Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianzeMessaggi di Luglio 2008
Mi è capiotato di leggere un notizia che mi ha lasciato molto sorpreso. Ecco di che cosa si tratta.
Massimo Caprara, dirigente dell'allora PCI ha scritto tempo fa un libro sulla vita di Palmiro Togliatti, Segretario Generale del PCI.
Il volume, che porta il titolo : "L'inchiostro verde diTogliatti" è edito da Simonelli e a pag 124 riporta questa notizia.
Togliatti era in ospedale dopo aver subito il famoso attentato e si stava riprendendo bene. Chiese che gli venissero ricollocati cul conodino dell'ospedale alcuni suoi libri. Uno di questi era lo scritto di Teilhard de Chardin "Le Milieu Divin"
Scrive Caprara (pag. 124) . " Lui, Togliatti, marxista lontano da tutte ele fedi e soggezioni religiose, lo usava come breviario laico di vita interiore insieme , chissà per quale intreccio spirituale, ad un altro libro "Perchè non possiamo non dirci cristiani" di Benedetto Croce.
Di Teilhard teologo, gesuita e scienziato paleontologo, gli aveva sicuramente parlato il filosofo piemontese, di tradizione cattolico liberale, Felice Balbo che approdò all'inquieta tematica religiosa di Giuseppe Dossetti, così come Franco Rodano, l'altra anima della Sinistra Cristiana, si cimentò con il politico De Gasperi".
E' quel Felice Balbo, come ho scritto in un precedente messaggio, che portò anche me a scoprire Teilhard De Chardin attraverso uno scritto che è pubblicato su questo blog.
Giovanni Fois
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Lo Spirito della Terra
di Pierre Teilhard de Chardin
Con il termine “senso della Terra”, “designeremo qui il senso appassionato del destino comune che trascina sempre più lontano la frazione pensante della Vita. In via di diritto, nessun sentimento è meglio fondato per natura, né pertanto più potente di questo. Ma in pratica, è quello che si sveglia più tardi degli altri, dato che per esplicitarsi esige che la nostra coscienza, emergente dai cerchi sempre più vasti (ma ancora assai troppo ristretti) della famiglia, delle patrie, delle razze, scopra finalmente che la sola unità umana veramente naturale e reale è lo Spirito della Terra.
Sembra che, sottola spinta delle scoperte ripetute che nel giro di un secolo hanno rivelato successivamente alla nostra generazione, dapprima la profondità e il significato della durata, poi le risorse spirituali illimitate della Materia, e infine la potenza dei viventi associati, la nostra psicologia stia cambiando e che l’Uomo si avvicini a quella che si potrebbe chiamare la sua crisi di pubertà. Una passione nuova, vittoriosa (lo crediamo sul serio) comincia a profilarsi, e spazzerà via o trasformerà quelli che sono stati sinora i capricci e le puerilità della Terra. E la sua azione salvifica giunge proprio al momento giusto per “controllare”, risvegliare e organizzare le forze emancipate dell’Amore, le forze dormienti dell’Unità, le forze esitanti della Ricerca…..
A. L'Amore
L’amore è la più universale, la più formidabile, la più misteriosa delle energie cosmiche….
Dal punto di vista dell’evoluzione spirituale che abbiamo accettato qui, sembra che possiamo dare un nome ed un valore a questa strana energia dell’Amore. Non rappresenterebbe, per caso, molto semplicemente la stessa attrazione esercitata dal Centro dell’Universo su ogni elemento cosciente? Il richiamo alla grande unione la cui attuazione è l’unica impresa attualmente in corso nella Natura?….. In questa ipotesi, secondo la quale conformemente ai risultati dell’analisi psicologica) l’Amore sarebbe l’energia psichica primitiva e universale, tutto non si chiarisce forse attraverso a noi, sia per l’intelligenza che per l’azione?
Verso l’Uomo, attraverso la Donna, è in realtà verso l’Universo che si fa avanti. Se l’Uomo non riconosce la vera natura, il vero oggetto del suo amore, si instaura il disordine irrimediabile e profondo. Accanito a sfamare con una cosa troppo piccola una passione il cui oggetto è il Tutto, egli tenterà necessariamente di colmare uno squilibrio fondamentale con la materialità e molteplicità sempre crescenti delle sue esperienze. Vani tentativi, e spaventoso sperpero agli occhi di colui che intravede il valore inestimabile del “quanto spirituale” umano.
Guardiamo molto freddamente da biologi o da ingegneri, l’atmosfera rosseggiante delle nostre grandi città, nelle ore della sera. Lì, come del resto in ogni luogo, la Terra dissipa continuamente in pura perdita la sua più meravigliosa potenza. La terra brucia “all’aria aperta”. Quanta energia pensate che si perda in una notte per lo Spirito della Terra?…
Che l’uomo percepisca, invece, la realtà universale che brilla spiritualmente attraverso la carne. Allora scoprirà la ragione di ciò che sino a quel momento deludeva e pervertiva la sua potenza di amare. La Donna gli sta davanti come il fascino e il simbolo del Mondo. Non potrebbe abbracciarla se egli non si ampliasse, a sua volta, alla stessa misura del Mondo. E poiché il Mondo si rivela sempre più grande e sempre incompiuto, e sempre oltre noi, l’Uomo per afferrare l’oggetto del suo amore, si trova impegnato in una illimitata conquista dell’Universo e di se stesso. In questo senso l’Uomo non potrebbe raggiungere la Donna che nell’unione universale consumata.
L’Amore è una riserva sacra di energia, e come il sangue stesso dell’evoluzione spirituale: ecco la prima lezione che ci dà il Senso della Terra.
B. L'Unità Umana
In singolare contrapposizione con l’attrazione irresistibile che si manifesta nell’Amore, esiste una ripulsione istintiva che in genere allontana l’una dall’altra le molecole umane. In realtà, questa ripulsione non può corrispondere che a una timidezza o una viltà dell’individuo di fronte a uno sforzo di ampliamento capace di assicurare invece la sua liberazione.
Ma, quale compimento nelle sue potenze quando, nella ricerca e nella lotta, l’Uomo si sente avvolto dal soffio dell’affetto e del cameratismo! Quanta pienezza quando, in certe ore di pericolo o di entusiasmo, egli riesce ad eccedere, come in un lampo, alle meraviglie di un’anima comune! Quelle pallide e brevi illuminazioni devono farci intuire quale formidabile potenza di felicità e di azione sonnecchia ancora nel seno dello strato umano. Senza rendersene molto conto gli Uomini soffrono e vegetano nel loro isolamento: hanno bisogno di un impulso superiore che, sopravvenendo, li costringa a superare il punto morto in cui sono immobili e li faccia cadere nel raggio della loro profonda affinità. Il Senso della Terra è la pressione irresistibile che giunge, al momento giusto, per cementarli in una comune passione.
L'Amore d'interrelazione legame al di sopra dell'amore di attrazione, gli elementi che si raggruppano per subire l'Unione. Conosciamo già un po' la seconda di queste due passioni, chi ci rivelerà la pienezza di una quantità sinora quasi sconosciuta, l'ebbrezza immensa di una fraterna amicizia, che si accompagnerebbe, per la Noosfera, la vittoria sulla sua interna molteplicità residua cioè la finale presa di coscienza dell'Unità umana, in vista del progresso?
C. La ricerca
Come il senso della Terra spiega agli uomini il motivo e l'uso possibile della loro sovrabbondanza d'amore, così, nel contempo, si rivela come la forza destinata a muovere ed a organizzare la massa sbalorditiva delle produzioni e delle scoperte umane.
Per il suo stesso sviluppo, il mondo sarebbe forse condannato a morire soffocato dall'eccesso del proprio peso? Niente affatto; ma sta raggruppando gli elementi di un corpo superiore e nuovo. In questa crisi di nascita, tutto il problema è quello dell'emersione rapida dell'anima che, con il suo apparire, verrà ad organizzare, alleviare, vitalizzare questo mucchio di materia stagnante e confusa. Ora, quest'anima non può essere che la "cospirazione" degli individui che si associano per rialzare di un altro piano l'edificio della Vita. Le risorse di cui oggi disponiamo, le potenze che abbiamo scatenato, non potrebbero essere assorbite dal ristretto sistema dei quadri individuali o nazionali che hanno sinora servito agli architetti della Terra umana. L'età delle nazioni è passata. Se non vogliamo perire. si tratta ora per noi di rigettare i vecchi pregiudizi e di costruire la Terra.
Più osservo scientificamente il Mondo, e meno vedo per esso un esito biotopico possibile al di fuori della coscienza attiva della sua unità. D'ora innanzi sul nostro pianeta la Vita non potrà progredire (e nulla le impedirà di progredire, nemmeno le sue schiavitù interne) se non farà saltare le paratie che tramezzano ancora l'attività umana, e se non si abbandonerà senza esitazione alla Fede nell'Avvenire.
Poniamo in primo piano delle nostre preoccupazioni concrete una vera organizzazione e una esplorazione sistematica del nostro Universo inteso come l'unica vera patria dell'Uomo. Allora l'energia materiale circolerà. E, cosa ancor più importante, l'energia spirituale, corrotta dalle meschine gelosie della odierna società, troverà il suo esito naturale nell'assalto dato ai misteri del Mondo. E' giunto il momento di accorgersi che la Ricerca rappresenta la alta funzione umana, quel la che assorbe in sé lo spirito delta Guerra in cui risplende la luce delle Religioni. Premere costantemente sull'intera superficie del Reale, non è forse per eccellenza il gesto della fedeltà all'Essere, dunque dell'adorazione? E tutto questo se saremo capaci di non soffocare in noi lo Spirito della Terra.
Colui che vuol partecipare a questo Spirito deve morire, poi rinascere agli altri e a sé stesso. Per accedere a questo piano di umanità superiore, deve non solo riflettere, ma, nel seno stesso del suo modo di valutare e di agire, realizzare una totale trasposizione.
Ancora un po' di tempo e lo Spirito della Terra sorgerà con la sua individualità specifica, il suo carattere e la sua fisionomia propria. Allora, alla superficie della Noosfera, gradualmente sublimata nelle sue preoccupazioni e passioni, sempre tesa verso la soluzione di problemi via via più elevati, e il possesso di oggetti via via più grandi, la tensione verso l'Essere sarà massimale.
Cosa succederà in quel periodo critico di maturazione della vita terrestre? In quel momento saremo forse in grado di raggiungere altri centri di vita cosmica, per ricominciare, a un ordine superiore di grandezza, il lavoro di sintesi universale? E' più verosimile che accada un'altra cosa, che possiamo intravedere solo se prenderemo in considerazione l'influsso spirituale di Dio.
È stato un periodo di grande illusione quello attraversato dall’Uomo del nostro tempo quando ha immaginato che, giunto ad una migliore conoscenza di sé e del Mondo, non aveva più bisogno di Religione. Si sono moltiplicati i sistemi in cui il fatto religioso era interpretato come un fenomeno psicologico legato all’infanzia dell’Umanità. Massimo alle origini della Civiltà, doveva gradualmente dileguarsi e cedere il posto a costruzioni più positive dalle quali Dio (specie un Dio trascendente e personale) sarebbe stato escluso. In realtà per chi sa vedere, il grande conflitto dal quale usciamo avrà come effetto soltanto quello di consolidare nel Mondo la necessità di una fede.
Giunto ad un grado superiore nella padronanza di se stesso, lo spirito della Terra scopre in sé un bisogno man mano più vitale di adorare: dall’evoluzione universale, Dio emerge, nelle nostre coscienze più grande, e più necessario che mai. L’unico Motore possibile della vita riflessiva è un Termine assoluto, vale a dire Divino. La religione può essere stata intesa come un semplice sollievo delle nostre sofferenze, un “oppio”. Ma la vera sua funzione è quella di sorreggere e di spronare i progressi della Vita.
E’ un bisogno profondo di assoluto che, sin dalle origini, ha cercato se stesso attraverso tutte le forme progressive di religione. Ora, ammesso questo punto di partenza, diventa evidente che la “funzione religiosa”, nata dall’ominizzazione e vincolata alla medesima, non può che crescere continuamente con l’Uomo stesso. Più l’Uomo sarà Uomo, e più sentirà la necessità di donarsi ad uno più grande di lui. Non è forse proprio ciò che possiamo constatare attorno a noi? Nella Noosfera, in quale momento è esistito un bisogno più urgente di trovare una Fede, una Speranza per conferire un senso, un’anima, all’immenso organismo che stiamo costruendo?
Con l’evento capitale dell’Ominizzazione, la porzione più progredita del Cosmo si è trovata personalizzata. Con questo semplice cambiamento di variabile, sorge, per il futuro, una doppia condizione di esistenza che non potrebbe essere elusa.
Dato che nell’Universo a partire dall’Uomo, tutto si svolge nell’Essere personalizzato, il Termine ultimo, divino, della convergenza universale deve, a sua volta, avere (in modo eminente) la qualità di una Persona. Per superanimare, senza distruggerlo, un Universo costituito da elementi personali, deve essere, da parte sua, un Centro speciale. Così ricompaiono, non già istintive, ma strettamente vincolate alle prospettive evolutive attuali, le concezioni tradizionali di un Dio che influisce intellettualmente su monadi immortali distinte da Lui.
La corrente che solleva la materia deve essere concepita meno come una semplice spinta interna che come una marea. Il Molteplice sale, attratto e inglobato da uno “già Uno”.
In una prima fase anteriore all’Uomo, l’attrazione era recepita dal Mondo, vitalmente ma ciecamente. A partire dall’Uomo essa si desta, almeno in parte, nel pensiero riflesso e suscita la Religione. E tale Religione non è una scelta o una intuizione strettamente individuale, ma rappresenta, attraverso l’esperienza collettiva dell’intera Umanità, il lungo dispiegarsi dell’Essere di Dio, Dio che si riflette personalmente sulla somma organizzata delle monadi pensanti, per garantire un esito sicuro e definire leggi precise per le loro attività esitanti.
Oceano Pacifico, 1931
N. B. Questo testo si trova in: L'Energie Humaine, Oeuvres Vol. 6, Parigi, Seuil, 1962, pp. 23-57 passim.
Nella traduzione italiana il testo riprodotto si trova nel Vol. 11 delle Opere di Teilhard de Chardin; L'Energia Umana, Il Saggiatore, Milano, pag 1-43 oppure in Teilhard de Chardin: L'Energia Umana tra scienza e fede, Pratiche Editrice, Milano, pag. 1-43
Il testo qui riprodotto è stato ripreso dal sito: www.dimensionesperanza.it
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Mi sono accorto che dopo la fine del messaggio sul Centro di Documentazione Teilhard de Chardin non ho messo le indicazioni utili per contattarmi. Lo faccio adesso scusandomi con i frequentatori del blog.
Per chi volesse mettersi in contatto con il Centro di Documetazione Teilhard de Chardin di Roma può utilizzare la seguente e/mail: giovannifois2003@libero.it; oppure scrivere all'indirizzo: Giovanni Fois, Centro di Documentazione Teilhard de Chardin, Via delle Aleutine 70 00121 Lido di Ostia (RM): Il recapito telefonico è : 3338048262.
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" Mi capiranno solo quando sarò superato..."
E' ormai pronto anche i secondo numero dello strumento di informazioni e studi del Centro di Documentazione Teilhard de Chardin di Roma-
Saranno pubblicati uno studio di Paul Chauchard (in italiano) dedicato al pensiero di Teilhard , apparso per la prima volta, nel 1962, sulla rivista Civiltà delle Macchine e un lavoro della Dr.ssa Ursula King, studiosa di Teilhard, sulla religione, la scienza e la mistica in Teilhard (in lingua inglese).
C'è poi un brevissimo lavoro sulle opere di Teilhard pubblicate in Italia e i rispettivi editori e un breve elenco delle opere più recenti dedicate al gesuita francese.
Seguono poi le solite rubriche alla ricerca dei siti dedicati a Teilhard e al suo pensiero e all'elenco delle recenti acquisizioni biblioemerografiche del Centro.
Il quaderno potrà essere richiesto via e/mail a: giovannifois2003@libero.it
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Ecco ancora un breve testo di Padre Pierre Teilhard de Chardin che fa parte dell'opera principale del gesuita francese: Il Fenomeno Umano
Sul fatto generale che vi sia una evoluzione, tutti gli studiosi, abbiamo detto, sono ora d'accordo. Ma sul problema di sapere se tale evoluzione sia orientata, è ben diverso. Chiedete oggi a un biologo se egli ammette che la Vita , attraverso le sue trasformazioni, vada da qualche parte: nove volte su dieci, egli vi risponderà: «No», — e lo sottolineerà anche con passione. «Che la materia organizzata sia in continua metamorfosi, vi direbbe, e che questa metamorfosi la faccia scivolare col tempo verso forme sempre più improbabili, — è ciò che balza agli occhi. Ma quale scala potremmo trovare per valutare in modo assoluto, o semplicemente relativo, queste fragili costruzioni? Quale diritto abbiamo noi, per esempio, di dire che il Mammifero — fosse pure l'Uomo — è più progredito e più perfetto dell'Ape o della Rosa?... In qualche modo, partendo dalla cellula primitiva, possiamo ordinare gli esseri in cerchi via via più ampi, secondo l'intervallo di Tempo che li separa. Ma al di là di un certo grado di differenziazione, non sapremmo più stabilire, scientificamente, una qualche priorità tra queste varie ideazioni della Natura. Soluzioni diverse, ma equivalenti. In prossimità del centro, tutti i raggi, verso ogni azimut della sfera, sono ugualmente validi. Nulla infatti sembra dirigersi verso qualche cosa».
La Scienza , nelle sue conquiste — e anche, lo dimostrerà, l'Umanità nel suo cammino — segnano il passo in questo momento, perché gli spiriti esitano a riconoscere l'esistenza di un orientamento preciso e di un asse privilegiato di evoluzione. Indebolite da questo dubbio fondamentale, le ricerche si disperdono e le volontà non si decidono a costruire la Terra.
Vorrei poter far capire qui perché, prescindendo da ogni antropocentrismo e da ogni antropomorfismo, mi pare di vedere che un senso e una linea di progresso esistano per la Vita , — senso e linea così ben definiti, che la loro realtà, ne sono convinto, sarà universalmente ammessa dalla Scienza di domani.
In primo luogo, poiché si tratta, nella fattispecie, di gradi di complicazione organica, cerchiamo di trovare un ordine nella complessità. Bisogna riconoscere che l'insieme degli esseri viventi costituisce qualitativamente un labirinto inestricabile se non lo si esamina con un qualche filo che faccia da guida. Cosa accade, dove andiamo, attraverso questo monotono susseguirsi di ventagli?... Certo, nel corso dei secoli gli esseri moltiplicano il numero e la sensibilità dei loro organi. Ma li riducono anche, a causa della specializzazione. E poi, cosa significa, in realtà, il termine «complicazione»?... Esistono tanti modi diversi per un animale di diventare meno semplice. Differenziazione delle membra? dei tegumenti? dei tessuti? degli organi sensoriali? — Secondo il punto di vista adottato, sono possibili diversi tipi di alternative. Tra queste molteplici combinazioni, ne esiste forse una più vera delle altre, — una che conferisca all'insieme dei viventi una coerenza più soddisfacente, sia rispetto a se stesso, sia rispetto al Mondo in cui la Vita è inclusa?
Ritengo che, per rispondere a questa domanda, sia necessario ritornare un po' indietro e riprendere le considerazioni con cui ho tentato, in precedenza, di definire le reciproche relazioni tra Esterno ed Interno delle Cose. Dicevo allora che l'essenza del Reale potrebbe pur essere rappresentata dall'«interiorità» che l'Universo contiene in un dato momento; e in questo caso, l'Evoluzione non sarebbe in fondo nient'altro che un accrescimento continuo di questa Energia «psichica» o «radiale» nel corso della Durata, sotto l'Energia meccanica o «tangenziale», praticamente costante alla scala delle nostre osservazioni (p. 67). Qual è del resto, aggiungevo, la funzione particolare che lega sperimentalmente l'una all'altra, nei loro rispettivi sviluppi, le due Energie, radiale e tangenziale del Mondo? Ovviamente l'organizzazione: l'organizzazione, i cui progressi successivi si accompagnano interiormente, come possiamo constatare, a un accrescimento e a un approfondimento continuo di coscienza.
Ribaltiamo ora (senza entrare in un circolo vizioso, ma per semplice aggiustamento di prospettiva) questa proposizione. Ci troviamo imbarazzati nel distinguere, tra le innumerevoli complicazioni subite dalla Materia organica in ebollizione, quelle che rappresentano semplici differenziazioni superficiali da quelle (ammesso che ne esistano) che corrisponderebbero a un raggruppamento rinnovatore della Stoffa dell'Universo? Ebbene, cerchiamo soltanto di appurare se, tra le varie combinazioni tentate dalla Vita, alcune non sarebbero per caso organicamente associate a una variazione concreta dello psichismo negli esseri che la realizzano. Se così fosse, — e se la mia ipotesi è giusta — sono proprio quelle, senz'ombra di dubbio che, nella massa ambigua delle trasformazioni banali, rappresenterebbero le complicazioni per eccellenza, le metamorfosi essenziali — cerchiamole e seguiamole. È probabile che esse ci conducano da qualche parte.
Posto in questi termini, il problema si risolve immediatamente. Sì, certo, negli organismi viventi esiste un meccanismo prescelto per l'attività della coscienza; è sufficiente guardare in noi stessi per scoprirlo: si tratta del sistema nervoso. Noi cogliamo concretamente una sola interiorità al Mondo: la nostra, in modo diretto; e contemporaneamente, per immediata equivalenza, grazie al linguaggio, anche quella degli altri. Ma abbiamo le migliori ragioni di ritenere che esista, anche negli animali, una certa interiorità, approssimativamente commisurabile alla perfezione del loro cervello. Cerchiamo dunque di suddividere i viventi in base al grado di «cerebralizzazione». Cosa succede? — Un ordine, l'ordine stesso che noi desideravamo, si stabilisce, — ed automaticamente.
Iniziamo con un richiamo a quella regione dell'Albero della Vita che conosciamo meglio, perché è tuttora particolarmente vivace, e anche perché ne facciamo parte: la Branca dei Cordati. In questo insieme, si manifesta un primo carattere che la paleontologia ha da tempo posto bene in luce: ed è che il sistema nervoso, mediante balzi considerevoli, si sviluppa e si concentra progressivamente di Strato in Strato . Chi non conosce l'esempio di quei giganteschi Dinosauri la cui massa cerebrale, irrisoriamente piccola, rappresentava unicamente un susseguirsi di lobi dal diametro di gran lunga inferiore a quello del midollo nella regione lombare? Simili condizioni ricordano quelle che prevalgono, in aree inferiori, negli Anfibi e nei Pesci. Ma se passiamo ora al livello superiore, ai Mammiferi, che cambiamento!
Nei Mammiferi, vale a dire questa volta, all'interno di uno stesso Strato, il cervello è in media molto più voluminoso e con un numero di circonvoluzioni ben maggiore che un qualsiasi altro gruppo di Vertebrati. Tuttavia, a un esame più accurato, quante disuguaglianze ancora, — e soprattutto quale ordine nella distribuzione delle differenze! Anzitutto, una gradazione che segue la posizione dei Bioti: nella natura attuale, i Placentati sono, cerebralmente, più progrediti dei Marsupiali. E poi, una gradazione che segue l'età all'interno di uno stesso Biote. Si può dire che, nel Terziario inferiore, i cervelli dei Placentati (ad esclusione di alcuni Primati) sono sempre relativamente più piccoli e meno complicati che non a partire dal Neogeno. Lo si può constatare in modo assoluto nei phyla estinti, — quali i Dinoceratidi, mostri forniti di corna il cui cranio non superava di molto, per le ridotte dimensioni e per la spaziatura tra i lobi, lo stadio raggiunto dai Rettili del Secondario. Lo stesso vale per i Condilartri. Ma questo fenomeno si osserva addirittura all'interno di una stessa stirpe . Nei Carnivori dell'Eocene, per esempio, il cervello, ancora alla fase marsupiale, è liscio e ben separato dal cervelletto. Sarebbe facile allungare l'elenco. In linea generale, qualunque sia la radiazione scelta su di un qualsiasi verticillo, purché abbastanza lungo, è raro non poter osservare che esso, con il trascorrere del tempo, porta verso forme sempre maggiormente «cefalizzate».
Passiamo ora a un'altra Branca, quella degli Artropodi e degli Insetti. Stesso fenomeno. Qui, avendo a che fare con un altro tipo di coscienza, la stima dei valori è meno facile. Tuttavia il filo che ci guida sembra ancora solido. Da un gruppo all'altro, da una età all'altra, queste forme psicologicamente così lontane subiscono, come noi, l'influenza della cefalizzazione. I gangli nervosi si raggruppano. Si localizzano e si sviluppano nella parte anteriore, nella testa. E, di pari passo, gli istinti si complicano. E appaiono contemporaneamente (ritorneremo ancora sull'argomento) straordinari fenomeni di socializzazione.
Potremmo continuare all'infinito quest'analisi. Ma ciò che ho detto è sufficiente a indicare con quale facilità, se il filo è afferrato dalla parte giusta, la matassa si lascia districare. Per ovvie ragioni di comodità i naturalisti sono indotti a classificare le forme organizzate in base a certe variazioni negli elementi ornamentali oppure a certe modificazioni funzionali dell'apparato osseo. La loro classificazione, che segue processi ortogenetici riguardanti la colorazione delle ali, o la disposizione delle membra, o il disegno dei denti, è in grado di individuare i frammenti, o persino lo scheletro di una struttura nel mondo vivente. Ma poiché le linee così tracciate esprimono solo alcune armoniche secondarie dell'evoluzione, l'insieme del sistema non assume né volto né movimento. Al contrario, non appena la misura (o parametro) del fenomeno evolutivo viene ricercata nell'elaborazione del sistema nervoso, non solo la moltitudine dei generi e delle specie acquisisce un ordine, ma l'intera rete dei loro verticilli, dei loro strati, delle loro branche, si erge come un fascio vibrante. Non solo una ripartizione delle forme animali secondo il loro grado di cerebralizzazione coincide esattamente con i modelli imposti dalla Sistematica, ma conferisce inoltre all'Albero della Vita un rilievo, una fisionomia, uno slancio nei quali è impossibile non riconoscere l'impronta della verità. Una coerenza così perfetta, — e, aggiungiamo pure, tanta facilità, tanta inesauribile fedeltà e tanta potenza evocatrice in questa coerenza, — non possono essere effetto del caso.
Tra le infinite modalità in cui si disperdono le complessificazioni vitali, la differenziazione della sostanza nervosa spicca, così come la teoria lo faceva prevedere, come una trasformazione significativa. Conferisce un senso, — e di conseguenza dimostra che vi è un senso nell'Evoluzione.
Pierre Teilhard de Chardin
Il fenomeno umano , tr. it. di Fabio Mantovani, Queriniana, Brescia 20012 , pp. 133-137.
La foto pubblicata ritrae Teilhard a Giava durante la campagna di scavi che ha portato alla scoperta dell'Uomo di Giava.
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IL FENOMENO TEILHARD
di Yves Coppens
Al punto in cui sono giunte le nostre conoscenze in Paleontologia generale, sembra sorprendente che l'Africa non sia stata subito individuata come la sola regione del mondo in cui lo studioso può ricercare, con qualche probabilità di successo, le tracce della specie umana.
Cosi si esprimeva, con una straordinaria chiaroveggenza, Pierre'Teilhard de Chardin nel settembre 1954 a New York.
Meno di cinque anni dopo avrebbe iniziato in Africa orientale la più grande avventura paleontologica di tutti i tempi: lungo 2.000 chilometri di faglia, là dove i sedimenti si accumulano come intrappolati, si sarebbero avvicendate otto grandi spedizioni internazionali, cioè più di 500 persone, per quindici anni, raccogliendo centinaia di migliaia di ossa fossili, tra cui centinaia di resti di ominidi. La storia della specie umana si arretrò allora considerevolmente e si parla ormai di ante-datare di quattro milioni di anni l'apparizione dell'uomo, di tre milioni di anni quella dei primi utensili, di circa due milioni di anni quella delle prime costruzioni e di un milione e mezzo di anni i primi riti.
Non posso fare a meno di immaginare quale grande felicità deve essere stata per Pierre Teilhard de Chardin il fatto di vivere in questa epoca abbastanza recente.
Se ho iniziato con questa profetica citazione e con un breve bilancio di quanto abbiamo scoperto e appreso dopo la morte di Teilhard, è certo per collegare l'insieme delle conoscenze degli anni '50 con quelle che ci apprestiamo ad acquisire, ma è anche per ricordare che Teilhard fu anzitutto un paleontologo.
Egli ebbe il suo colpo di fulmine per la Paleontologia al Museo di Storia Naturale di Parigi.
«Vi ricordate del nostro primo incontro verso la metà di luglio del 1912? — scriveva egli a Marcellin Boule — Quel giorno, verso le 2, venni timidamente a suonare alla porta, che più tardi avrei attraversato tanto spesso, del laboratorio di piazza Valhubert. Eravate esattamente alla vigilia (sacra!) della partenza per le vacanze, occupatissimo. Mi riceveste malgrado ciò. E... mi proponeste di venire a lavorare da voi, alla scuola di Gau-dry, alla vostra scuola. Ed ecco come, nello spazio di cinque minuti, m'imbarcai in quella che da quel momento sarebbe stata la mia esistenza, la ricerca e l'avventura nel campo della Paleontologia umana. Mai, credo, la Provvidenza mi è stata cosi vicina nella vita...».
E Pierre Teilhard de Chardin va a studiare per undici anni, con grande assiduita, le famose collezioni dell'Istituto di Paleontologia del Museo.
Se la sua partenza per la Cina nel 1923 segna l'inizio di lunghissimi giorni all'estero e di numerosi viaggi in tutto il mondo, questa vita molto attiva non gli impedirà, ad ognuno dei suoi passaggi da Parigi, di venire a lavorare in questa grande istituzione del Jardin des Plan-tes, dove aveva ricevuto, a trentun anni, lo «shock da fossili».
Oltre alla sua vita di pensatore e di scrittore nonché di prete, Teilhard ha dunque vissuto una vita assolutamente riempita di Paleontologia. Quando si consulta la lista dei suoi lavori scientifici, ci si accorge che la sua produzione è quella di un eccellente ricercatore, come se non avesse fatto altro: da 5-6 a 12-13 articoli o memorie all'anno, un totale dipiù di 250 titoli in una quarantina d'anni di ricerche.
Vi si scorge l'abituale slittamento della Paleontologia da una parte verso la Geologia, per cominciare dal contenente per comprendere da dove viene il contenuto, e dall'altra verso la preistoria, perché attraverso il tempo e i suoi depositi si cerca sempre, coscientemente o no, l'Uomo.
E Pierre Teilhard de Chardin ha cosi bene compreso tutto questo che il primo Istituto di ricerca che egli ebbe l'occasione di fondare fu, nel 1940, a Pechino, con Padre Leroy, un Istituto che chiamò di «Geobiologia» (La Terra e la Vita).
In Paleontologia umana ha seguito assai da vicino, a partire dal 1929, la maggior parte dei grandi lavori in questa ricerca. Durante i suoi lunghi soggiorni in Cina, ha partecipato agli scavi dei due famosi giacimenti di Chukutien, vicino Pechino, accanto a Davidson Black, Georgo Barbour, C.C. Young e Pei Wen-Chung nonché allo studio propriamente detto dei resti del «sinantropo», accanto a Franz Weidenreich. Nel 1935 e nel 1938 si è recato a Giava per visitare con Ralph von Koenigswald i famosi luoghi del Pitecantropo di Trinil e di Sangiran e poi è andato a studiare, anche questa volta in due riprese, nel 1951 e nel 1953, le grotte dell'Australopiteco, nell'Africa del sud, sotto la direzione di Revil Mason, Van Riet Lowe e John Robinson.
Le attività della preistoria non sfuggono evidentemente all'interesse di padre Teilhard; quando cerca dei fossili, ricerca egualmente le tracce dell'Uomo ed è per questo che è stato portato a scoprire siti paleolitici e neolitici in Cina, in India, in Birmania, a Gibuti, in Etiopia e a visitarne molti altri e tentare una sintesi.
Che cosa emerge dunque da tutta questa considerevole opera scientifica, che non è che una parte della produzione e del pensiero di Pierre Teilhard de Char-din? È soprattutto un'opera sulle scienze del passato: la paleontologia, la geologia, la preistoria. Ed è un'opera sulla terra. Teilhard corre per il mondo con in mano il martello del geologo, si precipita dove affiora un sintomo della struttura profonda della terra e non teme né i chilometri, né i climi, né gli uomini. Colpito nel 1947 da infarto del miocardio, scrive in un appunto datato nel mese di luglio: «il mattino... del 1° giugno, crisi cardiaca... Poi degenza in ospedale... È una svolta nella mia vita. Rinuncia forzata alla vita attiva sul terreno. Oggi, proprio a quest'ora, dovrei essere in volo per Johannesburp».
È poi un'opera di sintesi a tutti i livelli. Qualsiasi scoperta fortuita, qualsiasi analisi di un fenomeno, d'un fossile, d'un oggetto preistorico costituisce pretesto per la compilazione di un lavoro d'insieme sui problemi che ne derivano. E poi, su un altro livello, Pierre Teilhard de Chardin collega naturalmente in modo perfetto i suoi lavori sulla geologia a quelli sul contenuto degli strati studiati, sui fossili e sulle pietre tagliate; ed ancora su di un altro livello, uno dei lati originali del suo pensiero è quello di considerare l'Uomo, la Vita nel suo ambiente terrestre e cosmico e di collegare quindi i fenomeni che appaiono come troppo isolati nella loro partecipazione alla evoluzione generale dell'Universo.
È un'opera di portata internazionale, si potrebbe dire mondiale, non parlo dell'opera in se stessa, che si rispecchia nell'universale, ma del modo in cui è stata trattata. Pierre Teilhard ha lavorato in Europa, in Asia, in Africa, in America; è vissuto venti anni o quasi in Cina e colla-borato a lungo con C.C. Young, Pei Wen-Chung, Yang Kieh, H.C. Chang, è vissuto negli Stati Uniti, partecipando ai lavori della Fondazione Wenner Gren per le ricerche antropologiche. Ed infine, segnalerei ancora un aspetto della sua opera, che non è comune ma che però non è tra i minori: si tratta di un'opera scientifica ma anche poetica.
«Alcune migliaia di milioni di anni fa — egli scrive a proposito dell'origine della Terra — un brandello di materia formato da atomi particolarmente stabili si staccò dalla superficie del sole. E, senza spezzare i legami che lo univano e tutte le altre cose, ma mantenendosi ad una giusta distanza dall'astro genitore per riceverne i raggi con una intensità media, questo brandello si agglomerò, si arrotondò, prese forma...» E sull'origine dell'Uomo: «Quando per la prima volta, in un essere vivente, l'istinto ha preso coscienza di se stesso, è tutto il mondo che fa un passo avanti. Silenziosamente vi ha fatto il suo ingresso l'Uomo».
Questo testo è un riassunto della relazione presentata dall'autore al colloquio intemazionale dell'Unesco tenutosi a Parigi dal 16 al 18 settembre 1981.
YVES COPPENS, professore al Museo di storia naturale (Musée de l'Homme). a Parigi, è membro del Comitato esecutivo dell'Unione internazionale delle scienze antropologiche ed etnologiche, presidente della commissione per lo studio dei primi ominidi dell'Unione internazionale delle scienze preistoriche e protostoriche. Ha diretto importanti missioni antropologiche al C/ad (1960-1966) e in Etiopia, Giacimenti dì Orno, (1967-1976) èdi Afar, (1972-1981). Tra i suoi scritti segnaliamo Origines de l'Homme (Libreria «Musèo do l'Hommou, Par/gì. 1976 1980). nitro al .si/o contributo a /'Hifìloire gtìrirtralo fio l'Alricjuo (Unn uco Jttunt! Atrlciuti, Stock, f'ittìtil. IfMIO}.
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Teilhard de Chardin: le ragioni di un interesse
E probabile che cinquanta anni dalla morte di Pierre Teilhard de Chardin rappresentino un intervallo di tempo sufficientemente lungo perché ci si possa accostare al pensiero e alle opere dello scienziato gesuita francese con una prospettiva equilibrata, capace di riconoscere sia le perplessità che alcuni punti della sua elaborazione intellettuale hanno suscitato nei decenni trascorsi, sia le profonde intuizioni e il valore di sintesi, inedita e feconda/ contenuti nella sua visione cristiana del cosmo, del lavoro umano e della vita.
Il dovere di informazione impone il ricordo delle disposizioni disciplinari di cui egli fu oggetto in vita all'interno della Compagnia di Gesù, che gli causarono la sospensione dall'insegnamento di materie di carattere filosofico-teologico con la conseguente richiesta di non pubblicare saggi sui medesimi temi. Vari anni dopo la. sua morte, ormai nel 1962 e in contemporanea con l'avvio dei lavori del Concilio Vaticano II, un Mohitum dell'alierà Sant'Uffìzio dichiarava in un breve comunicato (cfr. AAS 54 (1962), p. 526) che le sue opere di natura filosofica e teologica, a differenza di quelle di carattere scientifico nel cui merito non si entrava, contenevano ambiguità e gravi errori. Si può ragionevolmente ipotizzare che gli errori in questione (non menzionati dal comunicato) si riferissero alla possibilità, di dare luogo ad una visione panteista della presenza di Dio nel cosmo, ad una insufficiente separazione ontologica fra materia e spirito nella descrizione della evoluzione della materia fino alla comparsa della vita e dell'uomo, ad una probabile concezione determinista dell'Incarnazione, nonché ad una erronea comprensione della storicità del peccato originale. Al tempo stesso non si può non registrare che molte idee del pensatore francese avevano già influito sull'elaborazione teologica di non pochi autori del XX secolo e si erano ormai rese presenti in quadri interpretativi certamente ortodossi. Nel 1966, in un discorso sulle relazioni fra scienza e fede, papa Paolo VI parlava di Teilhard come di uno scienziato che aveva saputo, scrutando la materia, trovare lo spirito, e che aveva dato una spiegazione dell'universo capace di rivelare in esso la presenza di Dio, la traccia di un Principio Intelligente e Creatore (cfr. Allocuzione , 24.2.1966, Insegnamenti , IV (1966), pp. 992-993). Il 12 maggio 1981, in una lettera inviata dal card. segretario di Stato Agostino Casaroli a mons. Paul Poupard, Rettore dell' Institùt Catholique di Parigi, a motivo del centenario della nascita del paleontologo francese, si affermava che in lui «una forte intuizione poetica del valore profondo della natura, una acuta percezione del dinamismo della creazione e un'ampia visione del divenire de! mondo si coniugano con un incontestabile fervore religioso». Nella medesima lettera si aggiunge inoltre che «senza dubbio i nostri tempi non lasceranno cadere, al di là delle difficoltà dei concetti e delle deficienze di espressione del suo audace tentativo di sintesi, la testimonianza di una vita unificata, quella di un uomo conquistato dal Cristo nelle profondità del suo essere, e che ha avuto la preoccupazione di onorare allo stesso tempo la fede e la ragione, anticipando così una risposta all'appello di Giovanni Paolo II "Non abbiate paura, aprite, spalancate le porte a Cristo"» ( Insegnamenti , IV,1 (1981), pp. 1248-1249). Una breve nota pubblicata sull'Osservatore Romano dell'I 1 luglio dello stesso anno dalla sala stampa della Santa Squestione non andava considerata una "riabilitazione" del gesuita francese, né dovevano considerarsi risolti gli aspetti problematici presenti nel suo pensiero.
Fin qui gli eventi. Sufficienti perché il credente che desideri accostarsi alle opere di Teilhard lo faccia dall'interno di un quadro teologico nel quale una precisa conoscenza dei principali contenuti della Rivelazione non solo lo protegga dall'estrapolare o dal fraintendere il pensiero dell'Autore, ma possa addirittura aiutarne una comprensione matura, chiarendo ciò che nel linguaggio esperienziale e mistico del pensatore gesuita potrebbe restare dogmaticamente incompiuto. Sarà probabilmente il tempo a dirci, come avvenuto in occasione di altri autori, se una nuova contestualizzazione del pensiero di Teilhard potrebbe mutarne il sobrio ma significativo giudizio disciplinare, e su quali aspetti della sua sintesi intellettuale i Pastori della Chiesa vorranno eventualmente intervenire, se lo riterranno opportuno, con ulteriori indicazioni.
È con questo spirito che invitiamo i visitatori del Portale di Documentazione Interdisciplinare a leggere i commenti ed i brani che offriamo in occasione del 50° della scomparsa di Pierre Teilhard de Chardin. Ne abbiamo in particolare proposti tre, tratti da La scienza e Cristo , da // fenomeno umano e da L'ambiente divino. L'editoriale di Jean-Michel Maldamé mette già in luce alcuni dei principali meriti del gesuita scienziato. Desideriamo qui soltanto sottolineare che Teilhard sarà il primo ad offrire una lettura cristiana della lunga storia evolutiva del cosmo, della vita e dell'uomo, dopo che l'Ottocento aveva fatto di quella medesima evoluzione uno dei principali argomenti per scalzare ogni progettualità e intenzionalità creatrice nell'interpretazione della natura. Questa capacità di rilettura, fortemente cristologica, influirà non poco sulla teologia successiva consentendo di chiarire i rapporti fra storia del cosmo e storia della salvezza, e di affermare una convergenza fra cristianesimo e umanesimo, preparando in alcuni autori, fra cui H. de Lubac, la proposta di sintesi più mature e credibili, capaci di ispirare alcune delle pagine più significative del Concilio Vaticano II.
Uno speciale interesse lo suscitano le riflessioni, risalenti al 1927, contenute nel suo Le milieu divin. Si tratta dei primi scritti in cui Teilhard de Chardin parla della necessità di santificare le realtà terrene, di trasformare il cosmo e riportarlo a Dio attraverso la perfezione del lavoro umano. «Il nostro lavoro ci appare soprattutto come un mezzo per guadagnarci il pane quotidiano. Ma la sua virtù definitiva è ben più alta: per suo tramite perfezioniamo in noi il tema dell'unione divina [...]. Perciò artisti, operai, scienziati, qualunque sia la nostra funzione umana, noi possiamo, se siamo cristiani, precipitarci verso l'oggetto del nostro lavoro come a un varco aperto verso il supremo completamento dei nostri esseri» (tr. it. Brescia 2003, pp. 38-39). Per Teilhard, la materia, il mondo, non allontanano da Dio, ma possono condurre a Lui se si riconosce il loro ruolo nel piano della creazione. Il mondo e no* solo il tempio, In particolare il lavoro umano realizzato con perfezione, è il luogo dell'incontro con Dio: «Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell'azione, nell'opera del momento. In qualche maniera, è sulla punta della mia penna, del mio piccone, del mio pennello, del mio ago. È portando sino all'ultima perfezione naturale il tratto, il colpo, II punto al quale mi sto dedicando, che coglierò la Meta ultima cui tende il mio volere profondo» (p. 39).
Teilhard de Chardin è preoccupato del fatto che i cristiani, ai quali si raccomanda spesso solo di "offrire" il lavoro, senza aiutarli a comprenderne il profondo significato di contributo alla trasformazione di una materia e di un mondo che deve essere
ordinato in Cristo a Dio, corrano il rischio di condurre una "doppia vita". «Nonostante la pratica della retta intenzione e della giornata quotidianamente offerta a Dio - egli afferma - la massa dei fedeli cova oscuramente l'idea che il tempo trascorso in ufficio, nel proprio studio, nei campi o nella fabbrica sia sottratto all'adorazione. Certo è impossibile non lavorare. Ma è anche impossibile proporsi quella profonda vita religiosa riservata a coloro che hanno il tempo di pregare o predicare tutto il giorno. Nella vita, alcuni minuti possono essere recuperati per Dio. Ma le ore migliori sono sperperate o per lo meno svalorizzate dalle cure materiali. - Oppressi da questo sentimento moltissimi cattolici conducono in realtà una doppia vita, o una vita impacciata: hanno bisogno di abbandonare la veste umana per ritenersi cristiani, e solo cristiani di secondo ordine» (p. 40).
Egli si adopererà per mostrare tuta la necessità del compito di «divinizzare l'impegno umano». E ricorderà ai cristiani: «nel lasciare la Chiesa per la città rumorosa, non avrete altro che la sensazione di continuare ad immergervi in Dio» (p. 41). Se amiamo Dio, si chiede Teilhard, «lo stesso lavoro della nostra mente, del nostro cuore, delle nostre mani — i nostri risultati, le nostre opere, il nostro opus — non sarà forse, in qualche modo, anch'esso "eternato", salvato?» (p. 32). E ancora: «Come temere che l'occupazione più banale, più assorbente oppure più affascinante, ci costringa ad uscire da Lui? - Ripetiamolo: in virtù della Creazione e ancor più dell'Incarnazione, niente è profano quaggiù per chi sa vedere» (pp. 40-41). Siamo di fronte a prospettive nuove, ad intuizioni che sorgeranno in modo indipendente anche in altri autori di quei medesimi anni, contribuendo alla progressiva affermazione di una visione cristiana che rivaluta la dignità spirituale del lavoro e la legittima autonomia della creazione, preparando così il terreno a riflessioni che anche il Magistero della Chiesa farà sue a partire dal Concilio Vaticano II. Basterebbe forse solo questo per guardare a Teilhard de Chardin con motivato interesse.
Giuseppe Tanzella-Nitti
Spunti bibliografici:
H. de Lubac , // pensiero religioso di Teilhard de Chardin (1962), Jaca Book, Milano 1983; L. Galleni , Teilhard de Chardin, Pierre , in "Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede", Urbaniana Univ. Press - Città Nuova, Roma 2002, pp. 2111-2124; R. Gibellini , Teilhard de Chardin, l'opera e le interpretazioni, Queriniana, Brescia 1995 3 ; R. Latourelle , Teilhard de Chardin , in "Dizionario di Teologia Fondamentale", Cittadella, Assisi 1990, pp. 1207-1216.
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Teilhard de Chardin ha rivestito un ruolo di grande importanza nella coscienza cristiana della metà del ventesimo secolo. Come è noto, egli non potè però svolgerlo all'interno di istituzioni ove, grazie alle sue competenze,.avrebbe avuto il diritto di sedere,, cosa che gli avrebbe permesso di esercitare una certa autorità di pensiero anche all'interno della Chiesa. La diffusione frammentaria e contrastata delle sue opere ha fatto di questo autore una figura per molti problematica, ed una fonte di vive discussioni. A distanza di mezzo secolo dalla sua morte, la sua opera appare oggi in una luce più serena. Senza essere per questo "teilhardiani" (cioè senza far parte dei suoi discepoli incondizionati), è oggi possibile fare un elogio dello scienziato francese, .elencando qui brevemente sette punti dai quali emergeranno i tratti caratteristici, assieme anche ai limiti, della sua opera geniale.
1. L'opera di Teilhard de Chardin ha voluto rispondere ad una
delle più grandi angosce del suo tempo, proveniente proprio dalla
cultura scientifica. I principi della termodinamica avevano mostrato
l'ineluttabile sviluppo dell'entropia nel tempo con il conseguente
livellamento dì tutte le cose verso un futuro cosmico indifferenziato.
SI tratta di una visione generatrice di pessimismo, che può
annoverarsi fra le cause del cinismo e del nichilismo caratteristici
della post-modernità. Teilhard de Chardin ha superato questa prova
rilevando come l'evoluzione cosmica mostri anche, nonostante tutto,
un "muoversi verso" che ha condotto lo sviluppo del cosmo verso il
mondo dello spirito (designato dal neologismo "noosfèra"), e come,
una volta superata la soglia . rappresentata dall'ominizzazione,
l'avvento della coscienza sia stato e resti irreversibile. Anche se i
prodotti della materia e le forme primarie di vita spariscono, l'opera
dello spirito rimane. Così la comparsa dell'uomo diviene il momento
decisivo dell'avventura della vita. Questo è il messaggio di speranza
che ha motivato la sua ricerca e organizzato il suo pensiero. Bisogna
sottolineare, a proposito di questo punto, che questa visione ricca di
speranza la si può ritrovare, pienamente confermata, nel Concilio
Vaticano II.
2. Per mettere in pratica un tale progetto, Teilhard de Chardin ha
elaborato una filosofia della natura di stile aristotelico, in certa
rottura con la visione statica propria, dell'età arcaica. Anche se
l'opera scientifica di Teilhard de Chardin può risultare datata, la sua
intuizione di fondo trova ancor oggi un'applicazione esemplare sia in
geologia, che in geografia e in paleontologia. Questa filosofia della
natura non è stata invalidata. In particolare "la legge di complessità
crescente" resta una chiave per comprendere la natura dei viventi,
considerati come degli organismi strutturati per essere autonomi e
per perdurare nell'essere. Tale filosofia della natura non ignora i
risultati della- scienza e in particolare la visione, evolutiva del
concatenamento delle specie in uno stesso albero filogenetico, nel
quale cui l'uomo occupa un posto decisivo.
3. La visione della natura- di Teilhard de Chardin è, senza dubbio,
profondamente cristiana perché egli l'ha fondata su quei testi del
Nuovo Testamento di respiro e dimensione cosmici. D'altra parte
Teilhard. si basa sui testi in cui San Paolo riconosce la dimensione universale della redenzione (cfr. Rm 2,22-23), ma soprattutto sul passo della lettera ai Colossesi in cui è scritto che il Figlio di Dio è colui per mezzo del quale, e in vista del quale, tutte le cose sono state create Coi 1,15-18)^ Quindi Teilhard riprende it testo'del' vangelo di Giovanni in cui Cristo dice: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» ( Gv 12,32). In questa frase, la parola "tutto" può essere .estesa oltre la sola umanità. II Cristo .è colui che attrae a sé tutta la creazione, guidandone il movimento verso il suo compimento. Se Teilhard è stato rimproverato di cadere nel difetto del concordismo e, rimprovero più pertinente, di disconoscere il carattere tragico del male, è al tempo stesso evidente che la sua visione ha avuto il merito di restituire a Cristo il posto centrale che gli spetta in un orizzonte cosmico derivante anche dalle scienze. Questa lezione è stata accolta dalla Chiesa che, alla fine dell'anno liturgico celebra la solennità Gesù, Re dell'universo.
4. Per sviluppare questa grandiosa visione, che si snoda tra i testi
biblici e i risultati scientifici, Teilhard de Chardin ha utilizzato un
linguaggio nuovo, ricorrendo a neologismi. Spesso ha voluto
collocarsi sul piano della metafora per liberarsi della visione statica,
allora dominante nella filosofia della natura, di un certo spiritualismo
che disprezzava i beni terreni e il mondo materiale, e di una teologia
rinchiusa in un linguaggio scolastico.
Questa sua scelta ha incontrato difficoltà ad essere ben compresa sia da quei teologi formati nello spirito di una metafisica classica, sia dagli autori specificamente materialisti. Sia gli uni che gli altri hanno denunciato la sua mancanza di rigore, nata dall'esigenza di voler creare qualcosa di nuovo. Il Padre Hehri de Lubac ha saputo mostrare la perfetta ortodossia del pensiero del suo confratello gesuita, che assumeva il rischio di usare un linguaggio nuovo.
5. Il ruolo di Teilhard de Chardin non può essere riduttivamente
visto solo in rapporto al dialogo tra le scienze della natura e la
teologia dogmatica. Egli resta un maestro spirituale. Infatti, dando
alla persona umana il posto centrale nella storia del cammino della
vita verso lo spirito e collocando l'amore come motore essenziale
della marcia del cosmo "in avanti", Teilhard de Chardin ha saputo
rendere onore alla tradizione cristiana in cui il concetto di persona
gioca un ruolo essenziale. Così la sua opera si è ricongiunta con i
temi fondamentali della vita spirituale. Il suo trattato, pensandoci
bene, va letto come uno dei grandi testi.di teologia spirituale del
ventesimo secolo e ne mantiene sempre l'attualità. Il suo pensiero
continua ad aiutare coloro che vogliono raggiungere Dio con tutta la
ricchezza della propria umanità e nella veridicità della propria
condizione, caratterizzata dalla precarietà e dal peso che la vita reca
con sé. È grazie a questa dimensione spirituale che Teilhard de
Chardin ha compiuto la sua missione di gesuita, maestro spirituale,
purificato nel crogiolo della sofferenza. Le sue note sulla preghiera,
sull'amore e sull'irradiamento del Cristo, sono sempre una fonte di
nutrimento spirituale per molti fedeli, desiderosi di inserire la loro
speranza verso il futuro, nella realtà della loro vita.
6.Se alla metà del ventesimo secolo, Teilhard de Chardin ha dato
a molti cristiani, segnati dalla cultura scientifica, uno spazio per
collegare la propria visione scientifica con la fede cristiana, il ruolo
del suo pensiero sembra essere cambiato, a distanza di 50 anni. E lo
è perché vi sono stati mutamenti nella sensibilità religiosa. Nei Paesi
più sviluppati, assieme ai processi di secolarizzazione, assistiamo
all'emergenza di una spiritualità che mescola senza discernimento le
diverse tradizioni spirituali d'Oriente e d'Occidente. A motivo
dell'impiego che egli fa di concetti come energia, coscienza, amore,
che gli permettono di. unificare la sua visione del mondo, il pensiero
di Teilhard viene oggi richiamato da quelle correnti che si rifanno al
New Age . Nonostante ciò, bisogna constatare che il suo senso della persona umana e della singolarità del Cristo permettono a molti dì tornare al Vangelo e di riallacciarsi ad una vita di preghiera indirizzata ad un Dio trascendente, santo e vivo.
L'irradiamento della sua opera prende così una nuova strada che è molto utile nel contesto della mondializzazione. I suoi propositi sulla "noosfera" danno a coloro che gioiscono della mescolanza di culture e popoli, degli elementi per vedervi la realizzazione di quella umanità fraterna-di cui i! Vangelo ci ha mostrato tutta l'esigenza.
7. Infine, sul piano dell'interazione tra scienza e fede, Pierre Teiihard de Chardin resta una figura esemplare. Un certo numero di punti del suo pensiero, è vero, restano in questione e necessitano importanti chiarimenti anche di natura teologica. Se Teiihard non ha potuto conoscere gli sviluppi della scienza della seconda metà del ventesimo secolo, i suoi punti di vista non sono stati contraddetti. Un punto, però, si distacca dalla visione scientifica oggi dominante: Teiihard non ha acconsentito alla teoria "sintetica" dell'evoluzione, nejla quale le mutazioni casuali continuano ad avere un ruolo determinante, perché egli teneva di più all'ortogenesi. Questo termine indica la presenza di una finalità nell'evoluzione, iscritta nel movimento della vita in tensione verso una realizzazione più alta. Qui c'è un punto decisivo di conflitto tra una visione riduttiva della natura e la visione cristiana legata alla nozione di Provvidenza. Su questo punto Teiihard, che non può essere sospettato di disprezzo di fronte alla scienza, è ripreso dai suoi discepoli che intendono opporsi al razionalismo e al positivismo.. Egli ricorda a tutti le esigenze di una visione cristiana della creazione, nella quale l'uomo occupa un posto unico ed in cui tutto è orientato verso il Cristo.
(n.d.r.)....Segue una breve nota biografica di Teilhard che tralasciamo.
. Jean-Michele Maldame
Institute Catholique de Toulouse, France
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Il 9 luglio u.s. la mia cara Amica Francesca Maestrello ha sostenuto, con ampio successo, la discussione sulla sua tesi di fronte ad una commissione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Relatore è stato il Prof. Roberto Maiocchi.
La tesi che aveva come titolo:
L'accoglienza delle idee di Pierre Teilhard de Chardin nella cultura italiana degli anni 1955-1965
ha avuto il merito di porre in risalto l'ostracismo della Chiesa Cattolica e dell'intellighenzia nostrana ad un metodo completamente nuovo di porre in relazione fede e scienza partendo dal presupposto che sono due piani di riflessione diversi ma che hanno notevoli punti di contatto per favorire una crescita "verso l'alto e in avanti" dell'intera umanità.
Il pensiero di Teilhard è stato illustrato con dovizia di particolari così come la laureanda ha illustrato con notevole documentazione la riflessione dei cattolici e dei laici italiani sul pensiero olistico del gesuita francese.
Soprattutto i cattolici italiani, che in barba ai divieti imposti dal Sant'Uffizio sulla diffusione delle opere e del pensiero di Teilhard, hanno discusso, criticato e approvato un pensiero che, se fosse oggi totalmente riscoperto potrebbe essere utile alla Chiesa Cattolica per presentare un messaggio evangelico più in sintonia e per nulla contrario alla presenza della Chiesa in questo mondo pervaso, come dice Benedetto XVI, dal pessimismo della ragione.
Rivolgo ancora un pensiero affettuoso a Francesca e sono sicuro che le idee di Teilhard, insieme ad altre, la possa far sempre più impegnare nella costruzione di una Umanità cosciente e determinata nell'ambito della sua ascesa verso il proprio creatore.
Giovanni
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di Pierre Teilhard de Chardin
Non appena ammessa la realtà di una noogenesi, colui che crede nel Mondo è spinto a riservare, nelle proprie prospettive dell'avvenire, un posto sempre più grande ai valori di personalità e di trascendenza. Di personalità, poiché un Universo in corso di concentrazione psichica è, in altre parole, un Universo che si personalizza. Di trascendenza, poiché un polo ultimo di personaliz-zazione "cosmica" per essere supremamente consistente ed unificante, è quasi inconcepibile se non appare emerso, con la sua cima, dagli elementi che esso personalizza unificandoli.
Sempre, nella stessa prospettiva, che supponiamo accettata, di una genesi cosmica delle spirito, il credente nel Cielo si accorge che la trasformazione che egli segna presuppone e consacra tutte le realtà tangibili e tutte le condizioni laboriose del Progresso umano.
Per essere superspiritualizzata in Dio, l'Umanità non deve forse, preventivamente, nascere e crescere conformemente all'intero sistema che chiamiamo "evoluzione"?
Il senso della Terra si apre ed esplode verso l'alto in un senso di Dio; e il senso di Dio si radica e si .alimenta, verso il basso, nel senso della Terra. Il Dio trascendente personale e l'Universo in evoluzione non formano più due centri antagonisti di attrazione, ma entrano in congiunzione gerarchizzata per sollevare la massa umana in una marea unica. Ecco la notevole trasformazione che l'idea di una evoluzione spirituale del mondo lascia prevedere in teoria, e comincia a realizzare in pratica, in un numero crescente di spiriti, sia liberi pensatori che credenti. Proprio la trasformazione che stavamo cercando !
L'anima nuova per un mondo nuovo.
Per unificare le forze vive dell'Umanità così dolorosamente disgiunte in questo momento, il metodo diretto ed efficace sarebbe semplicemente quello di chiamare a raccolta e costituire il blocco di tutti coloro che, sia a destra che a sinistra, pensano che la grande impresa, per l'Umanità moderna, sia quella di aprirsi un varco in avanti, forzando una qualche soglia di maggiore coscienza.
Cristiani o non cristiani, gli uomini animati da questa convinzione particolare formano una categoria omogenea. Pur essendo situati ai due lati estremi dell'Umanità in cammino, essi possono avanzare senza equivoco la mano nella mano, perché i loro atteggiamenti, anziché escludersi, sono virtualmente posti nel prolungamento l'uno dell'altro e non chiedono altro che di completarsi. Che cosa aspettano per riconoscersi ed amarsi? "L'unione sacra", il fronte comune di tutti coloro che credono che l'Universo avanzi ancora e che noi siamo incaricati di farlo avanzare: non sarebbe proprio questa la minoranza attiva, il nucleo solido attorno al quale deve svilupparsi l'Umanità di domani?
Nonostante l'onda di scetticismo che sembra avere spazzato le speranze (probabilmente troppo semplicistiche e materialistiche) che avevano alimentato il sec.XIX, la fede nell'avvenire non è morta nei nostri cuori. Sembra, anzi, che proprio tale speranza, approfondita ed epurata, sia destinata a salvarci. Infatti, non solamente l'idea di un possibile risveglio delle nostre coscienze a una qualche supercoscienza si afferma ogni giorno meglio fondata scientificamente, dal punto di vista sperimentale, e psicologicamente più necessaria per mantenere nell'Uomo il gusto dell'azione; ma, inoltre, questa stessa idea, seguita logicamente fino all'estremo, appare come l'unica in grado di preparare il grande avvenimento che attendiamo: la rivelazione di un gesto sintetico di adorazione in cui si uniscano e si esaltino reciprocamente un'aspirazione appassionata a conquistare il Mondo ed un'aspirazione appassionata ad unirsi a Dio: l'atto vitale, specificamente nuovo, corrispondente a una nuova età della Terra.
Pechino, 30 marzo 1941
Pierre Teilhard de Chardin
Queste riflessioni scritte in occasione del Congresso di Nuova York, Scienza e Religione, avevano lo scopo di segnalare il terreno sul quale tutti gli uomini desiderosi di progredire potrebbero incominciare a capirsi e ad aiutarsi reciprocamente prima di unirsi in una stessa verità.
N.B. Questo testo si trova in: L'avvenire del1'Uomo, Opere voi.VI, Milano II Saggiatore 1972, pp.103-130 passim.
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Da ormai un anno e mezzo è attivo in internet un sito molto interessante. Un sito che come spiega il curarore Prof. Fabio Mantovani "rivolge la sua attenzione ai problemi del nostro tempo" Problemi che riguardano il singolo individuo, nella sua vita fisico-spirituale, che l'umanità nella sua intierezza.
E' ora di prendere finalmente una corretta coscienza dei tanti conflitti, delle tante barriere ideologiche e delle tante ( pericolose, diciamo noi) demarcazioni religiose o pseudoreligiose, che stanno trascinando il mondo verso un baratro senza ritorno.
A questo aggiungiamo ( noi, n.d.r.), il potere infinito delle grandi muitinazionali delle materie prime, i grandi affaristi finanziari che infischiandosi delle popolazioni meno fortunate, traggono enormi profitti ed interessi personali.
Il sito del Prof. Fabio Mantovani ha adottato una visione olistica "estesa a tutto lo spazio-tempo, poichè (...) la comprensione del presente e la migliore previsione dell'avvenire dipendono in gran parte dal contesto osservato. Fra i pensatori che più decisamente si sono posti in tale propspettiva, abbiamo sccelto come modello Pierre Teilhard de Chardin. Gli aspetti scientifici, filosofici, teologici sono analizzati separatamente e quando è opportuno sono posti a confronto nella fase di sintesi".
L'indirizzo del sito è : http://www.biosferanoosfera.it e fino ad oggi ha pubblicato 24 studi nominali, 3 studi collettivi nella rubrica Studi correnti: mentre nella rubrica Archivio sono già presenti 15 lavori nominali. Gli interessi del sito sono, come si è detto ampi e chi volesse fare delle osservazioni può scrivere alle e/mail citate.
Inutile fare una lista dei titoli e degli argomenti; ciascuno, interessato, può entrare nel sito e...buona lettura
Giovanni Fois
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Riflessioni sul progresso di Pierre Teilhard de Chardin Oggi è diventato “di moda” schernire o sospettare tutto ciò che assomiglia a una fede nell’avvenire. Dubbio mortale, se si fa ben attenzione, poiché tende direttamente ad uccidere, assieme al gusto di vivere, la forza viva dell’umanità. Ben fondati nella storia generale del mondo, quale la paleontologia ce la fa conoscere, per un intervallo di trecento milioni di anni, noi possiamo, senza smarrirci nei sogni, affermare le due seguenti proposizioni: a) In primo luogo l’Umanità lascia ancora apparire in sé una riserva, un potenziale formidabile di concentrazione, cioè di progresso. Pensiamo all’immensità delle forze, delle idee, delle persone non ancora scoperte o captate o sintetizzate… “Energeticamente” o biologicamente, il gruppo umano è ancora giovanissimo, freschissimo. b) La Terra è ben lungi dall’aver terminato la propria evoluzione siderale. Possiamo certamente immaginare ogni sorta di catastrofi capaci d’interrompere bruscamente questo splendido sviluppo. Ma da trecento milioni di anni la vita si eleva paradossalmente nell’improbabile. Non è forse questa un’indicazione che essa progredisce sorretta da una qualche complicità delle forze motrici dell’Universo?…. La vera difficoltà posta dall’Uomo non è di sapere se costui rappresenti la sede di un progresso continuo, ma piuttosto di sapere come questo progresso potrà continuare a lungo alla stessa velocità senza che la vita esploda o faccia esplodere la Terra sulla quale è nata. Il nostro mondo moderno si è fatto in meno di diecimila anni; e in duecento anni è cambiato più rapidamente che durante tutti i millenni precedenti. Il Progresso, se dovrà continuare, non si farà da solo. L’evoluzione, per lo stesso meccanismo delle sue sintesi, si carica sempre più di liberta. Quali debbono essere, in pratica, le nostre disposizioni rispetto a questa marcia in avanti? Io ne vedo due che possono essere riassunte in cinque parole: una grande speranza in comune. a) Una grande speranza, in primo luogo. Essa deve nascere spontaneamente in ogni anima generosa in presenza dell’opera stessa; e rappresenta anche lo slancio essenziale senza il quale nulla potrà farsi. Un gusto appassionato di crescere, di essere, ecco ciò di cui abbiamo bisogno. Via dunque i pusillanimi e gli scettici, i pessimisti e i tristi, gli stanchi e gli immobilismi! b) In comune. Anche su questo punto, la storia della Vita parla in modo deciso. Una sola direzione fa salire; quella che conduce a una maggiore sintesi e a una maggiore unità per mezzo di una maggiore organizzazione. Via, quindi, anche qui, i puri individualisti, gli egoisti che ritengono di potersi sviluppare escludendo o diminuendo i loro fratelli, individualmente, razionalmente o razzialmente. La Vita porta verso l’unificazione. La nostra speranza sarà operante solo se si esprimerà in una maggiore coesione e in una maggiore solidarietà umana. L’avvenire della Terra è nelle nostre mani. Che cosa decideremo? Una scienza comune ravvicina soltanto la punta geometrica della intelligenza. Un interesse comune, per quanto appassionato possa essere, non congiunge gli esseri che in modo indiretto, e in un Impersonale spersonalizzante. Noi non abbiamo bisogno di un testa a testa o di un corpo a corpo, ma di un cuore a cuore. Il principio generatore della nostra edificazione non deve essere ricercato, in ultima analisi, nella sola contemplazione di una medesima verità, e neppure nel solo desiderio suscitato da un qualche cosa, ma nell’attrazione comune esercitata da un Qualcuno, identico per tutti. Estratti di una conferenza tenuta a Pechino, all’Ambasciata di Francia il 3 marzo 1941. N.B. Questo testo si trova in: L’avvenire dell’Uomo, Opere vol. VI, Milano il Saggiatore 1972, pp. 103-130 passim. |
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Il testo di Padre Teilhard de Chardin è stato ripreso da www.dimensionesperanza.it
La foto del testo originale del sito sopra citato è stata modificata con una visione della Terra fotografata dalla sonda Cassini.
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Nel 1981 l'UNESCO organizzò un interessante Simposio internazionale su Pierre Teilhard de Chardin.
Al Simposio, che trattò i due aspetti del pensiero del Padre (scientifico e filosofico-religioso) parteciparono una nutrita schiera di scienziati e di pensatori di varie discipline e varie nazionalità che dinostrarono non solo la validità del pansiero teilhardiano, ma anche la pregnanza che le sue idee avevano sulla cultura mondiale.
Per quella occasione fu emessa una medaglia, oggi introvabile, la cui foto potete vederla qui.
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L’ascetico quarantacinquenne, che vagava nel 1926 attraverso le foreste di Hong Kong, emanava la compitezza seducente e ricca della vecchia Francia. Districava i bambù con delicato charme aristocratico e pareva ancora il signore della magione dov’era nato in Alvernia. Invece era gesuita, ma senza tonaca alla ricerca di fossili, essendo uno dei più eruditi paleontologi del mondo. Scostato un intreccio di cespugli, si vide davanti lo squallido paesaggio di una foresta bruciata per far posto all’albero della gomma. Chiunque, e forse pure lui che aveva gran bontà nel cuore, ne sarebbe divenuto furioso, o almeno inconsolabile per lo scempio ecologico. E invece proprio quella desolazione a lui pareva la conferma di quanto da tempo aveva inteso nelle sue ricerche: «Stiamo assistendo alla nascita di una nuova zona di vita attorno alla Terra, e sarebbe assurdo rimpiangere la scomparsa d’un antico strato che deve cadere...». Da quella ossessione per i fossili e le pietre che l’aveva posseduto sin da bambino Pierre Teilhard de Chardin aveva dedotto infatti una potente teologia.
Alla sua percezione di mistico, e però anche di scienziato, pareva in atto un convergere della natura e degli Io, straziante solo a obliarne l’esito. Il Cristo dava modo all’umanità di portare a riunione la Terra in superiore coscienza. Mentre l’emanazione della Natura creata si disfaceva, una noosfera umana compiva via via la Terra in un Corpo di Gloria che era il suo fine. L’evoluzione era insomma il complicarsi di tutti i nessi di vita nei quali però poteva riconoscersi una tendenza unitiva, verso il punto Omega: l’Apocalisse che implicava il compimento del fenomeno umano. Estasi, abbraccio conclusivo del Cristo ad Adamo che Teilhard vedeva scritto negli strati fossili come nei destini. In Cristo «la materia... prende coscienza di sé solo in noi».
Questa mistica della materia l’aveva posseduto del resto sin da giovane, quando in devozione a un ritratto del Sacro Cuore, ne aveva visto dissolvere i contorni. Come se «la separazione tra il Cristo e il mondo circostante si fosse trasformata in una fascia vibrante in cui tutti i limiti si confondevano... vi passavano scie fosforescenti, che rivelavano un loro continuo sgorgare di vita fino alle sfere estreme della Materia». Al noviziato presso i gesuiti ad Aix en Provence nel 1899, dodici anni più tardi era seguita l’ordinazione nel Sussex. Giacché gli studenti gesuiti s’erano dovuti esiliare in Inghilterra sotto la Terza Repubblica. Ma nel frattempo aveva applicato tutte le sue altre energie alle scienze naturali. Anche in Egitto dove insegnò dal 1905 per tre anni. E fu in quest’Oriente bevuto avidamente nella sua luce, e nei suoi deserti che sentì di potersi tuffare in Dio per mezzo della Natura. Nel 1912, lavorò al laboratorio di paleontologia del Muséum d’Histoire Naturelle di Parigi e ad Altamira in Spagna. Ma poi arrivò la grande Guerra e Teilhard venne mobilitato come infermiere in un reggimento coloniale. Una medaglia al valore e il cavalierato della Legion d’onore, premiarono il suo coraggio. Dopodiché proseguì gli studi alla Sorbona e prese tre lauree in geologia, botanica e zoologia. Maître de conférence a Parigi, dottore nel 1922, finì a Tien Tsin, dove per due anni partecipò alle massime scoperte paleontologiche di quegli anni. Fu quando nel deserto di Ordos in Mongolia scrisse La Messe sur le Monde. Che riprese poi nelle conferenze che tenne a Parigi agli allievi della scuola Normale e del Politecnico. Gli uditori furono entusiasti, e i testi delle sue conversazioni iniziarono a circolare sotto forma di dattiloscritti. Alcuni teologi di Lovanio gli chiesero però di redigerle. Così nel 1925 scrisse alcune pagine in cui sostiene la necessità di stabilire un accordo tra il dogma del peccato originale e le nuove scoperte della paleontologia. Bastò perché il testo arrivasse a Roma e lui venisse pregato di lasciare la sua cattedra di Parigi per ritornare in Cina.
Eppure era a ben vedere insensato sospettare Teilhard de Chardin di darwinismo. Darwin era stato moderno perché, dicendo d’Adamo che era una scimmia specializzata, aveva fatto divergere dall’uomo la cosmicità divina. Col darwinismo veniva ripudiata ogni sapienza, che permettesse di veder convergere la Terra in un Adamo divino. Teilhard de Chardin invece era importante, perché nella materia riscopriva un movente unitivo, un convergere dell’umano e della Natura: il Cristo era il fine della materia trasmutata dagli uomini, redenta. Per vent’anni in Cina proseguì a studiare nei fossili le onde di questa sua materia sempre meno distinguibile dallo spirito. Notevole una lettera del 1927: «...vedo crescere la possibilità di un’altra ipotesi: che i cinesi cioè siano dei primitivi arrestati, degli “infantili” la cui stoffa antropologica sarebbe inferiore alla nostra... la loro massa emana una insuperabile forza di livellamento e di “dissoluzione”. Tra loro, tutto ciò che tende a elevarsi viene immediatamente riportato a zero. Tutto ciò che vive a lungo in mezzo a loro è psicologicamente sminuito, snervato. Ho una buona mezza dozzina di amici che non sembrano corrispondere a questo modello, saranno forse individui eccezionali, terminali».
Studiò accuratamente la storia dei mammiferi nella Cina del Nord e raccolse le prove che il Sinantropo era un Homo faber che praticava il taglio delle pietre e conosceva il fuoco. Ma era solo una delle scoperte che gli diedero fama e onori. La morte della madre e della sorella, nel 1936, gli diede un dolore più grande di quelli che aveva conosciuto in guerra. Vedeva nelle donne una energia luminosa e casta, portatrice di coraggio, ideali e bontà. Applicò questa cavalleria alle molte con cui corrispose, e si sentì unito. Aveva sessant'anni quando lasciò la Cina che stava per patire l’inizio della dinastia di Mao. Un infarto non gli evitò che a Roma gli rifiutassero la pubblicazione del libro Il Fenomeno Umano. Ma i superiori lo stimavano e la Compagnia di Gesù lo considerava un figlio prediletto. E quanto egli vedeva era già smisuratamente più vasto e maestoso di tutte le inerzie e gli ostacoli. Però dovette lasciare Parigi. Dal 1951, visse negli Stati Uniti, ma recandosi in Sud Africa a indagare giacimenti di Australopitechi. L’Africa è il solo continente che permette una collezione completa dei differenti livelli dell'industria litica. Infine si ritirò presso una Fondazione, a New-York, e si vide libero a sorpresa dalla mente. Il 15 marzo 1954, durante un pranzo al Consolato di Francia, Padre Teilhard confidò ad alcuni parenti: «Desidererei morire il giorno della Resurrezione». Agli inizi del 1955 in una lettera il desiderio era già evoluto a quasi certezza: «Se non ho preso abbagli, chiedo al Signore di morire il giorno di Pasqua». E il 10 aprile 1955, in una splendida giornata, dopo aver assistito alla solenne funzione nella Cattedrale di San Patrizio, Teilhard si recò a un concerto, poi a casa di amici. Colloquiò elegante e mite, e sorseggiando il té crollò per un infarto. Era quel giorno della sua morte appunto una domenica di Pasqua.
Geminello Alvi
(da Il Giornale 12 agosto 2007)
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)