Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianzeMessaggi di Agosto 2009
UNA BELLA PAGINA DA "L'AVVENIRE DELL'UOMO"
Allora, probabilmente, su una creazione portata al parossismo delle sue attitudini all'unione,
si eserciterà la Parusia. L’unico processo di assimilazione e di sintesi che si svolgeva dall'origine dei i tempi si rivelerà infine. Il Cristo universale scaturirà come un lampo in seno alle nubi del mondo lentamente consacrato. Le trombe angeliche sono soltanto un debole simbolo.
Mosse dalla più potente attrazione organica che si possa concepire (la stessa forza di coesione dell'Universo!), le monadi si precipiteranno al posto al quale la maturazione totale delle cose e l'implacabile irreversibilità dell’intera storia del mondo le destineranno irrevocabilmente; le une, materia spiritualizzata, nel compimento illimitato di una eterna comunione; le altre, spirito materializzato, nelle angosce coscienti di un’interminabile decomposizione.
Così si troverà costituito il complesso organico: Dio e mondo, il Pleroma, realtà misteriosa che non possiamo ritenere più bella di Dio (perché Dio poteva fare a meno del mondo), ma che non possiamo neppure immaginare come assolutamente gratuita, assolutamente accessoria, se non vogliamo rendere incomprensibile la creazione, assurda la passione del Cristo e privo d'interesse il nostro sforzo.
E allora sarà la fine.
Come una marea immensa, l'Essere avrà dominato il fremito degli esseri. In seno a un Oceano pacificato, ma in cui ogni goccia avrà coscienza di rimanere s e stessa, la straordinaria avventura del mondo sarà terminata. Il sogno di ogni mistica (…) avrà trovato la sua piena e legittima soddisfazione. E Dio sarà tutto in tutti.
(P. TEILHARD DE CHARDIN, L'avvenire dell'uomo, Milano 1972, 477-478)
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«Non c’è da temere nessun errore sostanziale se il mio atteggiamento interiore ha per risultato quello di rendermi più fedele, più attento, più appassionatamente interessato alle persone e al mio compito in mezzo agli uomini e se, al contempo, sono sempre meno preoccupato egoisticamente di me stesso” – P. Teilhard De Chardin, Etre plus, Paris 1968, 122.
Assolutamente non per caso mi sono imbattuto in questa frase del filosofo gesuita francese P. Teilhard de Chardin (1881 – 1955), citata nelle Riflessioni sulla liturgia del giorno (venerdì 8 maggio) proposte, da frate MichaelDavide nel libricino “La Messa Quotidiana” (Edizioni Dehoniane Bologna), che quotidianamente ormai mi permette di iniziare al meglio la giornata, su preziosissimo suggerimento del mio amico Massimo.
Questa regola personale che il gesuita francese si era dato, e che possiamo fare nostra, come invita la riflessione, ci orienta a mio avviso nella direzione della Luce in armonia con il lavoro che si viene invitati a svolgere all’interno dei gruppi di Marco Guzzi nei corsi di Darsi pace.
Mi pare una sintesi così efficace e toccante che non richieda ulteriori commenti.
Il costante lavoro di integrazione dei tre livelli : culturale, psicologico e spirituale, ha per obiettivo la decostruzione del nostro io egocentrato attraverso il faticoso e doloroso smascheramento delle sue sovrastrutture, attraverso il raggiungimento della nostra ferita originaria ci consente di ricollegarci alla fonte incorrotta dello Spirito divino e favorisce l’emersione del nostro vero io di Luce.
E, come limpidamente conferma la regola del gesuita, quando riesco ad essere sempre meno preoccupato egoisticamente di me stesso, volgendo al tempo stesso amore al mio prossimo, essendo più attento e più appassionatamente interessato alle persone e al mio compito in mezzo agli uomini, sono senza alcun errore sostanziale, sulla via del ritorno, nel giusto cammino.
E’ un percorso non facile ma si può riuscire solo con un continuo lavoro su noi stessi, in definitiva con il costante allenamento.
Marco Falconi
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E INIZIATA L'ERA PLANETARIA | ||
Il pianeta terra è l'unico simbolo in grado di accomunare tutta l'umanità sotto un'unica bandiera. Filososofi, astronauti e sociologi invocano il risveglio di una "identità terrestre" per affrontare con una coscienza più alta i problemi di questo nostro mondo in trasformazione. | ||
"L'era delle nazioni è già passata. Se non vogliamo morire è ora di liberarci dei vecchi schemi preconcetti e di costruire la terra. La terra non diventerà cosciente di se stessa se non attraverso una crisi di riconversione e di trasformazione". Sono le attualissime parole del padre gesuita Teilhard de Chardin, scritte nel 1933, anticipando un concetto che oggi si sta affermando sempre di più: la necessità della nascita di una coscienza planetaria. Un concetto espresso con chiarezza anche nel racconto di un astronauta, John W. Young, di ritorno dal quinto viaggio sulla luna, con l' Apollo 11: "Laggiù, in basso c'è la terra, un pianeta bianco-azzurro bellissimo, splendente, la nostra patria umana. Dalla luna lo tengo tutto sul palmo della mano. E da questa prospettiva non ci sono bianchi o neri, divisioni tra est e ovest, comunisti e capitalisti, nord e sud. Formiamo tutti un unica terra. Dobbiamo imparare ad amare questo pianeta di cui siamo tutti una piccola parte." "Oggi siamo ancora nell'età del ferro dell'era planetaria", afferma Edgar Morin, il sociologo francese che crede fermamente nella nascita di un nuovo atteggiamento nei confronti della propria identità e cittadinanza: "Ciascuno di noi ha la propria genealogia e la propria carta d'identità terrestre. Ciascuno di noi viene dalla Terra, è della Terra, è sulla Terra". E' l'inizio dell'"era planetaria", in cui non possiamo più non riconoscere gli stretti legami di interdipendenza che legano tra loro realtà e società diverse del nostro pianeta. La presa di coscienza di questa comunanza terrestre è l'evento chiave che può consentirci di uscire dall'età della barbarie, facendoci comprendere che il destino della nostra specie si gioca collettivamente. L'immagine del nostro pianeta è forse l'unico simbolo in grado di rappresentare un valore significativo, anzi basilare, per ogni singola diversa cultura del mondo, senza privilegiarne una piuttosto che un'altra. "Assumere la cittadinanza terrestre è assumere la nostra comunità di destino - conclude Edgar Morin in Terra-Patria - il compito è immenso e incerto, e siamo alla vigilia non della lotta finale, ma della lotta iniziale". | ||
MARCELLA DANON |
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Ratzinger cita Teilhard e tutti gridano alla riabilitazione
Poco più di un mese fa, ad Aosta Papa Benedetto XVI ha, bontà sua, citato Teilhard de Chardin nell’ambito di una omelia per i Vespri. Due importanti giornali di opinione (la Stampa e il Corriere della Sera) passavano due pezzi ( che potete leggere su Internet) dei loro inviati in cui traspariva un notevole ottimismo per questa breve citazione.
Il giornalista Vecchi e il giornalista Galeazzi hanno scritto che il papa riabilitava Teilhard de Chardin che come ricorderete era stato colpito da un Monitum del Santo Ufficio, ai tempi del Card. Ottaviani (noto mastino della tradizione cattolica)
Ma lasciatemi gridare a gran voce, soprattutto in faccia a quanti hanno salutato quella brevissima citazione papale (che tra l’altro è brevissima rispetto ad altre citazioni fatte da Giovanni Paolo II e da Paolo VI ) che ci vuole ben atro per riabilitare il gesuita francese!
Vorrei anche ricordarvi che l’attuale Papa è stato responsabile del Santo Uffizio per tantissimi anni e non ha mai mosso un dito magari solo per auspicare lo studio dell’opera di Teilhard nei Seminari. Ma soprattutto non dimentichiamo quello che Ratzinger ha detto a Messori. Questo riferimento lo trovate nella lettera di Mantovani più sotto.
I giornalisti, che hanno poco in comune con la vicenda drammatica che ha opposto e continua ad opporre il Magistero della Chiesa a Teilhard de Chardin e alla sua opera, citano la parole del papa come una riabilitazione tout court di Padre Teilhard. Non dimentichiamoci la vicenda del Card. Casaroli che si permise di inviare una lettera di plauso per i cento anni della nascita di Teilhard e qualche giorno dopo si ebbe un “frustata” da parte dell’Osservatore Romano che sottolineò che quella lettera non era affatto un riabilitazione del gesuita francese. E mutatis mutandi qui è lo stesso. Con due parole dette in una omelia non si guariscono settanta anni di ostracismo infido e violento da parte del Magistero Ecclesiastico verso l’umile gesuita.
Anhce perché chi legge con attenzione le poche e scarne parole di Ratzinger e conosce il pensiero di Teilhard non può che constatare il divario immenso che esiste tra la visione liturgica e cosmica citata dal papa che è legata ad una visione teologica fissista e quella di Teilhard de Chardin che ci parla di una visione liturgica e cosmica evolutiva. Noi non dobbiamo preparare niente, perché è già tutto intorno a noi, dietro e davanti a noi rivelato da Cristo e “noi dobbiamo solo vedere e rendere testimonianza del Regno di Dio che è già tra noi ma noi non lo vediamo ancora”
Agli articoli pubblicati sul Corriere della Sera a firma di G.G. Vecchi e sulla Stampa a firma di Galeazzi sulla riabilitazione di Teilhard risponde a tono, senza polemica e senza astio, ma centrando definitivamente l’argomento, il Prof. Fabio Mantovani, profondo conoscitore dell’opera del gesuita.
Sarebbe ora che anche la stampa cosiddetta di opinione cominciasse a parlare della vicenda di Teilhad in termini giusti. E inutile continuare a dire che scienza e fede vanno d’accordo se non si chiariscono su che cosa sono d’accordo! Visto che la fede e la teologia vogliono imporre alla scienza il loro punto di vista a volte anche con prosopopea e presunzione.
La lettera che pubblichiamo è stata inviata ai due giornalisti, ma nessuno dei due si è sentito in dovere di dare una pur flebile risposta. Sempre questa lettera à stata inviata anche al blog di Raffaella su papa Ratzinger.
Noi volentieri pubblichiamo la puntualizzazione del Prof. Mantovani affinchè i lettori non vengano illusi da ottimismo di facciata. Fosse anche di Papa Benedetto XVI
Giovanni Fois
Centro di Documentazione Teilhard de Chardin sul futuro dell’Uomo- Roma
Gentilissimo dott……….
ho letto con grande interesse l'articolo ( qui Mantovani cita i titoli dei due articoli. N.d.r.), sforzandomi di interpretare il discorso di Benedetto XVI nel senso piuttosto ottimistico da Lei espresso.
Come autore del "Dizionario delle opere di Teilhard de Chardin", traduttore per la Querinana dei due capolavori di Teilhard (Il fenomeno umano , L'ambiente divino) e per anni Presidente dell'Associazione Italiana TdC, sono molto cauto nell'intravedere delle significative novità da parte del Magistero nei confronti del cosiddetto "gesuita proibito" o "Darwin cattolico" (appellativo che, fra l'altro, irritava molto TdC).
Come lei sa bene, la prospettiva teilhardiana implica essenzialmente: (1) un moto evolutivo ascendente e (2) un moto divino discendente, per sovra-umanizzare l'Uomo e per consentire all'Umanità di elevarsi sino al Punto Omega.
Si potrebbe parlare (seppur impropriamente) di "riabilitazione" di Teilhard se il Magistero ammettesse questa sua prospettiva evolutivo-teologica.
Ma da questa posizione il Magistero è assolutamente lontano in quanto dovrebbe:
a. "spiegare" in altro modo l'origine del Male, perché l'evoluzione ascendente è in totale antitesi con il dogma del Peccato orginale commesso da una coppia realmente esistita. (Da notare che i guai per Teilhard cominciarono nel 1922 proprio con lo scritto "Nota su alcune rappresentazioni storiche possibili del Peccato originale");
b. ridefinire il senso dell'Incarnazione e della Redenzione.
Quand'era card., Ratzinger precisò infatti con chiarezza che l'accettazione della prospettiva teilhardiana capovolgerebbe la struttura del cristianesimo
(p 6 del doc. http://www.biosferanoosfera.it/scritti/SCIENZA%20%20FEDE.pdf e http://www.biosferanoosfera.it/scritti/PECCATO%20ORIGINALE%20E%20UOMO%20PRIMITIVO%20%20BIS.pdf ).
E allora perché Benedetto XVI ha menzionato Teilhard de Chardin?
Perché la visione teilhardiana viene ogni tanto smontata in pezzi al fine di "recuperare" ciò che può servire. Ma va da sé che il senso delle parti utilizzate non è più quello che avevano nel loro contesto originale: è come se fossero tasselli distaccati da un unico, coerente mosaico.
Mi spiace di averLe fatto perdere un po' di tempo, non per contraddirla polemicamente, ma per cercare di mettere a fuoco il "vero" problema che Teilhard pone al Magistero: la necessità di un aggiornamento dottrinale da troppo tempo rinviato.
Cordialissimi saluti.
Fabio Mantovani
(da Verona 045 7501133)
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Dopo la citazione del papa di un concetto di Teilhard de Chardin (vedi il post precedente) il Prof. Carlo Cardia avceva scritto per il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire, un breve articolo di commento.
Ci sembra che alcune cose scritte dal Prof. Cardia potrebbero essere opinabili e discusse per un miglior approfondimento del pensiero di Teilhard. A questo proposito rileggetevi la lettera del prof. Fabio Mantovani ai giornalisti Vecchi e Giacovazzo.
Ma lo scopo di pubblicare questo "articolo fantasma" è di far conoscere come la chiesa intende "riabilitare Teilhard. Non parlandone o se per caso qualche pezzo giornalistico scappa alla redazione dell'Avvenire lo si fa sparire dal sito del quotidiano cattolico e non c'è verso di rintracciarlo.
Abbiamo qnche visitato molti siti cattolici, compreso quello intitolato papa ratzinger blog, ma nessuna traccia dell'articolo in questione.
Vi dirò di pù: io sono un utente registrato ad Avvenire on-line ma neanche a me è concesso di leggere il pezzo.
E' veramente strano che Avvenire censuri se stesso! Abbiamo proprio raggiunto il fondo. Eppure, come leggerete l'articolo di Cardia non era pericoloso per il magistero. Ma dobbiamo constatare ancora una volta che la politica antiteilhardiana del Card. Ottaviani continua imperterrita la propria strada. Eppure moltissimi teologi, anche più recenti, sono piùavanti rispetto a Teilhard. Allora dobbiamo pensare che questa politica di ostruzione vale solo per questo gesuita che sfortunato lui porta il nome di Teilhard de Chardin.
Eccovi allora l'articolo che Avvenire non vuole che si legga e che si stampi.
La liturgia cosmica di Teilhard de Chardin
di Carlo Cardia
(Avvenire, 1 agosto 2009
Grazie a uno sguardo in anticipo sui tempi, il teologo-scienziato ha sottolineato la capacità della fede di trasformare progressivamente l’uomo e l’universo
Con una bella espressione, parlando ad Aosta venerdì scorso, Benedetto XVI ha ricordato il grande teologo-scienziato Pierre Teilhard de Chardin. Dopo aver auspicato che «il mondo stesso diventi ostia vivente, diventi liturgia», il Papa ha aggiunto: «È la grande visione che ha avuto anche Teilhard de Chardin: alla fine avremo una vera liturgia cosmica ». Non si tratta di una citazione estemporanea, un omaggio occasionale, perché il filo conduttore della riflessione del Papa è stata l’opera di Dio per cambiare il mondo da un oceano di male in un oceano di bene. L’intervento di Dio nel mondo è diretto a trasformarlo «perché ci sia un fiume di bene più grande di tutto il male che può mai esistere». | |
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Da pochi giorni il papa ha indetto per il 2009-2010 un anno dedicato al sacerdozio.
Teilhard de Chardin ha dedicato pagine stupende alla figura del sacerdote e in un prossimo post ne riproporremo alcune pagine.
Per ora vorrei citare alla vostra attenzione una bellissima frase del gesuita francese che interpreta in modo mistico la funzione sacerdotale:
"Non sono, ne posso, ne voglio essere un maestro. Prendete di me ciò che vi aggrada e costruite il vostro edificio. Non ambisco che di essere gettato nelle fondamenta di qualcosa che cresce. Il futuro appartiene a coloro che trasmettono alla prossima generazione motivi per sperare"
Pierre Teilhard de Chardin s.j.
(la fotografia, che mostra Teilhard che celebra l'Eucaristia, per i suoi commilitoni prima di una battaglia, è stata scattata, durante la Grande Guerra, in una piccola grotta adattata a chiesa.
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ADORA y CONFIA
Negli scritti religiosi e spirituali di padre Pierre Teilhard de Chardin si trovano delle pagine di straordinaria potenza mistica, che estrapolate dal testo possono diventare vere e proprie preghiere.
Padre Teilhard, a quanto mi risulta, non ha mai scritto preghiere a se stanti ed ha sempre preferito scrivere i propri sentimenti mistici e religiosi all’interno dei vari testi.
Non solo nella sua opera fondamentale “ L’Ambiente Divino” molte pagine di straordinaria bellezza e profondità spirituale possono essere riadattate a forma di preghiera, ma anche in altre opere come La Via Cosmica, La Messa sul Mondo, Il Cuore della Materia, il Cristico, Inno alla materia, Inno dell’universo, e in tante altre opere minori le pagine che possono trasformarsi in delicate ed amorevoli preghiere sono molte. Leggerle si rimane coinvolti in una esperienza mistica che non si dimentica facilmente.
Anche nelle lettere indirizzate a familiari, amici scienziati e confratelli religiosi, raccolte negli epistolari , ci sono concetti, esortazioni, pensieri di carità e di amore verso Dio e verso gli uomini, che possono essere estrapolati e diventare vere e proprie preghiere. (Per una migliore documentazione vi invito a leggere: Fabio Mantovani, Dizionario delle Opere di Teilhard de Chardin, Gabrielli Editori).
Per questo quando mi sono imbattuto in questo testo, per la verità molto bello e mistico, attribuito a Teilhard de Chardin, sono rimasto sorpreso.Dal 2005, su decine di siti di lingua spagnola, circola una preghiera in tre o quattro stesure leggermente diverse, intitolata ADORA y CONFIA e attribuita a Teilhard de Chardin:
Non è un falso, ma è un modo di trasformare uno scritto di Teilhard in forma di preghiera.
La pagina che riproduciamo più sotto è apparsa sulla rivista dei gesuiti spagnoli, Jesuitas, in occasione del 50° anniversario della morte del gesuita francese.
E l’autore che ha composto questa esortazione ha estrapolato alcuni concetti ,comunque stupendi, di Teilhard., componendone una lode religiosa.
Rimaneva la curiosità di stabilire la provenienza di tali concetti. Attraverso la competenza del Prof. Fabio Mantovani in tema di opere e pensiero di Teilhard siamo riusciti a capire da dove erano stati presi quei concetti e quelle parole per farne una esortazione stupenda che riflette la passione di Teilhard per i drammi dell’uomo.
Buona parte del testo della preghiera ADORA Y CONFIA viene da una lettera che Teilhard scrisse il 22 agosto 1915 alla cugina Marguerite. All’epoca dello scritto Teilhard era in una tricea dell’Yser ( parliamo della Grande Guerra) e aveva trovato un attimo di respiro dopo un violento attacco tedesco che seminò morti e feriti nelle trincee francesi.
Teilhard scriveva alla cugina Margherita una lettera stupenda. Dopo le preliminari notizie della guerra Teilhard affronta un discorso personale con la cugina probabilmente preoccupata della situazione.
Dice Teilhard “ Non preoccuparti del valore della vita, delle sue anomalie, delle delusioni, dell’avvenire più o meno oscuro e cupo. Tu fai ciò che Dio vuole. Gli offri, pur tra turbamenti e insoddisfazioni, il sacrificio d’un’anima umiliata che, nonostante tutto, s’inchina a una Provvidenza austera.”
E poi continua ancora Teilhard “ Quando sei triste, paralizzata, te ne prego, adora e affidati. Adora offrendo a Dio la tua vita che ti sembra rovinata dalle circostanze…Confidati, perditi ciecamente nella fede del Signore, che vuole renderti degna di Lui e vi riuscirà, anche se tu resterai fino all’ultimo sfiduciata::: Lascia da parte ogni preoccupazione….ogni snervante analisi… l’essenziale è d’aver trovato il centro di unificazione, Dio”
Più sotto troverete la pagina originale della rivista Juseitas in cui è riprodotta la preghiera in lingua spagnola e, ancora di seguito, la traduzione nella nostra lingua realizzata dal nostro amico Francesco Ortolani.
Giovanni Fois
Centro di documentazione Teilhard de Chardin sul futuro dell’Uomo - Roma
(segue)
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)