Creato da birba_976 il 31/10/2008
Sogni, pensieri e racconti di una trentenne imperfetta!

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Piccoli centri, tanti disagi!

Post n°6 pubblicato il 14 Novembre 2008 da birba_976
Foto di birba_976




Che tristezza!



Abito in un piccolo paese da sempre, e non credo che sarò
mai pronta ad abbandonarlo, ma da qualche tempo mi stò rendendo conto di quanto
sia difficile la quotidianità fuori dai grossi centri urbani.



Non parlo dei rapporti umani, che certamente sono molto più
facili e gestibili, non parlo della questione sicurezza, che da noi non è certo
un problema, ma mi riferisco ai servizi, quelli basilari, come il diritto dei
bambini ad avere un pediatra!



Si, perché nella nostra bella Italia succede che nel 2008 ci
siano ancora interi paesi, e vallate limitrofe, senza un medico di base
specializzato in medicina pediatrica.



Ho due figli e da sei anni e mezzo, l’età della mia bimba
più grande, sento accampare un sacco di scuse, “fregnacce” come direbbero nella
capitale!



Mi hanno proposto di far assistere i miei figli da pediatri che
si trovano in paesi a 10-15 Km
di distanza e che mai e poi mai verrebbero a fare una visita a domicilio, anche
se i bambini avessero la febbre alta.



Ho rifiutato ed ho dovuto scegliere per i miei figli il medico
di famiglia, che anche se molto bravo, non ha una specializzazione in pediatria
ed a volte si è trovato in difficoltà, soprattutto quando i miei bimbi erano
neonati.



Hanno aperto un ambulatorio pediatrico, due giorni alla
settimana per un paio di ore, ma guarda caso i bambini si ammalano sempre nei
giorni in cui l’ambulatorio è chiuso.



Ho provato a spiegare ai miei figli che si devono ammalare
di martedì o di giovedì, ma ancora non sono riusciti ad imparare la lezione.



C’è l’ambulatorio pediatrico all’Ospedale di zona a sei
chilometri da casa mia, aperto tutte le mattine, ma se ci devi andare devi
prendere una giornata di ferie perché è sempre pieno e se poi arriva un urgenza
dal pronto soccorso o nasce un bimbo, allora ci puoi rimanere anche quattro o
cinque ore.



In ogni caso rimane il problema delle visite a domicilio,
che per noi sono un miraggio. Mi è successo di dover portare il bambino di tre
mesi, con la febbre a quaranta, nel mese di dicembre con meno cinque gradi, in
ambulatorio pediatrico perché nessuno sarebbe venuto a casa, neppure a
pagamento.



Se poi succede che il bambino si ammala di sabato, domenica
o festivi, lo si deve portare in pronto soccorso, ma all’Ospedale più vicino il
pediatra è di guardia e non lo si può disturbare (soprattutto di notte), quindi
ti mandano all’Ospedale più grande, dove c’è il pediatra di turno… tutto bene,
se non fosse che l’Ospedale più grande è a 30Km di distanza!



La verità è che nel mio piccolo paese nessun pediatra ci
vuole venire perché il bacino d’utenza, considerando le vallate limitrofe, è
territorialmente troppo grande e nel 2008 nessuno ha più voglia di fare
chilometri per andare a fare una visita a domicilio in una minuscola borgata di
un minuscolo paese di montagna!



E poi, vuoi mettere il risparmio per l’ASL, che pagando ai
propri pediatri quattro ore alla settimana si mette a posto la coscienza ed i
bilanci?



In questo posto ci vivo da sempre, ma a volte mi domando fin
quando avrò la forza di sopportare la cruda verità, cioè quella di essere una cittadina
di serie B, nonostante mi facciano pagare le tasse come tutti i cittadini di
serie A.



Allo Stato ed alle amministrazioni comunali, all’ASL e ai
medici che hanno fatto il giuramento d’Ippocrate (o d’ipocrita, dipende dai
punti di vista) vorrei porre una domanda: quando la smetterete di cianciare sul
recupero dei piccoli centri montani, del come fare per bloccare la fuga verso i
grossi insediamenti urbani ed inizierete a fare gli interessi dei cittadini, dei
pazienti (che di pazienza ne hanno avuta anche troppa),soprattutto dei bambini,
tralasciando i vostri?



Che ingenua, la risposta è chiara…MAI!



Che tristezza….

 
 
 

Il buono della rete.

Post n°5 pubblicato il 11 Novembre 2008 da birba_976
Foto di birba_976




Da un paio di giorni ho scoperto facebook!



Una mia cara amica mi ha chiesto di iscrivermi per
comunicare più facilemente.



Inizialmente ho avuto qualche reticenza, non amo esporre la
mia immagine (sono un’eterna insicura) e per di più non ho mai amato le chat.



Per accontentarla, comunque, l’ho fatto!



Ieri mi arriva una proposta di amicizia da un mio ex
compagno di scuola che non vedevo da 15 anni… che figata!



Nel giro di un giorno ho ritrovato un sacco di persone a cui
pensavo di tanto in tanto con nostalgia, ma che credevo non avrei mai più
rivisto. E tutto grazie a questo magnifico mezzo di comunicazione che è
internet.



Grazie facebook, per qualche ora mi sono sentita di nuovo
una sedicenne!

 
 
 

Passione e denaro...l'editoria a pagamento.

Post n°4 pubblicato il 06 Novembre 2008 da birba_976
Foto di birba_976

Non so perché ho iniziato a scrivere un libro.



E’ sempre stato nei miei pensieri.



Quando ero bambina ed i miei compagni di scuola facevano
fatica a svolgere i temi che la maestra ci assegnava come compito a casa, io
ero felice, perché avrei potuto esternare quella che già allora era la mia
voglia di comunicare con gli altri.



Non ho mai provato paura o panico di fronte ad un foglio
bianco, non mi sono mai preoccupata troppo dell’argomento sul quale avrei
dovuto scrivere, perché ho sempre saputo che le parole sarebbero uscite,
naturalmente, come un respiro.



Non ho mai temuto il giudizio degli altri, o almeno, non gli
ho mai dato troppo peso, e questo non per presunzione, ma perché per me
scrivere è un bisogno naturale, come mangiare o dormire, e non riuscirei a
smettere neppure se stroncata dalle critiche più dure e feroci.



Io scrivo d’istinto, di cuore e di pancia, scrivo quello che
mi passa per la testa, che mi piace, anche se per qualcuno è sconveniente.



Ho scritto un romanzo.



L’ho iniziato in un momento molto brutto della mia vita, il
peggiore, dopo la morte di mio padre.



L’ho iniziato perché avevo bisogno di evadere dalla
tragicità del momento, avevo bisogno di vivere una vita parallela, non una vita
virtuale come quella di Secondlife, ma una vita fantastica, che mi portasse
lontano dal dolore che provavo e che avevo paura mi avrebbe fatta impazzire.



Ad un certo punto ho smesso di scrivere, tanto a chi mai
sarebbe potuto interessare?



Così sono passati mesi, con il file nel computer e quel
tasto “canc” che non ce la facevo proprio a premere.



Un giorno l’ho ripreso ed ho riscoperto, anche se dentro di
me non l’avevo mai dimenticato, quanto fosse appagante scrivere un certo numero
di parole, di frasi, delle quali magari non potrà fregare niente a nessuno, ma
che a me piacevano tantissimo.



Sono andata avanti con questo tira e molla per tre anni, ma
alla fine ce l’ho fatta, l’ho finito.



Ed è stata una grande soddisfazione!



Nella mia vita sono veramente poche le cose che sono
riuscita a portare a termine, e sono orgogliosa che il mio romanzo sia una di quelle.



Per quasi un anno, poi, è stato li, nel mio portatile, ad
aspettare che trovassi il coraggio di proporlo, di farlo leggere a qualcuno,
amico o editore che fosse.



Così mi sono lanciata, incoraggiata dalla persona che da
tredici anni mi stà accanto, sopportando i miei umori, i miei momenti no e le
mie tante paranoie.



Naturalmente dai grandi editori non mi è arrivata neppure
una risposta.



Le risposte sono iniziate ad arrivare dopo qualche tempo
dalle piccole case editrici; alcuni mi hanno fatto sapere molto garbatamente
che non erano interessati (nulla di male, il mio lavoro non può e non deve
piacere a tutti), altri mi hanno mandato contratti e proposte di pubblicazione…
a pagamento! Al momento sono arrivata a 6 proposte, tutte piuttosto esose,
considerando la mia situazione economica, e la situazione economica generale.



Certo, per una casa editrice un autore esordiente è un
grosso rischio, ma se l’editore è un imprenditore (che fa cultura, cosa molto
lodevole, ma rimane pur sempre un imprenditore) non dovrebbe assumersi quello
che comunemente si chiama “rischio d’impresa”?



Se un’impresa crede nel proprio prodotto, non è normale che
investa del denaro per crearlo e distribuirlo?



Non so, e francamente non mi interessa, se queste case
editrici possano essere definite serie o meno, ognuno ha le proprie ragioni da
difendere, ma io penso che se il mio romanzo un giorno verrà pubblicato sarà perché
l’editore ha creduto in me e non perché io gli ho consegnato una cifra più o
meno consistente.



Una volta ho letto su un forum “meglio il cassetto che la
pubblicazione e pagamento”, ed io sono d’accordo!



In ogni caso continuerò a scrivere, perché mi piace, e se mi
porterà ad ottenere qualcosa di buono sarò davvero una persona felice.





 
 
 

La macchina del capo...

Post n°3 pubblicato il 03 Novembre 2008 da birba_976
Foto di birba_976



Un'altra volta dal meccanico!
Negli ultimi mesi ci sono stata più volte che al supermercato!
Stamattina mi alzo con tutti i miei programmi per la giornata: mercato, panetteria,
poi  mio marito mi dice " dobbiamo portare l'auto dal meccanico, non si accende
la spia delle candelette".
Cavolo, di nuovo!
"Sarà solo un fusibile bruciato. Gli ho telefonato, mi ha detto che ci metterà dicei minuti".
Si si... dicono sempre così, poi se va bene se la tengono due settimane.
Arriviamo in officina ed il signore più anziano ci dice che il figlio è uscito, ma che
sarebbe tornato dopo pochi minuti (che tradotto nell'unità temporale usata
dagli esseri umani voleva dire almeno un'ora).
"Ed ora cosa facciamo?"
Guardo desolata mio marito. I miei programmi di nuovo a farsi benedire!
Il meccanico si fa prendere da un senso di rimorso, o forse solo da pietà
cristiana, e ci offre la sua auto per andare a fare quelle compere
indispensabili per campare la famiglia (pane, latte, ecc..)
Un comune mortale si immagina che un meccanico abbia un'automobile magari non nuova,
ma in perfette condizioni, vero?
Bene, ci troviamo su una Fiat 500 rossa di almeno dodici anni.
Ok, meglio di niente...
Saliamo.
Mio marito accende il motore dopo qualche tentativo con il tiraggio dell'aria
(non vedevo compiere questa operazione dai tempi della vecchia Panda 30
di mio padre, sacrificata sul finire deglia anni novanta ai tempi della
rottamazione di massa).
L'auto si spegne, non tiene il minimo.
Cominciamo bene!!!
Avvia di nuovo il motore.
La frizione non esiste quasi più.
La spia della benzia rosso fisso.
Il buon meccanico ci rassicura assicurandoci che saremmo riusciti ad andare fino
al negozio e a tornare indietro con il carbrante rimasto e "se poi si
ferma telefonatemi, che vengo a prendervi".
Coraggio si parte!
Alla faccia delle vibrazioni! Mi sembrava di stare sul vibromassaggiatore
MonikaSport che vendevano anni fa nelle televendite sulle reti private.
Dopo qualche centinaio di metri ci accorgiamo che il contachilometri è
rotto e fermo sui 151.249 Km, che secondo il tachimentro stiamo viaggiando
alla folle velocità di 0Km/h e che il misuratore della temperatura dell'acqua è
defunto.
"E tu che ti preoccupi della spia delle candelette..." dico a mio marito
più divertita che scocciata.
Facciamo le nostre commissioni e torniamo dal buon meccanico.
Ci accorgiamo subito con piacere che suo figlio stà testando la centralina
del nostro bolide.
Un pò nervosi attendiamo la diagnosi, come se fossimo da un medico che
stà per comunicare il verdetto sullo stato di salute di un parente.
"Le candelette ed il circuito elettrico funzionano, è il pezzo che abbiamo
sostituito l'altra volta che è difettoso. Lo cambiamo gratis" , certo ci
mancherebbe altro,  "però me la dovete lasciare fino a domani".
Ecco, lo sapevo, e meno male che doveva essere cosa da dieci minuti.
"Ed ora come torniamo a casa?"
Mi vedo alla guida della 500 rossa!
No, non ce la farei!
Chiamiamo mio suocero e ci facciamo riaccompagnare a casa.
Ed ora, dopo anni che non ci pensavo più, da quando sono rientrata,
non faccio altro che canticchiare "la macchina del capo ha un buco nella
gomma e noi lo ripariamo col chewingum!"




 
 
 

Mi presento: IO SONO QUI!

Post n°1 pubblicato il 31 Ottobre 2008 da birba_976
Foto di birba_976

Eccomi, ci sono anch’io, sono qui!



In questo mondo che corre e scorre, con la crisi
finanziaria, con la rata del mutuo che sale, l’auto da riparare, la riforma
scolastica da abrogare e l’ecosistema da salvare, ci sono anch’io, trentenne
imperfetta, ma tenace.



Amo stare sotto le coperte quando fuori piove, amo il cielo
blu della primavera, l’acqua che scorre, le mie impronte sulla neve candida.



Amo le giornate d’estate, quando alle nove di sera è ancora
giorno, amo il cielo d’inverno, quando le stelle sembrano più vicine.



Amo la musica. Quale? Non lo so… ascolto, e se mi piace l’ascolto
di nuovo!



Amo cantare a squarciagola la “Canzone del sole” di Battisti,
perché prima o poi scoprirò “cosa vuol dir sono una donna ormai” e perché noi
donne “siamo così, dolcemente complicate…”, come ci ricorda bene la Mannoia.



Amo andare al cinema a vedere un buon film, con un
secchiello di popcorn in mano e mio marito di fianco. La fantascienza? No… ho
detto un buon film!



Amo leggere i gialli, quelli dove non scopri chi è l’assassino
fino alla fine.



Amo fare la mamma; mi piace sentire la mano di mio figlio
che mi accarezza il volto prima di dormire e adoro sentire mia figlia che mette
assieme due lettere alla volta finchè non riesce a leggere le prime parole di
un libro di favole.



Amo scrivere romanzi che nessuno forse leggerà mai perchè le
case editrici ti chiedono 2500€ se sei uno sconosciuto (a parte che io 2500€
non ce li ho, ma se nessuno mi pubblica, come faccio allora ad essere conosciuta?).



Preferisco pane e salame ad ostriche e caviale; amo cucinare
ed amo mangiare.



Mi piace fare l’amore ed in generale mi piace tutto ciò che
appaga i sensi.



Odio essere sempre di corsa!



Cerco lavoro senza conoscenze e raccomandazioni, infatti
sono ancora disoccupata!



Odio gli squali in giacca e cravatta che si approfittano dei
bisogni della povera gente.

Odio coloro che pensano di farti un favore facendoti lavorare dieci ore al giorno per mille euro al mese e che ogni giorno,
nonostante siano passati più di trent’anni, continuano a crocifiggere il povero
Fantozzi in sala mensa.



Odio coloro che vanno in piazza a manifestare e poi
distruggono la città (nel vero senso della parola).



Odio i giornalisti che invece di fare informazione fanno
terrorismo, e ci fanno sentire in colpa per l’inflazione che aumenta e il buco
dell’ozono che si allarga.



Odio i falsi reality e le false risse in TV.



Credo nello Stato e negli eroi silenziosi che per lo Stato
sono morti; credo in Falcone e Borsellino, credo nel Generale Dalla Chiesa,
credo negli uomini comuni dal coraggio straordinario.



Credo che avesse ragione Battiato quando cantava “ povera
patria, schiacciata dagli abusi del potere, da gente infame che non sa cos’è il
pudore…”, ed anche in questo caso, nonostante sia passato tanto tempo,
ahimè nulla è cambiato!



Credo in Dio e credo che dopo la morte ci sia un’altra vita,
se non altro perché non può finire tutto così.



Credo che l’amore sia più forte della morte, perché nonostante
mio padre sia morto quattro anni fa lo amo ancora immensamente, ed io sarò
parte di lui in eterno.



Credo che se ci fosse stata la chirurgia plastica la strega
cattiva non avrebbe avvelenato Biancaneve.



Credo che se Cappuccetto Rosso avesse condiviso il cesto col
lupo, lui non se la sarebbe mangiata.



Credo che una zucca possa diventare una carrozza e che prima
o poi anch’io troverò una scarpetta di cristallo che non mi faccia troppo male
al piede.



Questa sono io.



Non sono bella come Scarlett Johansson, non sono alta come
la sellerona di Bonolis, non sono acculturata come la Carfagna, ma spero che
vorrete conoscermi, con i miei tanti difetti, i miei pregi, i miei giorni no,
il mio carattere difficile e le mie tante contraddizioni.



Nonostante tutto, io sono qui.


la fotografia è stata scaricata alla pag: http://img84.imageshack.us/img84/9269/pioggia1jb3.jpg

 
 
 
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