Messaggi di Aprile 2009

IL MERCATINO DEI LIBRI

Post n°173 pubblicato il 04 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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In Internet è apparsa tempo  fa questa recensione curata da Giuseppe Ferrari del libro del Prof. Salvatore Costantino:,  La verifica dell’incontro Socializzazione e persona nell’universo teilhardiano, Cosenza, Jonia Editrice, 1998.

 Si tratta dell’ultima fatica di Salvatore Costantino docente di Filosofia teoretica e Didattica della filosofia presso l’Università della Calabria. Il volume non è una generica esposizione del pensiero del gesuita francese Teilhard de Chardin, paleontologo, teologo, filosofo, geologo, al centro di accese polemiche e controversie per la sua teoria dell’evoluzione cosmica integrale che sembrava inconciliabile con la rivelazione divina.

Teilhard aveva la consapevolezza di essere “un uomo di rottura” e con sottile umorismo lui stesso si definì “un elefante a passeggio nelle ordinate aiuole dello scolasticismo”, tanto stupore, interrogativi e dure opposizioni doveva suscitare!

Le sue idee risultano venate di tracce panteistiche e trasformiste.

Scienziato e pensatore incompreso, ritenuto un sovversivo, autore postumo, geniale “franco tiratore” a cui, in definitiva, è stata riconosciuta la sincerità della sua liturgia cosmica.

Profeta e precursore dei tempi nuovi. Il suo influsso vibrante d’ottimismo confluì sotterraneamente nella costituzione “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano II che con le sue ardite e feconde intuizioni aveva acceso tante aspettative ed attese, in parte andate deluse.

Costantino offre non solo una sintesi equilibrata ed armonica del sistema filosofico, teologico e scietifico di Teilhard de Chardin, ma ha la pretesa, del resto ben riuscita, di offrire all’attento lettore un blik specifico ed originale su cui ruota l’intera sua ricerca: il personalismo socializzante di Teilhard de Chardin. L’Autore realizza un’antica aspirazione risalente agli studi giovanili: proporre uno studio accurato su Teilhard de Chardin ora che le polemiche attorno alle sue concezioni sono superate. La bibliografia sulle opere di Teilhard ( 13 volumi, oltre agli scritti scientifici, all’epistolario e al diario) appare sterminata e ben assortita.

Costantino ha con cura studiato le opere del “gesuita proibito” prestando particolare attenzione alle interpretazioni fornite da estimatori ed amici di Teilhard: Padre Henri de Lubac e Padre René d’Ouince che colpiscono per la loro obiettività e per la loro ponderazione.

Teilhard de Chardin appare come un grande e fine aristocratico del pensiero ed insieme un ineffabile mistico: basti pensare alla Messa sul mondo ed alle sublimi parole pronunciate di fronte al deserto degli Ordos in Mongolia. Liturgia solenne e offerta mistica affidata alla pietà della memoria: “Poiché ancora una volta, Signore, non più nelle foreste dell’Aisne, ma nelle steppe desolate dell’Asia, non ho né pane né vino, né altare, mi eleverò al di sopra dei simboli sino alla pura maestà del Reale, e ti offrirò, io tuo sacerdote, sull’altare della Terra intera, il lavoro e la sofferenza del mondo”.

Marguerite Teilhard-Chambon così ricorda suo cugino: “Pierre Teilhard, questo grande ottimista, mai soddisfatto di sé, […] visse con le vele spiegate al vento dell’avventura, il vento che lo spingeva alla più grande evasione, la sola che lo appassionasse: la ricerca e l’Incontro di Dio”.

Il primo articolo, poi, del credo teilhardiano è: “credo che l’Universo è un’evoluzione”.

In questo Teilhard si ricollega al grande filone stoico agostiniano ad alla generazione degli scienziati moderni per i quali l’evoluzione non è un dogma, ma  un’evidenza.

Di Bergson, Teilhard ha conservato l’orogenesi, il dinamismo, l’élan vital (lo slancio vitale), la cavalcata fantastica dell’umanità protesa nell’abbattere gli ostacoli…

Ha apprezzato di meno la ricaduta plotiniana nella materia, la stagnazione dell’istinto, il ricorso all’intuizione: per Teilhard l’evoluzione non è che un trampolino, la base di una grande speranza. Occorre, però, dare all’evoluzione e al mondo non soltanto “un supplemento d’anima”, ma la sua anima: il Cristo, che nella sua terminologia chiama il “Cristo Evolutore”. Se l’uomo è la freccia dell’evoluzione, il Cristo ne è l’arciere e il fine, il bersaglio: l’Alfa e l’Omega, “il punto Omega”. Il completamento dell’uomo ha il suo compimento nel Cristo, nel Cristo totale, nel Cristo parusiaco si ha la “pleromizzazione” -Efesini (4,10)- Col. (1,12-23). Questo leitmotiv percorre tutte le pagine di Teilhard.

Il testo di Costantino, come tutte le sue indagini filosofiche, oltre ad avere un notevole spessore scientifico e rigore culturale, ha un interessante mordente d’attualità in questa fase di transizione verso una vera unità europea che, pertanto, dovrà essere, oltre che politica ed economica, anche sociale e spirituale. Il Teilhard coniuga insieme, afferma Costantino, personalismo e socializzazione, rifiuta Teilhard l’organizzazine sociale del formicaio, dell’alveare umano; ripugna al gesuita la costruzione del “Termitière” ed esprime la sua opposizione radicale alla “supersocieté sans coeur et sans visage”.

Il divenire dell’umanità è verso una socializzazione d’espansione e una socializzazione di compressione. Secondo Teilhard, c’è in atto una tendenza irreversibile verso la definizione di un “super-organismo” che deve essere composto da tutti gli individui umani, così come il singolo individuo biologico è composto da tantissime cellule, che v’è decisamente una differenza sostanziale col personalismo comunitario elaborato dal Mounier. In Mounier la natura resta il luogo dell’impersonale e dell’oggettivo, “dell’indecifrabile”, del ribelle.

Per Teilhard il personale non è uno stato, ma una direzione, una energia: è dunque in termini di sintesi che bisogna parlarne. “C’è in Teilhard una dialettica della personalizzazione che parte dal protozoico e si innalza verso una sintesi superiore in cui l’individuo ed il sociale formano un solo essere che si completerebbe in Dio, il quale,ù  così sarebbe la Personalizzazione Assoluta” (pag. 153 del testo).

In Teilhard, afferma Costantino, certamente l’apologia della fede cristiana si radica sulla riserva di una grande speranza che è la risorsa più necessaria all’umana fatica del vivere quotidiano. L’ottimismo teilhardiano si alimenta della certezza della Resurrezione di Cristo, evento centrale della storia della salvezza e momento epocale della Signoria di Cristo su tutte le cose, sul cosmo intero. Il libro di Costantino è una doviziosa miniera di notizie, annotazioni e puntualizzazioni; merita la più ampia diffusione e conoscenza non solo tra i docenti, ma anche tra i giovani che ignorano le grandi intuizioni della polivalente personalità di Teilhard de Chardin.

Desidero terminare le mie riflessioni sul testo di Salvatore Costantino con uno scritto abbastanza noto di Teilhard de Chardin, coerente fino in fondo con le sue idee di uomo, cristiano e cittadino del mondo. È una preghiera che sintetizza la sua opera in modo sublime:

“Quando sul mio corpo (e ancor più sulla mia anima) comincerà ad imprimere i suoi segni l’usura dell’età; quando piomberà su di me dal di fuori, o dall’interno nascerà in me il male che impicciolisce e demolisce; nel momento doloroso in cui prenderò improvvisamente coscienza che sono ammalato o che divento vecchio; in questo ultimo momento soprattutto, in cui sentirò che sfuggo a me stesso, assolutamente impotente nelle mani delle grandi forze sconosciute che mi hanno formato: in queste ore oscure, fammi, Dio mio, comprendere che sei Tu (purché la mia fede sia abbastanza grande) che sposti dolorosamente le fibre del mio essere, per penetrare fino al midollo della mia sostanza, per portarmi via in Te […] oh Energia del mio Signore, Forza irresistibile e vivente, poiché tra noi due

Tu sei il più forte infinitamente, è a te che compete il ruolo di bruciarmi nell’unione che ci deve fondere assieme […] Non è sufficiente che io muoia comunicandomi. Insegnami a comunicarmi morendo […]”.

E morì Teilhard, come aveva sempre desiderato, in un’alba senza tramonto: domenica di Pasqua del 1955.

Giuseppe Ferrari

 

 

 
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Pasqua 2009

Post n°174 pubblicato il 04 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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Pasqua 2009: un grande cambiamento ci attende

“Mi piacerebbe morire il giorno della Resurrezione”: questo desiderio venne  espresso da Teilhard de Chardin il 15 marzo 1955 a New York.

      In questa espressione era condensata la storia della sua vita profonda vissuta nella contemplazione del Cristo risorto, Signore dell’Universo.

      Venne esaudito qualche settimana dopo, come egli ardentemente desiderava: il 10 aprile era la Pasqua , giorno di Fuoco e di Resurrezione, giorno che sintetizzava in modo mirabile tutta la sua vita  e quel giorno, puntualmente, il Risorto venne per prendere il suo fedele servitore Pierre Teilhard de Chardin per portarlo con sé.

Pierre Leroy così lo ricorderà:” è morto all’improvviso, come aveva richiesto, nella città più cosmopolita del mondo, lui l’amico di ogni uomo del mondo.”

      A parte gli scritti, che ancora oggi vengono letti e studiati da  moltissimi  scienziati, teologi, uomini di cultura e semplici cittadini,Teilhard de Chardin ci ha lasciato tutta la sua vita, una vita di testimonianza della fede nella Resurrezione; una fede vera che non si basa su possibili illusioni, come hanno scritto  tanti uomini di Chiesa, ma che scaturisce dalla meditazione sulla  vita,  passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo, letta nella scrittura prima di tutto, e  letta poi  nella storia dell’Uomo congiunta con la storia di Cristo.

        Teilhard aveva visto giusto quando mezzo secolo fa  aveva previsto una crisi di crescita della Chiesa e della società dell’Uomo; ma aveva anche previsto e lasciato a noi metodi e vie di soluzione di queste crisi.

        Oggi,all’interno dell’Umanità più avveduta,  i suoi metodi, le sue vie di soluzione e i suoi punti di vista sono adottati largamente e sempre più giovani, in cerca di  cambiamento per  costruire  la nuova  società dell’Uomo,  si avvicinano al pensiero di Padre Teilhard: basta girare un poco sui blog della Rete informatica per rendersene conto.

        Credo che anche la Chiesa farebbe bene  oggi a riscoprire questo “gentiluomo della fede”.

        E’ il cambiamento della storia, che sta avvenendo sotto i nostri occhi, che ci spinge verso un rinnovato impegno all’interno della Chiesa e tra gli Uomini, ma noi  non ce ne accorgiamo ancora.

        E’ in questa strada del cambiamento verso la riscoperta dell’Uomo e della sua pienezza nel Cristo Redentore  che Pierre Teilhard de Chardin può darci il suo valido aiuto.

(Giovanni Fois)

 

A  TUTTI gli Amici del blog un sincero augurio di una Santa Pasqua 

 

 

 

 

 
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Riscopriamo il modello teilhardiano

Post n°175 pubblicato il 12 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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Verso la sintesi del terzo millennio: il modello di Teilhard de Chardin

Pubblicato su Internet questo  lavoro manca della firma dell'autore.  Con molta probabilità il testo è stato scritto dal Prof. Lodovico Galleni, professore e conoscitore di Teilhard de Chardin.

 

Molte le sintesi e le interazioni tra scienza e teologia. Ci sembra pero' importante progettare per il futuro. A questo punto diviene necessaria la proposta della sintesi del terzo millennio. Si tratta di una proposta limitata e parziale, perché abbiamo la consapevolezza che una nuova sintesi non la si può elaborare da soli all' interno di una sola cultura o disciplina, proprio perché la nuova sintesi dovrà essere multiculturale e interfacciarsi con la ricchezza delle religioni e delle teologie e con la scoperta, da parte della scienza contemporanea, dei suoi limiti e della complessità del reale.

Inoltre non possiamo nemmeno non sottolineare che la necessità di una sintesi dovrà tenere presente un altro aspetto: la teologia sempre più è teologia del contesto e quindi sempre più ci chiama a confrontarci con un contesto di occidentalizzione della scienza e delle culture e insieme di povertà dilagane e di controllo da parte della parte ricca del mondo delle fonti di energia e di cibo. Proprio di fronte a questo contesto, la teologia deve sempre di più porsi il problema della difesa dei poveri e della creazione, ed essere voce di chi non ha voce1. La scienza dunque, nel bene e nel male è fondamentalmente un sapere ben strutturato di una parte dell' Umanità, la teologia è invece un patrimonio culturale che emerge a più voci2.

Il progetto come si vede è dunque decisamente complesso e non risolvibile in poche righe. Ma possiamo fare una proposta, e la proposta ha bisogno di un punto di riferimento e il riferimento sarà proprio l' opera di Teilhard de Chardin.

Gesuita e paleontologo, Teilhard de Chardin, nella sua lunga e operosa vita cercò di costruire una nuova sintesi tra scienza-e-teologia in uno stretto rapporto di relazioni tra le due discipline che si influenzano a vicenda senza mai che l' una travalichi l' altra. Scienza filosofia e teologia devono scorrere parallele, ma , come i meridiani nelle vicinanza del polo, convergono per interagire3.

Due punti del diario sono fondamentali.

Il primo è il riferimento al cardinale Newman e alla vocazione di portare alla chiesa tutto ciò che c'è di bello e di buono nel mondo moderno4. L altra è la consapevolezza che l' intero Universo è sottoposto ad un processo di trasformazione continua, irreversibile nel tempo e quindi non ciclica, che è appunto l' evoluzione. E se l' universo è stato creato in evoluzione, ci deve essere una profonda ragione ontologica in questo modo di creare5.

Qui non possiamo non recuperare ancora un aspetto importante della riflessione teilhardiana, cioè l 'approccio epistemologico. I limiti della scienza gli sono ben chiari: ciò che noi vediamo ad esempio non è tanto l' evoluzione, quanto la ricostruzione che noi facciamo del fenomeno evolutivo: l' osservatore non può essere separato dall' osservazione6. Ma nonostante questo, non si scivola nelle paludi del dubbio. Infatti la ricostruzione ci dà sempre una interpretazione del reale che ha punti forti che ci spingono ad una riflessione ontologica. L' evoluzione è un universale che emerge dallo studio scientifico della struttura dell' universo ed è quindi un universale ontologico che deve essere considerato da qualunque riflessione seria di teologia della creazione7.

Ma vi è un secondo punto importante di riflessione: nella costruzione della sintesi emerge una necessità della teologia: l' evoluzione non è solo un movimento a tentoni, (anche se anche questa parte dei meccanismi evolutivi è tenuta in grande considerazione da Teilhard de Chardin); è anche un muoversi verso: la teologia ha bisogno della necessità nell'e conomia dell' universo, se non dell' Uomo inteso come specie biologica Homo sapiens, almeno dell' essere pensante, un essere pensante che riconosca, come di fatto fa Abramo, che il Dio creatore è un essere personale al di fuori di sé e della natura, un essere personale che lo chiama all' alleanza.

Vi è dunque la necessità teologica che in qualche modo l' evoluzione sia un muoversi verso forme con sempre più raffinati livelli di coscienza. Ciò che è affascinante è che Teilhard de Chardin sviluppa un vero e proprio programma di ricerca scientifico che lo porta a porre per la prima volta il problema della biologia come scienza dell' infinitamente complesso8.

Se infatti la teologia ha la necessità che la Creazione sia un muoversi verso, questo muoversi verso deve lasciare delle tracce che siano evidenziabili sperimentalmente. Da qui nasce l' idea teilhardiana che l' evoluzione sia un muoversi verso la complessità e la coscienza e che questo muoversi verso debba in qual che modo essere messo in evidenza da particolari tecniche di indagine paleontologica. Qui le necessità della teologia interpellano la scienza ed ecco il progetto scientifico teilhardiano. Il muoversi verso può essere evidenziato solo con un approccio diverso, globale. Vista nel suo insieme l' evoluzione dei viventi, mostra caratteristiche che l' approccio riduzionista e popolazionista perde.

Da questo punto di vista è fondamentale, per lo sviluppo del pensiero teilhardiano, l' esperienza cinese che si svilupperà nell'arco di circa vent' anni tra gli anni venti e gli anni quaranta del ventesimo secolo. L' approccio globale richiede un indagine su vasti spazi e tempi lunghi possibile appunto per i paleontologo che si confronta con il subcontinente cinese.Ma in questo modo fa emergere una caratteristica altrimenti trascurata: l' evoluzione non è fondamentalmente un fenomeno di dispersione di tipi, ma di parallelismi e convergenze. L' approccio globale dunque fa emergere caratteristiche che si perdono con la indagine riduzionista ( ecco dunque la complessità che emerge nella ricerca biologica) ed una di queste caratteristiche è proprio il muoversi verso, il muoversi verso la complessità e la coscienza dimostrata sulla base dell' evoluzione dei fossili che in vario modo e in varie linee , muovono verso la complessità e la cerebralizzazione. . Una necessità della teologia diviene parte integrante di un progetto di ricerca paleontologico9.

Dunque una acquisizione della scienza cioè l' evoluzione intesa come cambiamento irreversibile nel tempo interpella la teologia; di rimando una delle necessità della teologia, cioè un luogo privilegiato per l'essere pensante interpella la scienza. Le richieste che vengono dalla teologia sono importanti e feconde, e portano la scienza a sviluppare nuovi contenuti e tecniche, cioè approccio globale all' evoluzione biologica. Questi passaggi decisamente dialettici sono permessi perché l' una interpella l' altra rimanendo ciascuna autonoma e indipendente nelle sua analisi e nei suoi strumenti, ma ciascuna aperta alle necessità epistemologiche dell' altra.

La sintesi porta ad un reciproco arricchimento sia per le nuove prospettive della scienza sia perché la teologia si confronta con nuovi contenuti ed interpretazioni.

Ma, come abbiamo visto, c'e' un' ultima riflessione importante. Vi è una necessità teologica della libertà della creatura pensante, una necessità che sembra essere recuperata dalla scienza, non solo dal procedere a tentoni che, elemento fondante delle ipotesi darwiniane, era tenuto in considerazione da Teilhard, ma anche di tutta la riflessione contemporanea dalla meccanica quantistica al caos deterministico. Tutto sembra portare ad una terza caratteristica ontologica fondamentale e fondante di questo universo, a fianco dell' evoluzione e del muoversi verso, cioè la libertà10.

E allora la lezione teilhardiana diviene ancora molto utile: la sintesi non è solo utile come strumento di conoscenza dell' Universo, ma anche come strumento di proposta per un etica del reale. Teilhard infatti vede nel muoversi verso e nella libertà due strumenti importanti per costruire la Terra. Ciò che interessa al cristiano non è solo il cammino in alto verso la propria salvezza escatologica nel paradiso (la Bibbia ci dice come si va in cielo), ma anche il cammino in avanti per costruire la Terra. La Terra va costruita, nella prospettiva di una nuova umanità pronta per la seconda venuta di Cristo, ma con gli strumenti che ci suggerisce la scienza. Ma anche coi fini che scienza e teologia elaborano insieme. Una Terra che si caratterizza per un progetto di stabilità della Biosfera11, per un rispetto della creazione di cui Dio gode nel riposo del settimo giorno,12 per la liberazione dei vari componenti della famiglia umana13, e nel rispetto della natura e delle culture14.

Insomma la Bibbia ci dice non solo come si va in cielo, anche perché costruire la Terra e, assieme alla Scienza, ma con una sintesi quasi simbiotica, come costruire la Terra.

La sintesi teilhardiana supera il modello galileiano; ci fa aprire al futuro con la speranza dell' Utopia ma con l' ottimismo della Fede. Certo rimane il problema non banale degli strumenti concreti, del quotidiano. Ma una seria riflessione di etica ambientale può essere di fondamentale aiuto. E su questa proposta si apre la prospettiva per un futuro progetto di riflessione e di indagine.


1 A. Potente, Dalla ricostruzione del tempio alla ricostruzione della città: morale e spiritualità ecumenica, Vivens Homo,vol. 2, 1991, pp.: 243-258.

2 A. Potente, Raccogliere i frammenti - Dalla teologia missionaria alla teologia contestuale, Anterem, Roma, 1995

3 "Come accade ai meridiani in prossimità del polo, Scienza, Filosofia e Religione convergono necessariamente nelle vicinanze del Tutto." In: P. Teilhard de Chardin, Il Fenomeno Umano, nuova trad. it. Queriniana, Brescia, 1995 p.: 26.

4 P. Teilhard de Chardin, Journal, Tome I, Fayard, Paris, 1975 pp.: 90-91.

5 "L' adoption de la forme évolutive pour la formation du Monde entraîne un certain mode d' apparition « ex nihilo subjecti », et insinue qu'il y a une raison ontologique profonde de ce monde?" in: P. Teilhard de Chardin, Journal, Tome I, op. cit., p.: 264.

6 P. Teilhard de Chardin, Il Fenomeno Umano, op. cit., pp.: 27-31.

7 Cfr. L. Galleni, La realtà ontologica dell' evoluzione: dall' universo ordinato alla terra da costruire, in: M. Malaguti ed, Prismi di Vertità, Città Nuova, Roma, 1997, pp.: 141-166.

8 CFr. L. Galleni, Biologia, op. cit. pp.: 125-136

9 Per una analisi dettagliata del progetto di ricerca teilhardiano, si veda: L. Galleni et Marie Claire Groessens-Van Dyck, Lettres d' un paleontologue - Neuf lettres inédites de Pierre Teilhard de Chardin à Marcellin Boule, Revue des Questions Scienbtifiques, 2001, 172 (1): 5-104, 2001.

10 Per una discussione anche se rapioda del tema si veda: L: Galleni, Is Biosphere doing Theology?, Zygon, 36, 33-48, 2001.

11 Cfr. J. Lovelock, Le nuove età di Gaia, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 1991.

12 Cfr. J. Moltmann, Dio nella Creazione, trad. it. Queriniana, Brescia, 1986.

13 Cfr. L. Boff, Grido della Terra, grido dei poveri, trad. it. Cttadella, Assisi, 1996 e R. Radford Reuter, Gaia e Dio, trad. It. Queriniana, Brescia, 1995.

14 Cfr. A. Potente, Raccogliere i frammenti, op. cit.

 
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Testimonianza di Padre Vincenzo D'Ascenzi s.j.

Post n°176 pubblicato il 12 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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TEILHARD DE CHARDIN NELLA MIA VITA

 Qualche anno fa, chiesi a Padre Vincenzo D'Ascenzi s.j. quando conobbe l'opera e il pensiero di Pierre Teilhard de Chardin e che cosa ne pensasse

Ecco la breve nota che mi diede e che vi ripropongo nella sua immediatezza e freschezza.

  Cosa ha rappresentato e rappresenta ancora  P.Teilhard de Chardin nella mia vita ?Tenterò di rispondere con questi   3 punti: 1) come l’ho conosciuto; 2) perché mi ha affascinato; 3) a cosa mi è servito e continua a servirmi nella mia vita personale e apostolica(Esercizi spirituali, attività formative e pedagogiche); TdC fa parte dagli inizi degli anni sessanta,di una triade di sacerdoti  modello che mi hanno affascinato e  che hanno segnato la mia vita. Glialtri due sono   Primo Mazzolari e Lorenzo Milani.

1. Come ho conosciuto Teilhard

 Nel 1963 uscì in Italia il famoso libro  di Giancarlo Vigorelli, Il Gesuita proibito, Milano,Il Saggiatore. Libro che, per il titolo e la risonanza che ne è seguita(di simpatia nel mondo laico e di imbarazzo nella gerarchia ecclesiastica) provocò in Italia il “fenomeno  Teilhard” , quasi un segno di contraddizione fra lo spirito preconciliare conservatore e lo spirito post-conciliare profetico. E’ indubbio che in alcuni  numeri della Gaudium et Spes  aleggia l’ottimismo teilhardiano. 

 Essendo io stato  destinato a Ferrara nel 1964 come responsabile dell’Istituto di Cultura Religiosa “Casa Giorgio Cini”, molto legata alla “Fondazione Cini” di Venezia, nel 1966  partecipai con alcuni Docenti Universitari cattolici di Ferrara(di cui ero Assistente Ecclesiastico) a tre giornate alla Fondazione Cini a Venezia  su “Il gesuita proibito”. Tra i Docenti di spicco della cultura italiana intervennero da Ferrara  diversi docenti, fra cui il prof.   Piero Leonardi, Fondatore della cattedra di Geologia nella città estense. 

 Le tre giornate di Venezia  mi stimolarono a presentare Teilhard alla cultura ferrarese progettando un seminario di studi interdisciplinari presso il nostro Istituto di Cultura. Il seminario durò due settimane:dal 5 al 16 Marzo 1968  con tre  sedute la settimana.

            Per introdurre il pubblico al pensiero di Teilhard, io stesso tenni le prime tre relazioni nella prima settimana sempre  lasciando un congruo spazio agli interventi del  numeroso pubblico.[2]

            Nella seconda settimana intervennero  esperti di antropologia, di teologia, filosofia e Sacra Scrittura. Tra questi ricordo Ferdinando Ormea, che fu tra i primi diffusori del pensiero di Teilhard in quanto lui fu  in costante contatto con Annette Daverio a Torino. Al convegno di Ferrara intervennero anche biblisti e teologi dall’Università Gregoriana, come il  P. Giovanni Magnani S.J  per la fenomenologia e P.Saverio Corradino S.J.  dell’Istituto Biblico per l’aspetto biblico e teologico.

 Fu una esperienza bellissima fra le prime in Italia  dalla quale nacque poi il primo libro da me curato con la raccolta delle relazioni e degli interventi del pubblico. Teilhard de Chardin,studi e dibattiti, EDB, Bologna.Febbraio 1969.

            Certamente il successo  del seminario di “Casa Cini”  fu dovuto al clima  creato dal Concilio Vat. II° e ancor più dalle aspettative,anche dirompenti,dei movimenti giovanili del sessantotto,dilagati dalla Francia in Italia e nel mondo.

            Nello stesso anno usciva in Italia per l’editore Il Saggiatore, Milano,1968, La prima opera di TdC con il volume “L’Ambiente Divino”.Questo volume fu presentato con una Tavola Rotonda al nostro Centro Culturale S.Fedele di Milano con la partecipazione del Prof. Ferdinando Ormea da Torino,P.G.Magnani S.J.,Mario Gozzini,della Rivista “Testimonianze” di Firenze, e il sottoscritto da Ferrara

            Qualche anno prima di me  ad onor del vero,l’elemento trainante tra i gesuiti italiani studiosi e appassionati di Teilhard,  fu P.Alessandro Dall’Olio,Direttore dell’Istituto Stensen di Firenze, con cui ero costantemente in contatto e con il quale partecipai anche ad un Seminario europeo a Parigi su Teilhard( nel 1970 ?) . [3]

2. Perché Teilhard  mi ha affascinato. 

 1.Per il suo amore della natura, della terra,dei fossili. Anche io a tutt’oggi raccolgo conchiglie,relitti naturali di alberi,corna di daini,penne di gabbiano,come farebbe un bambino. Non so spiegarmi il perché, ma l’ho sempre fatto; e quando voglio fare un regalo  prezioso a qualcuno, gli dono qualcuno di questi reperti. – Ho un particolare attaccamento alle schegge e relitti di guerra.[4]                                              

2. Per il suo rapporto sereno e dialogico con tutti,senza esclusione di razza , religione,cultura e perfino regimi politici; anche se i regimi tirannici e dittatoriali non li amava certo. Forse TdC non ha fatto in tempo a sapete dei campi di sterminio Nazista,dato che  dagli anni venti agli anni cinquanta è vissuto piuttosto all’estero ,specialmente in Cina e negli USA. Il razzismo gli era completamente estraneo.

            Questa apertura di TdC anche  verso le altre religioni e  gli stessi non credenti  me lo ha fatto molto amare.

             Il fatto che il “Fenomeno umano  sia stato tradotto prima in Unione Sovietica che in Italia,non dice affatto che Teilhard propugnasse il socialismo di tipo marx-leninista che implicava una scelta di classe ben  precisa. Ma quella traduzione fu fatta(con alcuni tagli per quanto riguardava lo sbocco della Fede)in URSS  con uno scopo  di avversione  al Vaticano, dato che il S.Uffizio si era espresso negativamente verso il pensiero di TdC con la famosa nota del 1962.

            Tra gli anni sessanta e settanta si apriva il dialogo con  le forze di sinistra anche in Italia e si era arrivati alla vigilia del “sorpasso” dei comunisti con voti quasi alla pari della DC e si era vicino al progetto del “compromesso storico che si stava per realizzare fra Moro e Berlinguer. Non a caso il presidente del Consiglio Aldo Moro fu sequestrato  il 17 Marzo 1978 e giustiziato l’8 maggio a Roma. Anni in cui la stessa Compagnia di Gesù si preparava al dialogo con le classi operaie e con le forze di sinistra molto forti anche nell’America Latina. Questa politica di dialogo,oltre che cominciata da Giovanni XIII (1959-1965)  coinvolse anche la Compagnia di Gesù [5]. Molti gesuiti si schierarono  a fianco agli operai (les pretres ouvrieres) e a fianco degli studenti dei noti movimenti del sessantotto.[6]

Infatti la chiusura(anzi la scomunica) dei comunisti in Italia dove ben pochi erano veramente atei, allontanò il popolo dalla Chiesa ancora di più. E questa situazione la soffrivo molto,anche se venivo da famiglia di sentimenti democratici del Partito popolare fondato da Luigi Sturzo, Ma eravamo perseguitati lo stesso dai fascisti ai tempi di Mussolini.

            Con queste componenti storiche e sociali  io chiesi ai Superiori di fondare una Parrocchia nuova nella zona industriale di Ferrara (zona di Pontelagoscuro) dove erano situate diverse fabbriche chimiche, come la Montedison-Solvey ecc, dove la stragrande maggioranza della popolazione era comunista.

            In quel tempo avevo  tralasciato lo studio di TdC, ma la cultura del dialogo e dell’inculturazione l’avevo appresa già da lui e dall’atteggiamento di Papa Giovanni che cercava le convergenze su ciò che unisce e non su ciò che divide.

 Ma il dialogo oggi non si limita  a quello tra i partiti che è e resterà sempre difficile, e tutt’al più  soggetto ad alleanze strategiche  che mirano o alle egemonie o  a fare un fronte comune  contro   i partiti avversi. – Il dialogo oggi si presenta  fra religioni, razze, continenti . E’ sempre più un dialogo trasversale, transcontinentale e ormai “globale” per  affrontare problemi che interessano tutti come l’acqua, l’aria ,le foreste, il mare, insomma l’habitat del Pianeta intero per la sopravvivenza  delle piante,animali,e tutto il genere umano.

            Sotto questo profilo TdC è un vero profeta ed ha ancora molto da dirci. E  se fosse al mondo ci direbbe ancora di più per il futuro e la sopravvivenza dell’Uomo.

 3) Che cosa mi ha dato e mi sta dando TdC ?                      

                             Da quanto ho detto sopra mi sembra chiaro. Ma oltre l’insegnamento della pedagogia del rispetto e del dialogo degli altri per la crescita della Noosfera, a me come  sacerdote della Compagnia di Gesù la cui  vocazione  è  aiutare il prossimo a vivere meglio e a puntare ad ideale trascendente e definitivo per cui valga la pena vivere, TdC mia ha aiutato a capire la centralità di Cristo Evolutore e presente nel tessuto della Storia umana. Mi aiuta ad infondere ottimismo nei cuori dell’uomo d’oggi per esorcizzarli dai profeti di sventura che vedono la loro vita senza senso e considerano il mondo come una realtà che si sgretola e che è destinata alla catastrofe finale a cui non c’è più rimedio.

            Ma i “Nuovi cieli e la Nuova Terra” promessa dall’Apolalisse e dai testi di S.Paolo vengono a coincidere magnificamente con la visione trascendente del Punto Omèga sostenuta da Teilhard.

     P.Vincenzo D'Ascenzi S.J.


[1] Donne les Exercices,Scripteur,Ministères divers...,tel.06.93391959 ;vindasc@tiscali.it

[2] Onestamente mi sono servito di un testo che , a mio avviso, esprimeva in modo chiaro ed esaustivo il pensiero di T.de Chardin. Utilizzai molto E.Rideau,La pensèe de Teilhard de Chardin. Come Rideau mi aiutò a comprendere TdC così,qualche anno dopo compresi bene il marxismo attraverso la lettura attenta di  La pensée de Karl Marx, del P.J.Y.Calvez S.J.

[3]  Dopo la morte del P. Dall’Olio,l’interesse  dei gesuiti italiani per TdC è andato  calando; ed attualmente io sono tra i pochi che continuano a studiarlo e a diffonderlo,non tanto come  memoria storica quanto come propellente per i problemi del futuro dell’Umanità, come appare chiaro dal mio ultimo libro Teilhard de Chardin a fronte della Globalizzazione,Pardes-Edizioni, Bologna,marzo 2007.

[4] Tra i tanti reperti  della  guerra  1915-18 che ho raccolto nei sentieri e nei ghiacciai delle Alpi centro- orientali  mentre guidavo i ragazzi nelle escursioni alpinistiche, ho raccolto una granata del  cannone calibro 149 mm, trovata  sulla  cima  “Cresta Croce” sull’Adamello il 4 agosto 1968 ,40° anniv. dalla  fine  della prima guerra mondiale.                 Solitamente preferivo i vecchi sentieri di guerra per  mostrarli ai ragazzi e  raccontare  come vivevano i soldati nelle trincee a 3000  mt. sulle dolomiti del Cristallo,sopra  Cortina, o del Brenta  o del Carso. Ascoltavano incantati e stupiti. Ecco come io mi setivo legato alla geologia e alla storia bellica.

[5] Infatti il P.Pedro Arrupe promosse un incontro con  una larga rappresentanza dei superiori generali di Ordini e Religiosi in un salone della Curia generalizia(siamo nell’anno approssimativamente 1972) dove, fra l’altro io fui invitato a tenere una relazione sul tema : La necessità di dialogare con i Comunisti oggi. L’invito mi fu rivolto precisamente dal P.J.Y.Calvez il quale, a quel tempo era stretto collaboratore del P.Arrupe. Rcordo che non tutti i religiosi  afferravano questa necessità, nonostante che in Sud America c’erano stati movimenti ben precisi,oltre Fidel Casto,ci fu Che Guevara e Camillo Torres considerai eroi e rivoluzionari senza che aderissero al pensiero marxista ateo,ma lottavano per il riscatto dei  campesinos. Anche con  la lotta armata.

 [6] Sulla questione giovanile dal sessantotto al settantotto io ho fatto la mia tesi di laurea in pedagogia ad indirizzo sociologico e pubblicata a Bologna nel 1981 con l’editrice Universitaria CLUEB : La questione giovanile dal 68 al 78:un problema di inculturazione.

 
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SCIENZA E FEDE

Post n°177 pubblicato il 12 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
Foto di bioantroponoosfera

SCIENZA,FEDE E TEOLOGIA NELLA VITA DI    TEILHARD DE CHARDIN

 

1. Note introduttive

Pierre Teilhard de Chardin è un’importante figura della cultura cattolica, ma per motivi diversi è stato scarsamente recepito. Sarebbe però utile che di lui si tenesse conto nelle riflessioni sui rapporti fra fede e scienza, proprio per la singolare circostanza che egli era nel contempo prete gesuita e scienziato famoso. Le sue idee innovatrici sembrano peraltro meno problematiche di mezzo secolo fa, quando erano certamente in anticipo rispetto alle vedute filosofiche e teologiche di allora.

Limitatamente al tema di questo articolo, è utile ricordare tre aspetti che sono alla base della visione teilhardiana:  

a) le dimensioni spazio temporali dell’universo

Il quadro costante di riferimento, vale a dire il contesto in cui tutto è situato e interpretato da Teilhard, è un universo d’inimmaginabili proporzioni spazio-temporali, di cui i cosmologi hanno stimato il tempo di nascita e di probabile morte termica. Questo scenario, scoperto dalla scienza agli inizi del secolo XX e prontamente colto da Teilhard, è oggi per così dire davanti agli occhi di tutti.                                

b) l’unità e la dinamica della materia

L’universo è un macrosistema articolato in un’infinità di sottosistemi collegati fra loro in modo inestricabile, sicché la sua unità è simile ad una «tunica senza cuciture» (mirabile allusione al cosmo di cui si ammanta il Cristo Risorto!). Ogni elemento è infatti al suo posto, è soggetto a precise leggi ed è parte di un tutto con il quale evolve nel tempo. La materia consta di una moltitudine di “corpuscoli” (atomi, molecole, cellule, esseri viventi), che hanno la proprietà di auto-organizzarsi, di unirsi fra loro e di formare nuove realtà via via più complesse. Secondo Teilhard, l’evoluzione è un moto unitivo che avanza ostinatamente in senso opposto alla forza disgregativa dell’entropia, fino a un punto di massima convergenza e sviluppo.

c) la natura della materia

La materia ha due facce: oltre al lato tangibile esterno (il solo considerato dalla scienza) possiede un lato incorporeo interno che, sperimentato dall’uomo, è supponibile anche negli elementi inferiori, atomi compresi. Quest’ipotesi è condivisa da pochi, anche a causa di un atteggiamento preconcetto germinato nel XVII secolo, quando si spezzò l’unità fra materia e spirito, fra corpo e anima, fra ragione e fede; essa è invece ristabilita nell’opera di Teilhard.

Per mettere a fuoco i problemi ch’egli dovette affrontare al fine d’includere in una grande Sintesi sia le nuove vedute scientifiche del mondo sia le concezioni cristiane, è bene puntualizzare ciò che qui s’intende con le espressioni “Scienza e Fede” e “Scienza e Teologia”: di fatto e in entrambi i casi sono poste in relazione certe interpretazioni filosofiche (di teorie scientifiche) con l’Oggetto essenziale della fede e con la Dottrina della Chiesa cattolica. Da sottolineare la varietà e spesso transitorietà delle prime, a fronte della permanente unicità dell’Oggetto di fede (Cristo) e della continua validità della Dottrina, non necessariamente immutabile nelle sue rappresentazioni.

2. Fede in Cristo e senso della Presenza di Dio

Teilhard de Chardin fu educato in una famiglia di stretta osservanza cattolica. Egli stesso racconta che la madre l’aveva avviato alla devozione del Sacro Cuore e che molto più tardi avrebbe percepito tale immagine in maniera straordinariamente amplificata. Ma prima egli dovette prendere coscienza, con disappunto, che il Cristo «mediterraneo» presentato dalla predicazione cattolica e dai corsi di teologia non era un Dio commisurato alle fantastiche dimensioni dell’Universo. Infatti, di fronte al bivio della decisione più radicale, - se cioè il Cristo sia «nulla o Tutto», - questa seconda opzione implica necessariamente che Egli possieda un valore universale ed una funzione animatrice per l’intera Creazione.  

La riflessione teilhardiana si sviluppa allora su due diverse linee, che naturalmente convergono - per logica coerenza e non per ricercato concordismo - in una grande sintesi:

a) linea filosofico-scientifica

Negli anni del suo noviziato, Teilhard intuisce una volta per sempre che l’evoluzione generale (cosmica, biologica e umana) ha il senso di un’inesorabile unificazione progressiva, tendente all’unione sempre più ampia dell’umanità. Questo moto evolutivo si dirige verso il cosiddetto punto Omega, che è il termine naturale della super-umanizzazione. Tutta l’opera teilhardiana mostra il carattere teleologico e spirituale dell’evoluzione.

b) linea teologica

La Scrittura attribuisce a Cristo una serie di grandiose prerogative, le quali – secondo Teilhard - devono essere semplicemente colte in tutta la loro pienezza, come ad esempio nei seguenti passi: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16), «Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui (Col 1, 17)», «...il disegno [di Dio] di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra (Ef 1,10)», «Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine» (Ap 22,13), «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18).   

Teilhard in tal modo “verifica” che Cristo è adeguato alle incommensurabili dimensioni del creato oggi noto. E così, all’ineludibile Sua domanda: «Voi chi dite che io sia?» (Mt 16, 15), egli può rispondere che è «Cosmico» poiché ha valore per l’intero universo, è «Evolutore» in quanto opera per l’umanizzazione in vista della Parusia, è «Universale» perché agisce su di noi attraverso i legami organici del mondo, è «Omega», cioè il Termine nel quale Dio sarà “Tutto in tutti”, pur essendo sin d’ora presente nell’Eucarestia per attirarci a Sé.

Cristo - afferma Teilhard - «risplende alla sommità del Mondo in via di realizzazione, proprio in direzione opposta a quelle regioni oscure verso cui si avventura la Scienza quando discende lungo le vie della Materia e del Passato».

P. Thomas M. King S.J. nota argutamente che, per poter credere nel Cristo Risorto, Teilhard ha ripetuto in un certo senso il gesto dell’apostolo Tommaso. Sembra che sia proprio così perché nella sua lettera indirizzata all’amico Henri de Lubac (8 Ottobre 1933) ammette di essersi sentito «persino obbligato» a scegliere la sola Religione in grado di «soddisfare l’Universo sperimentale», e conclude dicendo: «ecco perché rimango cristiano». Né S. Tommaso apostolo, né Teilhard sarebbero dunque beati perché hanno creduto soltanto dopo aver visto, ma sta di fatto che le loro diverse attestazioni sono preziose per la nostra fede incerta.

L’interpretazione cristiana della realtà del creato, la cui smisurata grandezza è stata messa in luce dalla scienza,  impone poi a Teilhard di dilatare su scala cosmica le altre verità di fede, e così:  

(a) l’Incarnazione «è un rinnovamento, una restaurazione di tutte le forze e di tutte le potenze dell’universo», ha salvato gli uomini ma anche «lo stesso Divenire dell’universo è stato trasformato, santificato»;

(b) La Redenzione è veramente universale, «poiché porta rimedio ad uno stato di cose (presenza universale del Disordine) legato alla struttura profonda dell’universo in via di creazione»;

(c) la Risurrezione «segna la presa di possesso effettiva, da parte del Cristo, delle sue funzioni di Centro universale».

In sintesi, per mezzo della ragione Teilhard identifica nell’universo un moto evolutivo “ascendente” e attraverso la fede cristiana riconosce il moto divino “discendente” dell’Incarnazione. Nel complesso, l’evoluzione gli sembra il gesto della «mano di Dio che ci riconduce a Lui».           

Dio, incarnandosi, ha nobilitato la materia e ha dato avvio alla cristificazione del mondo. Il  Dio dell’in-alto è divenuto anche il Dio dell’in-avanti ed è perciò raggiungibile nelle attività umane: «Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell’azione, nell’opera del momento. In qualche maniera, è sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago, - del mio cuore, del mio pensiero»; così scrive Teilhard nel saggio “L’Ambiente Divino”, che rimane una delle opere contemporanee più altamente spirituali.

3. Evidenze scientifiche e dogma

L’evoluzione generale (cosmica e biologica) è vista in modo positivo da Teilhard de Chardin; essendo ora consapevoli di essa, «abbiamo acquisito psichicamente una dimensione in più» che ci obbliga «a passare ‘dal cerchio’ alla ‘sfera’». Egli è d’altronde convinto che la teoria darwinista sia incompleta e non in grado di spiegare la direzionalità dell’evoluzione biologica; il tanto magnificato “caso” è per lui pura apparenza e «rappresenta (si potrebbe dire che riserva) il posto di Dio nel governo del Mondo». Ritiene, soprattutto, che il moto evolutivo esalti il carattere universale e dinamico del cristianesimo, molto più della vecchia concezione geocentrica e fissista.

Piuttosto, come geologo e paleontologo aduso a leggere gli “archivi” della Terra, considera un grosso ostacolo la rappresentazione storico-dogmatica del Peccato Originale, che ritiene molto lontana da ciò che è scientificamente noto sull’origine di Homo Sapiens. In particolare, giudica insostenibile l’idea che Adamo sia «nato adulto» oppure che, se «Ominide» (cioè cerebralmente incompiuto), potesse assumersi il peso di un’enorme  responsabilità per tutte le future generazioni dell’uomo. Perciò propone non la cancellazione del dogma, ma delle modalità diverse di presentarlo.[1]

Le argomentazioni di Teilhard non sono, come si nota, di ordine esegetico (dipendenti da  re-interpretazioni di Gn 3 e di Rm 5, 12-21), ma sono correlate ad un sapere scientifico che è oggi ampiamente divulgato e che rischia di suscitare l’impressione, persino nei giovani della scuola dell’obbligo, che la scienza garantisca il vero e che la religione cristiana sia basata sul mito. É esattamente la diffusione di questa mentalità che più lo preoccupava.

 Nella parte introduttiva abbiamo osservato che le sue idee innovatrici ed anticipatrici paiono oggigiorno meno difficili da accettare. Per esempio, non c’è differenza alcuna su un punto capitale: fra quanto egli sosteneva nel 1954 sull’origine africana della specie umana e il recente documento “Comunione e Servizio” (cfr. paragrafo 63) della Commissione Teologica Internazionale. Teilhard de Chardin ha cercato di trarne le conseguenze, indicando le profonde ripercussioni  teologiche di quest’origine umana, che a suo parere riguardano il Peccato originale, come già precisato, il senso dell’Incarnazione, della Redenzione e della Croce.   

È certo fondamentale credere che l’uomo sia nel Progetto di Dio, invece che un prodotto del Caso; tuttavia non è di secondaria importanza sapere che Homo Sapiens è un ramo, sia pur specialissimo, del maestoso Albero della Vita, perché in tal modo la storia dell’Uomo assume inevitabilmente la figura di un’ascesa anziché quella di una caduta.  

4. Note conclusive

 L’esperienza vissuta da Teilhard de Chardin dimostra quanto sia irta di ostacoli la realizzazione di una Sintesi comprensiva del sapere scientifico e delle concezioni cristiane. Le principali difficoltà sono per lo meno queste:

- l’interesse del pensiero scientifico per i soli aspetti materiali, mentre la realtà complessiva  include anche lo spirito, che invece è relegato ad epifenomeno;

- la scarsa passione per la conoscenza scientifica spinge spesso la teologia a tracciare «un giro di compasso»  per situare al suo esterno «tutta la realtà fisica»;

- l’errore dei teologi di presentare «un Dio per un Mondo finito…invece che un Dio per un Mondo che ‘sta iniziando’», poiché in genere l’evoluzione è considerata irrilevante;

- la mancata distinzione dei piani, che sono «la vera parete divisoria fra la Scienza e la Religione».

Rispetto all’epoca in cui è vissuto Teilhard, quella nostra registra il dominio della Tecnica e il potenziamento dei metodi sperimentali anche nel campo della manipolazione genetica. È una situazione che egli previde e di cui presentì le gravi conseguenze quando così scrisse: «nel prossimo avvenire, le battaglie più temibili alle quali la Chiesa si dovrà dedicare riguarderanno la morale».[2]

FABIO MANTOVANI 

(da Cristiani Nel Mondo: Scienza e Fede fascicolo n.4, agosto-settembre 2007)

 

Mantovani Fabio  è studioso di Teilhard de Chardin sin dagli anni ’60 ed è stato per diversi anni Presidente dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin. Per l’editrice Queriniana ha tradotto i due capolavori di Teilhard, Il fenomeno umano  e L’Ambiento divino.  Saggista e conferenziere, è autore dei volumi Teilhard de Chardin – L’orizzonte dell’uomo e del Dizionario delle Opere di Teilhard de Chardin, entrambi per “Il Segno dei Gabrielli Editori”.



[1] I suoi scritti relativi a tale questione sono in maggior parte raccolti nel volume La mia fede, Queriniana, Brescia 1993. Teilhard ha per così dire risposto anzitempo alla richiesta di Paolo VI di cercare: «una definizione e una presentazione del peccato originale, che fossero più moderne, cioè più soddisfacenti le esigenze della fede e della ragione, quali sono sentite e manifestate dagli uomini della nostra epoca» (Discorso del 11 luglio 1966, in occasione del “Simposio sul mistero del peccato originale”).

[2]  Lettres intimes de Teilhard de Chardin, Aubier Montaigne, Paris 1974, p. 427.

 
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Ricordo di Pierre Teilhard de Chardin

Post n°178 pubblicato il 13 Aprile 2009 da bioantroponoosfera

 

Il  ricordo di un grande della fede cristiana. Pierre Teilhard de Chardin s.j.

Mi sarei grandemente sorpreso se qualcuno, soprattutto in campo cattolico, si fosse ricordato che il 10 aprile 1955 moriva a New York, lontano dalla sua patria e dalla sua famiglia, volutamente e caparbiamente mandato in esilio da "Santa Madre Chiesa" e da quei quattro ecclesiastici tanto verstiti di rosso quanto di ignoranza e di odio verso tutto quello che poteva apparire "progressista", Padre Teilhard de Chardin.

D'altra parte ce lo dovevamo aspettare dopo che al convegno alla Gregoriana su Darwin e l'evoluzionismo la relazione sul pensiero teologico di Teilhard era stata annullata "per indisposizione" del relatore. O forse il motivo più plausibile era quello di non dare fastidio alla corrente creazionbista e dell'ID che si è materializzata alla corte di questo papa.

Ma tant'è:  Teilhard vive e continua ad operare nei cuori e nell'anima di tanti giovani che lo hanno riscoperto come guida spirituale alla stregua di San Paolo, di san Giovanni e di  San Francesco.

Per ricordarlo ci permettiamo di pubblicare una breve nota e un pensiero di Teilhard pubblicato sul sito Giorno per giorno

Giovanni Fois

Oggi, anche se piuttosto in sordina, facciamo anche memoria di Pierre Teilhard de Chardin, gesuita, scienziato e mistico.

10_TEILHARD_DE_CHARDIN bis.jpgPierre Teilhard de Chardin nacque il 1° maggio 1881 al Castello di Sarcenat (Auvergne), nei pressi di Clermont-Ferrand, da Emmanuel Teilhard de Chardin e Berthe-Adèle de Dompierre d'Hornoy. Nel 1899 entrò nel noviziato dei Gesuiti a Aix-en-Provence e due anni più tardi pronunciò i suoi voti religiosi. Affascinato dall’universo scientifico, assieme agli studi di teologia , continuò ad aggiornarsi sulle nuove scoperte della fisica. Dopo che fu ordinato prete, ad Hasting nel 1911, lavorando a Parigi presso il laboratorio del paleontologo Marcelin Boule, si propose di creare nuove sintesi tra le frontiere della scienza e le visioni religiose. Scriverà a questo proposito qualche anno dopo: “Ho coscienza di avere, sempre e in tutte le cose, cercato di raggiungere un qualche Assoluto. Credo che, per un'altra meta, non avrei avuto il coraggio di agire. Scienza (cioè tutte le forme dell'attività umana) e Religione sono state sempre ai miei occhi una medesima cosa, l'una e l'altra essendo per me la ricerca di uno stesso Oggetto”. Dopo la prima guerra mondiale, laureatosi in scienze naturali, venne inviato in Cina, dove per due anni partecipò a spedizioni e scoperte paleontologiche. Rientrato nel 1925 a Parigi, scrisse sulla necessità di rileggere il dogma del peccato originale, alla luce delle nuove scoperte della paleontologia. Ottenne di essere rispedito in Cina, dove resterà 20 anni. Fu un periodo ricco di esperienze scientifiche, ma anche di momenti di profonda meditazione spirituale, in cui il contatto con scienziati e tecnici non credenti, ma di alto profilo morale, indusse Teilhard a far suo questo atteggiamento: “In ogni persona, anche non credente, non distruggere niente, ma far salire, far crescere. Tutto ciò che cresce va verso il Cristo”. Tornato dalla Cina a Parigi, nel 1947 fu colpito da infarto. Al peso della fatica fisica si aggiunse certamente lo stress psicologico per il sospetto con cui le autorità ecclesiastiche guardavano alla sua produzione. Tuttavia Teilhard sembrò non drammatizzare. La sua posizione restava la stessa manifestata anni prima: “È lo stesso per me che non mi si permetta di pubblicare. Ciò che io vedo è smisuratamente più grande di tutte le inerzie e di tutti gli ostacoli” e concludeva: “Profondamente attaccato all’obbedienza, preferisco sacrificare tutto piuttosto che danneggiare l’integrità del Cristo”. Lasciata nuovamente Parigi, nel 1951 si stabilì a New York, dove stese i suoi ultimi grandi saggi. Il 10 aprile 1955, domenica di Pasqua, dopo aver assistito alla solenne funzione nella Cattedrale di San Patrizio, Teilhard si recò ad un concerto e, più tardi, in casa di amici per prendere un té. Colpito nuovamente da un infarto devastante, spirò poco dopo. Un anno prima aveva espresso questo desiderio: Vorrei morire nel giorno di Pasqua. Fu accontentato.

È tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a un brano di Pierre Teilhard de Chardin, tratto dalla sua “La Messa sul mondo” (Queriniana), che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se il tuo regno, o Signore, fosse di questo Mondo, per possederti sarebbe sufficiente affidarci alle potenze che ci fanno soffrire e morire perché ci sviluppano in modo palpabile, noi o ciò che ci è più caro di noi. Ma, poiché il Termine verso il quale si muove la Terra si trova oltre non soltanto ogni cosa individuale bensì l’insieme delle cose, - poiché l’impresa del Mondo consiste non già nel generare in sé una qualche Realtà suprema, bensì nel compiersi per unione con un Ente preesistente, ne risulta che, per accedere al Centro ardente dell’Universo, non basta che l’Uomo viva sempre di più per se stesso, nemmeno che sacrifichi la sua vita per una causa terrestre, per quanto nobile sia. Il Mondo non può finalmente giungere a Te, o Signore, che mediante una sorta d’inversione, di capovolgimento, di ex-centrazione, in cui s’inabissa per un tempo non solo la riuscita individuale ma la stessa apparenza di un qualsiasi vantaggio umano. Affinché il mio essere sia per sempre annesso al Tuo, deve morire in me non solo la monade ma il Mondo: debbo cioè superare la fase straziante di una diminuzione che nulla di tangibile potrà mai compensare. Ecco perché, raccogliendo nel calice l’amarezza di tutte le separazioni, di tutte le limitazioni, di tutti i decadimenti sterili, Tu ce lo porgi: “Bevetelo tutti”. Come potrei rifiutare questo calice, o Signore, adesso che, con il pane che mi hai fatto gustare, è penetrata sin nel midollo del mio essere la passione inestinguibile di raggiungerTi, oltre la Vita, attraverso la morte? Poco fa, la Consacrazione del Mondo sarebbe rimasta incompiuta se Tu non avessi animato con predilezione per i credenti le forze che uccidono dopo quelle che vivificano. La mia Comunione sarebbe ora incompleta (semplicemente non sarebbe cristiana), se, assieme agli accrescimenti che questo nuovo giorno mi porta, io non accettassi, a nome mio ed a nome del Mondo, come la più diretta partecipazione al tuo Essere, il processo, occulto o manifesto, d’indebolimento, d’invecchiamento e di morte che mina senza posa l’Universo, per la sua salvezza o per la sua condanna. O Signore, io mi abbandono perdutamente alle temibili azioni dissolventi per cui, oggi (voglio ciecamente crederlo), la tua divina Presenza si sostituirà alla mia ristretta personalità. Su colui che avrà amato appassionatamente Gesù nascosto nelle forze che fanno morir la Terra, la Terra, venendo meno, chiuderà le sue gigantesche braccia; e, con essa, egli si risveglierà nel seno di Dio. (Pierre Teilhard de Chardin, La Messa sul mondo).

 

 
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Il pensiero ecologico di Teilhard

Post n°179 pubblicato il 16 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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Parallelismi fra Teilhard de Chardin, Thomas Berry, Marija Gimbutas e i nativi europei.

 

Visione ecopacifista: dal pensiero cristiano di Teilhard de Chardin  e Thomas Berry a Marija Gimbutas ed i nativi europei.

Quindici miliardi di anni fa iniziò una fantastica storia che noi viviamo ancora oggi e di cui, sempre oggi, siamo noi umani chiamati a scrivere, più o meno responsabilmente, le prossime pagine…  Quindici miliardi di anni fa iniziò la storia dell’universo che Thomas Berry, passionista, teologo, storico, o meglio come lui ama definirsi, bioregionalista, geologo e cosmologo, ci ha indicato come la nostra vera storia sacra.

In quel tempo lontano, attraverso un significativo processo di autoorganizzazione, nacquero le galassie, le stelle, la nostra Via Lattea e il sistema solare, la luna, la terra con le sue montagne, i mari e fiumi… Poi i primi organismi unicellulari, la vita! E infine le piante, gli animali e, quando il pianeta rifulgeva ormai di una infinita bellezza e tantissime varietà di esseri viventi, arrivarono anche gli umani, i primi a prendere coscienza di loro stessi e anche, in seguito, di tutto ciò che significava la loro esistenza sulla terra e il far parte dell’interà comunità terrestre. Poi qualcosa cambiò e circa 6000 anni fa gli umani decisero di uscire dalla comunità, distaccarsi dalla natura, passare dalla visione della Terra come madre a quella patriarcale di dominio sulla stessa terra.

Thomas Berry nelle sue opere, rifacendosi anche alla teoria di Gaia, la Terra come essere vivente, cerca di recuperare l’intera tradizione spirituale occidentale cristiana, sostituendo però al Cristo storico il Cristo-Universo e vedendo l’intera creazione cosmica come una manifestazione di un sacro mistero divino. Essere cristiani per lui ormai significa ricollegarsi al funzionamento armonico e integrale del sistema biotico planetario. Attualmente i cristiani se vogliono avere ormai una prospettiva in chiave ecologica (e i nostri tempi di disastri ambientali sembra non chiedano altro), devono accettare il tempo evolutivo come tempo sacro e la storia dell’universo come storia sacra…

Le idee innovative ed ecologiste di Thomas Berry vengono dal suo essere un discepolo di un altro grande personaggio della storia alternativa della Chiesa Cattolica, Pierre Theilhard de Chardin (1881-1955), gesuita, teologo e geologo che per primo nella prima metà del secolo scorso portò all’interno della chiesa, tra mille difficoltà e incomprensioni, l’idea evoluzionistica dell’universo. Teilhard de Chardin fu un moderno mistico e visionario però saldamente ancorato alla scienza (era un paleontologo) e quindi cercò per tutta la vita di coniugare ricerca scientifica, concetti filosofici e dottrina teologica provando a dare un senso cristiano a tutta la storia dell’universo, fino alla comparsa degli esseri umani e il loro rapporto con Dio.

Le tante intuizioni di Teilhard de Chardin sulla noosfera (dalla litosfera all’’atmosfera, idrosfera, biosfera e infine alla noosfera come involucro pensante della Terra), sul punto omega (dall’alfa all’omega, dall’inizio dell’universo al punto, omega, verso dove l’universo evolve e converge, l’unione con Dio presente in tutte le cose, l’ambiente divino), sull’amore (energia psichica cosmica motore della creazione ed evoluzione dell’universo), sul femminino (l’inizio del tutto al femminile, nuovo concetto di creazione, rovinata poi dal maschile ma salvata in seguito dalla venuta di Cristo), sul concetto di cristico (il cosmico, l’evolutivo e l’umano, il convergente), sulla stoffa cosmica (unione di spirito e materia), per finire alla definizione della legge di coscienza e complessità (l’insieme dei fenomeni di autorganizzazione della vita e di direzionalità dell’evoluzione), hanno dato una nuova prospettiva sacra alla presenza degli umani sulla terra e acora di più, come dice Thomas Berry, nel luogo dove vivono e dove possono praticare ogni giorno uno stile di vita in armonia con la natura (bioregionalismo).

Determinante nel pensiero di Thomas Berry è il riconoscimento che attualmente gli umani hanno rotto il patto con Dio, con l’universo e con la Terra ed è necessario apprenderne tutta la gravità per ricominciare l’importante compito di conservazione della creazione e di costruzione di una terra pronta per il punto omega - tanto caro a Teilhard de Chardin - una terra più giusta, fatta di uguaglianza e non di sofferenza e dolore (e in chiave ecologista e bioregionalista Thomas Berry lo direbbe non solo per la comunità degli umani ma anche per tutte le comunità di esseri viventi, piante e animali e non-viventi, montagne, fiumi, valli, mari, cielo…). Una bella immagine del punto omega ce la offre il fisico Brian Swimme, a sua volta allievo di Thomas Berry, facendoci pensare a come l’universo da un punto iniziale sia passato per miliardi di rocce inanimate fino a una madre che allatta con tanto amore il suo bambino…

Ecco quindi che il pensiero di Theilard de Chardin tanto evoluzionista quanto incentrato sulla sacralità dell’universo, si può definire proto-ecologista e anche ispiratore di importanti teologie successive come la teologia della liberazione e la teologia ecologista e bioregionalista di Thomas Berry che insieme hanno dato le basi per una nuova religione universale fondata sul mistero sacro dell’evoluzione dell’universo e sul ruolo e di riconciliazione fra gli umani e la terra per perseguire insieme alla terra stessa il progetto dell’universo.

E’ comunque significativo notare che il pensiero di Teilhard de Chardin, pur essendo stato oggetto di molte critiche scientifiche, filosofiche, teologiche, e recentemente anche ecologiche (c’è da dire che ai suoi tempi le problematiche ambientali del pianeta ancora non si erano manifestate con tanta gravità come ai giorni d’oggi e che il suo discorso quindi era centrato principalmente sugli esseri umani), mantiene tutt’ora intatta la profondità e importanza delle sue intuizioni e che, pur con le oppurtune modifiche e rettifiche, come è giusto che sia in un corretto processo di evoluzione di un pensiero, è tutt’ora da considerare come una delle più grandi visioni del passato capace ancora di portare efficacia nel presente.e speranza per il futuro.

Attualmente Thomas Berry afferma che c’è un pressante bisogno di una rinnovata mistica della terra e che debbono venire alla luce nuove figure di guide spirituali capaci di coniugare scienza ecologica e senso del sacro; queste figure attalmente non possono più essere né i preti, né i guru, né gli sciamani ma bensì gli ecologisti integrali, le uniche persone, donne e uomini, capaci di ascoltare la voce del pianeta, ciò che Gaia, la Madre Terra ha da dire agli umani e di riportare in linguaggio comprensibile le leggi della natura, della selvaticità, dei cicli ecologici, insomma le leggi che definiscono il cerchio sacro della vita. Il fine è di guidare gli umani e la terra, nella sua interezza di tutte le comunità di viventi e non-viventi, verso che quella che Berry ha chiamato Era Ecozoica, una nuova era di consapevolezza ecologica profonda in contrapposizione alla moderna e devastante Era Tecnologica che sta portando il Pianeta intero verso una catastrofe senza precedenti. Attenzione, dice Thomas Berry, in questo momento così drammatico per il pianeta è importante celebrare la Passione della Terra piuttosto che la Passione di Cristo…

Nel Manifesto dell’Era Ecozoica, scritto da Thomas Berry circa dieci anni fa, sintesi semplice e profonda del suo pensiero, vengono presentati 14 punti fondamentali in cui si parla dell’Universo come comunione di soggetti e non come di una collezione di oggetti, della centralità della terra e non più degli umani, del riconoscimento della dimensione femminile della terra stessa e della necessità di una nuova sensibilità religiosa insieme ad un nuovo linguaggio e archetipi ecozoici, eccetera. Da notare che nel documento non vengono usate mai né la parola Dio, né Cristo e questo mi sembra un importante passo verso un rinnovato senso del sacro in chiave ecologica universale.

Per Thomas Berry abbiamo davanti a noi, se vogliamo, un futuro ecologista che potrà salvare noi e il pianeta, un futuro pieno di speranza, e questo futuro potrà arrivare solo dopo quello che Berry definisce Il Grande Lavoro (”The Great Work”, titolo anche di un suo importante libro scritto insieme a Brian Swimme) per creare un ambiente di vita dove gli umani vivano in una mutua e profonda relazione con la più ampia comunità dei sistemi che governano la vita.

Fin qui ho cercato di riportare, in una sintesi molto estrema, il pensiero profondo di due grandi personaggi, Teilhard de Chardin e Thomas Berry che sicuramente hanno agito in modo coerente, tanto spirituale quanto scientifico, per un rinnovamento della tradizione cristiana. In questa tradizione sono centrali i concetti di redenzione e resurrezione legati alla figura di Gesù e sui quali proverò a fare una breve riflessione frutto più che altro dei miei studi riguardanti un’altra importante figura del secolo scoso, Marjia Gimbutas, archeomitologa (come lei amava definirsi) lituana, emigrata in America durante il nazismo. I suoi studi e ricerche, ormai universalmente accettate dal modo scientifico-archeologico, hanno permesso di sapere che nell’europa neolitica (10.000-4000 a.C) esisteva una vera e propria civilltà nativa legata alla terra, la Civiltà dell’Antica Europa e della Grande Madre, pacifica, egualitaria e rispettosa dei cicli della natura e dove si viveva persino in città di 20.000 abitanti. Questa civiltà e tutte le sue idee e pratiche di vita che protremmo definire proto-ecologiste, furono poi spazzate via dall’arrivo delle bande di guerrieri indoeuropei dall’inizio del 4.000 a.C. e che perdurarono durante qualche millennio portando, anzi imponendo, con estrema violenza e guerre senza fine, la nuova visione patriarcale di dominio sulla natura e disuguaglianza fra gli umani.

E’ forse nell’antica civiltà neolitica matriarcale che va ricercato quel paradiso terrestre perduto (la mitica età dell’oro dei greci) cardine principale del pensiero biblico? E’ nell’arrivo dei guerrieri indoeuropei e di guerre e devastazioni mai vissute prima dai popoli neolitici, l’arrivo di un male da cui gli umani vanno redenti? E se dopo la redenzione serve una resurrezione per pensare ad un mondo nuovo che arriverà un giorno per la gloria dei cristiani, questi però lo aspetteranno senza preoccuparsi del qui e ora? Ma allora non potrebbe essere ancora un mondo patriarcale?

La questione interessante è che Teilhard de Chardin non poteva certamente conoscere la storia degli antichi europei neolitici che Marija Gimbutas cominciò a studiare e pubblicare all’incirca intorno al la metà degli anni ’50 (”Il fenomeno umano”, forse il più significativo libro di Teilhard de Chardin fu pubblicato l’anno della sua morte avvenuta nel 1955), Inoltre il libro più importante della Gimbutas, pietra miliare delle sue ricerche: “Il linguaggio della Dea”, è datato 1989, mente il primo libro di Thomas Berry “The dream of the earth” (”Il sogno della terra”, ancora incredibilmente inedito in Italia) è del 1988. Nonostante tutto, sia a Theilard de Chardin ma specialmente a Thomas Berry, non è ignota la questione dell’arrivo dei guerrieri indoeuropei nell’europa neolitica ma dall’analisi delle loro pubblicazioni in comparazione con quelle di Marija Gimbutas si può capire che specialmente il primo non potesse essere a conoscenza pienamente dlla storia europea, specialmente di quella spirituale degli ultimi 12.000 anni…

Quindi come potrebbe ancora evolvere il loro pensiero? O addirittura non ci fu un tempo (l’Antica Europa) in cui gli umani erano finalmente giunti al punto omega e la fine del paradiso terrestre e in definitiva tutta la genesi non potrebbero essere una rappresentazione mitica di un fatto realmente accaduto e cioè il passaggio da una civiltà pacifica matriarcale, dove alle donne era riconosciuta un importante dignità (rappresentate tutte da Eva e dal serpente, allora animale sacro alla Dea Madre) a quella tutt’ora esistente maschile patriarcale e violenta che ha voluto usurpare alle donne e alla natura il loro ruolo fondato principalmente sull’energia e saggezza ecologica?

Teilhard de Chardin, Thomas Berry e finalmente anche una donna, Marja Gimbutas, hanno dato molto per la crescita della nostra coscienza in chiave spirituale ed ecologica, un rinnovato senso del sacro che ci riconnette con l’universo, la terra e il luogo dove viviamo, e ci permette di vivere in modo ecologicamente sostenibile insieme ad una buona dose di speranza per il futuro e di entusiasmo per il nostro ruolo e la nostra esistenza sul pianeta.

In definitiva è questo il sogno della terra.

Stefano Panzarasa – Rete Bioregionale Italiana

(dal sito Circolo Vegetariano di Calcata)

 

 

 

 

 

 

 
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GIROVAGANDO TRA LA BANCARELLA DEI LIBRI

Post n°180 pubblicato il 18 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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Andando alla ricerca di nuove testimonianze sull’opera e il pensiero di padre Teilhard de Chardin mi è capitato tra le mani il voluminoso testo (2 volumi) curato da Padre Ermanno Ancilli OCD ed edito da Città Nuova nel 1990, intitolato: La Preghiera, Bibbia, Teologia, Esperienze storiche.

Padre Ancilli ha scritto  il capitolo dedicato a : Attività umana e adorazione di Dio (cfr. pag. 159 e segg.) e nel sottocapitolo:Il lavoro come prolungamento della creazione così scrive di Teilhard de Chardin.

 

“Per illustrare questo  orientamento della spiritualità attuale, ci rifacciamo all’opera “Le milieu Divin” di Teilhard de Chardin, che ha avuto un notevole influsso nella spiritualità contemporanea, e affronta direttamente il nostro problema. E’ il libro più  notevole  di Teilhard in materia di spiritualità e, secondo l’opinione di padre de Lubac, “la chiave” di interpretazione di tutta la sua opera.

La dottrina de “Le Milieu Divin”  ci offre la   maniera personale – vecchia e nuova allo stesso tempo – in cui Teilhard vuol “cercare e trovare Dio in tutte le cose”,  convinto che è possibile arrivare alla “conciliazione dell’Amore supremo e definitivo di Dio e dell’amore inferiore (ma legittimo e necessario) della Vita abbracciata sotto tutte le forme naturali” (Lettera del 22 luglio 1916)

La soluzione a questo problema non può ridursi ad una obbedienza cieca e neppure alla “buona intenzione”  se questa non si applica ad un lavoro che abbia in se stesso un valore reale.  E’ necessario che le opere in se stesse, anche quelle più profane, possano orientarsi dal di dentro verso Dio, e che la “buona intenzione” non ricada su una materia indifferente.  Occorre prendere coscienza del carattere realmente “sacro” di tutte le attività di ogni creatura.  Bisogna comprendere che, in un certo senso, la “natura” è “grazia” che è un dono della  liberalità divina e che proviene, in ogni momento, dal fondo dell’amore di Dio.

“Ripetiamolo: per opera della Creazione e soprattutto dell’ Incarnazione,niente è profano, quaggiù, per chi sa vedere. Anzi, tutto è sacro per chi distingue, in ogni creatura, la particella di essere eletto sottoposta all’attrazione del Cristo in via di consumazione” ( TDC, l’Ambiente Divino, il Saggiatore, Milano 1968 pp. 53-54) .

Per prendere coscienza del carattere realmente” sacro” di ogni cosa e di ogni attività, Teilhard parte dal principio della fede nella Creazione presa nel suo pieno significato : la Creazione che non si trova soltanto all’origine delle cose, ma continua a sostenere la loro esistenza, anche e soprattutto nella sua più alta realizzazione, che consiste nell’azione e nel lavoro dell’uomo. L’onnipresenza di Dio penetra in tutto quanto il mondo, fino nelle forze con le quali il mondo si muove da sé.

Partendo da questo principi, Teilhard crede urgente una  “riabilitazione della natura” come dono di Dio, dono attuale e pieno d’amore contro l’atteggiamento negativo di certi cristiani che sembrano dimenticare che la loro natura costituisce una manifestazione attuale dell’amore di Dio e, per chi sa vedere, il primo grado della Rivelazione. In questa prospettiva il mondo si converte in una “ diafania” di Dio. La stessa materia si converte in una “ santa materia”, per la cui consacrazione e salvezza è venuto Cristo. Insomma, la vita intera si trasforma in “ambiente divino”, dove noi ci troviamo immersi. “Per mezzo di tutte le creature, nessuna esclusa, il Divino ci assedia , ci invade, ci impasta. Lo credevamo lontano, inaccessibile, e viviamo immersi nei suoi strati ardenti. In eo vivimus, movemur et sumus “. ( Cf.ibid., p. 127)

Bisogna notare però che per arrivare a questa scoperta o coscienza della onnipresenza di Dio, e quindi a una sacralizzazione di ogni cosa e di ogni attività, la strada non può essere altra che quella segnata dai mistici e da i teologi, cioè la rinunzia, lo spogliamento, la purificazione della notte.

Dallo stesso principio della fede nella Creazione deriva pure una “ rivalutazione dell’azione umana” come prolungamento dell’azione divina e come compimento dei disegni di  Dio. Attraverso il  nostro lavoro siamo dei collaboratori dell’azione creatrice di Dio. Quindi tutto quello che contribuisce a sviluppare il mondo e a far crescere la vita a tutti i livelli, è buono, perché è l’esecuzione dei piani di Dio sul mondo. Chi agisce in questa prospettiva deve arrivare a eliminare ogni specie di dualismo o divisione nella propria vita cristiana.

Quello che si dà alle occupazioni umane non viene sottratto alla lode di Dio. Anzi e proprio lode, preghiera, inno di amore, la realizzazione e riuscita di questi compiti umani, in quanto realizzazione dei misteriosi progetti di Dio, come afferma esplicitamente la “gaudium et spes” (nn. 33-34).

 Il volere di Dio si manifesta nello “slancio vitale” dell’uomo e dell’umanità: la volontà di vita dell’uomo, la sua tendenza a completare, a penetrare e a dominare il mondo, la sua fame di progresso e la sua aspirazione a dispiegare completamente il proprio essere umano in questo mondo. Tutto questo non è altro che la volontà e la presenza creatrice di Dio.

L’uomo deve rispondere all’appello di questa volontà che risuona dal fondo del nostro essere , deve restare fedele a questo “slancio vitale”. L’uomo deve voler vivere e voler lavorare, tendere a una maggiore e più completa realizzazione del proprio essere umano. E questo è un dovere sacro, perché è la volontà di Dio incarnata nella natura stessa del mondo e dell’umanità. (Cf.ibid., pp. 76-77).

 La mancanza di volontà e di vita, lo scoraggiamento e il rilassamento davanti ai compiti che il mondo gli impone, sono per l’uomo colpa grave, perché si rifiuta di obbedire alla parola di Dio che risuona dalle profondità del mondo e del suo proprio essere”.

 

 

Da : La Preghiera , Bibbia, teologia , esperienze storiche a cura di Ermanno Ancilli. Città Nuova Editrice 1990 . pag. 159 e seguenti

 

 

 
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ATTUALITA' DI TEILHARD DE CHARDIN

Post n°181 pubblicato il 24 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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GALILEO E LA VERGINE

 

" La materia non è né triste né lieta. Essa ha per essenza il coraggio, la volontà e la forza assoluta. Essa appartiene al poeta divinatore ” Marinetti

 

Paradossalmente, nel novecento, il più geniale volo poetico nel futuro, sintesi straordinaria tra la tradizione cristiana e il futurismo modernista, forse ha il nome di Padre Pierre Teilhard de Chardin, scienziato e gesuita...

Volo dell’ Uomo Nuovo, peraltro, non a caso sottinteso da tutta la psicoanalisi, da Hillman e Lacan ai padri fondatori Jung e Freud , nonché dalle avanguardie artistiche del primo novecento soprattutto: l’ancora rimossa religione della modernità, della macchina e della scienza, esplicita in Marinetti ed i futuristi, ma archetipo (e spesso consapevole) in tutti i movimenti e gli artisti d’avanguardia, fino ai nostri giorni!

 Sempre in odore di eresia per le sue ipotesi assolutamente sublimi, se non estatiche (come i grandi santi o profeti), comunque Teilhard nelle sue opere- e particolarmente in “L’avvenire dell’Uomo” ha letteralmente innestato nella Macchina l’Anima, come un geniale cibernetico del prossimo secolo! Ancor di più, nessuno come Tehilard ha forse captato l’Anima della Macchina, ovvero della Scienza, da dove viene nella sua profondità persino cosmica l’ebbrezza della modernità, la passione scientifica autentica, fin da Galileo…

 Il suo umanesimo scientifico… svela quel che la scienza stessa, ancora giovane e ferita da secoli di inquisizione intellettuale (Galileo era ancora scomunicato fino a pochi decenni fa!), non può comprensibilmente ammettere esplicitamente: quando gli scienziati scoprono la Natura essi non cercano solo la verità, ma anche Dio; e il Cristo…Gesù è l’archetipo nascosto che muove –come vocazione appunto inconfessata- la Scienza stessa.

 Le più recenti scoperte scientifiche (soprattutto in fisica e matematica ma pure nella genetica e nella tecnologia, oltre ai viaggi spaziali e ad… Internet… la Rete da lui divinata come Noosfera!) evidenziano attualmente le intuizioni clamorose di Teilhard, quasi – pure -una sorta di capolavori dell’arte sacra rinascimentale o tardomedievale in versione scientifica o computerizzata! Il big bang e i suoi misteri, il progetto Genoma, il Voyager oltre le colonned’Ercole del SIstema solare (con un videodisco messaggio della specie umana a ipotetiche civiltà aliene…), le proprietà sempre più immateriali della luce e della materia, le ipotesi di vita artificiale o della clonazione umana (che attualmente sconvolgono le coscienze) in ogni caso hanno già spiritualizzato la ricerca della Scienza che ormai si trova in faccia il mistero delle origini e della creazione…

 E… Teilhard rintracciando l’archetipo del Cristo – come accennato- nel “Dna” dell’evoluzione scientifica ed umana, ha donato agli umani una “password” cosmica per amare il futuro e la scienza, scoprirne la sua natura non solo materiale ma assai più complessa, divina in parole poetiche: quasi, anche un fondamentale ritorno alle origini stesse della scienza moderna, quando l’idea di Dio era comunque sottintesa alla rivoluzione scientifica: “Dio in persona ha creato i numeri” disse un famoso matematico!

 Va da sé, con Teilhard riaffiora nello spirito scientifico la cosiddetta scienza romantica, già vagheggiata dallo stesso Nietzsche, Goethe… e poi Henry Bergson e proprio l’avanguardia futurista: la Natura e la Materia viste non solo come materia inanimata, ma pure spirituale, come suggeriscono oltre a certa fisica o scienza contemporanea, anche il filosofo cattolico Jean Guitton, il filosofo scientifico Paul K.Feyerabend, lo stesso Carl Gustav Jung, i nuovi filosofi stessi postumani, transumanisti, in Italia la nuova Futurologia italiana di Riccardo Campa e i transumanisti italiani (A.I.T.).

 E laddove proprio la Scienza contemporanea, dopo Einstein, afferma che il Tempo è forse un illusione e che la storia è certamente una sorta di macchina del tempo… immaginare il Regno di Dio (Punto Omega in Teilhard) come Utopia del Futuro e la Scienza, Macchina meravigliosa per trasformare quell’utopia in Realtà, è comunque prova letteraria che la Scienza stessa non è solo Luce della Ragione, ma anche Stella dell’Immaginazione. In altre parole, le ragioni del cuore sono tutt’oggi cibo cosmico per la mente umana, per la sua libertà e per desiderare il futuro, mai sufficientemente “umano troppo umano”, come intuì Nietzsche, forse, solo apparentemente antitetico a Teilhard, altro percorso “cosmico” dove il Dio futuro è venuto alla luce nel caos della modernità.

In breve, l’opera di Teilhard appare meravigliosa nel suo slancio futuribile a lungo termine, anche per la sua formazione apparentemente conservatrice, religiosa: Teilhard ha praticamente tradotto in chiave scientifica – nel nome di Gesù e quindi dell’Occidente…- il celeberrimo poema mistico-cosmico Il Cantico dei Cantici !

Voi sarete come Dei”, “A sua Immagine e Somiglianza”: E Differenza, aggiungono i postumani, neofuturisti, transumanisti...

Roberto Guerra

Dal Blog: L'ASINO ROSSO - Il Giornale libero di Ferrara on line

19 aprile 2009

 

 
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TEILHARD DE CHASRDIN, TEOLOGO

Post n°182 pubblicato il 25 Aprile 2009 da bioantroponoosfera
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Teilhard de Chardin come teologo

                       

Quando Teilhard de Chardin, reduce dal suo esilio in Cina, venne a Roma per ottenere, come gesuita, l’autorizzazione ad accettare la cattedra che gli veniva offerta al Collège de France (l’autorizzazione non gli sarà accordata), e per ottenere l’imprimatur alla sua opera Le Phénomène humain (il volume uscirà postumo), entrando nella basilica di San Pietro ebbe la sensazione – come confessa nelle sue Lettres de voyage – di essere arrivato al luogo, dove si situa «il polo cristico» della terra, dove passa l’asse ascensionale dell’ominizzazione. Roma, a questo grande viaggiatore, immunizzato com’era nei confronti del passato e del pittoresco, non poteva dare alcuna emozione estetica, ma gli dava la coscienza di essere approdato ad uno «straordinario focolare di irradiazione universale», al luogo dove «si cefalizza» lo spirito della terra.

       Questa immagine, che ricorre più volte – non solo come metafora, ma formulata come «principio scientifico» - negli scritti del “Gesuita proibito”, come lo ha definito lo scrittore italiano Gianfranco Vigorelli, si è fatta spontaneamente avanti a me, quando ho ricevuto l’invito a partecipare a questo convegno romano nell’Alma Mater della Pontificia Università Gregoriana, di cui sono stato alunno. Roma non si è dimostrata ospitale verso questo cercatore della verità, di cui il grande libro del teologo francese (poi cardinale) Henri de Lubac ha dimostrato la «rettitudine sostanziale dell’orientamento» del suo pensiero religioso e la passione della sua fede cattolica. Questo convegno romano – bilingue –, oltre che come congresso di studio, figura anche come riconoscimento postumo del suo contributo al pensiero teologico del XX secolo.

 

           1. Se il filosofo neoscolastico Paul Grenet ha potuto scrivere un saggio su Teilhard de Chardin dal titolo polemico, ma espressivo, Pierre Teilhard de Chardin ou le philosophe malgré lui (1960), si potrebbe anche sostenere che Teilhard è teologo «suo malgrado». Teilhard è innanzitutto uno scienziato, come documentano la sua attività e i suoi scritti scientifici, ma la legge, tipicamente teilhardiana, di complessità-coscienza, che gli permette di decifrare, in qualità di geologo e paleontologo, gli archivi del passato, lo orienta anche alla decifrazione delle direttrici di marcia dell’umanità fino ad intravedere il punto terminale di approdo del processo evolutivo: il Punto Omega, immettendolo in una problematica filosofica e teologica. La cosmogenesi e la biogenesi si prolungano in noogenesi; la noogenesi sale irreversibilmente verso Omega, centro personale di deriva universale, trascendente il tempo e lo spazio, che fonda, anima e darà consumazione al processo evolutivo; e il Punto Omega va assumendo la figura teologica del Cristo universale.

     Forse l’opera di Teilhard de Chardin è l’ultima sintesi dei tempi moderni: egli ha sentito il bisogno di sintesi del sapere e ha rischiato una sua sintesi.

      Nella prefazione a Il Fenomeno umano scrive: «Come accade ai meridiani nelle vicinanze del polo, scienza, filosofia e religione convergono nelle vicinanze del Tutto. Convergono, ripeto, ma senza confondersi, e senza cessare, fino all’ultimo, di affrontare il Reale sotto angoli e su piani diversi».

       È la ricerca di una sintesi, che lo accompagna per tutta la vita, e che in uno degli ultimi testi, scritti prima della sua morte, esprime in linguaggio esistenziale nelle parole-chiave «Ricerca, lavoro e adorazione». Scrive Teilhard: «“Faccia tranquillamente della Scienza, senza occuparsi di filosofia, né di teologia…”.

       Questo è il consiglio (e l’avvertimento) che l’autorità mi avrà ripetuto, durante tutta la vita.

       Questa è ancora, immagino, la direttiva data ai numerosi e brillanti puledri lanciati oggi, molto opportunamente, nel campo della Ricerca.

       Ma questo è anche l’atteggiamento, vorrei far notare a chi di diritto, rispettosamente, – e tuttavia con la sicurezza che mi viene da cinquant’anni passati nel cuore del problema, – psicologicamente impossibile da vivere e direttamente contrario, del resto, alla maggior gloria di Dio».

 

2. Il contributo di Teilhard de Chardin alla teologia è notevole.

·                     In sede di teologia della creazione, ha operato per una corretta concettualizzazione del rapporto tra Dio e mondo in evoluzione; e ha posto con estrema acutezza il problema di una nuova interpretazione del peccato originale per superare l’angusta rappresentazione tradizionale, che farebbe del peccato originale – come si esprime nelle Riflessioni del 1947, che riprendono la famosa Nota del 1922 – «un accidente sopravvenuto, verso la fine del Terziario, in un angolo del pianeta Terra». E, così, l’opera di Teilhard rappresenta la prima risposta, critica e articolata, della teologia cristiana, alla sfida lanciata da Darwin con L’origine della specie del 1859 e con il darwinismo che ne è seguito. La soluzione di Teilhard sarà ripresa nelle sue linee essenziali da teologi come Karl Rahner e l’olandese Piet Schoonenberg e introdotta nella riflessione teologica come un dato ormai acquisito sul rapporto tra creazione e evoluzione.

·                     In sede cristologica, Teilhard ha operato una «dinamizzazione» dell’evento del Cristo, elaborando ed illustrando la categoria del Cristo universale (che ricomprende quelle del Cristo cosmico, e quella, più controversa, del Cristo evolutore), che dilata gli orizzonti del «fenomeno cristiano», ed è destinata a mostrare la sua fecondità ermeneutica anche nella teologia delle religioni – un cantiere che attualmente lavora a pieno ritmo –, e nella problematica, ora solo intravista, connessa con la possibile pluralità di mondi abitati.

·                     In sede escatologica, Teilhard ha mostrato come la prospettiva cristiana non è disattivante (una fuga dal mondo), ma al contrario può risultare superattivante, come ricerca del senso finale, capace di orientare ed alimentare l’azione umana, incidendo efficacemente nel superamento del tradizionale pessimismo religioso nel confronti del mondo, anticipando così le istanze delle teologie orientate alla prassi, come la teologia politica, la teologia della liberazione e le teologie del Terzo Mondo.

        L’opera di Teilhard appartiene anche alla storia della spiritualità e della mistica, come ha dimostrato ampiamente la teologa di Bristol, Ursula King, nella sua recente opera Exploring Spirituality with Teilhard (1997): la spiritualità teilhardiana è una spiritualità della presenza nel mondo; una spiritualità che riconosce l’importanza dell’amicizia e degli affetti umani, come dimostrano i suoi numerosi epistolari, in particolare i suoi epistolari con donne amiche; una spiritualità, nella migliore tradizione ignaziana, che conduce a trovare Dio in tutte le cose, non solo in ambito religioso, nella preghiera e nella meditazione, ma in tutte le esperienze e attività umane.

 

3. L’opera di Teilhard, come hanno evidenziato gli studi più documentati, non va esente da critiche, sia sotto il profilo metodologico: procede con una certa «approssimazione» nell’accostare dati scientifici, concetti filosofici e dottrine teologiche; sia sotto il profilo contenutistico: corre, a volte, il rischio di «razionalizzare» i contenuti della fede, inserendoli nello schema evolutivo.

A queste critiche – peraltro ormai ampiamente discusse – si sono aggiunte più recentemente le puntualizzazioni provenienti dalla comunità ecologica, come avverte, tra gli altri, il nord-americano Thomas Berry, profondo conoscitore dell’opera del pensatore francese, ma che, andando oltre Teilhard, propone una filosofia della riconciliazione tra gli Umani e la Terra (cf. Befriending the Earth. A Theology of Reconciliation between Humans and the Earth, 1991). Egli scrive: «E così, mentre Teilhard è indispensabile per comprendere i grandi modelli dell’orientamento della vita, il suo pensiero non deve subire delle fissazioni. Tematiche che erano secondarie o scarsamente percepite durante la sua vita sono andate imponendosi con crescente urgenza. E tra queste tematiche deve essere innanzitutto menzionato il rapporto Umani-Terra. […] Mentre Teilhard insisteva sull’attivazione della più alta espressione della vita, stava prendendo piede la distruzione delle forme esistenti della vita. Alla critica all’opera di Teilhard proveniente dalla comunità scientifica e alla critica proveniente dalla comunità teologica, si deve ora aggiungere la critica proveniente dalla comunità ecologica». Thomas Berry prosegue mostrando come le critiche all’opera di Teilhard, provenienti dalle due prime istanze – scientifica e teologica – hanno condotto a rettificare il suo pensiero, ma insieme a far emergere il valore delle sue intuizioni di base. E così, ora, la presa in considerazione delle critiche della comunità ecologica, porterà a chiarificazioni, «ma non a cancellare le grandi visioni del passato, bensì a portarle ad una nuova e più fruttuosa efficacità del presente».

  Credo sia questo un metodo produttivo. Deve continuare il lavoro filologico e storiografico di approfondimento dell’opera di Teilhard, ma insieme non si deve irrigidire o fossilizzare la sua opera, ma riprenderla nella sua visione e nelle sue intuizioni di fondo nel contesto delle nuove problematiche, per renderla capace di “attivazione” (per usare una sua espressione) nei nuovi contesti di pensiero, culturali e teologici.

ROSINO GIBELLINI

 (Relazione tenuta al Convegno internazionale di Roma su Teilhard de Chardin nel   2005)

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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