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Post n°2643 pubblicato il 25 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Prevenire le epidemie future (parte 2)

A oltre due mesi dall'inizio dell'epidemia - e sette settimane

dopo che il governo cinese ha imposto restrizioni ai trasporti

in tutta la città di Wuhan, una metropoli con 11 milioni di

abitanti - la vita sembra quasi normale, commenta Shi r

idendo. "Forse ci stiamo abituando.

Sicuramente il peggio è passato." I dipendenti dell'istituto

hanno un pass speciale per viaggiare da casa al laboratorio,

ma non possono andare altrove. Per oltre un mese, durante

le lunghe ore in laboratorio hanno dovuto accontentarsi di

pasti precotti perché la mensa dell'istituto era chiusa.

I ricercatori hanno scoperto che il nuovo coronavirus

entra nelle cellule polmonari umane usando un ricettore

detto enzima convertitore dell'angiotensina 2 (ACE2).

Da allora gli scienziati stanno selezionando farmaci in

grado di bloccarlo.

E come altri gruppi di ricerca, si stanno affrettando a

sviluppare vaccini e testare candidati promettenti.

Nel lungo periodo, il team punta a sviluppare vaccini e

farmaci ad ampio spettro contro i coronavirus ritenuti

rischiosi per gli esseri umani.

"L'epidemia di Wuhan è un campanello d'allarme",

avverte Shi.

 

Molti scienziati sostengono che il mondo non debba

limitarsi a reagire ai patogeni mortali quando si presentano.

"Il progresso migliore è la prevenzione", commenta Daszak.

Dato che il 70 per cento delle malattie infettive

trasmesse dagli animali proviene dalla selvaggina -

aggiunge - "il punto di partenza dovrebbe essere

trovare tutti quei virus negli animali selvatici a livello

globale e sviluppare test diagnostici migliori".

Sostanzialmente, si tratterebbe di continuare il lavoro

di ricercatori come Daszak e Shi, ma su scala molto

più ampia.

Questi impegni dovrebbero concentrarsi sui gruppi

virali ad alto rischio in alcuni mammiferi esposti alle

infezioni da coronavirus come pipistrelli, roditori,

tassi, zibetti, pangolini e primati non umani, commenta

Daszak. E aggiunge che in questa battaglia contro i

virus dovrebbero essere in prima fila i paesi in via di

sviluppo che si trovano nelle zone tropicali con la

maggiore varietà di animali selvatici.

Malattie emergenti in un mondo che cambia

Negli ultimi decenni, Daszak e i suoi colleghi hanno

analizzato circa 500 malattie infettive umane del

secolo scorso.

Hanno scoperto che, tendenzialmente, i nuovi patogeni

sono comparsi in luoghi dove una popolazione ad alta

densità aveva modificato il paesaggio: costruendo strade

 e miniere, tagliando le foreste e intensificando l'agricoltura.

"La Cina non è l'unico luogo a rischio", osserva,

aggiungendo che sono a forte rischio anche altre grandi

economie emergenti, come India, Nigeria e Brasile.

Una volta mappati i potenziali patogeni - spiega Gray -

gli scienziati e le autorità sanitarie possono verificare

periodicamente eventuali infezioni analizzando campioni

di sangue e tamponi prelevati dal bestiame, dagli

animali selvatici allevati e venduti, nonché da popolazioni

umane ad alto rischio come allevatori, minatori e chi

vive vicino ai pipistrelli, oppure caccia o maneggia

animali selvatici.

Questo metodo, detto "One Health", punta a integrare

la gestione della salute di animali selvatici, bestiame e

persone.

"Solo allora riusciremo a fermare un focolaio prima che

si trasformi in un'epidemia", spiega, aggiungendo che

questo metodo potrebbe potenzialmente risparmiare

le centinaia di miliardi di dollari che può costare una simile

epidemia.

Tornata a Wuhan, la Bat Woman cinese ha deciso di lasciare

la prima linea delle spedizioni di caccia ai virus.

"Ma la missione deve andare avanti", spiega Shi, che continuerà

a dirigere programmi di ricerca.

"Quello che abbiamo scoperto è solo la punta dell'iceberg.

" Il team di Daszak ha stimato che nei pipistrelli in tutto il mondo

esistano ben 5000 ceppi di coronavirus che aspettano di

essere scoperti.

Shi sta allestendo un progetto nazionale per campionare

sistematicamente i virus nelle caverne dei pipistrelli, in modo

molto più ampio e intenso rispetto ai precedenti tentativi del

suo team.

"I coronavirus trasmessi dai pipistrelli provocheranno altre

epidemie", dice preoccupata con un tono di certezza.

"Dobbiamo trovarli prima che ci trovino loro."
-------------------------(L'originale di questo articolo è stato

pubblicato su "Scientific American" l'11 marzo 2020.

Traduzione di Lorenzo Lilli, editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)  

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