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Post N° 102

Post n°102 pubblicato il 11 Ottobre 2008 da bioantroponoosfera

Un aspetto trascurato del grande gesuita

Teilhard de Chardin mistico

Le tappe di una esperienza privilegiata. Le tre “vie”

“Il bisogno di possedere interamente qualcosa di “assoluto” fu, sin dalla mia infanzia, l’asse di tutta la mia vita interiore.   Fra i piaceri  propri di  quell’età io non ero felice che in riferimento ad una gioia fondamentale, la quale consisteva in generale nel possesso (o nel pensiero) di qualche oggetto più prezioso, più consistente, più inalterabile.  A volte si trattava di un pezzo di metallo, altre volte, saltando all’estremo opposto, mi compiacevo nel pensiero di Dio Spirito (la Carne di Cristo mi pareva, a quell’età, qualcosa di troppo fragile e di troppo corruttibile) .

Questa preoccupazione potrà apparire strana. Ma ripeto che a me capitava così, senza interruzione.  Sin da allora provavo il bisogno invincibile -  vivificante e riposante -  di adagiarmi senza paura  in Qualcosa di tangibile e definitivo e dovunque cercavo questo Oggetto fonte di beatitudine.  La storia della mia vita interiore è la storia di questa ricerca di realtà sempre più universali e perfette.  In fondo, la mia tendenza naturale profonda è rimasta assolutamente inflessibile,  da quando mi conosco”.

Sono parole di Pierre Teilhard de Chardin, scritte nel 1917, in piena prima guerra mondiale: sono parole che, meglio di qualsiasi altra, gettano luce su un aspetto della complessa personalità del celeberrimo gesuita (spentosi nel giorno di Pasqua del 1955 a New York) che sinora i “teilhardisti” hanno scarsamente studiato, l’aspetto mistico.   Anche se la “teilhardite acuta” di cui furono affetti gli ambienti intellettuali cattolici degli anni sessanta (pro o contro) sembra essersi ormai calmata, peraltro l’opera filosofica e scientifica di Teilhard de Chardin continua ad essere fonte di studio e di riflessione, ma,  stranamente, Teilhard mistico è ancora poco noto.  Questo spiega l’eccezionale affluenza di pubblico avutasi venerdì 10 marzo ( 1972 n.d.r.) al Centre Saint Louis de France in occasione di una conferenza tenuta su Teilhard mistico da colui che fu uno dei suoi superiori provinciali, padre  Andrè Ravier.

Padre Ravier, che conobbe molto da vicino Teilhard de Chardin ed è depositario dei suoi “carnet” intimi (che conta  di poter un giorno pubblicare) ha voluto anzitutto delineare brevemente quale fosse il pensiero di Teilhard sulla mistica. 

Esisteva per lui una “via prima” che parte  dall’amore esclusivo della terra e conduce al Nulla, esisteva una “via secunda” che parte dall’amore esclusivo per il cielo e porta direttamente a dio ed è la via solitamente seguita dai grandi mistici, una Teresa d’Avila,  o un San Juan de la Cruz:  fra queste due strade mistiche, esisteva secondo Teilhard una “via tertia” che attraverso il cosmo, l’amore per il cosmo quale realtà non già terminata ma che “si inventa” ogni anno che passa, porta al Cristo “ricapitolatore” di tutto e quindi a Dio.   Dalla “via termia” si arriva alla “via secunda”.

E’ la “via tertia” quella che Teilhard scelse, unendo all’amore per la terra l’amore di Dio,  arrivando all’ amore di Dio attraverso l’amore per la terra e gli uomini.  Non che Teilhard  concedesse scarsa importanza alla strada seguita da Tersa, alla “via secunda”:  le riconosceva anzi un valore eccezionale , visto che un mistico che abbia scelto quel cammino “è colui che Iddio ha chiamato a realizzare, prima della sua morte, quel collegamento tra “via tertia” e “via secunda”  che gli altri realizzano solitamente al termine della loro esistenza.    Ma a Teilhard Dio aveva riservato di arrivare molto più lentamente, con ben maggiori angoscie – attraverso l’amore  del   cosmo -  la dove una Tersa o un San Giovanni della Croce erano arrivati fulmineamente.

Secondo Padre Ravier quello dell’autore de: “Le coeur de la matiere” era un “temperamento mistico caratterizzato” :  l’intangibilità di Dio è stata per Teilhard  “la difficoltà  profonda della sua vita”, quel continuo cercarlo ( perché l’aveva, si,  trovato da parecchio tempo, ma non riusciva ad impossessarsene per calmare la sua sete di assoluto)  è stata fonte di continue terribili angosce .  “Du canard, delivrez-moi Jesus”, scriverà in una pagina dei suoi “carnet” intimi.   “Le canard”: uno stato d’animo intermedio fra il tedio e l’angoscia.  Quel “canard” - ha notato padre Ravier- che  ritroviamo sotto  differenti forme in Ignazio da Lodola (e che spiega il suo tentativo di suicidio) nel  curato d’Ars, in Francesco di Sales.

In un altro “carnet” troviamo questa annotazione :” senso della presenza, dubbio dell’inesistenza”.   Senso vivissimo della presenza di Dio,e, allo stesso tempo, dubbio sulla sua esistenza:  quale grande mistico o anche semplicemente quale umile cristiano  non ha provato a volte e quel senso e quel dubbio?

Si immagini ora un uomo angosciato come Teilhard costretto al silenzio dai suoi superiori, preoccupati per alcuni aspetti quanto meno discutibili della sua dottrina.  Fu un autentico calvario , “un dramma atroce” per riprendere le parole di padre Ravier.  Se Teilhard  seppe sopportarlo fu perché a differenza – ad  esempio -  di un Lamennais , aveva una profondissima fede religiosa.

“Se mi ribellassi – scriveva al suo consigliere spirituale, Auguste Valensin -  sarei infedele alla mia fede”:  e  più tardi aggiungerà  “ con gioia profonda comunicherò a questo piccolo calice, ma almeno possa essere  sicuro che è sangue di Cristo!”.

Teilhard accetta il calice della sofferenza: si augura solo che all’origine di questa sofferenza vi sia il desiderio di Cristo di metterlo alla prova e non la maldicenza o, peggio, la cattiveria degli uomini.  Gesuita attaccatissimo alla sua Compagnia , Teilhard amò come pochissimi altri la Chiesa.  Nel 1945 scriveva:” sprofondare, sparire”:  inabissarsi nell’anonimato, scomparire,  ecco quanto desiderava come ultima prova del suo amore per la Chiesa .

Che era un po’ ripetere quanto aveva invocato secoli prima Jacopone: “ Gesù, speranza mia subissame en  amore…”

Massimo OLMI

(in Avvenire 15 marzo 1972

 

 

 

 

 

 

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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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