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Altri metodi di indagine sul Coronavirus.Fonte: articolo riportato dall'InternetIL VIRUS STUDIATO CON L'EPIGENETICALa Natura è anche nella pandemia di Coronavirusa cura della Prof.ssa Luciana Riccio (*)Sono fermamente convinta che mai, come in questo momento,abbiamo bisogno di un pensiero differente, che ci aiuti a capireun po' di più quello che sta succedendo, la pandemia di Coronavirusè come un meteorite che ci è caduto addosso senza darci il tempo diavere consapevolezza del pericolo.Non c'è bisogno neanche di presentarlo, perché è il protagonistaindiscusso degli ultimi 2-3 mesi, non si parla che di lui e si vive in suafunzione.Si tratta del nuovo Coronavirus, definito più correttamente SARS-CoV-2.Sappiamo - o pensiamo di sapere - tutto di lui, bombardati come siamoda media, televisioni, social che ce lo propongono in tutte le salse, dallaversione politicamente corretta dei virologi, infettivologi ed epidemiologi"ufficiali", a quella da spy story di un virus creato artificialmente in laboratoriocome arma chimica.In realtà si è detto tutto e il contrario di tutto, ed è comprensibile cambiareopinione in base al decorso di una pandemia fino a ora sconosciuta; maun'analisi va fatta, soprattutto per proteggerci da altre epidemie o disastriambientali da cui non saremo mai immuni.La centralità della scienzaNon è questo il momento del politicamente corretto, perché ne va del nostrofuturo, ma è il momento di capire quale debba essere il contributo dellascienza che mai, come in questo momento, ha bisogno di essere ridefinita,perché la scienza è tale se si mette continuamente in discussione; altrimentiparliamo di religione o, più in generale, di dogma.Affermare che la scienza non è democratica, vuol dire non capire la ricchezzae la complessità del processo scientifico, così come l'attività di divulgazionenon deve essere un processo cattedratico, con atteggiamenti presuntuosi.È opportuno ascoltare il parere di più esperti per avere un quadro più ampiodella situazione.Il virologo prof. Giulio Tarro, per esempio, sostiene che con il caldo il virusdovrebbe scomparire.Su questo ho (e non solo io) dei dubbi, tenuto conto dei focolai che si stannomanifestando in Africa e dell'epidemia di MERS-CoV (virus della stessa famigliadi coronavirus del SARS-CoV-2) nata in Paesi caldi, anche se è plausibile cheil virus si diffonda meglio in spazi chiusi, in ambienti freddi e umidi con pocaventilazione.Il professore sostiene anche che usare come vaccino naturale gli anticorpi di quelliche non si sono ammalati nonostante il virus (e i guariti), tramite infusione di plasma,sia una buona soluzione, peraltro sperimentata anche in Italia.Sempre secondo il prof. Tarro il virus avrebbe trovato terreno favorevole nellapianura padana a causa dell'elevato tasso di polveri sottili (PM 10), particelleinquinanti, la cui presenza accumuna tale zona italiana a Wuhan.Per molti studiosi, l'alta concentrazione di particolato nell'atmosfera della Lombardiapotrebbe aver contribuito alla diffusione del Covid-19.Potrebbe trattarsi di un virus "lombardo"?Devo dire che potrebbe non avere tutti i torti, perché sappiamo quanto contil'ambiente per gli esseri viventi, virus compresi: insomma è una questionedi Epigenetica...L'Epigenetica è la nuova frontiera della genetica che non tratta le caratteristichegenetiche (siamo alti o bassi, abbiamo gli occhi azzurri o neri in base ai nostrigenitori), bensì studia le modificazioni del DNA (o RNA) dovute a fattori ambientali,nutrizionali e anche comportamentali che si verificano quando delle molecole -contenute per esempio nel cibo o in agenti inquinanti - silenziano o attivano unparticolare gene, modificando il modo in cui si esprime.Il "nostro" virus è a RNA (una macromolecola che contiene l'informazione geneticacome fa il DNA, anche se ha una struttura meno complessa) e, forse, le primordialiforme di vita si basavano esclusivamente sull'RNA.Nei virus, come negli esseri umani, si possono verificare mutazioni epigenetiche,ovvero mutazioni che non incidono sulla sequenza genica ma, nel caso specifico,sulla struttura dell'RNA. Queste mutazioni possono essere indotte anche da fattori ambientali e qui siapre un nuovo capitolo...L'impatto che abbiamo sul PianetaAggressività e pericolosità dei virus a RNA sono regolate da fattori epigenetici,cioè dalla presenza di particolari molecole che regolano l'espressione genica,agganciandosi ai filamenti dell'RNA.La più importante di queste è la N6-Metiladenosina, che nell'organismo umanoprende parte a diversi processi biologici, tra cui le risposte a stress, fertilità,ritmi circadiani e sviluppo del cancro.Inserendo mutazioni che inattivano l'azione dell'N6-metiladenosina in pezzidi RNA, i ricercatori hanno scoperto che viene rallentata l'infezione virale.Lo studio è stato effettuato da un gruppo di ricercatori statunitensi sui virusdell'epatite C e di Zika. Perché, quindi, il principio non potrebbe esserevalido anche per gli altri virus a RNA, compreso il coronavirus SARS-CoV-2? E poi - se vogliamo dirla tutta - i virus, anche se non hanno vita autonoma ehanno bisogno di un organismo per replicarsi, sono "intelligenti", se nonaltro perché fanno parte dell'ecosistema naturale.Perché, allora, non dovrebbero modulare la loro moltiplicazione per mantenerel'infezione sotto controllo, in modo da non scatenare una massiccia rispostaimmunitaria che può ucciderli?Quindi, se vogliamo essere ottimisti, dobbiamo ascoltare il Prof. Isaac BenIsrael, che ci dice che il ciclo epidemico della SARS-CoV-2 è di 70 giorni,ovvero il virus raggiunge il picco di contagio entro 4-6 settimane per poicominciare una fase discendente che si concluderebbe intorno all'ottava-nonasettimana.Quindi, secondo il professore, il lock-down protratto a lungo potrebbe servirea poco. Da questo punto di vista bisogna andare con i piedi di piombo,perché, di fatto, le misure restrittive hanno contenuto il diffondersi dellapandemia e non sappiamo veramente quali siano le "intenzioni" del virusanche se, tutto sommato, non gli "converrebbe" attivare nostro sistemaimmunitario per un periodo troppo lungo.Per concludere, una gustosa curiosità...Nel 2000 a Gulu, un villaggio sulle rive del fiume Ivindo, nel Gabon, nelcorso di un'epidemia di Ebola, gli abitanti hanno applicato delle regoleche nulla hanno a che invidiare al nostro lock-down.È stato imposto l'isolamento dei pazienti in una casa speciale e distante dallealtre, i guariti dovevano curare gli ammalati (importanza dell'immunità!), glispostamenti tra un villaggio e l'altro erano limitati, non si dovevano averecontatti sessuali con i contagiati, erano sospesi i funerali e le danze rituali.Anche questi comportamenti hanno contribuito a far cessare l'epidemia.In ogni caso, non dimentichiamo mai che il "nostro" coronavirus segueanch'esso le leggi della Natura, perché fa parte di essa.(*) Vive e lavora a Latina come Medico Anestesista-Rianimatore. InsegnaFisioterapia alla Facoltà di Medicina e Farmacia dell'Università"Sapienza" di Roma e ha un Master in Giornalismo e ComunicazioneIstituzionale della Scienza. È autrice del saggio sull'epigenetica dal titolo"Viaggio al Centro della Vita alla ricerca della Mutazione K",edito da Go Ware.   I virus dallo spazio?pubblicato il 13 Maggio 2020 da ellistar2012Fonte: articolo riportato dall'InternetASTRONAUTI AMMALATII virus si propagano anche nello Spazio?(Image: © NASA)LUCA SERAFINIChe cosa accadrebbe se il coronavirus si diffondessein una navicella della NASA? Affronta l'argomentoun interessante articolo scientifico di Chelsea Gohd,"Getting sick in space: How would NASA handle anastronaut disease outbreak?" (Ammalarsi nello Spazio:come affronterebbe la NASA il caso di un astronautache si ammala?) pubblicato su Space.com.Nella foto di apertura: Gli astronauti della Expedition62 all'interno di una navicella di rifornimento SpaceXDragon CRS-20 in visita alla Stazione Spaziale Internazionale.Le maschere che indossano servono a proteggere daparticelle e sostanze irritanti che potrebbero essersistaccate all'interno del Dragon durante il volo.(Image: © NASA)Ammalarsi nello Spazio: le risposte della NASA«In rare occasioni nel corso della storia dei voli spazialiè successo che gli astronauti si siano ammalati durantela loro permanenza nello Spazio. Mentre erano in orbita, alcuni di loro hanno sofferto diinfezioni delle vie respiratorie superiori o di raffreddori,infezioni del tratto urinario e infezioni della pelle» hadetto a Space.com Jonathan Clark, ex medicodell'equipaggio del programma Space Shuttle della NASAe attuale professore associato di neurologia e medicinaspaziale presso il Center for Space Medicine del BaylorCollege of Medicine.Durante la missione Apollo 7, nel 1968, l'equipaggioprese il raffreddore e il fatto ebbe un impatto significativosul programma.Molto probabilmente il comandante Wally Schirra salì abordo con un leggero raffreddore e lo diffuse agli altrimembri dell'equipaggio.Gli astronauti finirono i medicinali presenti a bordo ei fazzoletti... e hanno avuto problemi a indossare ilcasco durante il rientro nell'atmosfera terrestre.Analoghi casi di raffreddore si sono registrati tra gliastronauti di Apollo 8 e Apollo 9.Quarantena pre-voloA seguito di queste esperienze, la NASA ha introdottonella pianificazione delle missioni una quarantena pre-voloper gli equipaggi delle navicelle spaziali.Inoltre, ha cominciato a studiare degli scenari più complessi.Per esempio, potrà succedere in futuro che gli equipaggidi missioni spaziali debbano combattere malattie ben piùgravi e in ambienti potenzialmente più difficili, per esempiosulla base lunare del programma Artemis.Il nostro astronauta Luca Parmitano (European Space Agency)all'opera durante lo studio delle possibili cause di patologieneurodegenerative, come il morbo di Alzheimer.Parmitano sta esaminando campioni di proteine per la forma-zione di amiloidi che differiscono dai campioni osservati sullaTerra.I risultati possono suggerire terapie preventive per la popolazionesulla Terra e gli astronauti in missioni a lungo termine.(Image: © NASA)Per quanto riguarda le emergenze mediche, gli astronauti sonostati finora curati a distanza all'assistenza medica a terra, graziealle crescenti capacità di comunicazione.Per esempio, i medici del Centro di Controllo sono stati in gradodi trattare un astronauta che ha subito un coagulo di sanguementre era a bordo della stazione spaziale.Come cambiano virus e batteri nello SpazioI modi in cui le infezioni si diffondono e come si comportano ivirus e le malattie nel corpo cambiano quando gli esseri umanivanno nello spazio.A causa dello stress fisico in un ambiente confinato senza lagravità, anche le malattie banali come il raffreddore possonoassumere un aspetto diverso per gli astronauti.I cambiamenti nei livelli degli ormoni dello stress e altreripercussioni fisiche del volo spaziale causano un cambiamentodel sistema immunitario.Mentre un astronauta potrebbe avere un buon sistemaimmunitario sulla Terra, potrebbe essere più suscettibile amalattie o addirittura a reazioni allergiche mentre è nelloSpazio.Il dott. Clark ha spiegato che virus come l'influenza o ilCOVID19 potrebbero essere trasmessi più facilmente inun ambiente a microgravità, come sulla Stazione SpazialeInternazionale: «L'assenza di gravità impedisce alle particelledi depositarsi, quindi rimangono sospese nell'aria epotrebbero essere trasmesse più facilmente.Per evitare questo, i compartimenti sono ventilati e ilsistema di areazione è dotato di filtri HEPA che rimuovonole particelle».Il risveglio dei virus dormientiGli scienziati hanno scoperto che i virus dormienti reagisconoalle sollecitazioni del volo spaziale.È stato accertato che virus come l'Herpes Simplex si riattivanodurante il volo spaziale.Inoltre, gli studi in corso hanno ipotizzato che una maggiorevirulenza batterica nello spazio possa rendere meno efficaci itrattamenti antibiotici.Per questo, in particolare nel caso di missioni extra-planetarie,l'equipaggio verrebbe messo in quarantena al ritorno sullaTerra, proprio come avveniva nelle missioni di ritornodalla Luna.L'astronauta della NASA Nicole Mann in esercitazioneall'interno del modello di navicella Orion, allo JohnsonSpace Center della NASA a Houston, Texas.(NASA/Bill Ingalls)