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Quel connerie, la guerre - Barbara

Post n°29 pubblicato il 05 Aprile 2009 da garfield007

Il titolo è un verso di Prevert, di una poesia, "Barbara".

Alle elementari con me c'era una bambina, si chiamava Barbara, era alta per la sua età, aveva i capelli neri, era palliduccia e con una vocina flebile, ma soprattutto era ammalata cinque giorni su sei. Stava a casa dei lustri, tornava per un giorno, si ammalava nuovamente e stava a casa di nuovo fino al prepensionamento. Nel giorno in cui tornava, molto spesso, impallidiva alla prima ora, alla seconda vomitava, e alla terza era in corridoio che aspettava la venissero a prendere. Insomma, credo abbiate avuto anche voi la vostra Barbara alle elementari, la bambina pallida e malaticcia di costituzione debole che si prendeva la polmonite con un colpo d'aria. Poverina. Melbourne è esattamente uguale: fa caldo e prende fuoco, piove per due ore e si allaga. Non parliamo di piogge torrenziali e monsoniche, ma di un semplice temporale di stagione: a nord, strade allagate, negozi chiuse, case - che vi ricordo essere costruite di carta e compensato - sotto acqua. E' una città particolarmente sensibile, non può cambiare di molto il clima (non più degli sbalzi climatici tipici, intendo - qui sono molto fieri di avere quattro stagioni in un giorno, lo scrivono sulle guide turistiche e te lo ripetono con l'orgoglio nello sguardo), che subito ne risente. Non parliamo dei trasporti: troppo caldo, trasporti bloccati; troppa pioggia, trasporti bloccati. Non fa una grinza. "Ma non si viaggia oggi?", "Che domande, signore! Ma non ha visto che piove? Non faccia domande assurde!". Uno dei miei studenti per le lezioni private doveva venire ieri, ma mi ha scritto che gli autobus da casa sua non viaggiavano a causa della piogga. Mi pare logico. Mi chiedo, secondo gli australiani, cosa succeda a Mosca a febbraio.

Mal di testa, raffreddore e delle bolle rosse pruriginose sugli stinchi (che, così come sono venute, in cinque minuti, sono anche sparite) sono solo alcuni dei sintomi - forse psicosomatici - del mio malessere domenicale risultato di questi ultimi giorni un po' confusi, stancanti, delibitanti. Il che mi fa sentire un po' come la mia compagniuccia delle elementari Barbara. Il clima è, niente di nuovo, avrete capito, cambiato in due giorni, dai trentadue gradi di martedì ai sedici di giovedì. Non mi era mai capitato che il raffreddore mi si sfogasse contemporaneamente con l'abbassarsi della temperatura: cominciava a fare più freddo e lentamente mi ammalavo. Non ho mai avuto tanti raffreddori come qui a Melbourne. Melbourne città dei barbecue, città delle infradito, città delle quattro stagioni, e, come già ripetuto, della cultura. Tanto che ieri sono entrato in una libreria per chiedere un classico della narrativa inglese (Tristam Shandy di Sterne) e il tizio alla cassa non aveva idea di chi fosse; così ha chiamato l'esperto dello scaffale dei classici (sic) che ha ammesso di non avere il libro. Va bene, ho detto, lo cercherò altrove. Ho chiesto quindi semplicemente qualcosa di London - mi mancano i classici per ragazzi, okay?, ho avuto un'infanzia difficile -, e l'esperto di classici mi ha chiesto se il nome fosse effettivamente Jack. Sì, Jack London - oscuro autore di narrativa. No, non ce l'abbiamo, mi dispiace. Una delle librerie più grosse del centro. Poi mi sono rivolto ad un'altra più seria e fortunatamente ho rimediato. Questo e altro nella capitale della cultura.

Ho trovato comunque qualcuno con cui condividere pareri sulle ridicolaggini di Melbourne: una coppia, marito e moglie più o meno miei coetanei, dalla Svizzera, molto simpatici. Ieri sera siamo andati a mangiare in un ristorante greco, per altro molto buono, chiamato Stalactites (ha delle "stalattiti" che scendono dal soffitto - non indagate oltre). Magari dire che abbiamo mangiato è una parola grossa perché le porzioni erano talmente abbondanti che dopo l'antipasto eravamo pieni e abbiamo lasciato lì quasi tutto il resto. Non eravamo gli unici. Mi chiedo cosa facciano degli avanzi in quel posto. Ci potrebbero sfamare mezza città. Roba che la mia ex compagna delle elementari Barbara vomiterebbe dopo un boccone.

La tv australiana in questi giorni mi delizia con sport di ogni tipo. Lasciando perdere il football australiano, che non perdo tempo a descrivere, l'altro giorno mi sono imbattuto in una partita di bocce al coperto. Pubblico attento e silenzioso, esperti commentatori, e strateghi del gioco con panze enormi che calibravano attentamente i loro colpi in una sfida impagabile. Tra l'altro sta crescendo anche a me una pancia simile a un frequentatore di bocciofila. Oggi invece gara di tizi al mare che si mettevano col dorso sulla tavola da surf (non facevano surf) e si sbracciavano per arrivare per primi a riva. Anche qui pubblico delle grandi occasioni. C'era la batteria maschile e quella femminile, ma non ho riconosciuto la differenza dei sessi dei partecipanti.

Su "The australian", quotidiano nazionale, ho visto la fotografia del Primo Ministro di un paese dove la lingua nazionale è l'italiano, abbracciato sorridente a Barak Obama durante il congresso di Londra. Ho visto anche il video dove la regina d'Inghilterra l'ha rimproverato per aver chiamato a gran voce Obama dopo la fotografia di rito. Per un attimo temevo di essere tornato a casa. Ma per fortuna no. Per quanto la città non mi si addica proprio del tutto è sempre preferibile ad altre situazioni. Solo una cosa, però: ma quanti capelli gli sono ricresciuti da quando me ne sono andato?

Se anche voi avete il fisico deboluccio di una bambina delle elementari, leggete Duemiladuecentodiciotto, Giraldi editore, il romanzo dell'esperto della bocciofila Davide De Lucca.

 
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