a Parigi al Museo di Storia Naturale diretto da Marcellin Boule, celebre per i suoi lavori sull’uomo fossile de “La Chapelle aux Saints”. Sopraggiunge la guerra nel corso della quale, dal 1914 al 1919, presta servizio come infermiere portantino. A quell’epoca risalgono i suoi scritti di grande intensità riuniti sotto il titolo “Scritti del tempo di guerra”.
Ritornata la pace, riprende il suo lavoro a Parigi al Museo di Storia Naturale, specialmente con un giovane studente, Jean Piveteau, oggi membro dell’Accademia Francese delle Scienze ed anche all’Istituto di Paleontologia umana, dove conosce l’abate Henri Breuil, le cui scoperte, soprattutto sull’arte preistorica, conosceranno una grande notorietà.
Teilhard sostiene nel 1922 la sua tesi di laurea sul tema dei mammiferi dell’Oceano meridionale francese. Nel 1923 la sua carriera scientifica conosce un momento decisivo: la sua partenza per la Cina (non voluta ma obbligata dalle autorità religiose romane n.d.r.) dove rimarrà, salvo alcuni ritorni in Francia per brevi soggiorni, sino al 1946. In questo luogo svolge tuttavia numerose missioni: nel 1928-29 in Etiopia e in Somalia e più tardi in India, Birmania, Indonesia.
Ritornato in Francia nel 1946 gli offrono nel 1947 una cattedra al College de France. Ma i suoi superiori religiosi, preoccupati per l’audacia delle sue vedute, non gli permetteranno di accettarla. Per le stesse ragioni, gli si chiede, nel 1951, di allontanarsi da Parigi. Si stabilisce allora a New York dove viene accolto alla Fondazione Werner Gren che lo incarica di due brevi ma importanti missioni nell’Africa australe, nel 1951 e nel 1953. Teilhard muore a New York il 10 aprile 1955, giorno di Pasqua.
L’opera scientifica di Teilhard de Chardin pubblicata in undici volumi si compone di oltre 4000 pagine. L’unità del suo pensiero, esposta nelle sue opere scientifiche, anche se ha nutrito le sue convinzioni filosofiche e religiose, non appare per nulla “alterata” da queste. Si rivela nettamente autonoma in tutto l’insieme dei suoi scritti.
Anche se il principale interesse scientifico di Teilhard riguardava le origini dell’uomo, questo argomento non occupa che una piccola parte della sua produzione scientifica per la maggior parte consacrata alla geologia della Cina e anche, sia pure in minima misura, di altre parti dell’Asia. E questo per due ragioni. Da una parte Teilhard ha ben presto compreso che per essere convenientemente spiegate le origini dell’uomo presuppongono delle investigazioni geologiche molto approfondite. D’altra parte nominato nel 1929 membro del servizio geologico della Cina, Teiklhard, insieme con il suo compatriota Padre Emile Licent, ma anche con geologi cinesi e con altri scienziati europei e americani fu spinto a compiere numerose missioni geologiche in quasi tutte le regioni della Cina. In particolare, fu uno dei membri del gruppo cinese della spedizione francese Haardt-Citroen nel 1931-1932 (chi volesse vedere alcuni filmati della famosa Crociera Gialla può visitare il sito ufficilale della Citroen e aprire il link: Crociera Gialla n.d.r.)
Inoltre Teilhard doveva svolgere un ruolo importante negli scavi della famosa località di Chu-ku-tien, vicino a Pechino. Non è certo a lui che si deve la scoperta, avvenuta nel 1929 in Cina, del primo cranio dell’Homo erectus, che fu chiamato “sinantropo” e che nell’evoluzione dell’uomo rappresenta lo stadio precedente a quello dell’Homo sapiens. Ma Teilhard fu uno dei principali animatori del gruppo che per più di dieci anni esplorò la località e contributi specialmente a dimostrare che il “sinantropo” conosceva il fuoco e fabbricava degli utensili.
Anche se meno estesi, meritano anche attenzione i lavori di Teilhard sulla paleontologia del sud e dell’est dell’Africa. Egli ebbe la premonizione che bisognava rivolgere molto più interesse di quanto non si era fatto a queste regioni, dal punto di vista delle origini dell’uomo. Si conoscono le importanti scoperte che sono state fatte dopo l’inizio degli anni sessanta per quanto riguarda i primi ominidi, gli australopitechi e l’Homo abilis, che sarebbe l’antenato dell’Homo erectus.
Quello che distingueva Teilhard dalla maggior parte dei grandi scienziati della nostra epoca era che, senza pregiudizio per la sua opera scientifica, egli ha voluto essere qualcosa di più che uno studioso in senso stretto. Non che egli abbia sottovalutato le scienze, al contrario, nessuno più di lui ne ha espresso tutta la portata e tutto il significato. Ma aveva la certezza che quello che doveva dire andava al di là della scienza. Era qualcosa di più che egli intendeva trattare, cioè una concezione evolutiva e dinamica di tutto l’universo, dell’uomo e dell’umanità. E ciò non solo nel loro passato, ma, alla luce di esso, nel suo avvenire. Un messaggio caratterizzato da una viva preoccupazione di sintesi, di unità, così come ha detto Amadou-Mahtar M’Bow, al colloquio dell’Unesco: “ il suo pensiero come uno spartito musicale, non può comprendersi per brani separati”. Per esporlo dobbiamo però dividerlo in alcune grandi tesi distinte, ma strettamente legate fra loro.
Queste tesi possono essere raggruppate in due categorie, anche se lo stesso Teilhard non le ha presentate così. La prima riguarda delle vedute che discendono direttamente dalla scienza, più precisamente dalla paleontologia e dalla teoria dell’evoluzione. La seconda è costituita da opinioni più lontane dalla scienza, che derivano soprattutto dalla sua filosofia e dalla sua fede cristiana.
Fra le tesi della prima categoria, segnaliamo in primo luogo la legge di complessità-coscienza, intravista prima di lui, ma che egli per primo enunciò esplicitamente in tutta la sua portata. Si tratta della constatazione che il corso dell’evoluzione si presenta a noi come due crescite parallele, intimamente associate; da una parte la complessità, principalmente quella del sistema nervoso e del cervello, e dall’altra lo psichismo e la coscienza.
Questa legge, che per Teilhard era fondamentale, supera non poco la scienza, intesa in senso stretto. Ma è notevole, come è stato fatto notare chiaramente nel corso del colloquio dell’Unesco, che oggi essa è quasi unanimemente riconosciuta da tutti coloro che cercano di comprendere il processo dell’evoluzione, quali che siano le loro convinzioni filosofiche e religiose.
Più personale, ma comunemente accettata , anche se appare come una diretta derivazione della legge della complessità-coscienza, è l’altra grande opinione di Teilhard secondo cui l’apparizione della vita non è accidentale, non un fatto anomalo, ma un processo inevitabile, sostanzialmente un balzo dello Spirito coronato dall’apparizione dell’uomo; l’evoluzione, divergente sino a quel momento, diviene convergente per concludersi nell’uomo, rigoglio finale del suo divenire. E’ quello che Teilhard ha sintetizzato nel suo “credo”, la sua opera Le Phenomene humain: “Centro di osservazione, l’uomo e al tempo stesso centro di costruzione dell’Universo”.
Sempre assai vicina alla scienza, anche se la supera, è quest’altra opinione di Teilhard che precisa il processo dell’evoluzione. Questo processo segue una progressione costante, ma comporta dei momenti critici, delle soglie: il passaggio dalla materia alla vita, riflessione nel momento dell’umanizzazione. Su quest’ultimo punto, Teilhard concorda con l’eminente biologo inglese Julian Huxley, che fu il primo Direttore Generale dell’Unesco, quando afferma;”L’apparizione dell’uomo è l’evoluzione divenuta cosciente di se stessa”.
Un’altra soglia dobbiamo varcare per arrivare alla seconda categoria delle grandi idee di Teilhard; quelle che sono fondate su di una base scientifica o che non lo sono affatto. Si tratta della “planetizzazione” dell’umanità che è certamente uno dei fatti da cui Teilhard trarrà delle conseguenze riguardanti l’avvenire del genere umano e che superano largamente questo semplice atto.
Teilhard viene perciò indotto a sviluppare delle grandi idee su questa presa in massa dell’umanità per quanto riguarda il suo avvenire. Non ci dice quello che avverrà necessariamente, ma a quali condizioni essa può essere salvata. L’umanità è libera di accettarle, ma non può garantire che essa eviterà la catastrofe: “Non ci sono delle sommità senza abissi”, egli scrive.
Queste condizioni che egli ritiene dovrebbero essere condivise da tutti quelli che siano le loro opinioni, sono l’unica strada perché l’umanità raggiunga il suo vero scopo, che risiede essenzialmente in una convergenza. L’umanità si unifica non nel senso della creazione di un termitaio, ma di una unione in cui le persone non sono uniformizzate, meno ancora schiacciate, ma conseguono il loro pieno sviluppo ciascuna secondo i propri caratteri originali con una vocazione propria. E’ quello che Teilhard riassume nella famosa formula: “L’unione differenziata”. Questa idea presuppone che superando gli orizzonti secondo lui troppo angusti delle religioni, non si debba operare per l’avvento di un amore universale: amore della Terra, delle grandi imprese umane – ciò che egli definisce “fede nell’uomo” – amore che dovrebbe unire tutti gli uomini orientandoli verso un “supremo Qualcuno”.
Tra queste imprese umane , Teilhard mette in primo piano il progresso del sapere, le scienze. Più che la maggior parte degli studiosi contemporanei, egli ha saputo riconoscere tutta l’importanza, tutto il valore della ricerca: Il perseguimento del sapere è più di una passione, più dell’aspettativa di realizzazioni utili. Dedicandosi alla scienza, l’uomo deve tendere “ a sapere per essere di più”.
E poiché spesso ancora oggi le religioni, persino il cristianesimo che era la sua fede, mostrano scarso interesse per la scienza, perché non le attribuiscono il giusto peso, quand’anche non temono di esserne distrutte, Teilhard ritiene che le religioni debbano collaborare con la scienza e che soltanto così l’umanità troverà la sua vera unità.
Se, ad un certo momento della sua vita, Teilhard ha potuto ritenere che le grandi religioni del mondo non accordano a questa ricerca tutta l’importanza che egli avrebbe desiderato, doveva indicare negli ultimi scritti quello che ciascuno potrebbe apportare alla convergenza, all’unione, alla spiritualizzazione dell’umanità. Più audacemente, ma assai naturalmente, avendo invocato la convergenza dell’umanità auspicando che essa si raccolga in se stessa. Teilhard ha concepito quello che chiamato “punto Omega”, ossia il punto di ultima convergenza che deve segnare il raggiungimento dell’obiettivo finale dell’umanità.
Questo “punto Omega” egli lo pone in un primo tempo come una nozione derivante da una pura deduzione filosofica. E’ solo in un secondo tempo che, accettando di non essere seguito che dai cristiani, Teilhard penserà a congiungere, ma senza confonderli, il “punto Omega” con il Cristo, il Cristo universale che abbraccia tutte le cose, dando ad esse la consistenza piena, con la capacità soltanto sua di riunire in un amore del quale Egli è la vera sorgente.
Si comprenderà facilmente come le idee di questa seconda categoria, per grandiose che siano, non avrebbero ricevuto l’unanime consenso. Soprattutto le idee propriamente religiose che abbiamo esposto.
D’altra parte, ci si potrebbe stupire che Teilhard affrontando il tema dell’avvenire dell’umanità abbia dato così poco spazio all’arte, alla cultura ed anche alle realtà politiche – Stato, nazione – e, cosa ancor più grave, nella malvagità dell’uomo e degli uomini, al problema del male di cui ha minimizzato l’importanza e non abbastanza scrutato l’origine. Ma quale grande pensatore non ha avuto le sue deficienze? Basta pensare a Cartesio, a Leibniz, per non citare che due nomi.
Per quanto lirici siano spesso i discorsi scientifici ,filosofici e religiosi di Teilhard, non per questo sono privi, salvo qualche eccezione, di un’alta qualità intellettuale. Ma egli non fu in nessun modo un puro tecnico del pensiero. Per quanto valida la sua speculazione, egli l’ha sviluppato per metterlo al servizio di un’azione, il primo e vero raggiungimento dei fini dell’uomo.
Di qui il calore, talvolta la veemenza che caratterizza i suoi proponimenti. Egli ha voluto certamente elaborare una sintesi, ma direi anche e soprattutto quello che egli aveva “visto” e secondo i suoi termini, “esprimere delle vedute ardenti2. Delle vedute che tanto hanno saputo sollecitare l’essenza di tante culture e tante diverse condizioni.
FRANCOIS RUSSO s.j.
(in Corriere Unisco …….1981
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)