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Post n°3480 pubblicato il 28 Aprile 2022 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da Archeologia viva Il colle del Castello di Udine? Artificiale (e antichissimo)7 aprile 2022 Due ascensori per la storia Stanno portando a conclusioni sorprendenti le indagini archeologiche sul colle del Castello di Udine, eseguite nell'ambito della progettazione commissionata dal Comune per la realizzazione di due ascensori per l'accesso al piazzale in cima al colle. È stato accertato infatti che si tratta di una collina totalmente artificiale, realizzata in epoca pre-romana, probabilmente tra 3500 e 3000 anni fa, durante l'età del Bronzo. Il centro di Udine in un Modello digitale del terreno (DTM) ottenuto da altimetria laser aviotrasportata (Lidar). Si nota come il colle su cui si trova il castello sia un elemento anomalo in quanto si erge isolato in mezzo alla pianura. Gli fa riscontro l'ampia depressione in cui si trova Piazza I Maggio, da cui probabilmente sono state cavate buona parte delle ghiaie con cui è stata fatta la collina. (Immagine Dipartimento di Geoscienze Padova) Risultati inattesiLa realizzazione di un sondaggio stratigrafico era stata avviata lo scorso anno quando si erano individuate strutture medievali e rinascimentali. Poi nei mesi scorsi varie analisi archeologiche e geotecniche, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, hanno permesso di analizzare in dettaglio gli aspetti stratigrafici, paleoambientali e cronologici. Tali indagini sono coordinate da Alessandro Fontana, professore di geomorfologia del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova, in collaborazione con i Musei di Udine, nell'ambito del progetto "Archeologia Urbana a Udine", voluto dall'Assessorato alla Cultura del Comune. Foto dello scavo archeologico sulla parte sommitale del colle (dicembre 2021). Gli archeologi stanno lavorando sul riporto artificiale di ghiaie e argille costruito in epoca protostorica. Le mura sono di età medievale e rinascimentale. Sullo sfondo il castello di Udine Sorpresa: il Castello è su una collina (artificiale)Le ricerche finora realizzate hanno documentato che gli strati e le argille che costituiscono il colle non sono disposti secondo una sequenza naturale , ma sono stati invece accumulati artificialmente e che il materiale di riporto proviene in larga parte dalla zona che ora corrisponde a Piazza I Maggio (nella foto). Le nuove informazioni, unite alla re-interpretazione dei dati precedenti, dimostrano che il colle di Udine è quello che in linguaggio archeologico vien e chiamato "mound", ossia un rilievo costruit o dall'uomo. Già nelle fasi iniziali il tumulo raggiungeva probabilmente quasi 30 metri di altezza e aveva un volume superiore a 400.000 metri cubi con dimensioni dunque comparabili a quelle odierne. Caso senza precedentiLa scoperta è straordinaria, in quanto il colle artificiale di Udine costituisce un unicum, senza confronti in Italia ed è probabilmente il più grande di tutta Europa. Questa rivelazione rappresenta un significativo e inaspettato avanzamento riguardo alle nostre conoscenze delle capacità progettuali e realizzative delle comunità protostoriche e apre significative prospettive nella ricerca sia in ambito nazionale che europeo. Foto dello scavo archeologico sulla cima del colle di Udine (dicembre 2021). L'alternanza di ghiaie e terra di colore arancio in primo piano corrisponde al riporto di epoca protostorica, su cui poggiano le mura medievali e rinascimentali. Sullo sfondo la sottostante Piazza I Maggio In collina come in fortezzaInteressante è stato inoltre poter rilevare che la tecnica adottata per la realizzazione del tumulo è la medesima impiegata durante l'età del Bronzo e del Ferro nel resto della pianura friulana per edificare gli argini difensivi (aggeri) che proteggevano i villaggi fortificati chiamati "castellieri". Tra il 1400 e il 950 a.C. Udine infatti era sede del più grande di questi castellieri friulani, con un'estensione massima di quasi 20 ettari, e all'epoca era quindi il centro di riferimento principale. Perché fu costruita?Al momento rimane incerta la funzione di questa collina di enormi dimensioni, visibile da buona parte della pianura: indubbia è la sua monumentalità, a probabile celebrazione della grandezza della comunità protostorica locale. Le ricerche in corso stanno cercando di raccogliere informazioni utili a capire se potesse avere altre finalità oltre a quelle già individuate. E torna quella vecchia storia di AttilaQuanto emerso sembra anche ricollegarsi alla leggenda popolare, secondo cui la collina era stata realizzata dai soldati di Attila nella metà del V sec. d.C. affinché egli potesse vedere l'incendio di Aquileia da loro conquistata. Nella tradizione popolare è rimasto quindi il ricordo ancestrale di un'opera artificiale antica, ma il passare dei secoli ne ha alterato la memoria. Intanto si continua a indagare...Attualmente, con un proprio finanziamento, la Soprintendenza sta proseguendo le ricerche tramite alcuni nuovi carotaggi profondi, che permetteranno di valutare definitivamente la vera entità del mound protostorico e che forniranno ulteriori dati per precisarne le eventuali differenti fasi costruttive e le attività che potevano venire effettuate sul colle in epoca antica. Per la soprintendente Simonetta Bonomi «questa importante scoperta dimostra quanto l'instaurarsi di collaborazioni fra enti di ricerca e istituzioni possa portare a risultati proficui per il territorio e la comunità. Attendiamo ora con impazienza i risultati delle indagini in corso, fiduciosi che porteranno incisivi elementi di comprensione per lo studio della città di Udine e della sua importanza fin dalla protostoria sul territorio». |
Post n°3479 pubblicato il 28 Aprile 2022 da blogtecaolivelli
Articolo riportato da Archeologia viva Bacho Kiro: ancora novità in grotta 8 aprile 2022 I resti umani del più antico Homo sapiens "europeo", rinvenuti nella grotta di Bacho Kiro, attuale Bulgaria, oltre 45.000 anni fa, appartenevano a individui geneticamente più simili alle moderne popolazioni dell'Asia orientale che agli europei moderni. Un nuovo studio ha contestualizzato questi individui nell'ambito degli altri genomi eurasiatici del Paleolitico e analizzato congiuntamente genetica ed evidenze archeologiche. Il risultato inaspettato potrebbe spiegare la presenza di individui con tali caratteristiche genetiche nell'Europa di 45.000 anni fa. La ricerca è stata condotta da Leonardo Vallini e Luca Pagani del Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, in collaborazione con la Giulia Marciani e Stefano Benazzi dell'Università di Bologna Espansione ed estinzioneNello scenario proposto dagli autori, la colonizzazione dell'Eurasia è stata caratterizzata da ripetuti eventi di espansione ed estinzione locali a partire da un "hub" di popolazione, dove gli antenati di tutti gli eurasiatici hanno abitato dopo essersi avventurati fuori dall'Africa circa 70-60.000 anni fa. La deadline? 45.000 anni faUna prima espansione di Homo sapiens, che non ha lasciato discendenti, avrebbe avuto luogo prima di 45.000 anni fa e non è ancora chiaro quanto sia stata ampia dal momento che finora è stato identificato geneticamente un solo rappresentante di questa migrazione - scoperto nella grotta di Zlatý kůň (nell'attuale Repubblica Ceca) - e non assimilabile né alle popolazioni europee né a quelle asiatiche. «Successivamente intorno a 45.000 anni fa - spiega Leonardo Vallini, primo autore dello studio - una nuova espansione associata a una modalità di produzione di strumenti in pietra nota come Paleolitico superiore Iniziale si propagò da questo primo centro e colonizzò una vasta area che andava dall'Europa all'Asia orientale e all'Oceania». Una discendenza due destiniUn destino differente è toccato ai discendenti di questi antichi coloni in Asia ed Europa: mentre i primi hanno prosperato e ancora oggi abitano quelle regioni, i secondi si sono gradualmente estinti in gran parte d'Europa, lasciandosi alle spalle solo poche tracce in siti come Bacho Kiro, in Bulgaria, Oase in Romania e pochi altri. "Appuntamento" in SiberiaRiassume Luca Pagani: «Infine, un'ultima espansione avvenne prima di 38.000 anni fa e ricolonizzò l'Europa partendo dallo stesso fulcro di popolazione e la cui localizzazione è ancora da chiarire. Sebbene anche in Europa ci siano state interazioni occasionali con alcuni superstiti dell'ondata precedente, una mescolanza estesa e generalizzata tra le due ondate ha avuto luogo solo in Siberia, dove ha dato origine a una popolazione nota come Ancestral North Eurasian, che in seguito contribuirà al genoma dei nativi americani». Questa espansione è associata a un diverso tipo di cultura materiale denominato Paleolitico superiore che caratterizza i principali siti paleolitici europei. Scenario globale«È degno di nota il fatto che, da un punto di vista culturale, questi nuovi strumenti di pietra - sottolinea Telmo Pievani dell'Università di Padova e coautore dello studio - sono spesso stati interpretati come il risultato di uno sviluppo indipendente piuttosto che uno sviluppo locale di tecnologie preesistenti in Europa: è incoraggiante vedere che le conclusioni genetiche e culturali possono essere conciliate in uno scenario globale».
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Post n°3478 pubblicato il 11 Febbraio 2022 da blogtecaolivelli
Autrice: addetta alla biblioteca Olivelli- contrattista. I testi riportati integralmente di seguito ed in genere su questo blog hanno un valore di informazione del tutto documentale, per dire e dimostrare che fuori della scuola e del mondo della biblioteca scolastica c'è un mondo molto grande, l'intero pianeta su cui accadono migliaia di vicende e scoperte scientifiche, archeologiche, testimonianze di vita e civiltà passate, echi di mondi lontanissimi nel tempo che sono arrivati sino a noi a dimostrare a tutti che le persone e le civiltà passate sono le testimonianze dell'impegno continuo dell'uomo, nei secoli, nei millenni e nei milioni di anni per cercare di migliorare le condizioni di vita, passando per migliaia di tentativi e fallimenti, giunti fino a noi, a dimostrare che i progressi di oggi ebbero origine in epoche lontanissime, quando qualche uomo-scimmia, in epoca preistorica, decise di curare i suoi pazienti con la trapanazione del cranio e di curare le carie dei denti con sistemi sorprendenti per l'epoca moderna. Il riportare integralmente i testi, comunicano la meraviglia degli scopritori, tutta la soddisfazione dei risultati di un lavoro di scavo infinito, il comunicare ai lettori del mondo WEB, tutta la gioia, la soddisfazione e la meraviglia di questi risultati, con un enorme valore documentale, un valore aggiunto apprezzabile, che svanirebbe riportando le notizie con un estratto equesto non sarebbe giusto,perchè significherebbe ptrivare i lettori della meraviglia e dell'emozione di tali notizie. |
Post n°3477 pubblicato il 11 Febbraio 2022 da blogtecaolivelli
Fonte: risorse Internet Scoperto un pianeta a forma di patata Trovare un pianeta con una forma simile è davvero raro: ecco il suo identikit Siamo abituati a pensare che i pianeti abbiano forma più o meno sferica. Eppure se sono come WASP-103b, allora sono lontani dalle sfere perfette che abbiamo sempre immaginato. Una nuova scoperta infatti rivela che alcuni pianeti potreb- bero assomigliare di più a una patata. Come riporta il sito Inverse.com, il pianeta WASP-103b si trova attorno a una stella di tipo F a 1500 anni luce dalla Terra. Questa stella è più grande e più massiccia del Sole, e anche il pianeta è grande, circa una volta e mezzo le dimensioni di Giove. Un team internazionale di astronomi ha pubblicato nuove scoperte su Astronomy & Astrophysics che descrivono per la prima volta la strana forma del mondo. Sembra che a causa della vicinanza alla sua stella natale - meno di 20.000 miglia - le sollecitazioni delle maree portino WASP-103b ad avere una forma improbabile, che gli astronomi hanno paragonato a un pallone da rugby. Assomiglia anche un po' a un uovo o a una patata. I pianeti nel nostro Sistema Solare esistono a milioni di miglia dalla nostra stella ospite e impiegano almeno alcuni mesi, un anno (come la Terra) o molti anni per compiere un'orbita completa del Sole. Ma un gruppo di esopianeti noti come Hot Jupiters orbita attorno alle loro stelle di origine nel giro di pochi giorni, a volte solo ore. Gli astronomi hanno inizialmente scoperto WASP-103b nel 2014 e all'epoca hanno notato che il pianeta deve subire gravi stress di marea a causa della sua vicinanza alla stella natale: orbita attorno a WASP-103 in 22 ore. Questo non è il periodo orbitale più breve conosciuto, ma è abbastanza breve da rendere WASP-103b un mondo piuttosto estremo. Il pianeta si estende al suo equatore, trascinato dalle forze di marea in una forma oblunga, qualcosa di invisibile nel nostro Sistema Solare poiché i nostri pianeti sono troppo lontani dal Sole per un effetto del genere. Anche la luna di Giove, Io, che è allungata e tirata da Giove nel corso del suo periodo orbitale di 42 ore, rimane approssimativa- mente sferica. Trovare un pianeta come questo è raro: un altro pianeta, WASP-12b, è di dimensioni simili, di forma oblunga e ha un periodo orbitale simile, ma viene fatto a pezzi dalla sua stella natale e non è così ben dettagliato nelle osservazioni. |
Post n°3476 pubblicato il 11 Febbraio 2022 da blogtecaolivelli
Fonte: risorse Internet Se i diamanti sono i migliori amici di una ragazza, come vuole un celebre ritornello, allora ci sono due pianeti che ne sarebbero il paradiso. Di quelli in cui una donna non si sentirebbe mai sola. Lasciando le mode e passando alla scienza, su Urano e Nettuno 'piovono' diamanti. Rispetto ad altri pianeti del sistema solare, infatti, a prevalenza gassosa, i due citati hanno una composizione ben diversa. Composti prevalentemente di acqua, metano e ammoniaca, questa sostanza diventa sempre meno compatta spostandosi verso la superficie. La sua esatta costituzione non è del tutto chiara dal momento che il nucleo non è stato studiato in maniera precisa. Basti dire che le informazioni più recenti risalgono a tre decenni fa, con i limiti che le tecnologie del tempo avevano. Allora, la sonda Voyager 2 si era avvicinata all'esterno del sistema ma nulla di più. Sulla base dei dati a disposizione, analizzati con i metodi di oggi, emerge la possibilità che su Urano e Nettuno ci siano costanti piogge di diamanti. Come spiega esquire.com, questi pianeti avrebbero al loro interno una temperatura superiore ai seimila gradi Celsius (6.727 °C, a essere precisi) ma in superficie sono estremamente freddi. La pressione, inoltre, è sei volte superiore a quella della Terra. In tali condizioni, ammoniaca, metano e acqua normalmente reagiscono liberando molecole di carbonio che, combinandosi, fra loro secondo cristalli costituiscono i diamanti. Una volta formatisi, questi ricadono verso il basso, attraversando quindi gli strati più profondi del pianeta. E con l'aumentare delle temperature finiscono per vaporizzarsi, in un continuo processo che si ripete all'infinito. Non va certo immaginata come una piacevole spruzzata di cristalli nevosi da cui ci si può lasciar colpire per divertimento. In attesa di ulteriori conferme, però, ci piace immaginare questa pioggia di diamanti che Marylin Monroe amerebbe senza dubbio alla follia. |
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