Messaggi di Giugno 2009

DICONO DI LUI

Post n°189 pubblicato il 07 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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Una testimonianza del Card. J. Danielou

Il pensiero di Teilhard de Chardin ha oggi vasta risonanza.  Uomini di stato lo  pongono alla base delle loro costituzioni; uomini di scienza vi trovano la possibilità di una sintesi totale; uomini di Chiesa riconoscono in lui lo strumento adatto per la riscoperta di Dio anche attraverso l'attuale civiltà della tecnica.

Sono molti coloro i quali finiscono per riconoscere la sua importanza, dopo averlo in un primo tempo guardato con malcelata cautela: i marxisti lo discutono, i tomisti lo scoprono.

Sarebbe perciò assurdo parlare di moda. 

L'opera di Teilhard è di grande  attualità perchè risponde ad un bisogno profondo dell'uomo.

(da Etudes, n.2 1982)

 
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GIROVAGANDO PER IL WEB

Post n°190 pubblicato il 13 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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Nel sito “Amore coniugale” fondato dal dr: Gabriele Bonomi e dedicato all’amore cristiano tra i coniugi, abbiamo ritrovato un discorso che Padre Teilhard de Chardin dedicò a due suoi amici carissimi in occasione del loro matrimonio.

Il discorso che Teilhard fa è una chiara espressione della sua visione del mondo e ne vuole fare partecipi i suoi diletti amici.

 

 

Ecco i“In questo istante in cui, in questa chiesa, stanno per unirsi le vostre due vite, non trovo niente di più adatto e di più prezioso da offrirvi che un elogio della Unità.

Unità: espressione astratta, forse, di cui si compiacciono i filosofi, ma qualità ben concreta, soprattutto, a cui tutti noi sogniamo di ricondurre le nostre opere e il mondo attorno a noi.

Al di sopra della dispersione apparente degli elementi materiali, dei capricciosi movimenti della natura, della irregolarità dei colori e dei suoni, della indisciplina e delle fluttuazioni delle nostre aspirazioni e dei nostri pensieri, che cosa cerchiamo infatti, con i nostri atti migliori, se non di far regnare sempre un po’ più di unità?

Scienza, arte, politica, morale, pensiero, mistica: forme diverse di uno stesso sforzo di armonizzazione in cui si esprime, attraverso le nostre operazioni umane, il destino e l’essenza dell’universo.

 Felicità, potere, ricchezza, sapienza, santità: sinonimi di una vittoria sulla molteplicità.

Nel fondo di ogni essere la creazione desidera un Principio che organizzerà un giorno i suoi tesori dispersi.

Dio è unità.

Ora, con quale gesto perseguire e raggiungere questa divina Unità?

Sarà forse erigendo, ciascuno nel cuore del suo piccolo mondo, un centro esclusivo di dominio e di godimento?

La nostra felicità consiste forse nel ricondurre tutto a noi stessi?

Potremmo essere felici alla condizione di divenire noi stessi, ciascuno per sé, il nostro piccolo Dio?

La vostra duplice presenza in questo luogo prova quanto sia lontana da voi questa  egoistica illusione.

Voi avete compreso che in ciascuno di noi l’essere non ha il suo polo definitivo, ma rappresenta una parte destinata a sintesi più alte.

Non l’unità di isolamento, ci dice il vostro esempio, ma l’unità di unione.

Voi avete scelto l’unità di unione e avete scelto bene.

Ma come precisamente potrà raggiungere la sua perfezione in voi due questa unità superiore promessa agli elementi che si susseguono in seno a un principio comune che li riunisce?

Come potrete essere veramente più uno, essendo due?

Non rallentando mai lo sforzo di divenire sempre più voi stessi, mentre vi donate.

L’unione può, a causa della soddisfazione che procura, prendere le apparenze di un punto di arrivo e di un riposo.

In realtà, niente più di essa partecipa della natura incessantemente progressiva della vita.

Per poter integrarsi bisogna che prima gli elementi preparino lungamente in se stessi i valori complementari che si possono associare.

E quando, alla fine, si sono incontrati non possono ancora restare uniti se non spingendosi  sempre più lontano sulla strada della loro perfezione.

La vera unione differenzia nella stessa misura in cui avvicina.

Essa è una incessante scoperta e una continua conquista.

Quale sarà questa storia, mai terminata, della vostra mutua conquista?

Dio solo lo sa, Lui che vi benedirà.

Ma io, in nome di tutta l’esperienza umana, posso assicurarvi che la vostra felicità dipende dallo spazio che darete alle vostre speranze.

Sarete felici, come lo desiderano le nostre preghiere e i nostri auguri, soltanto se le vostre due vite si uniranno e si svilupperanno avventurosamente affacciate verso l’avvenire, nella passione di Uno più grande di voi.”

Padre Pierre Teilhard de Chardin

 

 
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Post n°191 pubblicato il 19 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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PADRE AGOSTINO CANTONI INCONTRA TEILHARD DE CHARDIN

 

 

 

Padre Agostino Cantoni era un uomo, un sacerdote che non aveva mai paura di  pensare. Nella sua parrocchia a Crema spingeva i suoi parrocchiani alla testimonianza di una fede che partiva dagli abissi della materia e ascendeva attraverso l’evoluzione umana verso Cristo, Alfa e Omega, Principio e Fine,

Non per niente padre Agostino Cantoni aveva approfondito la teologia di padre Teilhard de Chardin arrivando a testimoniare attraverso numerosi scritti la sua passione per il gesuita che ha parlato di Cristo con un linguaggio aderente all’uomo moderno.

Abbiamo trovato in rete un bellissimo lavoro di Patrizia di Capua su:  La parola e il Gesto nell’opera di don Agostino Cantoni.

Patrizia di Capua dedica un capitolo all’incontro tra Don Agostino e Padre Teilhard.

Ve lo proponiamo invitandovi nel contempo a leggere gli scritti di Don Cantoni su Teilhard ancora rintracciabili nelle librerie cattoliche.

 

PATRIZIA DI CAPUA

LA PAROLA E IL GESTO NELL’OPERA DI DON AGOSTINO CANTONI

 

………..n

 

Pierre Teilhard de Chardin: il rischio non è un errore

Nel 1994, quindici anni dopo il libro su Madinier, presso le stesse

edizioni Benucci di Perugia, Cantoni riunisce una serie di articoli

già pubblicati a partire dal 1978 in un testo per alcuni aspetti profetico:

Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi42.

Lo studio, dedicato al “gesuita proibito”43, si avventura coraggiosamente

nel cuore di un pensiero accolto con prudenza, per non

dire con sospetto, dalle gerarchie ecclesiastiche: quello, per l’appunto,

del geologo e paleontologo al quale si deve un grandioso

tentativo di mediazione fra l’evoluzionismo e la tradizione cristiana.

Se poi veramente la “Gaudium et spes” possa essersi in

qualche modo ispirata alla filosofia teilhardiana44 è questione che

lasceremo ai teologi.

Premessa di ogni discorso su Teilhard de Chardin è la negazione

di un illusorio antropocentrismo e del connesso geocentrismo.

L’uomo non è centro dell’universo, bensì freccia ascendente di

una sintesi biologica. Dall’immobilità di un uomo che si crede

stabilmente collocato in una sede privilegiata, al dinamismo di

un essere capace di conquistare una posizione superiore solo se si

impegna a riflettere e pensare: materia (molteplicità) che diventa

spirito (unità). Le direzioni indicate da questa freccia sono il superamento

dell’individualismo nel segno di una solidarietà armonizzatrice,

e la convergenza verso Omega, nome con cui il filosofo

ribattezza il dio dell’evoluzione cosmica. La fragilità della magnanima

visione che non esiterei a definire utopistica sta nell’inverificabilità

(o, se si vuole, nella non falsificabilità) dei postulati

di base: “il postulato dell’unità e della coerenza dell’universo,

da cui deriva l’infallibilità della sua marcia in avanti verso

lo spirito” e “il postulato dell’irreversibilità della crescita dello

spirito45. In una sconcertante simmetria con le utopie dell’ottocentesco

socialismo autoproclamatosi scientifico, Teilhard de

Chardin propugna o per meglio dire proclama il passaggio dalla

fase forzata della collettivizzazione umana alla fase libera, “in

cui gli uomini, riconoscendosi finalmente elementi solidali di

un Tutto convergente e di conseguenza iniziando ad amare i determinismi

che li rinserrano, sostituiranno l’unanimità di affinità

e simpatia alla forza di coercizione46. Ritorna alla mente il

passaggio marxiano dalla società naturale alla società volontaria,

dove naturale è sinonimo di forzata, ossia quella società in cui la

divisione del lavoro e la proprietà privata dei mezzi di produzione

provocano una “scissione fra interesse particolare e interesse

comune47, mentre volontaria e dunque libera risulterà la società

comunista. Solo in quest’ultima, infatti, “la società regola la

produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di

fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a

caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo

pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare né

cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico48.

La socializzazione preconizzata da Teilhard de Chardin segna

l’inizio dell’Era della Persona, dove tutti, animati da un amore

universale, intravedono la cima, il centro supremo, sommamente

personale e personalizzante, che è l’ipotesi Omega, fuoco di

attrazione e polo che magnetizza l’azione umana. All’universo

 

in stato di cosmogenesi, fatto di energia, risponde la noogenesi,

genesi dello spirito, a sua volta radicata nella psicogenesi e nella

biogenesi. L’impotenza delle tradizionali categorie scientifiche

è a più riprese denunciata dallo studioso, con particolare riferimento

alle leggi della termodinamica: l’energia non si conserva

costante, né si entropizza; al contrario: l’energia cosmica cresce

costantemente. E parallelamente la creazione, da quando l’evoluzione

si è imposta in campo scientifico, non può più essere concepita

come un atto puntuale, o come un intervento di rottura

nella continuità dei fenomeni, bensì va intesa come “un atto coestensivo

all’intera durata dell’universo49.

Ancora una volta, al di là delle sue ben documentate argomentazioni

ermeneutiche, quale preziosa eredità vuole trasmettere don

Agostino con questo saggio?

Molteplici messaggi ricchi di insegnamento morale sono estrapolabili

da un testo tanto dotto quanto – come si diceva – profetico,

per la volontà di porsi in ascolto e dialogare con le più recenti

acquisizioni delle scienze50. Innanzitutto il peccato viene

qui ridefinito come l’inerzia, come colpevole fissismo tendente

all’involuzione, mentre il bene altro non è che un “contributo

alla evoluzione del mondo51. Valori e disvalori vanno anch’essi

ri-gerarchizzati all’interno di una morale e di una religione dinamica,

di bergsoniana memoria, a cui corrispondono un neoumanesimo

che indica il futuro in un maximum di personalità, di

amore e di socialità, e perfino un’iperfisica, “sintesi in un’unica

visione omogenea di tutti i settori e di tutti gli aspetti della ricerca

fenomenologica52. Affascinano soprattutto le considerazioni

sulla morale dinamica, quella che afferma che “non è bene

se non ciò che concorre alla crescita dello spirito sulla terra”,

che “è bene tutto ciò che procura una crescita spirituale della

terra” e che “il meglio è ciò che garantisce il più alto sviluppo

delle potenze spirituali della terra53. Quanto alle religioni storiche,

da un confronto fra le religioni mistiche dell’oriente e quelle

occidentali, emerge che le prime “hanno preteso dall’uomo un

atteggiamento di passività e di rinuncia alla terra, di disimpegno

dalla storia”, mentre le seconde, “panteistiche o umanitaristiche,

del Progresso universale, animate dalla fede in uno Spirito

senza immortalità, senza personalità e trascendenza, non

giustificano lo sforzo umano”. E se “l’oriente ha il senso del Tutto

a scapito della persona, l’occidente ha il senso del progresso

a scapito dello spirito54.

 

(segue al prossimo post)

PATRIZIA DI CAPUA

 
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Post n°192 pubblicato il 19 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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(segue dal precedente post)

 

Padre Agostino Cantoni incontra Teilhard de Chardin

 La vera religione dinamica è il cristianesimo, perché, in quanto religione dell’amore, impegna l’uomo nel realizzare il progresso dell’umanità e fonda un neoumanesimo che è comunione con Dio attraverso il mondo. Così, secondo Cantoni, “il messaggio di Teilhard è un invito appassionato a dimostrare nei fatti che la religione cristiana è di stimolo per il vero progresso dell’umanità. Meno di ogni altro il cristiano ha il diritto di diventare vittima del ‘demone dell’immobilismo’55.

Ma perché ciò possa realizzarsi, occorre “una teologia rinnovata che, ponendosi lealmente in ascolto dei risultati e delle prospettive della scienza contemporanea, operi una trasposizione dei dogmi cristiani in dimensioni di cosmogenesi, in una visione dinamica del mondo e scopra il valore religioso dello sforzo umano nel campo del temporale56. Non ci si dovrà scandalizzare, perciò, se si parla ad esempio di Incarnazione come di una “prodigiosa operazione biologica57, o di ricerca come “‘cristificabile’, cioè suscettibile di cooperare alla venuta del  Cristo 58. La ricerca viene enfatizzata nel suo valore religioso, addirittura mistico, in quanto è proprio da essa che nascerà la luce: non dall’Oriente, bensì dal cuore della Tecnica e dalla ricerca stessa verrà quel “supplemento di coscienza e di vita59 di cui andava in cerca anche Bergson, quando, denunciando la feticizzazione della tecnica moderna, auspicava il sorgere di una nuova mistica per riproporzionare il corpo smisurato della meccanica.

Crediamo si debba cogliere proprio in questo il valore del saggio di Cantoni: nell’aver dichiarato con forza che la teologia non è stanca ripetizione della Scrittura e dei dogmi, bensì “ricerca permanente di comprensione, di approfondimento e di sintesi della Rivelazione all’interno delle categorie culturali che rendano recepibile e vitalmente coinvolgente la ricchezza e l’autenticità originarie del messaggio60. Con riferimento alla fides quaerens intellectum in cui, a nostro avviso, va individuato il fil rouge della meditazione di Cantoni, viene ribadito che “più la teologia è attuale (purché sempre teologia, fede alla ricerca di intelligenza) più la Rivelazione è intelligibile, significativa, feconda61. L’attenzione per la contemporaneità è acutissima: “il teologo – nota infatti il filosofo cremasco – parla oggi. Ora, se la concezione evolutiva del mondo appare oggi come il fondamento necessario di ogni cosmologia, Teilhard ha il diritto di assumerla come punto di riferimento per riorganizzare una teologia ancora fondata nsu una visione fissista del mondo62. Pare quasi di sentire il Don che ammonisce: “Sveglia! Non siamo più ai tempi di Aristotele!”.

E poi, quasi a tendere la mano ai più restii: “per chi, anche non credente, è estremamente sensibile alla dimensione storica dell’esistenza e all’impegno umano nella storia per attuarvi un sempre maggiore progresso, il Cristianesimo non è più una realtà trascendente che aliena dalla storia e dal progresso,  un fermento di umanità e di impegno terrestre63. Questo non significa che l’adesione di Cantoni al pensiero di Teilhard de Chardin sia dogmatica, anzi: la letteratura critica viene analizzata e vagliata. L’accusa più insidiosa, quella di negare la trascendenza divina, è seriamente presa in considerazione. Eppure tale rischio, come l’altro, simmetrico, di indurre il cristiano a dimenticare la dimensione spirituale perché troppo impegnato nelle realtà terrestri, non implica una condanna senza appello del gesuita: in fin dei conti “il rischio non è un errore64. E sia pure Teilhard “tecnicamente un mediocre teologo”, sia pure il suo paolinismo approssimativo e carente di garanzie critiche contestuali”, sia il suo discorso sui contenuti del dogma cristologico panoramico e selettivo”; ciononostante egli resta un testimone epocale che ha avuto un’intuizione “notevole e nuova nella teologia contemporanea65: quella di saper ascoltare i “segni dei tempi66 e revisionare in relazione ad essi il dato rivelato.

 41. Ib., pp. 158-159.

42. Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), scienziato-filosofo della Compagnia di Gesù, fu noto in vita soprattutto come autore di opere di carattere scientifico, mentre i suoi scritti con implicanze teologiche furono, in obbedienza agli ordini dei superiori, pubblicati postumi. Uno dei saggi più noti è forse Le Phénomène humain (1938-1940), che Cantoni cita, come sempre, dall’originale in lingua francese, in “Oeuvres complètes”, Paris, Ed. du Seuil, 1955- 1976, in 13 volumi, t. 1, 1955. Accusato di panteismo, costretto a dimettersi dall’insegnamento e a trasferirsi in Cina, dove rimase per vent’anni, partecipando tra l’altro alla spedizione in cui fu scoperto il Sinantropo, Teilhard de Chardin fu giudicato un pensatore decisamente innovativo e, se le sue opere non furono messe all’Indice, furono tuttavia oggetto di un monitum che ne imponeva il ritiro dalle biblioteche, in quanto pericolose specialmente per i giovani. Negli anni ’80 ebbe inizio una cauta riabilitazione del pensiero teilhardiano. Cantoni manifesta una piena autonomia di giudizio nell’occuparsi di tali tematiche in tempi nei quali l’evoluzionismo non era ancora un interlocutore così assiduamente presente nei dibattiti teologici e religiosi.

43. La definizione fu introdotta a partire dal testo di G. Vigorelli, Il gesuita proibito. Vita e opere di P. Teilhard de Chardin. Milano, Il Saggiatore, 1963.

44. Tale possibilità fu ammessa dall’attuale Benedetto XVI nell’opera del 1987 Principi di teologia cattolica.

45. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 19.

46. P. Teilhard de chardin, Un grand événement qui si dessine: la planétisation humaine (1946), ne L’Avénir de l’homme, in “Oeuvres complètes”, t. 5, Paris, 1959, p. 160, cit. in A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 23.

47. K. Marx-F. Engels, La concezione materialistica della storia, Roma, Editori

Riuniti, 1969, p. 53.

48. Ib.

49. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p.

41. Cantoni sta commentando il testo Note sur la notion de Transformation créatrice (1919), in Comment je crois, in “Oeuvres complètes”, t. 10, Paris, 1969.

50. Da questo punto di vista, pensiamo che la direzione di ricerca additata dal prof. Cantoni prendendo sul serio l’opera di Teilhard de Chardin sia assimilabile a quella di un Vito Mancuso, il quale in L’anima e il suo destino (Milano, Raffaello Cortina, 2007), con il suo progetto di “teologia laica”, mostra di prendere molto sul serio le contemporanee scienze biologiche, fisiche e psicologiche. Non è forse un caso che Mancuso chieda oggi a monsignor Ravasi un segnale di apertura che renda giustizia al “Darwin cattolico”. “Così come la Chiesa anglicana ha chiesto perdono alla memoria di Darwin – scrive Mancuso in un articolo pubblicato sul Corrirere della Sera del 20 settembre 2008 – la nostra Chiesa dovrebbe, a mio avviso, chiederlo alla memoria di Teilhard”, dichiarando decaduto il monitum del 1962.

51. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 55.

52. Ib., p. 64.

53. P. Teilhard de chardin, Le Phénomène spirituel (1937), ne L’énergie humaine, in “Oeuvres complètes”, t. 6, Paris, 1962, pp.132-133, cit. in A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 103.

54. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 106.

55. Ib., p. 107. L’espressione è citata da P. Teilhard de chardin, La foi en la Paix (1947), ne L’Avenir de l’homme, in “Oeuvres complètes”, t. 5, Paris, 1959, p. 196.

56. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 135.

57 P. Teilhard de chardin, Le Phénomène humain, cit., p. 327, in A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 138.

58. A. Cantoni, Pierre Teilhard de Chardin. Saggi di antropogenesi, cit., p. 149.

59. Ib., p. 148.

60. Ib., p. 156.

61. Ib., corsivo nostro.

62. Ib.

63. Ib., p. 157, corsivo nostro.

64. Ib., p. 161.

65. Ib., p. 163. L’espressione “testimone epocale” dà il titolo al quinto ed ultimo capitolo del libro, in cui si affaccia anche il tema della morte.

66. Ib., p. 157.

 

……………….

 

PATRIZIA DI CAPUA

 
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Thomas Berry e Teilhard de Chardin

Post n°193 pubblicato il 22 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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Nel post 179 avevamo pubblicato un ottimo lavoro di Stefano Panzacasa pubblicato nel sito www.circolovegetarianocalcata.it su un parallelismo tra Teilhard de Chardin e Thomas Berry.

Ci giunge dagli stati uniti la notizia che:

E' DECEDUTO L'ECO-TEOLOGO THOMAS BERRY, DISCEPOLO DI PIERRE TEILHARD DE CHARDIN.

Padre Thomnas Berry, un monaco passionista che ha testimoniato con la sua vita di lavoro e di preghiera l'esplorazione del legame profondo tra uomo e natura, è morto il 1 giugno negli Stati Uniti all'età di 94 anni.

La rivista Newsweek, nel 1989, lo aveva citato come "la più provocante figura tra le nuove generazioni di eco-teologi",

Nella sua vita Padre Thomas Berry ha vissuto la crisi ambientale del pianeta come una fondamentale crisi spirituale, con enormi implicazioni anche per il discorso religioso.

Egli era entrato nel novizìato dei Passionisti alla fine del 1934, per "uscire da un mondo che stava diventando grossolanamente legato al commercio e all'intreccio tra capitalismo e finanza a danno dei poveri del mondo,  e ritrovare  nell'impegno monacale  un nuovo senso alla  mia vita".

 Un sacerdote, Thomas berry che dal 1942 ha scritto e tenuto conferenze impegnate e appassionate sui collegamenti tra la cultura spirituale e le questioni ecologiche mondiali.  I suoi libri, compreso "Il Sogno della Terra", suo grande lavoro, sono stati oltre modo influenti per far  prendere al mondo cattolico, in special modo, la coscienza che la Terra andava amata e rispettata e non corrotta e stravolta.

Nel 2007, centinaia di persone di ogni estrazione sociale hanno partecipato ad una conferenza, tenuta al centro di Londra, in onore di Thomas Berry, organizzata dalla Fondazione Gaia e di altri gruppi ambientalisti.

La vita del monaco Thomas Berry è stata inluenzata profondamente dal pensiero e dal lavoro di Pierre Teilhard de Chardin, tanto che Berry ricoprì per oltre dodici anni la presidenza della American Teilhard Association.

E' stato ispiratore di una nuova generazione di eco-teologi, tra cui Matthew Fox e Sean McDonagh Colombano.  Quest'ultimo, che ha studiato con lui negli anni '80, ha detto che Berry ha "affrontato in un modo profondo, ispirandosi a Teilhard de Chardin, il collegamento dell'uomo con tutte le altre creature e con l'universo".

Un'altra interessante ispirazione è stata, qualche anno fa, la promozione di un vasto movimento delle suore americane per la salvaguardia del pianeta

Allevato a greensboro, nel North Carolina, Berry ha maturato la sensibilità per l'ambiente quando era ancora bambino. A quell'epoca sentiva una passione genuina per i prati verdi, la campagna, i grilli, il bosco, i fiori di campo, le nuvole nel cielo e tutto quello che circondava la sua casa era per lui oggetto di meraviglia.

Più tardi il giovane Berry ha " sentito" la società umana bloccata in un autismo spirituale, in cui " si parlava solo di noi stessi e non più di ambiente. di verde, non si guardavano più le stelle e non si dava più ascolto al vento. Non si parlava più delle bellezze del creato e di tutto quanto osannato da San Francesco ( di cui Teilhard  era un ammiratore estasiato).

Si sentiva, il monaco passionista, in contatto con tutti gli uomini e li invitava, come Padre Teilhard a vedere se stessi nel contesto della creazione e di svolgere un ruolo per preservare tutto l'ambiente vivente."L'universo è una comunione di soggetti e non una collezione di oggetti" ripeteva spesso nei suoi discorsi Padre Berry.

Dio si rivela nel mondo naturale, era l'invito di Teilhard e Berry lo ha insegnato a più di una generazione di giovani "verdi"

La "grande opera" del nostro tempo è quella di realizzare un reciproco miglioramento della presenza umana sul nostro pianeta.

Giovanni Fois

Centro di Documentazione Teilhard de Chardin - Roma 

 
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TEILHARD E L'ARTE

Post n°194 pubblicato il 24 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
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Afro - Antologia critica

 

 

In un sito dedicato all’arte di Afro abbiamo trovato questo breve saggio di J.J.Sweeney in cui si parla di Pierre Teilhard de Chardin in relazione al modo di immaginare l’arte del pittore Afro.  Il testo fa parte di un’opera a più mani dal titolo: Afro, Antologia critica.  Ci è sembrato un testo breve ma utile sempre al fine di scoprire il pensiero del gesuita francese. (G.F.)

 

 

 

Afro.
Colore, ritmo, rapporti di spazio, effetti di luce.
di James Johnson Sweeney

Un quadro di Afro non è una rappresentazione, ma una celebrazione festosa.
«... Vedere. Potremmo affermare che la vita intera si fonda su questo verbo...»  sono parole del compianto Pierre Teilhard de Chardin «se non nel suo fine almeno nella sua essenza». «Vedere o perire è la condizione imposta ad ogni cosa dell'universo, a dar motivo del misterioso dono dell'esistere. In misura superiore e anche la condizione umana».

Tutti i veri quadri, certamente, esemplificano questo dato di fatto. Ma la condizione essenziale per la visione è la luce. Ecco perché i quadri di Afro in particolare appaiono celebrazioni del vedere e non semplici documenti di visione. Fuoco, aria e spontaneità ne sono gli elementi. «Ses couleurs», come scrivevano di Fragonard i Goncourt, «ne sont pas des couleurs de peintre mais de touches de poete».

«I suoi effetti di luce», scrisse Bernard Berenson a proposito di un antenato veneto di Afro, sono «resi come se egli avesse nelle mani il potere di illuminare o oscurare i cieli e sottometterli all'umore del proprio animo». Afro, d'altronde, prova raramente la tentazione di oscurare i suoi cieli. Lo spirito fondamentale della sua arte è gioioso. Se un accento inquieto si insinua talvolta nella sua tavolozza, Afro non ne fa scaturire una nota tragica. La sua espressione naturale è talmente piena di amore per la vita da non permettere al minimo accenno di turbamento, per quanto presente e reale, di manifestarsi in quel linguaggio di gioia e gaiezza, nel linguaggio  o canto  che più  gli corrisponde.Il colore è sensuale, caldo mai freddo; fluido, non strutturale; senza spigoli, senza delimitazioni incisive.

Luce e colore, ombra e forma suggeriscono nel loro ordinarsi un effetto di spazio inondato da un'atmosfera tenera e succosa. La freschezza di un mondo mattutino. «Nel silenzio del mattino e il canto degli uccelli».Venezia, città della celebrazione, della festa. Non la Venezia del ventesimo secolo, ma il mezzogiorno o il tramonto veneziano. Nelle tele di Afro ne ritroviamo il riflesso. E il suo legame con la tradizione, con le glorie dei suoi grandi predecessori: questo spirito di festa, questa celebrazione di luce e vita, di vita attraverso la luce.

Ma Afro è un pittore del ventesimo secolo e malgrado tutti i legami con l'eredità veneta il suo idioma pittorico è l'idioma di oggi: il rovescio di quel modo di pensare che fin dagli albori dell'esistenza ha spinto l'uomo a porsi di fronte a sé «come spettacolo a se stesso». Per decine di secoli l'uomo non ha guardato altri che se stesso. Solo oggi comincia ad avere una visione scientifica di sé nel mondo fisico. Nelle arti visive un frammento isolato ormai privo di qualsiasi allusione antropocentrica, una zona che si espande, o una descrizione di forme in uno spazio senza orizzonte ci rivelano il microcosmo dell'universo più ampio su cui stiamo appena ora aprendo gli occhi. L'idioma della pittura oggi è questo, in pieno contrasto con l'espressione del modello umano che ha caratterizzato l'ante dalle caverne fino a ieri. Ed è questo l'idioma che Afro parla da contemporaneo pur continuando a partecipare dell' eredità che gli viene dal passato veneto.

Tuttavia non abbiamo ancora del tutto imparato ad usare i nostri occhi in questo senso nuovo.«Il bambino», ha scritto Pierre Teilhard de Chardin in Le Phenomene humain, «deve imparare a distinguere l'una dall'altra le immagini che assalgono la sua retina ancora vergine. Perché l'uomo possa scoprire l'uomo (riscoprirlo, cioé, da questo nuovo punto di vista) e coglierne la dimensione, è necessaria tutta una serie di  sensi». «Un senso dell'immensità spaziale, nel grandioso e nel minimo, che disarticoli e proietti entro una sfera di radiazione infinita le orbite di oggetti compressi intorno a noi...Un senso della profondità, che sospinga all'indietro, laboriosamente, l'infinita catena degli eventi e le distanze incommensurabili del tempo per impedire che la mente, in una sorta di indolenza, continui a condensarle in una stratificazione sottile del passato; «Un senso del numero... Un senso della proporzione, che ci faccia intendere nel miglior modo possibile la differenza di scala fisica che separa, nel ritmo e nella dimensione, l'atomo dalla nubulosa, l'infinitesimale dall' immenso.«Un senso della qualità, o del nuovo... «Un senso del movimento, che ci possa far percepire gli sviluppi irresistibili nascosti entro l'estrema lentezza un'agitazione estrema che si cela sotto il velo dell' immobilità il dato interamente nuovo insinuantesi fin nel cuore della monotona ripetizione dell' identico; «Un senso, infine, dell'organico, che scopra i legami fisici e l'unità strutturale al di sotto della giustapposizione superficiale di successioni e collettività». «... All'inverso ci basta liberare la nostra visione dalla triplice illusione della piccolezza, della pluralità e dell'immobilità perché l'uomo assuma agevolmente la posizione centrale... la sommità monumentale di un'antropogenesi che in se stessa è il coronamento di una cosmogenesi».

Questo per Teilhard de Chardin significa vedere. L'attuarsi del rapporto fra l'uomo e il cosmo. Alla stessa idea sono arrivati intuitivamente alcuni pittori contemporanei fra cui Afro: illustrare, dare un corpo concreto, metaforico, alle loro espessioni anantropocentriche. Ma oltre all'intuizione di una visuale dell'uomo relativamente nuova e che stiamo imparando a conoscere, nella pittura di Afro attraggono soprattutto le qualità sensuali: colore, ritmo, rapporti di spazio, effetti di luce. Qui Afro attinge profondamente, è naturale, dalla sua eredità. In tutta la sua opera egli resta un artista tradizionale nel senso migliore della parola. Ma alla base della sua arte si rivela, sempre, una sensibilità sua: un istinto infallibile nel trattare i propri mezzi, capace di imprimere nei suoi quadri quelle doti di immediatezza, grazia e felicità per cui oggi Afro si identifica come il puro lirico della pittura contemporanea

 
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DALLA RIVISTA "INDIVIDUAZIONE"

Post n°195 pubblicato il 25 Giugno 2009 da bioantroponoosfera
Foto di bioantroponoosfera

 PROFILI 

TEILHARD DE CHARDIN

 P. Teilhard de Chardin (1881-1955)
Nasce a Sarcenat (Alvernia) nel 1881. Muore a New York nel 1955. Scienziato (paleontologo e geologo) , filosofo e teologo francese. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1899.
Partecipò a spedizioni scientifiche importanti tra le quali quella in Cina del 1926 che portò alla scoperta del discusso sinantropo, l’ominide fossile vissuto nel Pleistocene medio (200-300.000 anni fa).
Ampliò il campo della sua ricerca scientifica al dibattito cosmologico e teologico e ciò lo rese inviso agli ambienti ufficiali della chiesa cattolica

Contesto storico
Il suo pensiero matura in un periodo di grande fermento scientifico in cui gli studiosi umanisti da un lato s’interrogano sul futuro della civiltà occidentale (Toynbee, Fourastier, Jaspers ecc.) , il positivismo va in crisi e i fisici teorici fanno saltare le classiche sicurezze nei confronti della "realtà" aprendo il varco allo sgomento umano verso un universo che appare sempre più paradossale.
Dopo aver citato le opere di Eddington, di Sir J. Huxley e di Ch. Galton-Darwin, Teilhard si meraviglia nel notare la debolezza delle basi su cui vengono fatte poggiare le loro anticipazioni del futuro. Egli cerca serie "estrapolazioni", primo passo verso una vera "scienza dell’avvenire".
Pensiero
Alla concezione materialistica del darwinismo e del positivismo, egli oppose una cosmologia che assumeva sì il principio dell’evoluzione, anzi lo estendeva alla realtà spirituale, ma non sottoposta al puro determinismo e al puro materialismo.
L’universo (verso l’uno) è la storia di un movimento globale del cosmo: il cosmo si è mosso, una volta, tutto intero, non soltanto "localiter" ma "entitative". E si muove ancora. La natura è "divenire", è "farsi". Il suo movimento passato è l’evoluzione fin qua, è la sua storia che si lascia ordinare in una progressione di forme sempre più complesse e perfezionate. Anche lo psichismo più elevato che conosciamo, l’anima umana, non sfugge a questa legge comune a tutte le cose. Ma, si chiede Teilhard, quale può essere il motore profondo dell’intera ascesa delle forme di vita? Teilhard rileva che la trasformazione morfologica degli esseri pare essersi rallentata proprio quando sulla Terra il pensiero faceva la sua comparsa. Considerando questa coincidenza insieme al fatto che l’unica direzione costante seguita dall’evoluzione biologica è stata quella del più grande cervello, ovvero della maggior coscienza, egli risponde alla sua stessa domanda ipotizzando che forse il motore dell’evoluzione è stato il "bisogno" di pensare, di conoscere.
L’evoluzione pare dunque essersi "fermata" quanto a nuovi esseri e nuove forme. Ciò significa che avendo prodotto l’organo del pensiero (per l'appunto la coscienza) l'evoluzione procederà solo se la coscienza medesima, nell’uomo, svilupperà se stessa giungendo a percepirsi come ente universale responsabile di un movimento che non sarà più, come per il passato, tutt’uno con la trasformazione delle forme materiali, ma tutt’uno con il movimento autocosciente del pensiero. E poichè è l’uomo il veicolo ed il portatore di questa conquista universale che è costato al cosmo miliardi di anni di lavoro, è solo se l’uomo dirà sì al suo compito e alla sua responsabilità universale che l’evoluzione potrà proseguire. Perchè ciò accada è necessario che l’uomo si renda conto del valore biologico (morfogenetico) dell’azione morale e che ammetta la natura organica dei legami interindividuali.
Teilhard legge anche la storia della coscienza e ancora una volta proprio nel movimento della coscienza fino ad oggi trova motivo di fede nell’avvenire dell’uomo e dell’universo: l’uomo d’oggi porta in sè, tra gli altri, Platone e Agostino ma mentre loro credevano in coscienza d’impegnare, attraverso l’esercizio del proprio pensiero e della propria libertà, una piccolissima parte di mondo quanto a spazio e durata, oggi un uomo che agisca alla massima coscienza possibile sa che la sua scelta ha una ripercussione su miriadi di secoli e di esseri viventi. Sente in se stesso le responsabilità e la forza di un Universo intero.
Vi è un’azione umana che matura a poco a poco sotto la moltitudine degli atti individuali.
La monade umana è da tempo costituita. Quella che si sviluppa è l’animazione (l’assimilazione) dell’universo da parte della monade, la realizzazione cioè di un pensiero umano consumato.
Il secondo punto da rilevare è che rispetto agli avi, l’uomo di oggi può agevolmente farsi cosciente dei legami con i suoi simili e con la natura, e la sua coscientizzazione allarga la sua stessa personalità e il suo corpo reale: "I nostri padri si consideravano come interamente contenuti nei limiti dei loro anni terrestri e del loro corpo. Noi abbiamo fatto esplodere queste dimensioni ristrette e queste pretese.
Umiliati e ingranditi dalle nostre scoperte, noi ci accorgiamo, a poco a poco, di essere avvolti in prolungamenti immensi; e, come risvegliati da un sogno, ci rendiamo conto che la nostra regalità sta nel servire, quali atomi intelligenti, l’opera in corso nell’universo".
La materia, secondo Teilhard, porta fin dalla sua origine la "coscienza" come principio organizzativo sicchè l’evoluzione non è processo deterministico, ma anche teleologico.
L’evoluzione dalla pre-vita (mondo inorganico) alla vita ("biosfera") tende alla produzione del mondo dell’uomo e del pensiero ("noosfera") , come al suo culmine. L’uomo non è però il punto finale: l’universo e l’uomo tendono a un punto Omega: il Cristo cosmico, punto di aggregazione di tutta l’umanità. "Sarà l’opzione finale: un mondo che si ribella o un mondo che adora. Allora, su un atto che compendierà il lavoro dei secoli, su un atto (finalmente e per la prima volta totalmente umano) , la giustizia passerà e tutte le cose saranno rinnovate".
Riepilogare in poche righe il pensiero di Teilhard non è cosa facile e addolora il pensiero che le sue opere da qualche tempo non vengano più ristampate. Spiace perchè mai come oggi l’umanità ha bisogno, a nostro avviso, di una ventata di speranza non fideistica testimoniata da spiriti liberi che hanno saputo mantenersi tali in barba ai "copioni" personali recitati nel mondo.

Opere

Tutte postume: Il fenomeno umano (1955) , La comparsa dell’uomo (1956) , La visione del passato (1957) , L’ambiente divino (1957) , L’avvenire dell’uomo (1959).

Ada Cortese

(L'articolo è tratto dalla rivista dell'Associazione GEA "INDIVIDUAZIONE" n. 04 del giugno 1973.. N.B. Se l'Associazione avesse qualcosa da ridire sull'utilizzo dell'articolo siamo pronti a cancellarlo dal blog.)

 

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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