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Messaggi del 01/12/2019

In Antartide

Post n°2422 pubblicato il 01 Dicembre 2019 da blogtecaolivelli

11 novembre 2019

Antartide: le brine aiutano a capire Marte

Fonte: Cnr

La superficie ghiacciata di un lago ghiacciato

a Boulder Clay che sarà investigato durante

la XXXV spedizione in Antartide. (Foto Dalle

Fratte © PNRA) Le brine liquide ipersaline di

un lago antartico perennemente ghiacciato

sono colonizzate da batteri e archeobatteri

che costituiscono i principali candidati per la

vita extra-terrestre e nel sottosuolo marziano:

lo rivela l'analisi di campioni estratti da due

strati, separati da 12 cm di ghiaccio, a Tarn

Flat.

Lo studio condotto all'Istituto di scienze polari

(Isp) del Cnr è pubblicato su "Microorganisms"

Nel lago antartico perennemente ghiacciato

di Tarn Flat, nella Terra Vittoria settentrionale,

due crioecosistemi microbiologicamente differenti,

separati da soli 12 centimetri di ghiaccio

lacustre, sono dominati da batteri e archeo-

batteri in grado di ricavare energia in assenza

di luce e a basse temperature, grazie all'os-

sidazione di composti dello zolfo e dell'azoto.

Questo il risultato della ricerca svolta

dall'Istituto di scienze polari del Consiglio

nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Isp),

pubblicata recentemente su Microorganisms,

che ha compreso personale delle Università

dell'Insubria (Mauro Guglielmin), di Messina,

Roma e Rio de Janeiro.

"Il ritrovamento di Archea metanogeni

dimostra, inoltre, come il crioambiente di Tarn

Flat sia in parte sostenuto da flussi di carbonio

aventi come prodotto finale il metano", spiega

Maurizio Azzaro, responsabile della sede di

Messina del Cnr-Isp e coautore dello studio.

"In particolare, i metanogeni antartici potreb-

bero adottare peculiari strategie di soprav-

vivenza, viste le condizioni estreme di

temperatura e salinità presenti nelle brine,

ed essere considerati pertanto tra i principali

candidati per la vita extra-terrestre nel

sottosuolo di Marte.

Cnr-Isp lavora su questa tematica pionieristica

da sette anni e lo studio ha integrato le

informazioni pubblicate nel 2018 sulla

omponente fungina negli stessi ambienti,

rivelando un mondo ricco di vita microbica,

dai virus ai batteri, fino agli archea

. "I risultati dello studio non escludono che

la composizione della comunità procariotica

nelle brine di Tarn Flat possa essere stata

influenzata dalla risalita di brine saline da

un sistema anossico (senza ossigeno)

sottostante e, data la presenza di alcune

sequenze di Dna riconducibili a microrganismi

tipicamente marini, da ghiaccio relitto del

Ross Ice Shelf", continua Azzaro.

"Quanto evidenziato può aiutare a ridefinire

le caratteristiche che contraddistinguono i

crioambienti terrestri quali habitat microbici

estremi, stimolando la ricerca di possibili

forme di vita anche in altri mondi ghiacciati

per verificare l'ipotesi della loro presenza in

crioambienti analoghi presenti nel nostro

sistema solare e, in generale, nell'universo.

È di quest'anno la divulgazione di un esperi-

mento della Nasa con cui è stata dimostrata

la capacità di sopravvivenza superiore al 50%

di microbi alotolleranti, resistenti cioè ad

alte concentrazioni saline, in una brina

disidratata e successivamente reidratata con

la sola umidità.

Gli studi concludono che ritenendo possibile

la contaminazione di altri mondi, qualora

fossero sterili, con batteri trasportati accidental-

mente dalla Terra".

La ricerca di brine in altri laghi perennemente

ghiacciati nella Terra Vittoria settentrionale

continua.

La ricerca in Antartide Pnra, finanziato dal

Ministero dell'istruzione, dell'università e

della ricerca, e attuato dall'Enea per gli aspetti

logistici e dal Cnr per la programmazione e il

coordinamento scientifico.

"La missione, cominciata a inizio novembre,

durerà circa 40 giorni e riguarderà i crioeco-

sistemi dell'area di Boulder Clay, che da

indagini condotte nel 2014 e 2017 sappiamo

ospitare brine saline in forma liquida.

Un obiettivo ancora più ambizioso rispetto agli

altri anni, poiché prevediamo di esplorare

nuove frontiere per la conoscenza del funziona-

mento di questi peculiari crio-ecosistemi",

conclude Azzaro, che è Coordinatore scientifico

della XXXV spedizione in Antartide (I periodo).

 
 
 

Ecco una nuova scoperta

Post n°2421 pubblicato il 01 Dicembre 2019 da blogtecaolivelli

13 novembre 2019

Scoperto un nuovo fattore dello sviluppo

del tessuto muscolare

Fonte: Cnr

CK2, una proteinchinasi già nota per le sue

attività cellulari e nei tumori non era mai stata

associata alla formazione e crescita del

muscolo scheletrico.

La ricerca condotta da un team dell'Istituto

di neuroscienze del Cnr e dell'Università di

Padova, che ha scoperto tali funzioni in tutti

i vertebrati, è stata pubblicata su "Faseb

Journal"Scoperte le funzioni di un nuovo

fattore essenziale per la formazione e la

crescita del muscolo scheletrico in tutti i

vertebrati: si tratta di CK2, una proteinchinasi

già nota per essere coinvolta in svariate

attività cellulari e nei tumori ma mai

associata allo sviluppo del tessuto muscolare.


La ricerca, condotta dal team di ricercatori

diretto da Giorgia Pallafacchina (Istituto di

neuroscienze del Consiglio nazionale delle

ricerche Cnr-In di Padova e Università di

Padova) e da Arianna Donella-Deana

(Università di Padova) è stata pubblicata

nel volume di ottobre della rivista Faseb

Journal.
"La ricerca del nostro team ha dimostrato

che le tre diverse subunità che

costituiscono la proteina CK2 (α, α' e ß)

hanno azioni e bersagli distinti e ben

definiti nell'ambito della complicata

serie di eventi che porta alla formazione

e crescita del tessuto muscolare scheletrico",

spiega Giorgia Pallafacchina.

Poiché il muscolo scheletrico costituisce

buona parte della massa corporea di un

individuo, circa il 35% nelle donne e fino

al 45% negli uomini, mantenere tale

organo in salute è di cruciale importanza

per il benessere dell'intero organismo,

sia in condizioni normali sia in caso di

malattia.

Basti pensare alle numerose patologie

che, pur non colpendo direttamente il

muscolo, portano a perdita di massa

muscolare: primi tra tutte i tumori, ma

anche le malattie renali, l'anoressia, ecc.,

cui si aggiunge l'inevitabile declino di forza

e prestazioni, indotto dal processo

fisiologico dell'invecchiamento".

La comunità scientifica è per questo da

sempre interessata alla comprensione dei

meccanismi che regolano lo sviluppo e la

crescita del tessuto muscolare, anche se

diverse fondamentali informazioni su tali

processi sono a tutt'oggi sconosciute.

"La nostra ricerca ha ottenuto importanti

risultati, scoprendo che le subunità α e ß

della proteinchinasi CK2 sono indispensabili

per l'attivazione di geni specifici che inducono

la cellula a differenziarsi in cellula muscolare.

È stato dimostrato inoltre che l'attività

enzimatica di CK2, in particolare della

subunità CK2 α', è determinante per

permettere la fusione delle cellule muscolari,

formando le fibre che compongono i

nostri muscoli", prosegue la ricercatrice.

La scoperta del gruppo padovano è stata

realizzata nel Dipartimento di Scienze

biomediche dell'Università di Padova,

nell'ambito di una collaborazione tra i

gruppi di Arianna Donella-Deana e di

Rosario Rizzuto. Con le responsabili del

progetto, hanno lavorato alcuni giovani

ricercatori, tra cui Valentina Salizzato e Sofia Zanin.

"Il risultato raggiungo costituisce un

importante avanzamento nella compren-

sione dei meccanismi che sottendono

alla fisiologia del tessuto muscolare e

apre la via a possibili applicazioni terapeutiche,

mirate a preservare la massa muscolare

e/o stimolarne la crescita nelle miopatie,

nei danni muscolari e nell'invecchiamento".

 
 
 

Ictus: nuova luce sulla riabilitazione motoria

Post n°2420 pubblicato il 01 Dicembre 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet
31 ottobre 2019

Ictus: nuova luce sulla riabilitazione motoria

Fonte: Cnr-In

© Science Photo Library Ricercatori dell'Istituto

di neuroscienze del Consiglio nazionale delle

ricerche (Cnr-In), Scuola Superiore Sant'Anna

e Lens, grazie a tecniche di microscopia di

fluorescenza e ingegneria genetica, hanno os-

servato 'in vivo' la plasticità neuronale associata

al processo riabilitativo per il recupero delle

funzioni motorie lesionate da ictus.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Cell Reports"

L'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale

delle ricerche (Cnr-In), in collaborazione con

l'Istituto di biorobotica della Scuola superiore

Sant'Anna e il Laboratorio europeo per le spet-

troscopie non-lineari (Lens), ha osservato la

plasticità neuronale e vascolare, associata alla

riabilitazione dopo un ictus, utilizzando una

combinazione di tecniche ottiche in vivo e ex vivo.

La ricerca, pubblicata su "Cell Reports", è volta

a monitorare la capacità del sistema nervoso

di modificare l'intensità delle relazioni tra le

sinapsi in seguito all'ictus.

Le tecniche ottiche avanzate hanno il vantag-

gio di mostrare la plasticità neuronale su scale

spaziali che vanno dal singolo neurone

all'intero emisfero.

"Le tecniche combinate di microscopia di

fluorescenza e ingegneria genetica hanno

consentito di visualizzare l'attività neuronale

mentre il modello murino esegue il training

dei pattern di attivazione corticale, cioè

modifichi la struttura e le interazioni tra i

componenti della corteccia", spiega Allegra

Mascaro, ricercatrice del Cnr-In, affiliata al

Lens, che sottolinea come tutto questo sia

stato possibile grazie alle strumentazioni

e al personale forniti da quest'ultimo.

Lo studio fa parte dello 'Human Brain Project',

un progetto europeo multidisciplinare,

coordinato dall'Istituto di biochimica e biologia

cellulare del Cnr, che utilizza i risultati di

questa ricerca come base da cui partire

per simulare il cervello umano.

"Sebbene sia ancora lunga la strada per

comprendere appieno i meccanismi di

recupero promossi dalla riabilitazione, i

risultati pubblicati sono promettenti riguardo

la possibilità di garantire ai pazienti un

recupero funzionale completo", conclude Mascaro.

 
 
 

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