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Messaggi del 21/04/2020

Altre risorse offerte dalla Natura

Post n°2803 pubblicato il 21 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

RIUTILIZZO DEGLI SCARTI MARINI

Palle di mare, da scarto a risorsa eco sostenibile

Palle di mare, da scarto a risorsa eco sostenibile

Atutti è capitato di vederle lungo le spiagge sabbiose o

ghiaiose del Mediterraneo, soprattutto dopo le mareggiate,

e spesso ci siamo chiesti cosa fossero esattamente.

Il loro termine scientifico è egagropilo o egagropila ed indica

quegli agglomerati sferici od ovali di colore marrone chiaro e

di consistenza feltrosa costituiti da residui fibrosi di alghe come

la Lattuga di mare (Ulva lactuca) o di vere e proprie piante

marine dei generi Posidonia e Zostera che si accumulano sui

litorali, sospinti dalle onde.

La formazione degli egagropili, comunemente noti come polpette

o palle di mare, delile o anche patate di mare, è frutto dello

sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma

della pianta e della loro aggregazione in forme tondeggianti ad

opera della risacca marina.

Il significato della presenza delle palle di mare

La loro presenza può essere letta in due modi: uno positivo, in quanto

indica la presenza di fronte alla spiaggia di praterie di Poseidonia o

Zostera, ovvero di ecosistemi importanti per la biodiversità marina

(per esempio per la vita dei sempre più rari cavallucci marini) ed utili

per la produzione di ossigeno e per il consolidamento dei fondali

. Il lato negativo è che un'elevata presenza di queste formazioni

tondeggianti può indicare anche che le praterie sottomarine stanno

morendo o comunque si stanno disgregando.

In quest'ultimo caso di solito i residui spiaggiati non si limitano alle

tipiche palline delle egagropile, ma formano veri e propri mucchi di

materiale vegetale morto che può riempire in modo massiccio i litorali,

causando vari problemi (si pensi ai processi di putrefazione di questi

residui organici) e rendendo le spiagge e le acque di fronte ad esse

anche difficilmente balneabili.

Una risorsa trascurata

In tutti i casi tuttavia questi "scarti vegetali" possono diventare una

risorsa, in quanto costituiscono importanti biomasse ricche di cellulosa,

che possono essere riutilizzate in vari modi a livello industriale e agricolo.
Per esempio il Progetto PRIME - "Posidonia Residues Integrated

Management for Eco-sustainability", finanziato dalla Comunità Europea

con il Programma di Iniziativa Comunitaria Life+ e realizzato dal Comune

di Mola di Bari (Lead Partner), da ECO-logica Srl, dall' Istituto di Scienze

delle Produzioni Alimentari (CNR-ISPA) e da altri partners, ha messo a

punto un Sistema Integrato di Gestione dei residui spiaggiati di

posidonia per analizzare e valutare gli aspetti legati all'ecosistema marino

e costiero e al potenziale riutilizzo in agricoltura.

In particolare il progetto ha consentito di individuare le migliori modalità

di recupero dei residui di Posidonia spiaggiata e di utilizzare questo

materiale organico come ammendante e fertilizzante nei suoli agricoli e/o

come substrato per l'ortoflorovivaismo, previo compostaggio.

Un altro intelligente utilizzo delle palle di mare è stato quello messo a punto

da Edilana, azienda sarda leader in progetti legati al riutilizzo ecologico di

quelli che in molti casi sono considerati scarti o rifiuti.

In questo caso, infatti, le egagropile sono diventate parti fondamentali per la

realizzazione di Edimare, un pannello isolante ad altissima efficienza termica

ed acustica utilizzato nell'edilizia.

Infine ricordiamo la famosa "Carta Alga" della Favini, l'innovativa carta

ecologica nata negli anni '90 dalle alghe infestanti della Laguna di Venezia,

che tuttora utilizza materiale in eccesso proveniente da ambienti lagunari

a rischio.

Le alghe, raccolte ogni anno, vengono unite a fibre FSC - Forest Stewardship

Council (ovvero foreste certificate) e vanno così a sostituire una parte della

cellulosa di origine arborea normalmente utilizzata nella produzione di carta.

La quantità di alghe utilizzata nella produzione di questo tipo di carta

varia in genere dal 5 al 10%, ma può arrivare fino al 30%.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E

CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Sostenibilità ambientale

Post n°2802 pubblicato il 21 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

SOSTENIBILITÀ

Rigeneration Ecology: il manifesto per

una nuova ecologia

Rigeneration Ecology: il manifesto per una nuova ecologia

Le principali azioni e strategie messe a punto negli

ultimi decenni per proteggere la natura sono state più

volte analizzate all'interno di numerose discipline delle

Scienze Naturali che, nel loro insieme, gli studiosi di

lingua anglosassone chiamano Conservation Ecology 

(o Biology).

In questo vasto percorso scientifico e culturale - da cui

derivano gli interventi concreti "sul campo" che interes-

sano numerosi soggetti pubblici e privati (es. gli enti parco

o le associazioni ambientaliste) -, si riconoscono 3 filoni

principali di intervento:

  1. la tutela, in situ o ex-situ, di specie e habitat residui
  2.  (ovvero, salviamo il salvabile);
  3. la riduzione, la mitigazione o l'eliminazione delle
  4.  sorgenti di impatti (ovvero, arrestiamo-riduciamo
  5.  il degrado);
  6. la ricostruzione ambientale (che va dal ripristino di 
  7. ecosistemi alla reintroduzione di specie).

Se nei primi due casi si gioca ancora "in difesa", nel terzo c'è

il tentativo di contrattaccare per recuperare almeno una parte

di ciò che si è perso.

Eppure, l'approccio è quasi sempre funzionale (si ripiantano

boschi per rallentare le frane in collina, per mitigare gli effetti

dello smog in città o contro l'effetto-serra in genere) oppure, ha

motivazioni etico-filosofiche (si curano e rilasciano uccelli

feriti perché sono belli e ci gratifica il loro ritorno in libertà).

Tutte ragioni utili e magari anche nobili ma che, così come

sono pensate, di rado toccano la questione centrale del problema:

la perdita diffusa di vitalità.

Negli ultimi anni i segnali in tal senso sono sempre più estesi e

preoccupanti: dalla riduzione sempre più accentuata delle fertilità

dei terreni alla presa d'atto di avere colture e vegetazione naturale

sempre più indebolite in tutto il loro ciclo vegetazionale;

dalle sementi che perdono capacità di germinazione dopo pochi

mesi (mentre chicchi di frumento trovati nelle tombe etrusche

sono ancora in grado di generare spighe, dopo 2000 anni)

all'aumento di individui sterili tra diverse specie animali (tra cui

l'uomo), sino a una generale riduzione delle capacità organiche

difensive e immunitarie di numerosi sistemi viventi (dalle singole

specie alle comunità).

Quindi, accanto alle precedenti linee d'azione che ovviamente

andranno alimentate, appare fondamentale sviluppare di più ed

esplicitamente, nuove e più convinte azioni e strategie contro la

devitalizzazione dei processi, in una visione di vero contrattacco

contro tutti i meccanismi degenerativi e biocidi degli ultimi decenni.

L'importanza dell'ecologia conservativa

Pertanto quello che oggi risulta urgente e necessario è un'ecologia

che sia conservativa (della biodiversità) e mitigativa-compensativa

(degli impatti), ma anche, e soprattutto, rigenerativa (Rigeneration

Ecology).

Ovvero, che ponga tra le proprie priorità l'attenzione dei processi

vitali, il loro sostegno e sviluppo.

Troppo spesso, infatti, specialmente in ambito urbano, tale argomento

non viene considerato e si procede con un'eccessiva attenzione alle

funzioni, alle "utilità", o magari anche all'estetica della natura, ma

con un approccio finale eccessivamente meccanicistico e materialistico.

Ovviamente, per fare questo bisogna conoscere meglio la Vita, come

funziona, come si manifesta, come si sostiene.

Una conoscenza che, in un contesto culturale sostanzialmente necrofilo

come quello occidentale, non è di tutti.

Anche nel mondo scientifico moderno sono ancora troppi coloro che

pensano che i processi vitali si possano spiegare solo attraverso una

semplice (si fa per dire) descrizione e comprensione della loro chimica

o della loro genetica.

In realtà c'è molto di più, una dimensione "sottile", energetica, che la

stessa fisica quantistica e i settori più evoluti e aperti della biologia e

della medicina ormai riconoscono.

Gli interventi concreti

In ogni caso gli interventi concreti che sin da ora si possono attuare in

questa direzione sono numerosi e vanno messi a punto di volta in volta:

dall'attenzione al ripristino della piena fertilità dei suoli e dell'acqua, al

 recupero e riutilizzo di vecchie varietà/specie vegetali; dalla selezione

di nuovi taxa più vitali, al trattamento dei semi con le tecniche che ne

sostengano la germinabilità; dalla messa a punto e diffusione estensiva

di opportune tecniche agronomiche e forestali che tengano conto di tali

aspetti (l'agricoltura biodinamica e omeodinamica già lo fanno), sino

alla creazione di neoecosistemi dove l'abbinamento vegetazionale e floristico

ne sostenga la forza vitale nel suo insieme con il riconoscimento di op-

portune associazioni tra le specie.

Senza dimenticare gli aspetti legati all' informazione, formazione e sensibiliz-

zazione dell'opinione pubblica che dovrebbero essere propedeutici nel

supportare le azioni sul campo.

È tempo dunque di rigenerare, è urgente. Facciamolo!

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

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