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Post n°1887 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli
A febbraio 2019, in libreria. "Shadwell costruisce una pittura orientalistica su Karim, descrivendolo secondo i parametri con i quali gli occidentali hanno sempre definito l'Altro, visione della quale parla ampiamente Edward Said nel suo volume Orientalismo. Un riflesso deformato e ambiguo fa raccontare l'Altro e lo imprigiona in stereotipi che sopravviveranno all'epoca coloniale. Il Budda delle periferie é ambientato negli anni Settanta e risale proprio a quegli anni ( 1971 ) un dibattito girato per la BBC con protagonista Stuart Hall dal titolo"Black Men, White Media" ( "Uomini neri, media bianchi" ), nel quale Hall faceva notare come i media rappresentassero i black seguendo proprio le categorie di cui parla Said e soprattutto secondo la rappresentazione che si aspettava il middle man, ovvero l'uomo medio, bianco e borghese. E' esattamente la stessa rappresentazione che il regista Shadwell vuole dare dell'indiano, facendo sembrare Karim ancora più scuro di quello che è e ordinandogli di parlare con un accento dalle forti tinte indiane. Sarà l'amica Jamila, ragazza fortemente politicizzata, a fare notare a Karim la rappresentazione dell'indiano che egli ha contribuito ad avallare: [...] La commedia è completamente neo-fascista. Ed era rivoltante, l'accento e la merda che ti eri spalmato addosso. Stavi solo arrendendoti ai pregiudizi. [...] E i cliché sugli indiani. E l'accento- mio Dio, come hai potuto farlo? Te ne vergognerai, spero. Alle prime timide resistenze del ragazzo il regista gli rivela perché lo ha scelto: "Karim, tu sei stato scritturato per l'autenticità e non per l'esperienza" . Come afferma Silvia Albertazzi: "Questo concetto di autenticità é molto importante nel mondo di Kureishi. E' impiegato con un duplice significato, sia per indicare valori indigeni positivi ed originali, sia per indicare un'immagine negativa e stereotipata dell'alterità . Ma autentico é un aggettivo che non si addice a Karim, frutto dell'unione tra due culture e che viene ad occupare uno spazio ibrido, non spazio propriamente definito quanto piuttosto "territorio concettuale, nel quale avviene uno scambio culturale". Questo concetto di ibridismo é stato impiegato anche da Homi Bhabha che parla di third space, ( terzo spazio ), uno spazio in-between, che si viene a collocare nel mezzo, tra colonizzato e colonizzatore "all'interno del quale stanno il significato, la traduzione e la negoziazione" . Il regista Shadwell racconta in questo modo l'ibridismo di Karim: Che razza di individui sono nati da duecento anni di imperialismo. Se ti potessero vedere i pionieri della Compagnia delle Indie. Come sarebbero disorientati. Scommetto che la gente ti guarda e dice: "Un ragazzo indiano. Com'è interessante. Com'è esotico. Chissà quante storie di zie e di elefanti avrà da raccontarci." E invece tu sei di Orpington. [...] Oh Dio, che strano mondo. Il migrante è l'uomo qualunque del ventesimo secolo. Gli inglesi come Shadwell vorrebbero un mondo diviso in due blocchi monolitici, l'oriente e l'occidente e fanno fatica ad accettare l'esistenza di figure che si pongono tra più territori e tra più culture, rifiutano, in breve, quella che Paul Gilroy ha definito la "controcultura della modernità . In un saggio molto interessante intitolato "Bradford", Kureishi ritrae la città inglese come un simbolo di quella che egli chiama "un'Inghilterra allargata" , formata da tassisti pakistani che parlano con l'accento dello Yorkshire, da scuole musulmane femminili o maschili e dove si intrecciano miriadi di lingue "impure", fra cui l'inglese dello Yorkshire, quello anglo-asiatico, l'urdu e il punjabi. Ma molti inglesi rifiutano e ignorano queste "città allargate", negazione del concetto monolitico di etnia ( Rushdie a proposito della Londra multiculturale aveva parlato di "una città visibile ma non vista" ) e rimangono ancorati al concetto di un' Inghilterra "pura", come quella descritta da GeorgeOrwell e T.S. Eliot. A fare le spese della diffidenza di certi inglesi nei confronti delle nuove etnie é Chad, personaggio del romanzo di Kureishi The Black Album : ragazzo di origine pakistana adottato da una coppia di inglesi, egli si sente un perenne outsider proprio a causa della sua "doppia coscienza". La sua storia viene raccontata in questo modo da una sua insegnante: Una volta si chiamava Trevor Buss [...] E' stato adottato da una coppia bianca. La madre era una razzista , ce l'aveva coi pakistani e ripeteva sempre che erano loro a doversi adattare [...]. Ha conosciuto le classiche case di campagna inglesi e i loro ancora più tipici abitanti [...]. In ogni caso il senso di esclusione l'ha fatto quasi impazzire [...]. A quattordici anni si è accorto di non avere radici, di non avere nessun rapporto coi pakistani, di non conoscere neanche la lingua. Così è andato a lezione di urdu. Ma quando a Southall chiedeva il sale, tutti scoppiavano a ridere per il suo accento. In Inghilterra i bianchi lo guardavano come se stesse perrubargli la macchina [...]. Ma in Pakistan lo guardavano con diffidenza ancora maggiore [...]. Una volta mi ha detto: "Sono senza casa." E io: non hai un posto dove dormire?" "No", rispose, "non ho una patria" [...]. Così non so neanche cosa voglia dire essere un cittadino. poiché il suo urdu rivela un forte accento inglese, il suo é un linguaggio ibrido che viene guardato con sospetto anche da coloro i quali hanno le sue stesse radici, ma che si rinchiudono in comunità omogenee non accettando elementi ibridi come Chad. Il romanzo The Black Album é ambientato alla fine degli anni Ottanta, in seguito all'uscita dei Versi satanici di Rushdie e durante la condanna del libro da parte dei giovani fondamentalisti islamici che vivevano in Inghilterra . Nel libro Kureishi racconta come possa essere possibile che un ragazzo nato in Inghilterra si converta all'Islam e accetti tutte le restrizioni che questa religione impone. Chad é l'esempio paradigmatico di quello che può "scattare" nella testa di questi giovani: non sentendosi accettato né dagli inglesi né dai pakistani diventa un fondamentalista islamico, assumendo un'identità non nazionale, bensì transnazionale. In questa veste egli si sente accettato, poiché nessuno gli chiederà mai la sua nazionalità. Chad é semplicemente un "fratello", un "fratello islamico", ma la cosa più importante é che egli non sarà più considerato un "paki". "Non sono più un paki, io sono un musulmano" , afferma Chad con orgoglio, non più "paki", appellativo di sapore razzista, ma orgogliosamente "musulmano". Ma il suo é un atteggiamento assolutista e separatista, allo stesso modo in cui erano assolutisti e separatisti gli afro-americani come Elijah Muhammad, l'uomo che si autoproclamava "il messaggero dell'Islam" e che alla metà degli anni Sessanta andava predicando che il potere dei "diavoli bianchi" avrebbe avuto fine nell'arco di quindici anni, nel nome di Allah e della Nazione islamica. Al concetto di "transazione islamica" dei fondamentalisti come Chad bisogna opporre una convivenza definita post-nazionale dall'antropologo indiano Arjun Appadurai , "fondata sulla solidarietà, sulla reciprocità, sul riconoscimento e la valorizzazione della differenza" . In questo modo anche la Bradford ibrida descritta da Kureishi non verrebbe più ignorata e il suo interculturalismo sarebbe valorizzato da tutti i suoi abitanti.Concludo questo saggio riportando un'affermazione che Hanif Kureishi ama molto fare e che testimonia l'appartenenza, sua e di molti personaggi dei suoi romanzi, ad una Londra ibridizzata: "Sono cresciuto a Londra. E' la mia città. Non sono inglese, ma londinese." Anche Kureishi, come Karim, è "un inglese dalla testa ai piedi, o quasi." |
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