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articolo tratto dal blog La camera lilla
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« 8 marzo... | Confronto... » |
Per chi... ...crede che l'8 marzo sia qualcosa di più che una cena tra amiche... le parole di Tilde: " Ecco che arriva,puntuale,ogni anno, come un tormentone ..l’8 marzo, la festa della donna!..... Certo ! ritorna anche la festa della mamma, quella del papà, San Valentino per gli innamorati…e via festeggiando…Ma queste non mi toccano, non mi turbano :appartengono all’universo dei consumi nel quale oggi, volenti o nolenti, tutti siamo coinvolti. Ma l’8 marzo è un’altra cosa, è un appuntamento di tutt’altra natura, di tutt’altra origine : è una data fondamentale della storia che le donne si sono costruite, da sé, attraverso un faticoso cammino per la conquista dei loro diritti di cittadinanza. Da anni,dalla fine della seconda guerra mondiale, La Giornata internazionale di lotta e di festa della donna- questa è la definizione corretta dell’8 marzo- le donne della sinistra ,sollecitate soprattutto dall’Udi (Unione donne italiane) e dai sindacati scendono nelle piazze di tutta Italia ( e molte convergono a Roma) per porre all’attenzione dell’opinione pubblica e dei governanti i problemi urgenti da affrontare per cambiare la loro condizione, per emanciparsi, per uscire cioè dallo stato di soggezione in cui le tiene la società degli uomini, in seguito definita patriarcale e maschilista. Via via la schiera delle donne si ingrossa: casalinghe, operaie,impiegate,insegnanti…quale che sia la classe a cui appartengono. Come segno di riconoscimento giovani,adulte,anziane si adornano con la mimosa,un fiore povero che ai primi di marzo si poteva raccogliere facilmente sugli alberi (oggi un ramoscello viene venduto a caro prezzo).Ma negli anni ’50 celebrare l’8 marzo non era un evento pacifico e scontato : le donne erano controllate dalla polizia se esponevano banchetti con la mimosa, se vendevano “Noi donne” e spesso portate in carcere per essere poi rilasciate per l’insussistenza di reato. E intanto nelle assemblee le dirigenti raccontavano le origini storiche di questo appuntamento annuale per riproporne il significato di lotta e sollecitare le donne a farsi esse stesse protagoniste della politica per cambiare la società. Le origini della giornata la raccontavano così :Nel 1910 a Copenaghen ,Clara Zetkin,socialista e fondatrice della rivista “La libertà” ,istituì la giornata della donna per ricordare la tragedia di alcune operaie morte in un incendio in America due anni prima ,nel 1908,perché avevano osato fare sciopero e il padrone le aveva chiuse a chiave in fabbrica. Ma non mancava la festa : cene con lunghe tavolate di sole donne- cosa non così consueta all’epoca – mostre ,premi letterari, feste danzanti elezioni di miss Primavera così via. La giornata della donna ,prima considerata appannaggio ed esclusiva dell’Udi e inizialmente snobbata o contestata fu poi condivisa anche dalle femministe agli inizi degli anni ’70 sia pure con contenuti e modalità molto diverse essendo la liberazione sessuale il motivo centrale del movimento. “Donna è bello!” “L’utero è mio e lo gestisco io” “Non c’è liberazione della donna senza rivoluzione,non c’è rivoluzione senza liberazione della donna” e così via. Questi slogan e tanti altri gridati sulle piazze durante le gioiose manifestazioni che prevedevano anche girotondi ,teatro di strada,parodie di canzoni apparvero per molti come uno scandalo, ma misero a nudo temi che non avevano ancora trovato parole nelle rivendicazioni delle donne. Quanto alla storia delle origini , le femministe ripresero la stessa che veniva proposta dall’Udi, senza colpo ferire. Era come se l’Udi desse rilevanza alla tradizione storica che legittimava il ritorno annuale delle donne sulle piazze e, riferendosi a quella tragedia sul lavoro ,simbolo dell’oppressione femminile, riproponesse la necessità della lotta. Uno slogan ,fra i tanti, che veniva gridato durante le manifestazioni attraverso gli anni ,recitava così: “Donna,donna, donna, non smetter di lottare,tutta la vita deve cambiare!...” Le femministe più estrose e creative nelle forme, sembravano più immerse nel presente ,interessate a denunciare con forza la responsabilità delle istituzioni nel perpetrare l’oppressione femminile. Il fantoccio del patriarcato portato in giro per le vie di Roma l’8marzo del 1976 dal collettivo Pompeo Magno del Movimento femminista romano,riassumeva ironicamente e senza sconti l’idea di società contro cui bisognava pacificamente,ma senza tregua, combattere. Poi,nel tempo i due rami del movimento si incontrarono e insieme raccolsero le trecentomila firme per presentare la legge di iniziativa popolare sulla violenza contro le donne. Uno slogan cementò l’intesa ed aveva un grande significato politico :”Le donne con le donne possono”. Poi venne il riflusso: erano gli anni 80. Le stesse donne a lungo impegnate cominciarono ad occuparsi d’altro e quando tornava l’8 marzo molte cominciavano a chiedersi se non era il caso di mollarlo. Proprio quando le istituzioni cominciavano a celebrare la data, i ristoranti a proporre le cene, mentre mimose che presto appassivano, venivano vendute agli angoli delle strade dai primi extracomunitari come gli accendini e i fazzoletti di carta. Fu allora,nel 1985, che alla sottoscritta e alla sua amica Marisa Ombra,venne l’idea di studiare la storia di questa giornata,per saperne qualcosa di più prima di mollarla. Fu una ricerca e uno studio che durò due anni, una ricerca che sembrò un’indagine poliziesca piena di sorprese. La prima sorpresa fu lo scoprire che la storia di Clara Zetkin,delle operaie chiuse a chiave, dell’incendio era un falso storico, un mito proposto in Italia non si sa bene da chi ,alla fine degli anni ’40, mentre in altri Paesi d’Europa e d’America l’8 marzo veniva sì festeggiato, ma quanto alle origini, in ogni Paese si raccontava una storia diversa. Dunque la storia della giornata era molto più complessa di quanto pensassimo. E cioè: già da anni ,dagli inizi del ‘900, ma probabilmente anche a fine 800 (perché per esempio in Inghilterra a quell’epoca c’era già il movimento suffragista ) qua e là si svolgevano giornate della donna. Clara Zetkin realmente propose nel 1910 di unificare le giornate, di fissare una data unica e di mettere a tema il diritto di voto alle donne. Ma non se ne fece niente perché i socialisti su questo argomento erano molto divisi. Quindi né fu scelta la data, né si scelse un evento da commemorare. Poi venne la guerra –quella del ’15-’18- che sconvolse tutta l’Europa,Russia compresa,la Russia degli Zar. Disastri ovunque. Ma fu proprio in Russia che nell’inverno del 1917 le donne strette dal freddo,dalla fame,dall’assenza di mariti e figli spediti in guerra, il giorno 23 febbraio del 1917 ,scesero in massa nelle piazze di Pietroburgo con accese manifestazioni di protesta contro lo Zar. Fu l’anteprima della grande rivoluzione russa. Nel 1920 Clara Zetkin è sempre sulla breccia,a capo del Segretariato per le donne istituito all’interno della III Internazionale comunista. Il 14 giugno 1921 si riunisce e a Mosca la seconda conferenza delle donne comuniste che si conclude con questa dichiarazione “La Conferenza adotta la data dell’8 marzo come giornata internazionale dell’operaia,giorno della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo” La protesta di Pietroburgo era avvenuta il 23 febbraio secondo il calendario giuliano vigente allora in Russia. In Occidente corrispondeva all’8 marzo. Chiara dunque l’origine comunista e operaia della giornata della donna:chiaro che l’evento ispiratore viene dalla Russia sovietica ,non dall’America capitalista. Perché allora in Italia si era diffusa la vicenda delle povere operaie uccise in un incendio in America ? Il perché vero non riuscimmo a saperlo anche interrogando illustri rappresentanti del PCI ; a riguardo nessuno sapeva dirlo. Solo per ragionamento politico Marisa Ombra ed io pensammo che l’intento dell’Udi e,più in generale del movimento di emancipazione e del movimento operaio, di aggregare tutte le donne, a prescindere dalle classi,dalle appartenenze politiche e religiose CONTINUA.... . COMMENTI....
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