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« I virus dallo spazio?Nuove materie di studio. »

Altri metodi di indagine sul Coronavirus.

Post n°68 pubblicato il 13 Maggio 2020 da ellistar2012

Fonte: articolo riportato dall'Internet

IL VIRUS STUDIATO CON L'EPIGENETICA

La Natura è anche nella pandemia di Coronavirus

a cura della Prof.ssa Luciana Riccio (*)

Sono fermamente convinta che mai, come in questo momento,

abbiamo bisogno di un pensiero differente, che ci aiuti a capire

un po' di più quello che sta succedendo, la pandemia di Coronavirus

è come un meteorite che ci è caduto addosso senza darci il tempo di

avere consapevolezza del pericolo.

Non c'è bisogno neanche di presentarlo, perché è il protagonista

indiscusso degli ultimi 2-3 mesi, non si parla che di lui e si vive in sua

funzione.

Si tratta del nuovo Coronavirus, definito più correttamente SARS-CoV-2.

Sappiamo - o pensiamo di sapere - tutto di lui, bombardati come siamo

da media, televisioni, social che ce lo propongono in tutte le salse, dalla

versione politicamente corretta dei virologi, infettivologi ed epidemiologi

"ufficiali", a quella da spy story di un virus creato artificialmente in laboratorio

come arma chimica.

In realtà si è detto tutto e il contrario di tutto, ed è comprensibile cambiare

opinione in base al decorso di una pandemia fino a ora sconosciuta; ma

un'analisi va fatta, soprattutto per proteggerci da altre epidemie o disastri

ambientali da cui non saremo mai immuni.

La centralità della scienza

Non è questo il momento del politicamente corretto, perché ne va del nostro

futuro, ma è il momento di capire quale debba essere il contributo della

scienza che mai, come in questo momento, ha bisogno di essere ridefinita,

perché la scienza è tale se si mette continuamente in discussione; altrimenti

parliamo di religione o, più in generale, di dogma.

Affermare che la scienza non è democratica, vuol dire non capire la ricchezza

e la complessità del processo scientifico, così come l'attività di divulgazione

non deve essere un processo cattedratico, con atteggiamenti presuntuosi.

È opportuno ascoltare il parere di più esperti per avere un quadro più ampio

della situazione.

Il virologo prof. Giulio Tarro, per esempio, sostiene che con il caldo il virus

dovrebbe scomparire.

Su questo ho (e non solo io) dei dubbi, tenuto conto dei focolai che si stanno

manifestando in Africa e dell'epidemia di MERS-CoV (virus della stessa famiglia

di coronavirus del SARS-CoV-2) nata in Paesi caldi, anche se è plausibile che

il virus si diffonda meglio in spazi chiusi, in ambienti freddi e umidi con poca

ventilazione.

Il professore sostiene anche che usare come vaccino naturale gli anticorpi di quelli

che non si sono ammalati nonostante il virus (e i guariti), tramite infusione di plasma,

sia una buona soluzione, peraltro sperimentata anche in Italia.

Sempre secondo il prof. Tarro il virus avrebbe trovato terreno favorevole nella

pianura padana a causa dell'elevato tasso di polveri sottili (PM 10), particelle

inquinanti, la cui presenza accumuna tale zona italiana a Wuhan.

Per molti studiosi, l'alta concentrazione di particolato nell'atmosfera della Lombardia

potrebbe aver contribuito alla diffusione del Covid-19.

Potrebbe trattarsi di un virus "lombardo"?

Devo dire che potrebbe non avere tutti i torti, perché sappiamo quanto conti

l'ambiente per gli esseri viventi, virus compresi: insomma è una questione

di Epigenetica...

L'Epigenetica è la nuova frontiera della genetica che non tratta le caratteristiche

genetiche (siamo alti o bassi, abbiamo gli occhi azzurri o neri in base ai nostri

genitori), bensì studia le modificazioni del DNA (o RNA) dovute a fattori ambientali,

nutrizionali e anche comportamentali che si verificano quando delle molecole -

contenute per esempio nel cibo o in agenti inquinanti - silenziano o attivano un

particolare gene, modificando il modo in cui si esprime.

Il "nostro" virus è a RNA (una macromolecola che contiene l'informazione genetica

come fa il DNA, anche se ha una struttura meno complessa) e, forse, le primordiali

forme di vita si basavano esclusivamente sull'RNA.

Nei virus, come negli esseri umani, si possono verificare mutazioni epigenetiche,

ovvero mutazioni che non incidono sulla sequenza genica ma, nel caso specifico,

sulla struttura dell'RNA. 

Queste mutazioni possono essere indotte anche da fattori ambientali e qui si

apre un nuovo capitolo...

L'impatto che abbiamo sul Pianeta

Aggressività e pericolosità dei virus a RNA sono regolate da fattori epigenetici,

cioè dalla presenza di particolari molecole che regolano l'espressione genica,

agganciandosi ai filamenti dell'RNA.

La più importante di queste è la N6-Metiladenosina, che nell'organismo umano

prende parte a diversi processi biologici, tra cui le risposte a stress, fertilità,

ritmi circadiani e sviluppo del cancro.

Inserendo mutazioni che inattivano l'azione dell'N6-metiladenosina in pezzi

di RNA, i ricercatori hanno scoperto che viene rallentata l'infezione virale.

Lo studio è stato effettuato da un gruppo di ricercatori statunitensi sui virus

dell'epatite C e di Zika. Perché, quindi, il principio non potrebbe essere

valido anche per gli altri virus a RNA, compreso il coronavirus SARS-CoV-2?

 E poi - se vogliamo dirla tutta - i virus, anche se non hanno vita autonoma e

hanno bisogno di un organismo per replicarsi, sono "intelligenti", se non

altro perché fanno parte dell'ecosistema naturale.

Perché, allora, non dovrebbero modulare la loro moltiplicazione per mantenere

l'infezione sotto controllo, in modo da non scatenare una massiccia risposta

immunitaria che può ucciderli?

Quindi, se vogliamo essere ottimisti, dobbiamo ascoltare il Prof. Isaac Ben

Israel, che ci dice che il ciclo epidemico della SARS-CoV-2 è di 70 giorni,

ovvero il virus raggiunge il picco di contagio entro 4-6 settimane per poi

cominciare una fase discendente che si concluderebbe intorno all'ottava-nona

settimana.

Quindi, secondo il professore, il lock-down protratto a lungo potrebbe servire

a poco. Da questo punto di vista bisogna andare con i piedi di piombo,

perché, di fatto, le misure restrittive hanno contenuto il diffondersi della

pandemia e non sappiamo veramente quali siano le "intenzioni" del virus

anche se, tutto sommato, non gli "converrebbe" attivare nostro sistema

immunitario per un periodo troppo lungo.

Per concludere, una gustosa curiosità...

Nel 2000 a Gulu, un villaggio sulle rive del fiume Ivindo, nel Gabon, nel

corso di un'epidemia di Ebola, gli abitanti hanno applicato delle regole

che nulla hanno a che invidiare al nostro lock-down.

È stato imposto l'isolamento dei pazienti in una casa speciale e distante dalle

altre, i guariti dovevano curare gli ammalati (importanza dell'immunità!), gli

spostamenti tra un villaggio e l'altro erano limitati, non si dovevano avere

contatti sessuali con i contagiati, erano sospesi i funerali e le danze rituali.

Anche questi comportamenti hanno contribuito a far cessare l'epidemia.

In ogni caso, non dimentichiamo mai che il "nostro" coronavirus segue

anch'esso le leggi della Natura, perché fa parte di essa.

(*) Vive e lavora a Latina come Medico Anestesista-Rianimatore. Insegna

Fisioterapia alla Facoltà di Medicina e Farmacia dell'Università

"Sapienza" di Roma e ha un Master in Giornalismo e Comunicazione

Istituzionale della Scienza. È autrice del saggio sull'epigenetica dal titolo

"Viaggio al Centro della Vita alla ricerca della Mutazione K",

edito da Go Ware.

 
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