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Messaggi del 28/08/2006

Messaggio N° 1922 28-08-2006 - 13:51

La Sindrome di Stoccolma

                                ( Natascha Kampusch: la ragazza austriaca segregata e ritrovata)

Essere rapiti a dieci anni e ritrovati dopo otto di prigionia: questa la storia della ragazza austriaca Natascha Kampusch, che in pochi giorni ha stravolto il mondo, ha stravolto l' Italia, ridando speranza a chi vive drammi simili, come quello della piccola Angela Celentano e di Denise, e come quello di tantissimi altri bambini che spariscono e di cui non si sa più nulla.
La ragazza, rapita e segregata, sapendo della morte del suo sequestratore, dice di essere in lutto, perchè lui faceva parte della sua vita. Dice che non le è mancato nulla, che è diventata una giovane donna con un interesse per la cultura, dice di aver subìto un invasione della sua privacy non appena ha saputo che la foto della sua stanza è stata pubblicata su tutti i giornali del mondo.
In psicologia viene definita: " sindrome di stoccolma " e consiste in una condizione psicologica nella quale la persona sequestrata comincia a manifestare un certo attaccamento emotivo  e sentimenti positivi nei confronti del proprio sequestratore.
Sembra tutto così assurdo: un dramma, essere sottratti alla propria vita per viverne un'altra. Quella che viene decisa da un'altra persona.
Eppure non è l'unico caso, ce ne sono stati altri in passato.
Ma, senza entrare nel merito della questione psicologica che esula dai miei interessi, spiccatamente umani, sociali, legali, quanto lucidi si è in queste affermazioni ???
E, soprattutto, è stato più un trauma perdere il proprio sequestratore piuttosto che la propria famiglia ???
A dieci anni si è già abbastanza grandi per vivere le emozioni, per non dimenticare chi fa parte di noi.
A questo punto mi chiedo:  è fuggita davvero o è stato lui a lasciarla andare ???
E che futuro potrà avere adesso questa ragazza austriaca ???
Intanto chiede di essere lasciata in pace.
Credo sia il minimo.

scritto da: julia974

Messaggio N° 1921 28-08-2006 - 09:40

IL MIO VIAGGIO TRA I "DIVERSI"

Sarà che si finisce sempre da dove si è partiti, oppure soltanto perché in questi giorni ho avuto modo di riparlane (soprattutto in chat e sul forum) ma oggi ho deciso di scrivere alcune riflessioni tutte mia su un tema che ha caratterizzato la mia vita e il mio lavoro degli ultimi 3 anni: LA DIVERSITA’!!!!

Forse nessuno ancora sa cosa io ho imparato in questi tre anni e cosa penso davvero…

La diversità fa paura. Sconvolge chi la subisce e mette terrore a chi deve entrarci in relazione: del resto, chi non ha paura delle cose nuove? Come chi è abituato a vedere sempre bianco o nero, ovvio che quando scopre il grigio resta esterrefatto…

Inoltre, in una società come la nostra dove il conformismo e la similarità ai modelli prevalgono su altre necessità, come potrebbe lasciarci indifferente la notizia che quel qualcuno non è uguale agli altri!!!!!! Se devo essere onesta pure io quando mi sono trovata di fronte persone totalmente diverse da me per posizione degli arti o cose simili, solo per educazione, ho trattenuto il famoso bercio “iiiiiiiiiii che schifo!!!!”

La diversità non è necessariamente una malattia. Ormai anche i più accreditati manuali diagnostici sostengono che una determinata condizione diventa patologica solo quando crea disagio fisico e/ psichico all’individuo. Certo, esistono alcune diversità che per il loro stesso configurarsi implicano uno stato di malattia.. ma questa non è la norma.

Tanto per fare un esempio basta pensare agli omosessuali. Tutti noi, oltre a giudicarli diversi, almeno una volta nella vita, abbiamo pensato che fossero anche malati (fino al 1973 pure nel DSM l'omosessualità veniva inserita tra le deviazioni sessuali!!!); quando, invece, queste persone hanno sicuramente interessi sessuali diversi dai miei ma non per questo sono meno felici di me. Soprattutto se sono malati, non è certamente a causa dei loro gusti sessuali!!!!!

La diversità è uno stato mentale. Diverso è chi per primo, ci si sente, o chi, da diverso si lascia trattare. Sembra quasi un obbligo: se non so normale devo essere diverso (da che cosa poi ancora nn l’ho capito!!!!), se non stai di qua devo poterti vedere di là… Eppure non siamo mica in un archivio dove tutto ha un etichetta e una collocazione…..

Senza trascurare le speciali esigenze che in certi casi accompagnano uno stato di diversità, se imparassimo a vedere prima le persone e non i loro corpi o i loro gusti, forse ci sentiremmo tutti più uguali!!!!!!!

Le rivoluzioni non esistono. Ho visto gente aggregarsi, lottare e pure combattere per poter modificare la mentalità alla base di ogni forma di discriminazione, ma sinceramente è servito a qualcosa??? Si, tanti miglioramenti si sono avuti. Forse però, troppe parole vengono spese invano, fiumi di discorsi lasciati scorrere quando varrebbe la pena, prima di tutto, riflettere su una questione: si fa lo stesso e si discute così tanto anche per chi ha i capelli biondi o castani?

Nel primo testo che ho letto sull’argomento, Canevaro e Ianes scrivono: “Esiste una normalità? […]. Si potrebbe dire che proprio riconoscendo ed enfatizzando le differenze, tutte le differenze, si modifica l’immagine della norma. La normalità diventa pluralità di differenze, non unità fissa, definita attraverso standard […]” (A. Canevaro, D. Ianes “Diversabilità”, Erickson, Trento, 2003, p.5 e 6)

MA…………..

scritto da: zizzola1


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