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Messaggi del 09/04/2020
Post n°2739 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: Sistema solare ha raggiunto attuale configurazione prima di quanto calcolato 24 Marzo 2020 Spazio e astronomiaI ricercatori mostrano che deve esserci stata una fase caotica la quale ha contribuito alla configurazione del sistema solare che vediamo oggi durante i primi 100 milioni di anni dopo la formazione dei pianeti giganti (credito: NASA) Non è trascorso poi così tanto tempo affinché il sistema solare si stabilizzasse con la configurazione che oggi conosciamo. Lo dichiara uno studio condotto da ricercatori brasiliani pubblicato sulla rivista Icarus . Fino a qualche anno fa la teoria dominante vedeva il sistema solare acquisire le carat- teristiche che vediamo oggi dopo un lungo periodo di turbolenza durato 700 milioni di anni a seguito della formazione. Ultimamente alcune ricerche hanno però proposto che il sistema solare abbia rag- giunto la configurazione attuale durante i primi 100 milioni di anni. A rafforzare quest'ultimo approccio teorico è il nuovo studio condotto da Rafael Ribeiro de Sousa, l'autore principale. "La grande quantità di dati acquisiti dall'osservazione dettagliata del Sistema Solare ci consente di definire con precisione le traiettorie dei molti corpi che orbitano attorno al Sole", riferisce Ribeiro. "Questa struttura orbitale ci consente di scrivere la storia della sua formazione"- Il sistema solare è emerso da una grossa nuvola di gas di polveri che circondava vorticosamente il Sole 4,6miliardi di anni fa. I pianeti più grandi si formarono in orbite più vicine al Sole con orbite più circolari di quanto lo sono adesso. Come spiega Izidoro Ferreira da Costa,coautore dello studio, i quattro pianeti giganti, Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sono emersi in orbite più compatte: "I loro movimenti erano fortemente sincroni a causa di catene risonanti, con Giove che completava tre rivoluzioni attorno al sole mentre Saturno ne completava due. Tutti i pianeti erano coinvolti in questa sincronicità prodotta dalla dinamica del disco di gas primordiale e della dinamica gravitazionale dei pianeti." Tuttavia la grossa popolazione di piccoli corpi di roccia e di ghiaccio, quelli che poi avrebbero formato i numerosi asteroidi e comete che abbiamo oggi in sistema solare,cominciò a disturbare l'equilibrio gravitazionale del disco planetesimale esterno. Ne conseguì un lungo periodo di caos nel corso del quale i pianeti giganti espellevano violentemente materia nello spazio. Ciò provocò l'allontanamento di Plutone e dei suoi vicini ghiacciati nella cintura di Kuiper, regione dove si trovano ancora ora, mentre l'intero gruppo di pianeti si allontanò in orbite più distanti dal Sole. In relazione all'interruzione della sincronicità e all'insorgenza di questa fase caotica, Ribeiro spiega: "Fino a poco tempo fa era predominante l'ipotesi dell'instabilità tardiva. Gli incontri con le rocce lunari riportati dagli astronauti dell'Apollo suggerirono che furono creati da asteroidi e comete che si schiantarono contemporaneamente sulla superficie lunare". Si tratta di una fase nota come "bombardamento tardivo e pesante", una fase che coinvolse anche la luna e un'idea che ultimamente è caduta un po' in disgrazia. Secondo Ribeiro, se questa fase si fosse verificata, la Terra sarebbe andata distrutta e così altri pianeti rocciosi e le loro orbite sarebbero totalmente diverse da quelle che vediamo ora. Sempre secondo lo scienziato, è stata l'interazione gravitazionale tra pianeti giganti e il disco planetesimale a produrre disturbi nel disco di gas, disturbi si sono provocati sotto forma di onde. Queste onde hanno prodotto dei sistemi planetari compatti e sincroni. Quando il gas si è poi esaurito, l'interazione tra i pianeti e il disco planetesimale deve aver messo fine alla sincronicità dando origine alla fase caotica. Ribeiro spiega: "Tenendo conto di tutto ciò, abbiamo scoperto che le condizioni semplicemente non esistevano per la distanza tra l'orbita di Nettuno e il confine interno del disco planetesimale affinché diventasse abbastanza grande da sostenere l'ipotesi di instabilità tardiva. È il principale contributo del nostro studio, che dimostra che l'instabilità si è verificata nei primi cento milioni di anni e che potrebbe essersi verificata prima della formazione della Terra e della Luna". |
Post n°2738 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: Acqua su Marte formatasi grazie a due diversi impatti all'inizio della sua storia 1 Aprile 2020 Spazio e astronomia, Top news Un team di ricercatori guidato da Jessica Barnes, professoressa di scienze planetarie del Lunar and Planetary Laboratory dell'Università dell'Arizona, ha analizzato più approfonditamente il meteorite Northwest Africa 7034, conosciuto anche come Black Beauty. Questo pezzo di meteorite si è formato quando c'è stato l'enorme impatto di un corpo astronomico sulla superficie marziana. Il pezzo di meteorite rimbalzò poi nello spazio e, 2 miliardi di anni fa, arrivò sulla Terra. Fu ritrovato nel deserto del Sahara nel 2011. Nello studio, apparso su Nature Geoscience, i ricercatori rivelano che questo pezzo di meteorite mostra che Marte ha probabilmente ricevuto grosse quantità di acqua da almeno due fonti principali all'inizio della sua storia. La quantità di acqua su Marte arrivò grazie agli impatti di due planetesimi distinti, ognuno con un contenuto di acqua diversi tra loro che non si sarebbero mai completamente mescolati. I ricercatori sono giunti a questa conclusione analizzando in particolare due isotopi dell'idrogeno presenti nel pezzo di meteorite. Hanno scoperto che due diverse tipologie di rocce vulcaniche marziane, shergottiti arricchiti e shergottiti impoveriti, contengono acqua con rapporti isotopici dell'idrogeno diversi. Gli shergottiti arricchiti mostrano una maggiore presenza di deuterio. Questa netta differenza suggerisce che più di una fonte ha contribuito alla presenza di acqua su Marte e che Marte non possedeva un oceano di magma globale |
Post n°2737 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA C'era enorme foresta pluviale al polo sud 90 milioni di anni fa 6 Aprile 2020 Geologia e storia della Terra, Top newsRappresentazione artistica di una foresta pluviale al polo sud (credito: Alfred-Wegener-Institut / James McKay) Tracce di foreste pluviali vicino al polo sud esistite 90 milioni di anni fa sono state trovate da un team di ricercatori dell'Istituto Helmholtz, Germania, e dell'Imperial College di Londra. Nel relativo studio, pubblicato su Nature , i ricercatori descrivono le analisi che hanno effettuato su resti fossili di radici, pollini e spore ritrovati alle alte latitudini antartiche. Questi resti sono stati ritrovati a seguito di perforazioni nei fondali marini nei pressi dei ghiacciai di Pine Island e Thwaites nell'Antartide occidentale. Mentre analizzavano questi sedimenti, i ricercatori hanno notato una fitta rete di radici fossili che presentava anche diverse tracce di polline e di spore delle piante, tra cui anche quelle da fiore, i primi mai trovati a queste latitudini antartiche. La cosa eccezionale, come spiega Tina van de Flierdt, del Dipartimento di Scienze della Terra e ingegneria dell'Imperial, sta nel fatto che questa foresta pluviale molto probabilmente continuava a crescere rigogliosa anche durante i mesi di oscurità intrinseci di queste zone della Terra. Questo significa che in quell'epoca c'era un clima ancora più caldo di quanto mai calcolato in precedenza. Secondo i ricercatori, ciò indicava che molto probabilmente erano molto alti i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera. Parliamo di un periodo, quello del medio cretaceo, compreso tra 115 e 80 milioni di anni fa. Si tratta di un periodo in cui i dinosauri erano i padroni del mondo ma anche di uno dei periodi più caldi degli ultimi 140 milioni di anni. Le temperature ai tropici sfioravano regolarmente i 35 °C e i livelli dei mari erano in media 170 metri più alti di quelli di oggi. Tuttavia, nonostante questi dati, non ci si aspettava la presenza di una rigogliosa giungla a sud del circolo antartico, un'area che, tra le altre cose, è caratterizzata da una notte polare della durata di quattro mesi. Ciò significa che per un terzo dell'anno per le piante non c'era luce solare disponibile. La presenza della foresta in quest'area indica che le temperature medie al polo sud e dintorni erano di 12 °C, circa 2° in più della temperatura media in Germania di oggi, un livello che rende improbabile la presenza di una calotta di ghiaccio come quella grande e molto spessa che possiamo vedere oggi. Le temperature medie durante le estati erano di circa 19 °C mentre le temperature dell'acqua nei fiumi e nelle paludi potevano forse superare anche i 20°. Alla sostanziale mancanza di masse di ghiaccio faceva da contraltare una fittissima vegetazione e un'alta concentrazione dianidride carbonica nell'atmosfera con livelli da 1120 a 1680 ppm, livelli dunque molto più alti dei 1000 ppm ipotizzati in precedenza per queste aree durante il cretaceo. |
Post n°2736 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da Imponente ghiacciaio al polo sud si è ritirato di 5 km in 22 anni e scioglimento sta accelerando 23 Marzo 2020 Ambiente e clima, Top newsGhiacciaio Denman (credito: NASA) Un importante ghiacciaio situato nell'Antartide orientale si è ritirato di 5 km negli ultimi 22 anni secondo quanto rivela un team di ricercatori dell'UCI e del Jet Propulsion Laboratory della NASA . Gli stessi ricercatori temono che la particolare forma del ghiacciaio e della superficie del terreno che si trova sotto la calotta glaciale possa rendere questa ancora più suscettibile allo scioglimento dei ghiacci. I ricercatori hanno analizzato il ghiacciaio Denman, situato nell'Antartide orientale, e hanno calcolato che se questo grosso ghiacciaio si sciogliesse del tutto, si otterrebbe l'innalzamento del livello del mare di 1,5 metri a livello globale. Nello studio, pubblicato su Geophysical Research Letters, i ricercatori mostrano di aver elaborato vari dati relativi al ghiacciaio e all'area circostante e di aver scoperto indizi sicuramente definibili come allarmanti e altrettanto sicuramente riconducibili al riscaldamento globale in corso. Il ghiacciaio, secondo i ricercatori, ha perso 268 miliardi di tonnellate di ghiaccio tra il 1979 e il 2017. Tra l'altro i ricercatori, per ottenere i dati, hanno utilizzato anche il sistema satellitare COSMO-SkyMed dell'Agenzia Spaziale Italiana e il suo interferometro radar. "I dati dell'interferometro radar ad apertura sintetica differenziale dal 1996 al 2018 ci hanno mostrato una marcata asimmetria nella ritirata della linea di terra sull'interfaccia terra-mare della calotta di ghiaccio", dichiara Virginia Brancato, membro del JPL e autrice dello studio. Se il fianco orientale del ghiacciaio Denman sembra essere relativament e protetto da la presenza di una cresta subglaciale, il fianco occidentale, lungo circa 4 km, presenta invece una profonda depressione e una ripida pendenza, conformazioni che stanno accelerando lo scioglimento Inoltre la conformazione del terreno sottostante, in particolare quello sotto il lato occidentale, sta accelerando ancora di più lo scioglimento facendolo diventare più rapido ed irreversibile. Questo studio mostra che l'Antartide, ossia il polo sud, un continente completa- mente coperto da una calotta di ghiaccio, è altrettanto pericoloso, così come il Polo Nord, per quanto riguarda lo scioglimento dei ghiacci e il susseguente innalzamento dei livelli del mare. Dunque si può certo dire che l'idea che il polo sud risulti una minaccia minore rispetto Polo Nord in tema di scioglimento dei ghiacci risulti sbagliata. In realtà, forse, i ghiacciai al polo sud non sono stati sottoposti ad attenti esami ed analisi così come quelli al Polo Nord, come lascia intendere Eric Rignot, professore di scienza del sistema terrestre dell'UCI ed uno degli autori dello studio: "Ora stiamo iniziando a vedere prove di una potenziale instabilità della calotta glaciale marina in questa regione". |
Post n°2735 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: Torbiere settentrionali sempre più importanti come "magazzini" di carbonio 7 Aprile 2020 Ambiente e clima Le torbiere presenti nelle zone settentrionali del pianeta svolgono un ruolo importante nella regolazione del clima in quanto fungono da "pozzi di carbonio". Questi particolari habitat, infatti, sono caratterizzati da particolari condizioni di ristagno dell'acqua, condizioni che diminuiscono i tassi di decomposizione delle piante. Questo significa che gli strati di materiali vegetali morti cominciano ad accumularsi per anni diventando torba e conservando carbonio che altrimenti andrebbe a finire nell'atmosfera. Un team di ricercatori, tramite nuovi strumenti di modella- zione, ha analizzato il ruolo di questi particolari habitat. I risultati, poi pubblicati su Global Change Biology, confermano l'importanza delle torbiere settentrionali e il loro ruolo di "magazzini" di carbonio almeno fino alla fine di questo secolo, anche in quegli scenari in cui il riscaldamento globale risulterà grave. Tuttavia, la capacità di assorbimento delle torbiere comincerà a ridursi dopo il 2050 negli scenari gravi di riscaldamento globale a causa di un processo noto come mineralizzazione del suolo. "Con questo studio il nostro obiettivo è quello di evidenziare l'importanza delle torbiere nel ciclo globale del carbonio. Abbiamo adottato uno strumento avanzato di modellizzazione delle torbiere per affrontare le questioni relative all'equilibrio del carbonio delle torbiere nelle condizioni climatiche passate e future. Ora, il nostro piano è di prendere inoltrare la nostra attuale ricerca sul ruolo delle torbiere nella regolazione del clima regionale abbinando il nostro modello di torba all'avanguardia con modelli climatici globali e regionali al fine di quantificare i feedback mediati dalle torbiere", spiega Nitin Chaudhary, ricercatore dell'Università di Oslo e autore principale dello studio. Questa ricerca mostra quanto le torbiere risultino importanti per l'ambiente e quanto spesso le ricerche precedenti non abbiano mai ben definito o sottolineato l'importanza di questi habitat naturali ai fini dell'aumento o del rallentamento del riscaldamento globale in corso. |
Post n°2734 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da NOTIZIE SCIENTIFICHE. HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA Nuove scoperte sull'aumento dell'ossigeno terrestre di 2 miliardi di anni fa 29 Marzo 2020 Geologia e storia della TerraI ricercatori hanno analizzato la shungite, una roccia sedimentaria vecchia 2 miliardi di anni affiorata nella Russia nordoccidentale (credito: K. Paiste) Analizzando la shungite, una roccia sedimentaria presente in Russia e depositatasi circa 2 miliardi di anni fa, un team di ricercatori guidato da Kurt Konhauser all'Università di Alberta e dal professor Kalle Kirsimäe dell'Università di Tartu, ha potuto individuare i livelli di ossigeno presenti sulla superficie terrestre in quel momento. I ricercatori hanno infatti trovato in queste antiche rocce alti livelli di molibdeno, uranio e renio, metalli che sono comuni negli oceani e nei sedimenti terrestri solo quando l'ossigeno intorno è molto abbondante. Le teorie principali ci dicono che i livelli di ossigeno nell'atmosfera ter- restre aumentarono in maniera sostanziale circa 2,4 milioni di anni fa, un periodo conosciuto anche come Grande Evento Ossidativo (Great Oxidation Event, GOE). Questo vento fu accompagnato da un altrettanto forte spostamento dei rapporti isotopici del carbonio nelle rocce sedimentarie. Ciò sarebbe dettato dai rapporti isotopici del carbonio dell'epoca che rivelano quantità enormi di plancton nei sedimenti oceanici, quantità che suggeriscono una generazione di ossigeno in eccesso. A questo picco seguì un periodo in cui l'ossigeno diminuì e rimase molto basso per circa un miliardo di anni, un periodo conosciuto anche come "Medioevo" della Terra. Le nuove scoperte relative a questo studio in sostanza contraddicono questa visione: "Abbiamo prove evidenti che i livelli di ossigeno atmosferico sono aumentati ulteriormente dopo la fine dell'anomalia dell'isotopo del carbonio. Ciò costringerà la comunità scientifica della Terra a ripensare ciò che ha guidato i cicli del carbonio e dell'ossigeno sulla Terra primordiale", spiega Mänd. Si tratta di scoperte importanti perché potrebbero aiutare a comprendere meglio l'evoluzione della vita, in particolare quella degli eucarioti, i precursori della vita complessa odierna, che si svilupparono proprio durante il "Medioevo" terrestre. I nuovi dati mostrano che il tempo affinché si evolvesse la vita complessa sulla Terra in realtà è stato più lungo di quanto calcolato in precedenza. |
Post n°2733 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA Terra formatasi in soli 5 milioni di anni secondo nuovo calcolo 23 Febbraio 2020 Geologia e storia della Terra La prototerra, quello che è considerato come il precursore del nostro pianeta, si sarebbe formata in soli 5 milioni di anni secondo un nuovo studio del Globe Institute dell'Università di Copenaghen. Si tratta di un periodo molto breve, almeno su scala astronomica, come lasciano intendere i ricercatori ma anche solo prendendo in considerazione l'età della Terra (circa 4,6 miliardi di anni). Lo studio, effettuato dal centro StarPlan, contrasta con la teoria tradizionale secondo cui la stessa prototerra, formatasi con collisioni di materiali di ogni tipo che hanno via via formato un corpo sempre più grande, si sarebbe formata in un periodo durato diverse decine di milioni di anni. Secondo Martin Schiller, autore principale dello studio, tutto nasce dall'accrescimento della polvere cosmica: all'inizio cominciano ad aggregarsi piccoli oggetti di dimensioni millimetriche che man mano "piovono" sul pianeta in crescita facendolo diventare sempre più grande. I ricercatori hanno misurato in maniera più precisa gli isotopi di ferro in diversi meteoriti trovandone uno molto interessante che ha permesso agli stessi scienziati di arrivare a stimare il processo di formazione della prototerra in soli 5 milioni di anni, anno più, anno meno. Lo stesso nucleo ferroso si sarebbe già formato durante questo periodo tramite la rimozione del ferro dal mantello. "Ora sappiamo che la formazione dei pianeti avviene ovunque. Che abbiamo meccanismi generici che funzionano e creano sistemi planetari. Quando comprendiamo questi meccanismi nel nostro sistema solare, possiamo fare inferenze simili su altri sistemi planetari nella galassia. Compreso a che punto e con quale frequenza si accumula acqua", dichiara Martin Bizzarro, un altro autore dello studio. L'acqua stessa potrebbe essere considerata solo come un sottoprodotto della formazione dei pianeti e, in quanto tale, avrebbe più probabilità di esistere sugli stessi esopianeti che stiamo scoprendo e che scopriremo in futuro. |
Post n°2732 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato da: Cambiamenti climatici moltiplicheranno conflitti e guerre nel mondo secondo studio 6 Aprile 2020 Ambiente e clima Guerre tra paesi e scontri violenti tra fazioni potrebbero aumentare in relazione ai cambiamenti climatici in corso. Eventi estremi come siccità o inondazioni potrebbero infatti colpire i paesi più vulnerabili sotto il profilo politico-sociale agendo da moltiplicatori di minacce per conflitti violenti. È quanto suggerito in un nuovo studio pubblicato su Global Environmental Change e realizzato da ricercatori dell'Istituto Potsdam per la ricerca sull'impatto climatico. I ricercatori sono giunti alla conclusione che le emissioni di gas serra da parte degli esseri umani, se non mitigate, arriveranno a destabilizzare non solo il clima ma anche le società e conseguentemente porteranno a più conflitti. "Troviamo che quasi un terzo di tutte le insorgenze di conflitti nei paesi vulnerabili negli ultimi dieci anni è stato preceduto da un disastro legato al clima entro 7 giorni", spiega Carl-Friedrich Schleussner, ricercatore di Climate Analytics a Berlino, Germania, uno degli autori dello studio. "Questo, tuttavia, non significa che i disastri causino conflitti, ma piuttosto che il verificarsi di un disastro aumenta i rischi di un conflitto." Un esempio su tutti: a seguito di una grave siccità verificatasi in Mali nel 2009, ne è conseguita una certa debolezza da parte degli apparati statali di cui hanno approfittato i militanti di al Qaeda nel Maghreb per reclutare combattenti ed espandere il proprio esercito onde rinforzare il proprio fronte di guerra. Altri esempi simili, riferiscono i ricercatori, possono essere individuati in altre aree del mondo. Tra i paesi più a rischio, secondo i ricercatori, c'è l'India: questo risulta essere il paese con il numero più alto di coincidenze tra eventi climatici estremi e conflitti. |
Post n°2731 pubblicato il 09 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Laghi settentrionali emetteranno sempre più metano entro fine del secolo 1 Aprile 2020 Ambiente e clima I laghi delle aree settentrionali del pianeta stanno emettendo sempre più metano nell'atmosfera a seguito di inverni sempre più brevi e più caldi. È questo l'inquietante risultato raggiunto da un team di ricercatori di vari istituti finlandesi e della Purdue University che hanno pubblicato il proprio studio su Environmental Research Letters. Gli stessi ricercatori rilevano che solo in Finlandia le emissioni di metano nell'atmosfera potrebbero aumentare di ben il 60%. I ricercatori hanno utilizzato un grosso set di dati per analizzare quanto metano potrebbero emettere i laghi del Nord del pianeta entro la fine di questo secolo in relazione riscaldamento globale in corso. I ricercatori hanno scoperto, tramite i propri modelli, che l'emissione totale dai laghi finlandesi aumenterà del 26-59 per cento già entro la fine di questo secolo. Le variazioni si riferiscono allo scenario di riscaldamento globale utilizzato nei modelli, da quello meno grave a quello più grave. Il fattore chiave sarebbe non solo rappresentato dal riscaldamento dell'acqua dei laghi e dei sedimenti ma soprattutto dall'aumento della durata dei periodi senza ghiaccio. "I laghi boreali rimangono un'importante fonte di metano sotto il clima caldo all'interno di questo secolo, e l'aumento delle emissioni di metano dipende dalla latitudine: l'aumento è maggiore dai laghi settentrionali a bassa latitudine", spiega Narasinha Shurpali dell'Università della Finlandia Orientale |
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