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Messaggi del 29/06/2020
Post n°3139 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte:articolo riportato dall'Internet 01 giugno 2020Comunicato stampa Spliceosoma: come si propaga l'informazione giusta nelle cellule © Cnr-Iom/Sissa Un nuovo studio dell'Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) in collaborazione con la Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) fa luce sul funzionamento dello spliceosoma. Un complesso sistema cellulare, composto da proteine e RNA, responsabile di un processo di "taglia e cuci" con il quale si opera la sintesi proteica. Difetti nel suo funzionamento sono coinvolti in più di 200 malattie. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Journal of the American Chemical Society, che gli ha anche dedicato la copertina Una ricerca basata su simulazioni al computer dell'Istituto officina dei materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iom), condotto in collaborazione con la Sissa - Scuola internazionale studi superiori avanzati e pubblicato su Journal Of the American Chemical Society, ha permesso di spiegare il funzionamento dello "spliceosoma", un importante "macchinario biologico" per la vita cellulare. Affinché avvenga la sintesi proteica, un gene (cioè una sequenza di DNA) viene inizialmente copiato su una molecola denominata RNA messaggero o mRNA, a sua volta incaricata di trasportare l'informazione contenuta nel DNA ad altri apparati cellulari, che danno inizio alla sintesi proteica. Tuttavia, l'RNA messaggero che viene copiato dal gene è in una forma prematura e deve seguire alcuni passaggi prima di poter essere utilizzato. in sequenze chiamate esoni, intervallate da lunghi tratti che non contengono tali informazioni, gli introni. Questi devono essere quindi tagliati via, con un meccanismo chiamato splicing. Una volta rimossi gli introni, gli esoni devono essere ricuciti tra loro, in modo da avere un filamento di mRNA maturo e contenente tutte le informazioni necessarie per sintetizzare le proteine. Qui entra in gioco lo spliceosoma, un complesso macromolecolare composto da centinaia di proteine che agisce come un sarto che, tagliando e cucendo, regola questo meccanismo cellulare", spiega Alessandra Magistrato del Cnr-Iom e coordinatrice del progetto. avendo ripercussioni gravi per la salute dell'uomo. I difetti di splicing, sono infatti responsabili di circa 200 malattie tra cui almeno 33 tipi di tumori. "Il nuovo studio spiega, a livello atomistico, come avvengono i complicati cambiamenti strutturali dello spliceosoma necessari a posizionare introni ed esoni nella posizione ottimale per effettuare lo splicing", prosegue la ricercatrice. "Ciò avviene attraverso uno scambio di segnali tra le diverse parti proteiche che compongono il sistema". loro per poter agire in modo coordinato e regolare accuratamente il processo di taglia e cuci. In pratica, tramite piccoli riarrangiamenti locali, si innesca uno scambio di segnali che si propaga progressivamente tra proteine adiacenti, fino a coprire grandi distanze", spiega Andrea Saltalamacchia della Sissa e primo autore dello studio. "Visto il coinvolgimento di questo sistema in numerose patologie umane, comprendere il meccanismo di trasmissione di questi segnali potrebbe permettere di individuare farmaci che, bloccandone la comunicazione, interferiscano con lo splicing, e che possano quindi rappresentare nuove possibili terapie". solo i primi passi verso una sua completa comprensione a livello atomistico. Questa però è fondamentale per l'identificazione di inibitori necessari alla cura, e talvolta alla prevenzione, delle numerose patologie annesse. grazie all'utilizzo di moderni supercomputer, che ci permettono di vedere con la risoluzione a livello dell'atomo come avviene questo processo di taglia e cuci", conclude Magistrato. La ricerca è stata condotta con il contributo dell'università di Yale e di Bologna, che ha aiutato ad individuare il percorso seguito dallo scambio d'informazioni, e dell'università di San Diego e dell'Istituto nazionale di chimica di Ljubljana, che hanno collaborato nelle fasi iniziali del progetto. |
Post n°3138 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 23 GIUGNO 2019 ARCHEOLOGIAdi Amanda Ronzoni http://www.nationalgeographic.it La battaglia navale tra Greci, Etruschi e Cartaginesi che cambiò la storia Al Museo Civico Archeologico Falchi di Vetulonia, fino al 3 novembre 2019, una mostra sullo scontro navale di Alalìa, il primo storicamente documentato, che decise le sorti del Mediterraneo nel 540 a.C. Al Museo Civico Archeologico Isidoro Falchi di Vetulonia, un allestimento suggestivo e più di 150 reperti di rilievo scientifico e artistico raccontano uno degli eventi antichi più importanti nella storia del Mare Nostrum, che decise le sorti delle due isole tirreniche di Kyrnos (Corsica) e Sardò (Sardegna). Anno 545 a.C.: nel Mediterraneo arrivano i greci Focei in fuga dall'avanzata persiana. Abbandonata la loro città, Focea (oggi la turca Foça), dalla costa occidentale dell'Anatolia si trasferirono in massa ad Alalìa, in Corsica (l'odierna Aleria), dove esisteva un insediamento foceo già dal 565 a.C.. Il loro arrivo in massa turbò l'assetto geopolitico dell'intera regione mediterranea, interferendo con lo status quo di scambi commerciali ed aree di influenza riconosciute, tra Fenici, Greci ed Etruschi, dove Corsi e Sardi giocarono la loro parte. Per preservare la propria egemonia sul Tirreno, gli Etruschi si allearono ai Fenici e, nel 540 a.C., ingaggiarono contro i Focei una delle più grandi battaglie navali dell'antichità. 180 navi (pentecontère) si affrontarono nel tratto di mare antistante la città di Alalìa. Fu uno scontro durissimo. Così lo racconta Erodoto parlando della "battaglia del Mar Sardo": "I Focei allora, equipaggiate anch'essi le loro navi che erano in numero di 60, andarono loro incontro nel mare detto di Sardegna. Scontratisi in battaglia navale, i Focei ottennero una vittoria cadmea, poiché quaranta loro navi furono distrutte, e le rimanenti venti erano inservibili, con i rostri spezzati". L'esito fu incerto (di qui la definizione di vittoria cadmea), le perdite ingenti da entrambe le parti: si sa che i prigionieri greci finirono lapidati e che nel 535 a.C. i Focei abbandonarono Alalìa, diretti verso Reggio, risalirono le coste campane e fondarono Velia, a sud di Paestum. Per una cinquantina di anni, il Tirreno tornò ad essere un "lago etrusco", gli scambi con i Corsi sempre più attivi, i legami culturali sempre più saldi, come testimoniano i numerosi reperti in mostra a Vetulonia. Gli oggetti esposti ci parlano di queste vicende storiche e del dialogo interculturale tra questi popoli e di un progetto scientifico che ha unito per l'occasione nei prestiti il Museo di Aleria, l'Antiquarium Arborense di Oristano e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Sassari e Nuoro, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, per quanto concerne la Toscana, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, e il Nucleo Tutela del Patrimonio Archeologico della GdF di Roma, con una selezione di reperti sequestrati. Simbolo della mostra e reperto di altissimo valore artistico, oltre che scientifico, è il prezioso dinos (vaso utilizzato in Grecia prevalentemente per mescolare l'acqua al vino) attico frammentato (foto sopra), in prestito dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma. La mostra è stata curata da Simona Rafanelli, nel quadro del primo grande progetto internazionale di valorizzazione della Corsica (Programma Collettivo di Ricerca su Aleria e i suoi territori ) curato dal prof. Vincent Jolivet e dal prof. Jean Castela. Dopo Vetulonia, la mostra sarà nel 2020 ad Aleria e nel 2021 a Cartagine. |
Post n°3137 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il Polesine come la Provenza: i bellissimi campi di lavanda in fiore Come accade in Provenza, anche a Porto Tolle, nel Veneto, all'inizio dell'estate fiorisce la lavanda 12 Giugno 2020 Condividi su Facebook+ "PROVENZA? NO, POLESINE! Tra antichi casolari, in Veneto abbiamo un paesaggio che può fare la gioia di artisti e fotografi. Sono i campi di lavandadi Porto Tolle (RO), che non hanno nulla da invidiare a quelli del sud della Francia, anzi". Così twittava Luca Zaia, presidente della Regione Veneto facendo così scoprire agli italiani (e al mondo) una rara bellezza della sua terra che solitamente si va a cercare all'estero. Siamo nel rodigino, nella zona di Porto Tolle, un angolo poco conosciuto e poco turistico del nostro Paese che, per tanti motivi, vale la pena visitare. A fine primavera inizio estate, come accade anche in Provenza, la lavanda inizia a fiorire e qui di campi di lavanda ce ne sono tantissimi. Il paesaggio si colora tutto di lilla. Con gli "antichi casolari" che sono i corrispettivi dei "mas procençal", le case di pietra dei contadini. I campi si trovano in particolare nell'entroterra della Sacca di Scardovari, vicino all'Oasi naturalistica di Ca' Mello. Foto di: Gigi Florida Maestro, Dario Ramazzina, Stefania Guglielmo @Veneto Segreto Intorno ai campi di lavanda c'è il Delta del Po. La Sacca degli Scardovari, infatti, è un ampio specchio d'acqua compreso tra le foci del Po di Gnocca e il Po delle Tolle. È l'ambiente ideale per la coltivazione di cozze, vongole e ostriche, che qui trovano uno dei luoghi di più intenso allevamento. La sacca, separata dal mare da lidi sabbiosi, sorge in uno degli scenari paesaggistici più affascinanti del Delta. in fiore - Foto di: Dario Ramazzina @Veneto Segreto L'ambiente lagunare è una zona di passaggio tra l'acqua dolce e quella del mare dell'Adriatico che qui si incontrano continuamente. Di tanto in tanto dall'acqua spunta una cavàna dei pescatori, una casa costruita e sospesa sull'acqua per mezzo di pali come una palafitta. L'Oasi di Ca' Mello, situata nell'Isola della Donzella, nella parte meridionale del Parco del Delta del Po, è il meraviglioso risultato di un progetto di riqualifica- zione iniziato negli Anni '90 ed è attraversato da affascinanti itinerari da percorrere a piedi, in bicicletta (si possono noleggiare sul posto) o in barca che si snodano tra canneti e piante acquatiche, dove la fauna tipica delle zone palustri trova l'habitat ideale per riprodursi. Rappresenta un luogo storico della nostra Italia ed è la testimonianza di un Delta d'altri tempi, quando i l vecchio e scomparso Po di Camello scorreva sull'isola della Donzella e andava a sfociare in laguna. Il Centro Visite, che merita una sosta, ha sede in una delle tradizionali abitazioni dove un tempo vivevano i contadini del basso Polesine. La fioritura della lavanda dura pochi giorni, purtroppo, quindi per ammirarla bisogna fare in fretta. Poi viene raccolta e trasformata in oli essenziali e in altri prodotti. Tuttavia il Polesine e il Parco del Delta del Po offrono sempre e comunque paesaggi meravigliosi, che ricordano un'altra zona del Sud della Francia, la Camargue. |
Post n°3136 pubblicato il 29 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet ARCHEOLOGIA http://www.meteoweb.eu ECCEZIONALE RITROVAMENTO IN UN TUNNEL SEGRETO IN MESSICO
Ossa, conchiglie, scheletri, piccole statue precolombiane: sono alcuni degli oggetti ritrovati in tre camere scavate nella roccia di un tunnel sotterraneo lungo 103 metri nel Tempio del serpente piumato, a Teotihuacan, il piu' grande sito precolombiano del Centro e Nord America. A essere riportati alla luce sono stati circa 50 mila reperti. Il ritrovamento e' avvenuto ad una profondita' di 18 metri, grazie "al lavoro dei nostri esperti", ma anche alla tecnologia impiegata, e cioe' "a due robot, diversi scanner laser di alta precisione e georadar", precisano le autorita' messicane. La scoperta e' stata fatta sulla scia dei lavori avviati ormai piu' di dieci anni fa dopo il ritrovamento del tunnel, subito considerato come un luogo chiave per poter risolvere alcuni enigmi che ancora avvolgono le antiche civilta' in quest'area archeologica del Messico. Tra gli oggetti venuti alla luce, e rimasti nascosti per 1800 anni, quattro sculture in pietra (tre di donne, una di un uomo), abbellite con gioielli preispanici in giada e pietre verdi. A impressionare gli archeologi sono state poi decine di grosse conchiglie provenienti dal Golfo del Messico e dai Caraibi, ossa di grandi felini, coltelli in ossidiana, scheletri di scarafaggi, centinaia di recipienti in ceramica, una scatola in legno con decine di conchiglie intagliate con disegni geometrici e personaggi di Teotihuacan. E ancora: resti di animali, soprattutto uccelli, piu' di 15mila semi di 'tuna' (frutto dolce di cactus), ambra, pomodori, mais e resti di fiori di zucca, specchi fatti in pirite, oltre a circa 4 mila oggetti in legno ben conservati. Sulla base degli studi fatti con il carbonio 14, gli esperti messicani hanno inoltre accertato che il tunnel veniva utilizzato sia per depositare doni sia quale "metafora dell'inframondo", tesi quest'ultima basata sul disegno e sull'orientamento del tunnel. Teotihuacan (la 'terra degli Dei') fu appunto costruita nell'intento di riprodurre le dinamiche alla base del cosmo e dell'universo e in questa dinamica il tunnel va interpretato come una rappresentazione del 'mondo di sotto'. Sulla base della mitologia preispanica, l'ingresso all'inframondo avviene infatti da ovest a est. E secondo la cosmovisione di Teotihuacan, ricordano gli esperti messicani, il sole sorge ad est, fa il percorso fino allo zenit, poi inizia a calare per entrare nell'inframondo, rappresentato appunto come tunnel. Per spuntare, infine, al vertice del Tempio del Serpente Piumato. |
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