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Notizie sui rifiuti radioattivi.

Post n°2650 pubblicato il 27 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

 

29 gennaio 2020

L'inaspettata corrosione dei fusti nucleari

© Chromorange Photostock / AGF Una simulazione

delle condizioni di stoccaggio dei rifiuti nucleari ha

evidenziato un processo accelerato di corrosione

sulla superficie di contatto tra l'acciaio dei fusti e il loro

contenuto radioattivo.

La scoperta mette in discussione i progetti di depositi per

scorie a elevata attivitàI metodi stoccaggio a lungo termine

delle scorie nucleari potrebbero essere meno affidabili e

duraturi di quanto ritenuto.

Il loro punto debole, finora sottovalutato, è la corrosione dei

fusti di acciaio inossidabile che viene accelerata, in ambiente

acquoso, dal contatto con le scorie contenute negli stessi fusti.

L'allarme è stato lanciato da uno studio pubblicato su "Nature

Materials" da Xiaolei Guo e colleghi dell'Ohio State University

a Columbus, negli Stati Uniti, che richiama l'attenzione sulla

necessità di riconsiderare attentamente l'interazione tra i diversi

materiali che si progetta di usare in questo delicato campo di

gestione delle scorie radioattive militari e civili.

Questi nuovi risultati riguardano in particolare lo smaltimento

definitivo dei rifiuti radioattivi di elevata attività, cioè quelli

che rimarranno pericolosi per gli esseri umani e per l'ambiente

ancora per centinaia di migliaia di anni.

Quasi tutte le nazioni con attività nucleari hanno in progetto lo

stoccaggio in siti geologici profondi.

Questo metodo, considerato da alcuni esperti uno dei più sicuri,

prevede l'immagazzinamento in appositi siti che, per le loro

caratteristiche intrinseche, garantirebbero un isolamento dalle

attività umane e una stabilità su tempi molto lunghi.

Prima di essere accumulate, le scorie a elevata attività sono

trattate, poi imprigionate nel vetro o nella ceramica e infine

sigillate in contenitori di acciaio inox per impedirne l'interazione

con l'ambiente.

Il problema è che gli attuali standard di sicurezza di questi

metodi di stoccaggio valutano la corrosione dei singoli gruppi

di materiali in modo indipendente, trascurando le potenziali

interazioni tra materiali diversi che si trovano a contatto nei

fusti.

Guo e colleghi hanno considerato l'interfaccia tra la superficie

interna dei fusti di acciaio e le scorie e ne hanno studiato la

corrosione in condizioni di deposito simulato per 30 giorni.

Hanno scoperto così che la corrosione di vetro e ceramica è

notevolmente accelerata proprio nell'area di contatto tra

scorie e acciaio inossidabile.

Un deposito per i rifiuti radioattivi

di Giovanni Zagni e Davide Maria De Luca

In sostanza, con il raffreddamento delle scorie depositate in

un ambiente acquoso, fenomeni corrosivi localizzati dell'acciaio

dei fusti potrebbero far percolare acqua al loro interno, nello

spazio confinato tra la superficie di acciaio e la massa vetrosa.

La dissoluzione dell'acciaio genera cationi metallici, ovvero

ioni metallici con carica elettrica positiva, che vanno incontro a

idrolisi, producendo protoni.

Questi aumentano fortemente l'acidità locale, che a sua volta

rinforza la corrosione dell'acciaio e provoca quella del materiale

vetroso e di conseguenza la liberazione delle specie radioattive.

Un processo molto simile si verifica anche nella ceramica.

Gli autori sostengono che un simile effetto di promozione

della corrosione potrebbe, a lungo andare, portare al rilascio

di materiale radioattivo nell'ambiente.

Questo rischio, finora trascurato, dovrebbe essere considerato

attentamente nelle valutazioni dei materiali destinati allo

stoccaggio delle scorie. (red)

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