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« MelbourneCarlton »

Due giorni

Post n°4 pubblicato il 06 Novembre 2008 da garfield007

In effetti ci sono un po' di aggiornamenti che devo segnalare, ma sono stato abbastanza occupato dalla ricerca (non ancora conclusa) dell'appartamento e questo post quindi sara' inevitabilmente lungo.

Ieri

Notte praticamente insonne. L'ostello dove mi trovo e' esattamente sopra un pub, dove spesso e volentieri la sera c'e' musica dal vivo. La prima sera (quella del mio arrivo) un gruppo stava massacrando il repertorio dei Queen (difficilmente reggo gli originali, immaginarsi il gruppo cover). Dopo l'incidente della stanza coi danesi (vedi post precedente) mi e' stata assegnata una stanza con ben tre letti (un matrimoniale con sopra, a castello, un singolo), avendo io prenotato una doppia per squisita misantropia e quindi avendo diritto di stare solo. Il mio letto ha due cassa di plastica della frutta sotto, come rinforzo, perche' evidentemente, dalla conca che si crea quando ci si dorme, deve essere stato sfondato da qualche samoano in gita. Notte tormentata da una sorta di incubo. Marie, una ragazza svedese conosciuta al corso di inglese a Londra, ne e' protagonista indiscussa. Trattandosi di una bella ragazza svedese il sogno non puo' essere che a sfondo erotico/sentimentale, ma al nostro fianco c'e' Jung (sic) a commentarlo e analizzarlo in diretta, con qualche eco de il romanzo della Morante, La storia, (lo splendido romanzo della Morante, anzi), che sto leggendo, e che meriterebbe un post a parte. Marie, quindi. L'ho invitata ad essere mia amica su facebook, ma non mi ha risposto, credo che il tormento sia dovuto a questo. Ma c'e' poco da replicare in proposito, avrei dovuto farmi avanti prima, a Londra, e non aspettare di atterrare in Australia per chiederle di essere mia amica su facebook, non sono piu' un adolescente, certe cose dovrei averle superate, dovrei prendermi le mie responsabilita' ingrate e non lagnarmi di queste cose.

Giornata a Melbourne. Al mio arrivo lunedi' il cielo era plumbeo, grigio, gloomy, faceva freschetto, e, salito su un vecchio tram, mi pareva di essere a Goteborg o Varsavia piu' che in Australia. Quando vi parlano dell'Australia, di solito, citano le cose belle, ma tacciono sempre i dettagli seccanti, a volte insopportabili. Le mosche. Se vi trovate per strada, verrete letteralmente aggrediti da piccole mosche rapidissime che non vi daranno pace per quando vi sbracciate convulsi a cacciarle, e potranno seguirvi anche sui treni e sui mezzi pubblici (anche ora, in questo internet point, il ragazzo al mio fianco e' aggredito e si sta dannando per allontanarle). A proposito di mezzi, Melbourne non ha metro, ma solo autobus, tram e treni, essendo i sobborghi praticamente sconfinate praterie. Attraversare la strada, poi, puo' portarvi via tre o quattro minuti buoni a seconda della grandezza dell'incrocio. Se dovete passare da un punto A a un punto C, potreste scrivere un sonetto nel frattempo. E il verde per i pedoni dura circa fino a meta' della carreggiata, poi comincia a lampeggiare un inquietante rosso, accompaganto dal segnale acustico per i non vedenti (una specie di scarica di mitragliatrice). Le strade sono lunghe. Ma lunghissime. E tracciate secondo disegni paralleli, tanto che si somigliano tutte, con pochi e confusi punti di riferimento. Io a orientarmi faccio pena, pero' credo che qui sia difficile per tutti. Ma come le hanno tracciate? Signore, questa strada dove la facciamo finire, qui? Ma no, c'e' ancora spazio, facciamola continuare. Ma i civici arrivano ormai a seicento, questo non creera' confusione? E chi se ne frega, andiamo a una corsa di cavalli. E poi i nomi delle strade, se c'e' una Fitzroy street, c'e' anche una Fitzroy road all'altro capo della citta'. Maquarie street, non e' vicina a Maquarie place come un povero idiota ingenuo potrebbe pensare. Ma questi nomi uguali non creeranno confusione? E chi se ne importa, andiamo a una corsa di cavalli. Non essendo paese di santi poeti e navigatori, poi, i nomi delle strade sono sempre gli stessi e i piu' ridicoli e insignificanti.

L'appartamento. Quello visto martedi' mattina era perfetto: non lontano dal centro (circa mezz'ora), ottimo prezzo, casa nuova, arredato, con tre ragazze cinesi. All'inizio ero un po' perplesso sulla compagnia, ma poi, visti altri annunci, mi sono detto che andava benissimo. Cosi' chiamo mercoledi' pomeriggio per confermare, e la tipa mi dice di averlo gia' affitato il pomeriggio prima. Cosa potevo fare? Frignare dicendo di averlo visto la mattina? Secondo me era razzista e cercava un'altra cinese. Ormai convinto di aver trovato una sistemazione, la cosa mi si e' abbattuta addosso abbastanza pesantemente, tanto che balbettavo qualcosa tipo okay, non importa, al telefono.

Sono andato quindi a vedere un'altra stanza in affitto al capolinea del treno, circa un'ora dal centro. Davvero fuori. Tanto che credevo di essere arrivato a Weelington in Nuova Zelanda senza essermene accorto. Ma la zona non e' affatto male, molto verde e casa tranquilla e pulita. Il tizio e' un idraulico, Matthew, viene a prendermi alla stazione col suo furgoncino bianco col parabrezza crepato, tanto che mi spavento. Ma mi tranquillizzo subito appena ci parlo assieme e lo scopro molto gentile, vive con la moglie e ospita studenti (li' vicino c'e' un'universita', ce ne sono ovunque). E' davvero cordiale, mi dice che posso restare anche solo per qualche settimana, senza firmare contratti, finche' non trovo qualcosa piu' vicino al centro. Mi offre il caffe', mi racconta del suo giro in moto in Italia, parliamo delle differenze dell'inglese parlato nei vari paesi, mi dice che sua sorella lavora per un quotidiano, l'Herald Sun, e, saputo che cerco lavoro nel settore cinema e televisione, mi dice che potrebbe darmi una mano. A proposito, la conosco la serie Neighborhood? Ne ho letto qualcosa, in effetti so che qui e' famosa, ma gli spiego che in Italia non la trasmettono.

Cosi', prima di riaccompagnarmi alla stazione, mi porta li' vicino, dove, come spesso accade dato che gli studi sono poco distanti, stanno girando degli esterni di questa serie tv, e parliamo con una ragazza della sorveglianza che da lontano ci indica gli attori e i loro ruoli (a Matthew familiari, a me per nulla). Macchina da presa, microfono boom, tecnici e attori. Matthew mi presenta alla tizia come un italiano che gira cortometraggi, e quindi competente nel settore, il che fa annuire rispettosamente la ragazza. Le ragazze australiane, detto per inciso, sono spesso rotondette, a volte tracagnotte, solo alcune carine, generalmente passabili, e non hanno remore a mettere in mostra le loro carni, a volte graziose, a volte meno. Torniamo alla stazione, e nei dintorni mi spiega che ci sono dei campi da baseball, cosi' non manco di vantarmi dei miei trascorsi (invero poco brillanti e tristemente ridotti) di arbitro.

Corro in un internet point (qui a Melbourne costosi almeno il triplo di Sydney, non so perche') e cerco nuovi contatti per nuovi affitti.

Oggi.

Dormito meglio. Niente Marie. Anche se ancora non e' mia amica su Facebook. Va beh. Chiamo i primi numeri. Mi risponde un greco, mi dice che il proprietario e' un vietnamita e di accordarmi con lui. Chedo se la stanza sia singola, ma ricevo come risposta che la stanza e' grande grande. Chiamo qualcun altro e fisso i primi appuntamenti.

Il primo, sempre a circa cinquanta minuti dal centro in treno, e' un tizio alto, ultraquarantenne, e non molto sveglio all'apparenza. Mi porta a vedere la casa. Siamo a ovest. La parte ovest dei sobborghi di Melbourne e' decisamente orrenda. Giallognola, arsa da sole, bruciata, con case isolate e strade deserte. Sembra l'Arkansas visto nei film. La parte est, invece, e' verde, rigogliosa, mette allegria (dove abita Metthew). Il tizio, Bernie, mi mostra la casa. Sporca e in disordine. Il letto e' rovesciato. Ci vive un altro tizio divorziato, che Bernie definisce come uno normale e molto molto divertente. Sara'. Ma la prospettiva di vivere li' con Bernie e il tizio divorziato, per quanto divertente, mi deprime un sacco, e quindi ringraziato assicurando che ci pensero' sopra.

Il secondo del pomeriggio e' sempre nella parte est, piu' vicino al centro, ma sempre desolante. Il tizio e' un cuoco neozelandese (un inglese ancora peggiore, se possibile). Mi mostra la casa dove vive con un tizio, come lui ultratrentenne e parecchio male in arnese, sovrappeso, con una camicia hawaiana (che ricorda Bart in quella puntata in cui Lisa e' presidente degli Usa e lui il fratello perditempo). Mi parlando di barbeque e feste divertenti. La mia camera e' un materasso buttato per terra. Il bagno non lo descrivo. Ma in salotto c'e' un enorme tv color al plasma. Il tizio mi profetizza che le aussie girls vanno matte per l'accento italiano, e che per questo copulero' a profusione. Invero usa un termine piu' forte, che non sto a riportare. Che Dio ti ascolti, volevo rispondergli, ma al momento questa e' l'ultima delle mie preoccupazioni. Saluto cortesemente e me ne vado anche da li'.

Il terzo e' sempre una stazione distante dal CBD, ma questa volta, come Matthew, a ovest. Zona verde, residenziale, borghese. Il tizio e' un padre di famiglia, con due bambini e una moglie, e ospita studenti e gente come me. Ne ha tre in affitto, uno se ne sta per andare. E' una bella casa, in una zona verde e tranquilla, prezzo buono, accesso a internet, aria condizionata. L'unico problema e' la solita distanza, dalla porta di casa al centro, circa un'ora, e un bagno da condividere con altre tre persone. Ma l'impressione rimane decisamente buona.

Quarta e ultima, una ragazza antipatica vicina al centro. Prendo il tram dalla stazione centrale, pieno come un uovo. Il motivo? E' ovvio: oggi c'e' un'altra corsa di cavalli, e cosa altrimenti? Infatti la mattina avevo visto la solita sfilata di abiti eleganti e cappelli, vestiti sgargianti e scollati con pennacchi e cappelli buffi. Il tram e' stracolmo, ma in qualche modo arrivo. La strada ha i civici cosi' disposti: due, cinque, quattro, e nessun numero, tutti sullo stesso lato. Io devo andare al sette, che nella mia mente bacata e' dopo il sei, visto che non c'e' divisione tra pari e dispari. Cosi' apro cautamente un cancello, ma la ragazza mi chiama in fondo alla strada e mi dice che e' da quella parte. Cominciamo male. La tizia, sui trent'anni, appare abbastanza scortese. Mi dice che la stanza non e' arredata. Quindi le dico che per me e' un problema trovare un letto. Lei mette in evidenza che si', e' quello il mio problema. Mi invita a cercare altro. La ringrazio e me ne vado.

Insomma, vivere in centro, a meno di non pagare sui quattrocentocinquanta, cinquecento euro al mese come minimo, e' quasi impossibile, o quanto meno difficile, e spesso si trovano stanze non arredate. Mi sa che devo accontentarmi della periferia, e dell'ora di treno e mezzi e pubblici, per avere un prezzo abordabile e comunque un po' di tranquillita'.

Detto questo taglio corto, e ricordo di acquistare il libro di mio cugino Davide De Lucca, Duemiladuecentodiciotto, Giraldi editore.

 
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