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LA CIVILTA' DELL'URARTU

Post n°1525 pubblicato il 30 Novembre 2017 da blogtecaolivelli

da le Scienze

La civilta' dell'Urartu
Il drammatico tracollo delle popolazioni del Nord

America in seguito all'arrivo dei coloni europei non

fu immediato. Le epidemie che falcidiarono l'87 per

cento della popolazione indigena iniziarono solo un

secolo dopo il primo contatto e coincisero con

l'insediamento delle chiese missionarie

Furono i Conquistadores i primi inquinatori del Sud America

L'impronta dei Conquistadores sull'ecosistema delle

coste peruviane

La dinamica del collasso delle popolazioni indigene

in seguito all'arrivo dei coloni europei nel Nuovo Mondo

fu molto più complessa di quanto ipotizzato e non

avvenne subito dopo i primi contatti. A dimostrarlo

è uno studio condotto da ricercatori della Harvard

University e della Southern Methodist University a

Dallas che ha permesso di ricostruire anche le enormi

conseguenze ecologiche di quello spopolamento,

descritte in un artcolo pubblicato sui "Proceedings

of the National Academy of Sciences".

Il drammatico declino delle popolazioni native americane

è un fatto accertato, ma c'è meno accordo sui tempi

in cui si verificò. Secondo molti studiosi le malattie

decimarono gli indigeni poco dopo il primo contatto

con gli europei, altri invece sostengono che si sviluppò

in modo più graduale, nel corso di molti anni.

Il collasso dei nativi americani e l'arrivo delle missioni

Ruderi di un antico villaggio pueblo in New Mexico. 

Le analisi condotte da Matthew J. Liebmann e colleghi

sui resti di 18 antichi villaggi della popolazione indigena

dei pueblos della valle di Jemez, nel New Mexico, dimostrano

adesso che entrambe le ricostruzioni sono imprecise.

Le epidemie scoppiarono quasi un secolo dopo i primi contatti,

in coincidenza con l'insediamento dei missionari. "Nel sud ovest,

il primo contatto tra i nativi e gli europei si è verificato nel 1539",

spiega Liebmann. "Ma la malattie presero piede solo dopo il 1620,

dopo di che si assistette a un rapido spopolamento fra il 1620

e il 1680". In soli 60 anni, la popolazione dei villaggi studiati

crollò infatti dell'87 per cento circa, passando da 6500 abitanti

a meno di 900.

Lo spopolamento ebbe un enorme impatto culturale e sociale,

con la perdita dei custodi della cultura tradizionale e delle

autorità sociali e religiose, ma non solo."Le persone che

vivevano in quei villaggi avevano bisogno di legname per

i tetti, il riscaldamento e la cottura", ha spiegato Liebmann

"Inoltre, disboscavano la terra per coltivare: in quelle aree

gli alberi non crescevano. Ma, con la moria degli abitanti,

le foreste ripresero a crescere e aumentarono gli incendi boschivi ".

Il collasso dei nativi americani e l'arrivo delle missioni

Ancora nel 1620 la valle di Jemez, nel New Mexico, ospitava

6500 indiani pueblo. (Matthew Liebmann)
La scoperta - osservano i ricercatori - ha un riflesso

sull'attuale dibattito intorno all'inizio di una nuova era

geologica, il cosiddetto Antropocene, caratterizzata

dall'influenza degli esseri umani sul clima su scala globale.

Alcuni studiosi vorrebbero far iniziare questa nuova epoca

nel 1610 quando, come mostrano le analisi dei carotaggi

nei ghiacciai, i livelli di CO2 scesero drasticamente in tutto

il pianeta, un fenomeno messo in relazione con il forte

aumento della vegetazione boschiva in tutto il Nord America.

"L'argomento fa perno sull'idea che lo spopolamento delle

Americhe sia stato così estremo da lasciare il segno nella

atmosfera e nel clima globale. Il sud ovest è stato uno dei

primi punti di contatto tra europei e nativi americani in quelli

che sarebbero diventati gli Stati Uniti, ma nel 1610 la

regione non aveva ancora sperimentato uno spopolamento

catastrofico, quindi è difficile sostenere che ciò sia avvenuto

in qualsiasi altra parte del Nord America in un breve lasso di tempo."

Per tracciare le dinamiche dello spopolamento, Liebmann e

colleghi sono ricorsi a un insieme di tecnologie, a partire dalla

mappatura aerea con la tecnica LiDAR, che usa il laser per

penetrare nella fitta vegetazione forestale e creare una

mappa con una precisione di pochi centimetri, tanto da

aver permesso di calcolare la struttura e l'architettura

dei 18 villaggi.

Successivamente i ricercatori hanno sviluppato un'equazione

basata sul volume di ogni singolo edificio mappato che ha

consentito di stimare quante persone vivessero nella zona.

I risultati sono stati poi messi in relazione con quelli

ottenuti da studi dendrocronologici (ossia basati

sull'analisi degli anelli di crescita degli alberi), che

hanno consentito di scoprire che proprio fra il 1630

e il 1650 si è verificata una rapida crescita forestale

in aree precedentemente tenute a coltura.

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