Creato da: franco_rovati il 03/03/2009
Come stiamo cambiando.

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"La democrazia è cancerogena e gli uffici sono il suo cancro"

W. Burroughs

"La parola 'democrazia' mi destava una insofferenza fisica, come l'odore stantio dei vecchi cassetti; sentivo nell'aria un odore di muffa, di umida miseria, un odore di cavoli lessi nelle scale della nuova società come in certe vecchie portinerie, un odore di farisei."

Leo Longanesi

“[An upside down flag is] an international distress signal. It means ‘we’re in a whole lot of trouble, so come save our ass b’cause we don’t have a prayer in hell of saving ourselves.’” - Sgt Hank Deerfield, from In the Valley of Elah.

 

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ASPETTANDO LA PRIMA DECISIONE DI FINANZA PUBBLICA

Post n°55 pubblicato il 24 Luglio 2009 da franco_rovati
 

di Tito Boeri e Pietro Garibaldi - www.lavoce.info

Nonostante la crisi peggiore del Dopoguerra, questo governo non ha preso finora decisioni di finanza pubblica. Se consideriamo i saldi netti, vediamo che il Dpef certifica che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l'economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Ma ancor di più preoccupa l'assenza di una impronta riformatrice dell'esecutivo. Istruttivo in proposito il caso delle pensioni. Intanto, i conti vanno male. E la necessità di controllare la spesa pubblica dovrebbe essere una priorità. Non ci resta che sperare nella prima Decisione di Finanza Pubblica.

Il ministro Tremonti ha annunciato che questo sarà l’ultimo Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef). Intende infatti abolirlo e sostituirlo con il Dfp, Decisione di finanza pubblica. Speriamo davvero che nomen omen perché sin qui di decisioni di finanza pubblica questo governo, nonostante la crisi peggiore del Dopoguerra, non ne ha prese. Oltre alla quasi mancanza di misure per contrastare la recessione, il governo non ha avuto alcuna impronta riformatrice. E nonostante tutto ciò i conti vanno male.

SENZA MANOVRA NELLA PEGGIOR CRISI DEL DOPOGUERRA

Due tabelle sono più eloquenti di tante parole. La prima documenta le “non manovre” dell’era Tremonti ter. Ogni Dpef contiene una stima del saldo tendenziale (a bocce ferme, senza manovra di politica economica) e di quello programmatico (con gli effetti della manovra) per l’anno successivo. Serve per stabilire i confini entro cui potrà intervenire la legge di bilancio. Quindi lo scostamento dell’indebitamento programmatico rispetto a quello tendenziale è un dato molto importante. Misura l’entità della manovra netta messa in atto dal governo: se si stanno risanando i conti, lo scostamento è positivo, se si stanno conducendo politiche antirecessive immettendo nuove risorse nell’economia, invece, lo scostamento sarà negativo. Come si vede dalla tabella qui sotto, il Tremonti ter è stato sin qui contraddistinto da politiche procicliche o da non politiche. La manovra prevista per il 2009 doveva, nelle intenzioni di Tremonti, far aumentare le tasse più delle spese (per lo 0,1 per cento del Pil) nonostante l’Italia all’epoca del varo del Dpef fosse già entrata in recessione. Quella oggi prevista per il 2010 lascia tutto uguale rispetto al tendenziale. Si rinuncia a intervenire sui saldi. Dato che il Dpef conta solo per i saldi netti, possiamo dire che questo Dpef certifica che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l’economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Una volta di più si sceglie di non scegliere.

Utile chiedersi a questo punto cosa ha fatto effettivamente il governo sin qui per contrastare la recessione. La seconda tabella illustra l’ammontare delle risorse nette immesse nel sistema così come ricostruito dal Fondo monetario internazionale ad aprile 2009. Come si vede l’Italia è l’unico paese del G20 a non aver varato sin qui alcuna manovra anticiclica. Le misure discrezionali a sostegno dell’economia sono state con saldo zero nel 2008 (in verità leggermente negativo) e sino ad aprile avevano mobilitato a sostegno dell’economia solo lo 0,2 per cento del Pil 2007, vale a dire circa 3 miliardi. La “manovra d’estate” appena varata dal governo, secondo il Dpef (Tavola III.5), non avrà alcun impatto netto sui saldi di finanza pubblica. Bene infatti non confondere le risorse nette, che sono quelle da noi indicate, con quelle lorde, che nelle tabelle del Dpef approvato ieri riguardano solo maggiori spese o minori entrate separatamente (Tabella III.2). In realtà a queste maggiori spese o minori entrate corrispondono altre misure per maggiori entrate o minori spese. Quel che conta è che l’entità netta complessiva degli interventi a sostegno dell’economia messi sin qui in atto dal governo è stata quindi di circa 3 miliardi. Questo di fronte alla crisi peggiore del Dopoguerra.

CHI SONO I VERI CATASTROFISTI?

A vedere questi numeri verrebbe da pensare che il governo ritenga che la crisi non sia affatto grave. In effetti, sia il presidente del Consiglio, che i ministri dell’Economia e del Welfare hanno fatto a gara in questi mesi nel bollare di catastrofismo tutti gli enti che fanno previsioni e addirittura lo stesso Istat. Ma a leggere il Dpef, c'è da pensare che i veri catastrofisti siano proprio loro. Nel Dpef propongono infatti previsioni sulla decrescita nel 2009 addirittura peggiori di quelle del Fondo.

SENZA AZIONE RIFORMATRICE

Al di là della mancanza di uno stimolo netto, quello che ci preoccupa dell’azione di governo è  l'assenza di una chiara azione riformatrice. Il caso delle pensioni è particolarmente rilevante. Tra le righe del Dpef, si mostra chiaramente che la politica del non muovere nulla implica un significativo incremento dell’incidenza della spesa pensionistica sul Pil: a causa delle recessione crescerà in di più di un punto percentuale, passando dal 14,2 per cento del Pil nel 2008 al 15,2 nel 2009. Forse per dare l’illusione di non limitarsi ad assistere a questa clamorosa e ulteriore riallocazione della spesa pubblica verso le pensioni da noi messa in luce già ad aprile, il governo ha ieri annunciato, attraverso un emendamento al decreto anticrisi in discussione alla Camera, un innalzamento dell’età pensionabile a partire dal 2015. Al di là della discutibilità politica di dar vita a una riforma dei meccanismi di pensionamento con un emendamento a un decreto legge, colpisce l'ostinazione del governo Berlusconi a fare riforme che si applicano solo quando il governo non sarà più in carica. La riforma delle pensioni Maroni-Tremonti del 2004 prevedeva uno scalone che sarebbe stato efficace a partire dal 2008, mentre la legislatura terminava nel 2006. Tutti ci ricordiamo come è finita. Attraverso la retromarcia del governo Prodi, lo scalone non fu mai applicato. Il vaghissimo emendamento proposto ieri si applicherebbe addirittura al di là dell’orizzonte del Dpef. 
La lezione della crisi in corso in materia di dinamica della spesa previdenziale è che è necessario indicizzare l’incremento delle pensioni all’incremento effettivo del monte salari, invece che ai prezzi, come avviene oggi. Altrimenti quando il monte salari diminuisce o stagna, come ovviamente accade in recessione, le pensioni continuano ad aumentare e tendono ad assumere traiettorie insostenibili. Una riforma di questo tipo genererebbe un meccanismo di stabilizzazione automatico per quello che è forse il più grande problema strutturale del Paese.

PERCHÉ I CONTI VANNO MALE

Nonostante la mancanza di manovra, i conti vanno male. Èquesto il vero paradosso della finanza pubblica. I conti vanno male perché in Italia quando il Pil diminuisce le entrate cedono immediatamente il passo, mentre la spesa pubblica segue un’inesorabile tendenza alla crescita, indipendentemente dal ciclo. Tra il 2008 e il 2009 l’indebitamento nella pubblica amministrazione peggiora di 40 miliardi, passando da 40 a 80 miliardi, mentre il Pil nominale diminuisce addirittura di 50 miliardi. I 40 miliardi di peggioramento dell’indebitamento sono dovuti a 30 miliardi di incremento di spese e 10 miliardi di minori entrate. Contabilmente il vero problema della nostra finanza pubblica è dal lato della spesa. Da qualunque parte si guardi al problema, la necessità di controllarne la crescita, insieme a un intensificazione dei controlli dal lato delle entrate, dovrebbero essere la vera priorità. 
Non ci resta che aspettare con ansia la prima edizione delle Decisioni di finanza pubblica.

 
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