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Notizie sulla pandemia...

Post n°3208 pubblicato il 27 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

LE ORIGINI DELLA PANDEMIA

Il coronavirus potrebbe essere rimasto inattivo ovunque

da chissà quanti anni.

Lo sostiene un esperto dell'Università di Oxford, secondo

il quale anche la trasmissione per via respiratoria non sarebbe

la strada giusta da seguire

di Biagio Simonetta

Covid-19, India: 700mila casi, terzo paese più colpito al mondo

3' di lettura

Altro che Cina, il coronavirus potrebbe essere rimasto inattivo

un po' in tutto il mondo per chissà quanti anni, prima di riattivarsi

grazie a nuove condizioni ambientali favorevoli.

È la tesi di Tom Jefferson, medico al Center for Evidence-Based

Medicine (Cebm), con sede al Dipartimento di Scienze della

salute delle cure primarie di Nuffield, presso l'Università di Oxford.

Jefferson - secondo quanto riporta il quotidiano inglese The Telegraph

- sostiene che ci siano prove sempre più consistenti che il virus

fosse già altrove, ben prima che emergesse a Wuhan.

Una teoria che farebbe traballare tutto ciò che sappiamo fino a

oggi su questa pandemia.

Tracce in giro per il mondo

La tesi si rafforza grazie alla scoperta di alcuni virologi spagnoli,

che la scorsa settimana hanno annunciato di aver trovato tracce

del coronavirus in campioni di acque reflue raccolti nel marzo 2019,

circa dieci mesi prima che Wuhan diventasse il focolaio del mondo.

Anche in Italia, giova ricordarlo, alcune tracce del virus sono state

rinvenute nei campioni di acque reflue di Milano e Torino risalenti a 

metà dicembre 2019.

E in Brasile una analisi analoga riporta a novembre.

Tom Jeffersonritiene che molti virus siano inattivi in tutto il mondo

ed emergano quando le condizioni diventano favorevoli.

Un meccanismo che potrebbe anche voler dire che i virus riattivati

possano svanire rapidamente dopo un picco.

«Dov'è oggi il virus Sars 1? È appena scomparso» ha detto il medico

inglese al Telegraph, aggiungendo, «Dobbiamo porci queste domande.

Dobbiamo iniziare a ricercare l'ecologia del virus, capire come ha

avuto origine, come è mutato.

Penso che il virus fosse già qui, e "qui" significa ovunque.

Potremmo essere davanti a un virus dormiente che è stato attivato

dalle condizioni ambientali».

Per sostenere la sua teoria, Jefferson - che è anche professore alla

Newcastle University - ricorda che a inizio febbraio c'è stato un caso

di coronavirus alle Isole Falkland: «Com'è arrivato laggiù? Chi lo

ha portato?».

E poi ancora: «Una nave da crociera è andata dalla Georgia del Sud

a Buenos Aires, i passeggeri sono stati sottoposti a screening e poi,

l'ottavo giorno, quando hanno iniziato a navigare verso il Mare di

Weddell, è emerso il primo caso di infezione.

Dov'era il virus? Nelcibo preparato che era stato scongelato e attivato?».

L'esperto ricorda che cose strane come questa «sono successe con

l'influenza spagnola». Nel 1918 «circa il 30% della popolazione delle

Samoa (isole dell'oceano Pacifico meridionale, ndr) morì di influenza

spagnola e non aveva avuto alcuna comunicazione con il mondo esterno.

Quando il virus si «accende»

La spiegazione di quanto accaduto, allora, potrebbe essere solo che questi

virus non vengono né vanno da nessuna parte.

Sono sempre qui e qualcosa li accende, forse la densità umana o le

condizioni ambientali.

E questo è ciò che dovremmo cercare».Il dottor Jefferson ritiene

che il virus possa essere trasmesso attraverso il sistema fognario o

servizi igienici condivisi, non solo attraverso goccioline espulse

parlando, tossendo e starnutendo.

E per questo, insieme al collega Carl Henegehan (direttore del Cebm)

chiedono un'indagine approfondita simile a quella condotta da John

Snow nel 1854, che dimostrò come il colera si stesse diffondendo a

Londra da un pozzo infetto a Soho.

Per i due medici inglesi, insomma, si deve cambiare l'approccio di ricerca

sul coronavirus.

Perché la teoria della trasmissione respiratoria non sarebbe del tutto

convincente.

«I focolai devono essere investigati correttamente.

Bisogna fare ciò che John Snow ha fatto con il colera.

Mettere in discussione tutto, e iniziare a costruire ipotesi che si adattano

ai fatti. Non viceversa».

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