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L'ingegneria genetica fa sapere che:

Post n°1689 pubblicato il 27 Luglio 2018 da blogtecaolivelli

Citazioni riportate integralmente da Le Scienze

26 luglio 2018

Il futuro di CRISPR è meno verde

Il futuro di CRISPR è meno verde (Igor Stevanovic/SPL/AGF)

Il portale dell'ingegneria genetica dichiara che:

"Una sentenza della Corte Europea ha stabilito che le piante

modificate con questa tecnica devono essere considerate come

OGM e regolamentate di conseguenza. La argomentazioni della

Corte però sono in netto contrasto con i pareri espressi dalla

comunità scientificadi Anna Meldolesi/CRISPerMan

geneticaagricolturaLe piante modificate con le nuove tecniche di

editing genomico sono degli OGM e come tali vanno regolamentate.

Lo stabilisceuna sentenza emessa dalla Corte Europea in relazione a

una richiesta di chiarimenti avanzata dalla Francia. La notizia rappresenta

una doccia fredda per i genetisti vegetali del Vecchio Continente, che

avevano salutato l'arrivo dell'editing, e in particolare della tecnica

CRISPR, come una grande chance per far ripartire la ricerca dopo 20 anni

di ostruzionismo politico-regolatorio sugli OGM.

Le argomentazioni della Corte sono in netto contrasto coni pareri

 espressi finora dalla comunità scientifica, secondo cui l'editing

meriterebbe una regolamentazione leggera e caso per caso, almeno

quando non comporta l'inserimento di materiale genetico estraneo.

Infatti, se l'intervento consiste nella semplice correzione delle lettere

del DNA della pianta, nella loro collocazione originaria, il risultato

può essere indistinguibile dalle sostituzioni nucleotidiche che

avvengono ogni giorno, in modo del tutto naturale, nel genoma di

tutti gli organismi. Da questo punto di vista, secondo i ricercatori,

il procedimento assomiglia alle pratiche convenzionali di miglioramento

genetico più che all'ingegneria genetica, che invece prevede lo

spostamento di interi geni da un organismo all'altro. Dalle moderne

biotecnologie, però, l'editing ha preso e sviluppato altri pregi, perché

consente di sapere esattamente cosa si va a cambiare, e permette

di farlo in modo mirato, mentre gli ibridatori convenzionali

modificano i genomi senza sapere esattamente quali mutazioni

trasferiscono e selezionano.

Se pensiamo all'ereditarietà come a una slot machine, per vincere

un set di caratteristiche utili con i metodi tradizionali occorrono

molte giocate e una grande dose di fortuna. La mutagenesi classica

(ottenuta con radiazioni e sostanze chimiche) ha dato agli agronomi

un pacchetto extra di monete da giocare, per usare la metafora

proposta da Carl Zimmer. Ma è solo con gli approcci biotech

degli ultimi decenni che ci siamo emancipati dalla tirannia della

sorte e, paradossalmente, sono proprio i procedimenti più avanzati

a finire nel mirino dei regolatori.

Il futuro di CRISPR è meno verdePianta di soia, una delle colture su cui sono state applicate tecniche per ottenere

OGM. (Igor Stevanovic/SPL/AGF)Sottoporre le piante editate

con CRISPR alla stessa mole di controlli e oneri burocratici a cui

oggi sottostanno gli OGM, come prevede la sentenza, significherebbe

far lievitare tempi e costi per lo sviluppo e la commercializzazione

di nuove varietà, mettere a rischio i finanziamenti per questo

promettente filone di ricerca, consegnare il futuro delle nuove

biotecnologie nelle mani dei paesi extra-europei più aperti all'innovazione

e delle grandi aziende sementiere che, a differenza della ricerca

accademica e delle piccole società, possono sobbarcarsi i costi della

sovraregolamentazione, almeno per quanto riguarda le materie prime

commercializzate su larga scala. Concretamente questo vorrebbe dire

rinunciare ad applicare CRISPR e altri metodi innovativi per risolvere

i problemi dei nostri prodotti tipici e del comparto produttivo europeo,

condannando le nuove biotecnologie a ripercorrere la stessa parabola

delle vecchie, e circoscrivendone il successo al regno delle commodities e

delle multinazionali.

La sentenza riconosce la possibilità di esentare dalle severe regole

relative a controlli pre-marketing, tracciabilità, etichettatura e

monitoraggio le piante prodotte con le tecniche di mutagenesi più datate,

incorrendo così nell'errore di scambiare l'età delle tecnologie per una

prova di sicurezza d'uso. Dal punto di vista scientifico si tratta di un

palese non-senso, perché si favoriscono i sistemi grossolani, a discapito

delle nuove tecniche di precisione.

La Corte non si è limitata a interpretare la legge, ma ne ha dato una lettura

politica, secondo Michele Morgante dell'Università di Udine, perché ha

preso per buoni i presupposti fallaci del Consiglio di Stato francese.

"Che errore sostenere che il genome editing muta gli organismi come non

avverrebbe in natura", commenta anche Emidio Albertini dell'Università

di Perugia. "Chi stabilisce quanti anni di coltivazione e consumo servono

perché i prodotti di una certa tecnologia siano considerati sicuri?", si chiede

Roberto Defez, del CNR di Napoli. Secondo il presidente della Società

italiana di genetica agraria, Mario Pezzotti, ora si pongono almeno due

problemi sul tavolo. Numero uno: stabilire lo spartiacque tra mutagenesi

tradizionale e non-tradizionale, chi lo farà e in base a quali criteri? Numero

due: risolvere il rebus della tracciabilità delle piante editate che, nel caso

di correzioni mirate, possono risultare indistinguibili dalle piante convenzionali.

"L'unica via d'uscita sarebbe riscrivere da capo la direttiva sugli OGM", ci ha

detto Pezzotti. La comunità scientifica, del resto, ha sempre sostenuto che

una buona regolamentazione dovrebbe discriminare i singoli prodotti sulla

base delle loro effettive caratteristiche e del profilo di rischio di ciascuno,

non del procedimento usato per produrli. Questo sì che assicurerebbe

un futuro più verde a CRISPR e all'innovazione nei campi."
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato nel blog CRISPerMania il 25 luglio 2018. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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