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Messaggi del 26/07/2017
Post n°1397 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Sì, le patate possono crescere su Marte Secondo uno studio dell'Internazionale Potato Center ci sarebbero buone possibilità di coltivare le patate su Marte.Fonte: PixabaySecondo uno studio dell'Iternational Potato Center (IPC) di Lima, esisterebbero buone possibilità che le patate possano essere coltivate su Marte. Le prime prove sperimentali hanno mostrato risultati significativi; si è pronti a procedere verso una seconda fase dell'esperimento in cui sarà possibile avere conferme ulteriori e maggiori dettagli.In futuro, verranno perciò analizzati ulteriori dati in modo da scoprire quali qualità del tubero meglio si adattano alle condizioni del Pianeta Rosso. La patata rimane, ad oggi, una delle materie prime con il miglior contributo calorico. Sebbene la ricerca possa sembrare del tutto inutile a un primo sguardo, sapere che è possibile coltivare l'alimento su un intero pianeta segnerebbe una scoperta sconvolgente per il futuro. Lo studio sulle capacità di adattamento della patata L'IPC, come già scritto, ha condotto lo studio per comprendere se fosse possibile coltivare le patate su Marte. I costi della ricerca sono stati finora abbastanza limitati. Non è stato infatti necessario (almeno per il momento) provare a coltivare nello Spazio. I ricercatori hanno semplicemente ricreato alcune delle condizioni che caratterizzano il Pianeta Rosso all'interno di un contenitore a tenuta stagna. La temperatura, la pressione atmosferica, l'ossigeno e il livello dell'anidride carbonica dell'ambiente artificiale, riproducono esattamente i valori di Marte. Dopo aver proceduto alla semina, una videocamera interna ha mostrato i primigermogli della patata. I ricercatori eseguiranno ulteriori test per conoscere quale tipo si adatti meglio al terreno marziano e per controllare ulteriori variabili che potrebbero influenzare la coltivazione. Le risorse primarie nel futuro Uno dei problemi che il genere umano da sempre cerca di affrontare è la divisione delle risorse limitate, fra queste prima di tutto le risorse alimentari. Sapere che è possibile coltivare le patate su Marte s embra una conoscenza del tutto inutile ad uno sguardo superficiale, ma potrebbe invece essere unascoperta rivoluzionaria. Se davvero il tubero riuscisse a crescere in un ambiente diverso da quello della Terra, in un futuro non così lontano potremmo arrivare a coltivare su altri pianeti. Ciò significherebbe un cambiamento di tutte le politiche legate allo sfruttamento delle risorse naturali e permetterebbe al genere umano di superare uno dei problemi che da sempre affligge l'esistenza. |
Post n°1396 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
Lo spazio è sempre stato oggetto di interesse da parte dell'uomo da tempo immemore: dalla preistoria ad oggi, la volta celeste ha attirato speculazioni scientifiche,entrando nel nostro immaginario come ambito della sterminata grandezza di quanto non sappiamo sul nostro universo. A maggior ragione i pianeti della nostra galassia, diventati raggiungibili da decenni, sono i primi corpi celesti ad essere stati scandagliati dal nostro occhio. E tra questi c'è Marte raggiunto recentemente da sonde e di cui abbiamo dati sensibili su cui si possono costruire teorie fondate. Ma c'è vita su di esso? Questa è una delle domande più ricorrenti e affascinanti in riferimento a tale argomento. E le ultime notizie potrebbero aprire nuovi scenari. Marte contiene ancora ghiaccio sia in superficie che sotto di essa, quindi esistono organismi vivi? Forse. Appena sotto la superficie, degli ipotetici microbi sarebbero protetti dagli alti livelli di radiazione che permea attraverso la sottile atmosfera del pianeta. Purtroppo potrebbe esserci un problema non di poco conto. La pressione atmosferica su Marte è così bassa (da un centesimo fino a un millesimo di quella terrestre) che l'acqua può facilmente evaporare, indipendentemente dalla temperatura rigida di Marte. L'acqua bollente non è favorevole alla vita, come si può immaginare, anche per gli estremofili, il cui DNA potrebbe essere danneggiato senza possibilità di ritornare ad uno stato ottimale. Batteri metanogeni ed una ricerca soprendente I batteri metanogeni, come dice il nome, convertono l'idrogeno in metano senza utilizzare ossigeno, con lo scopo di di ottenere energia in con lo scopo di di ottenere energia in un processo noto come respirazione anaerobica. Essi potrebbero essere presenti in sacche d'acqua su Marte. Ciò è stato oggetto di ricerca di un team della University of Arkansas a Fayetteville, che ha utilizzato quattro specie di metanogeni e li ha inseriti in ambienti simulati simili a quelli acquosi di Marte mettendoli sotto bassissime pressioni. Dopo un massimo di 21 giorni a pressioni fino ad un sei millesimi di quelle che si trovano sul nostro pianeta, tutte le quattro specie sono sopravvissute. "Questi esperimenti dimostrano che per alcune specie, la bassa pressione può non aver alcun effetto sulla vita dell'organismo" dice l'autore della r icerca,Rebecca Mickol, un astrobiologo presso l'Università in questione. La vita su Marte è una possibilità: necessitiamo di altri dati, ma un passo per una maggiore conoscenza è stato fatto. |
Post n°1395 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Il deserto di Atacama in Cile è il luogo della Terra più simile a Marte Fonte: GettyImages Il deserto di Atacama in Cile è il luogo della Terra più simile a Marte. Se sul Pianeta Rosso c'è vita, è molto probabile che si possa trovare nelle grotte e nel sottosuolo. Lo sostiene l'astrobiologo cileno Armando Azua, del Blue Marble Space Institute of science di Seattle, che ha presentato i suoi studi in una conferenza stampa. "Quello di Atacama è il deserto più secco e antico della Terra, vecchio 150 milioni di anni. Nella sua estensione, dalla costa fino all'interno, si può percorrere il passato della vita di Marte", spiega Azua. Nelle sue ricerche ha trovato varie forme di vita che si sono adattate alle condizioni del deserto. In una caverna più vicino alla costa ha trovato, sopra una ragnatela, dei microrganismi verdi capaci di fare la fotosintesi, che "si erano adattati a vivere sulla ragnatela sfruttando le gocce d'acqua che si accumulavano sui suo fili la mattina". "A un metro di profondità del sottosuolo abbiamo trovato dei batteri - continua Azua -. La vita nel deserto di Atacama è come vedere delle mummie viventi che camminano, capaci di tollerare e continuare a funzionare bene quasi senza acqua. Se su Marte si trovassero delle forme di vita come quelle terrestri, si può pensare che la vita sulla Terra sia arrivata con un meteorite marziano, e che quindi gli alieni siamo noi". |
Post n°1394 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Tra le ultime promesse di Barack Obama prima di lasciare la Casa Bianca c'è stato l'annuncio di una futura colonizzazione del pianeta Marte: "Gli Stati Uniti invieranno uomini su Marte entro il decennio che inizia nel 2030", ha dichiarato il presidente americano riferendosi ad una collaborazione della Nasa con aziende private. A questo punto si apre però un secondo 'fronte' spaziale, ovvero cosa mangeranno i coloni sul 'pianeta rosso'. A provare a dare una risposta a questo quesito è intervenuta Stefania De Pascale, docente di ortofloricolturaall'Università Federico II di Napoli, che da anni collabora con l'Agenzia spaziale italiana (Asi) e l'Agenzia spaziale europea (Esa) "Grazie al progetto di ricerca europeo 'Melissa', stiamo lavorando da anni per selezionare le cultivar, i tipi di piante, adattare le tecniche di coltura e sviluppare metodi di raccolta e conservazione dei prodotti' - ha dichiarato la De Pascale all'ANSA durante la 'D-Nest International Inventors Exhibition', la fiera degli inventori svoltasi nei giorni scorsi al PalaExpo di Venezia - Le tecniche di coltivazione saranno più simili a quelle terrestri rispetto a quelle viste finora sulla Stazione spaziale internazionale, perché su Marte c'è gravità, anche se è pari al 40% di quella terrestre e le colture avranno la doppia funzione di fornire cibo ai coloni e rigenerare aria e acqua nelle colonie". Ma cosa e come si coltiverà su Marte? "Grazie al progetto di ricerca europeo 'Melissa', stiamo lavorando da anni per selezionare le piante e i prodotti da coltivare, adattare le tecniche di coltura e sviluppare metodi di raccolta e conservazione dei prodotti: in linea di massima si tratterà di riso, soia, patate e grano - ha spiegato la ricercatrice - Il problema sarà la mancanza di terreno fertile, perché il suolo marziano è ricco di regolite: tuttavia non è da escludere che il problema possa essere almeno parzialmente risolto con l'uso di residui organici, quindi scarti alimentari o delle stesse coltivazioni, ma anche feci e urine rielaborate, come abbiamo visto nel film 'The Martian'". "La cosa su cui si punta, però, sono soprattutto le colture idroponiche, ovvero senza suolo e con soluzioni circolanti complete di elementi nutritivi: abbiamo già dimostrato che possono addirittura migliorare produttività e qualità della soia rispetto alla coltura in campo", ha concluso la De Pascale. Pronti alla partenza? |
Post n°1393 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Il deserto di Atacama in Cile è il luogo della Terra più simile a Marte Fonte: GettyImages Il deserto di Atacama in Cile è il luogo della Terra più simile a Marte. Se sul Pianeta Rosso c'è vita, è molto probabile che si possa trovare nelle grotte e nel sottosuolo. Lo sostiene l'astrobiologo cileno Armando Azua, del Blue Marble Space Institute of science di Seattle, che ha presentato i suoi studi in una conferenza stampa. "Quello di Atacama è il deserto più secco e antico della Terra, vecchio 150 milioni di anni. Nella sua estensione, dalla costa fino all'interno, si può percorrere il passato della vita di Marte", spiega Azua. Nelle sue ricerche ha trovato varie forme di vita che si sono adattate alle condizioni del deserto. In una caverna più vicino alla costa ha trovato, sopra una ragnatela, dei microrganismi verdi capaci di fare la fotosintesi, che "si erano adattati a vivere sulla ragnatela sfruttando le gocce d'acqua che si accumulavano sui suo fili la mattina". "A un metro di profondità del sottosuolo abbiamo trovato dei batteri - continua Azua -. La vita nel deserto di Atacama è come vedere delle mummie viventi che camminano, capaci di tollerare e continuare a funzionare bene quasi senza acqua. Se su Marte si trovassero delle forme di vita come quelle terrestri, si può pensare che la vita sulla Terra sia arrivata con un meteorite marziano, e che quindi gli alieni siamo noi". |
Post n°1392 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Sembra la sceneggiatura di un classico B-movie di fantascienza e invece è una possibilità assolutamente concreta: 'virus' aliepotrebbero arrivare sulla terra sfruttando le astronavi e poi aggredire gli essere umani, almeno stando a quanto sostenuto da scienziati specializzati. Più precisamente, delle tipologie di virus extraterrestri potrebbero rappresentare un serio pericolo per il nostro sistema immunitario ed essere quindi in grado di causare la morte di migliaia di persone. Addirittura, per evitare il rischio, gli scienziati hanno suggerito di isolare, almeno momentaneamente, gli esemplari di roccia e ghiaccio riportati dalle sonde che si sono avventurate su Marte e su Europa, il satellite di Giove. Non è infatti da escludere che agenti patogeni possano sopravvivere a viaggi spaziali proprio perché difesi 'a bordo' delle astronavi dai raggi ultravioletti del sole.Se portiamo sulla terra reperti da Marte o da Europa, li dobbiamo isolare fino a che test specifici dimostreranno che non c'è pericolo. Altrimenti dovremo tenerli così e dedicarci allo studio di altri materiali", ha spiegato il Dottor John Rumme, scienziato del Seti Institute di Mountain View, California.Gli esempi di Europa e di Marte non sono certamente casuali: il satellite di Giove potrebbe infatti avere sotto la superficie un oceano salato che può essere l'habitat di specie viventi mentre alcune zone di Marte sarebbero state coperte milioni di anni fa da acqua salata. In effetti, proprio su queste aree si sono concertate finora le principali ricerche scientifiche e il raccoglimento di campioni."In generale, i microbi morirebbero se esposti alle intense radiazioni presenti su Marte ed Europa ma, se protetti in una nave spaziale, potrebbero sopravvivere - ha aggiunto Rumme - La vita dei microbi, in generale, è infatti decisamente immune a condizioni di freddo e secco. Quindi, pur ammettendo che il viaggio verso la Terra sarebbe per loro difficoltoso, non sarebbe da escludere una loro sopravvivenza e sarebbe quindi necessario prendere sempre le dovute precauzioni".Il pericolo è comunque, per così dire, a doppio senso di marcia: se è vero che eventuali 'virus alieni' potrebbero invadere la Terra, d'altro canto anche le astronavi potrebbero portare su altri pianeti forme di vita alle quali noi siamo ormai immuni ma che potrebbero colonizzare in senso negativo gli altri corpi celesti, rendendo poi impossibile capire quali ne siano le origini."Se arriveranno nell'oceano di Europa, gli organismi terrestri potrebbero alterare la situazione e ' nascondere' per sempre le vere origini della vita su satellite - ha sottolineato Rummel - Per Marte, invece, le probabilità che questo accada sono ridotte, viste le condizioni decisamente più dure del Pianeta Rosso rispetto al satellite di Giove". |
Post n°1391 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
DA SUPEREVA Fonte: Depositphotos.com Gli alieni esistono. Ne sono convinti alcuni studiosi canadesi che hanno annunciato di aver individuato oltre 230 segnali di origine extraterrestre, proveniente dall'universo. Dopo aver esaminato i dati spettrali derivanti da 2,5 milioni di corpi celesti (soprattutto una variazione di intensità luminosa in funzione della lunghezza d'onda) gli studiosi hanno scoperto l'esistenza di 234 stelle in cui potrebbero vivere diverse civiltà di alieni. Gli astrofisici hanno definito i 234 casi: "particolari modulazioni spettrali periodiche in una piccola porzione di stelle di tipo solare". I dati elaborati dagli studiosi in un report pubblicato su arXiv.org, hanno mostrato come i segnali provenienti dalle stelle avessero lo stesso periodo, ossia 1,65 picosecondi (ogni picosecondo corrisponde a un miliardesimo di secondo). Per gli indagatori dello spazio le proprietà dei segnali registrati non possono essere spiegate come errori strumentali conosciuti o con le caratteristiche naturali facenti parte delle stelle. L'unica spiegazione sarebbe l'esistenza di civiltà aliene nello spazio.Secondo gli scienziati gli alieni avrebbero modificato volutamente il segnale luminoso facendo si che anche gli abitanti degli altri paesi riuscissero a riceverlo. Ciò significa che gli extraterrestri starebbero tentando, proprio come abbiamo fatto noi per molto tempo, di trovare un contatto con altre civiltà nell'Universo. Ma c'è di più: tutti i segnali provenienti dalle stelle di tipo solare appartengono alla classe spettrale F2-K1. Questo dato avrebbe aiutato i ricercatori canadesiad individuare le tecnologie possedute dagli alieni, che userebbero dei laser. Già nel 2012 gli scienziati avevano captato questo segnale, giungendo alla conclusione secondo cui solo una civiltà aliena altamente evoluta avrebbe potuto produrlo. |
Post n°1390 pubblicato il 26 Luglio 2017 da blogtecaolivelli
da SUPEREVA Se gli alieni non ci inviano messaggi, lo facciamo noi. Questa è in sostanza la filosofia che sta guidando il nuovo progetto scientifico della Nasa, pronta a scoprire forma di vita extraterrestre, contattando direttamente gli alieni. Il progetto è decisamente ambizioso e si chiama METI, ossia Messaging Extra Terrestrial Intelligence. A portarlo avanti Douglas Vacoch, professore presso il Dipartimento di Psicologia Clinica del California Institute of Integral Studies, direttore del programma di Composizione di Messaggi Interstellari del SETI e presidente delMETI International. La decisione di inviare messaggi agli alieni ha diviso fin da subito la comunità scientifica. Ad opporsi al progetto è soprattutto Stephen Hawking, secondo cui non è saggio tentare di contattare in questo modo gli extraterrestri, perché a rispondere potrebbero essere civiltà più evolute della nostra e pronte a conquistarci. Non è della stessa idea Vacoch: "Quando parlo con gli altri scienziati dei possibili rischi del METI - ha spiegato in una recente intervista -, convengono che la percezione pubblica del pericolo è eccessiva. Ed è naturale. Sappiamo che il nostro cervello è cablato per prestare attenzione a vivide immagini di pericolo, anche quando il rischio collegato non è credibile. Così - ha aggiunto - quando Stephen Hawking mette in guardia dagli Alieni perché potrebbero decimare i Terrestri come i Conquistadores hanno fatto nel Nuovo Mondo, questa immagine evocativa scatena il nostro allarme interno, anche se lo scenario è del tutto illogico". Secondo le ultime teorie degli studiosi gli alieni sarebbero già a conoscenza della nostra esistenza, ma ci starebbero osservando, nell'attesa che la popolazione terrestre raggiunga un adeguato livello di civiltà. "Possiamo provare questa ipotesi - ha spiegato lo studioso -trasmettendo segnali volontari ed intensi. Nel giro di pochi decenni vedremo, in modo molto concreto, se qualcuno ci risponde". Già in passato gli studiosi hanno cercato di inviare segnali nello spazio, ma non hanno ricevuto una risposta, ora però il progetto verrà portato avanti in modo diverso. "Se noi riceviamo un segnale una sola volta - ha rivelato il ricercatore -, non lo consideriamo convincente. Se le altre civiltà hanno questo stesso principio in base al quale la scienza deve essere ripetibile e verificabile, dovremmo inviare le nostre trasmissioni in modo continuo per essere presi sul serio". |
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