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Messaggi del 06/04/2020

Da Lecce antica....

Post n°2722 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Muro Leccese, ritrovato un

deposito funerario di epoca

messapica

tomba messapica

Foto tratta da sapentometropoli.it

Un deposito funerario con all'interno delle ossa di bambini, 

numerosi vasi e altri oggetti di piccole dimensioni è stato

recentemente rinvenuto a Muro Leccese, in provincia di Lecce,

durante i lavori di ampliamento della fogna bianca.

I reperti, databili IV-III secolo a.C., sono stati portati alla luce

nei pressi di via Don Bosco, non lontano dalla vasta area

archeologica che dal 2000 è oggetto di indagini da parte

dell'Università del Salento.

Si tratta di un importante ritrovamento, spiega l'archeologa Oda

Calvaruso, che si occupa della sorveglianza archeologica degli

scavi per conto della Soprintendenza "una cassa con questi oggetti

non era mai stata rinvenuta ed ha un certo valore per la

conoscenza dell'abitato".

Proprio nel 2017 a Muro Leccese, all'interno del Museo Diffuso

di Borgo Terra, era stata inaugurata la sezione messapica.

La notizia diffusa il 26/11 u.s. da ilquotidianodiPuglia.it è stata

ripresa da diverse testate nazionali e locali.

Una news che volevamo condividere con Voi!

La redazione,

Siti Archeologici d'Italia

 
 
 

Da Breno antica....

Post n°2721 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet
Breno, ritrovato uno scheletro
di 3.000 anni fa

Foto tratta da Milano.Repubblica

Lo scheletro completo di un uomo dell'età del ferro, in ottimo stato

di conservazione, è stato recentemente rinvenuto a Breno, in provincia

di Brescia durante i lavori per la realizzazione del parcheggio interrato

in piazza Ronchi.

Il reperto, che si stima possa avere 3.000 anni, è stato ripulito,

catalogato e successivamente trasferito nei laboratori della Soprintendenza

archeologica dove si procederà con ulteriori analisi.

Nell'area oggetto dello scavo, in questi mesi, sono state rinvenuti resti

di antiche mura e di un selciato.

Lo scheletro che per caratteristiche e stato di conservazione ha una notevole

rilevanza archeologica, contribuirà a comprendere meglio la storia della Val

Camonica, già sito Unesco per l'arte rupestre.

La notizia diffusa il 20/12 u.s. da www.giornaledibrescia.it è stata ripresa da

diverse testate nazionali e locali.

Una news che volevamo condividere con Voi!

La redazione,

Siti Archeologici d'Italia

 
 
 

Notizie da Roma antica...

Post n°2720 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato all'Internet

Roma, un'antica area artigianale

riemerge nel giardino di Palazzo

Corsini

Foto tratta da Il Corriere della Sera

Durante la messa in sicurezza di Palazzo Corsini è riemersa un'intera

area commerciale con pavimentazione, strutture murarie, anfore di grandi

dimensioni, molte delle quali perfettamente conservate, e il resto di un

forno per la cottura della ceramica.

Nell'area, che risale al I-II secolo d.C, è stato ritrovato anche un condotto per

le acque provenienti dal Gianicolo.

La Soprintendenza, che ha definito la scoperta come "un ritrovamento unico

e importante", spiega che avrebbero dovuto annunciare e illustrare la scoperta

in una conferenza stampa a fine mese, ma la notizia è stata anticipata dalla

stampa nazionale.

Nel giardino storico del Palazzo dove oggi hanno sede la Galleria Corsini, museo

di Stato (Ministero per i beni culturali) e l'Accademia nazionale dei Lincei l'area

di scavo è ben visibile e in un pannello del cantiere si legge che "allo stato

attuale della ricerca si ritiene che il complesso potesse essere utilizzato per la

cottura di materiale ceramico e l'invetriatura di oggetti fittili".

Tuttavia, quello che oggi è possibile vedere sbirciando nell'area di scavo

potrebbe essere ricoperto una volta ultimati i lavori.

Secondo alcune indiscrezioni, infatti, l'area verrà nuovamente coperta perché si

tratta di un giardino storico, il giardino di una dimora prestigiosa che ha visto tra

i suoi inquilini anche Cristina di Svezia e Giuseppe Bonaparte.

La notizia è stata pubblicata sul Corriere della Sera il 14/03/2019.

La redazione,

Siti Archeologici d'Italia

 
 
 

Narbona Romana....

Post n°2719 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

arch viva

Narbona Romana.

Una necropoli la racconta

Scavi in corso

14 ottobre 2019


L'INRAP mobilita i suoi archeologi migliori

È una missione che potrebbe sembrare impossibile quella che sta

impegnando una massiccia squadra di archeologi dell'INRAP

(l'Istituto nazionale di archeologia preventiva francese) per salvare

una necropoli romana alle porte di Narbona, nella regione dell'Occitania.

L'area, destinata ad alcune infrastrutture, è considerata di eccezionale

interesse archeologico.

La missione di scavo è interamente sostenuta dal governo francese che

conta di riportare in luce quante più tombe possibili "raccontandole"

poi nel nascente Museo delle Antichità romane di Narbona.

La prima colonia dei Romani in Gallia

Subito dopo la conquista della Gallia da parte dei romani nel 125 a.C.,

la città di Narbona fu scelta come prima colonia di diritto romano

fuori dall'Italia.

Un secolo più tardi Augusto fece di Narbo Martius la capitale della

Provincia di Narbona, che si estendeva dal Fréjus fino a Tolosa e ai

Pirenei e dal Mediterraneo fino a Vienna e Ginevra.

In poco tempo Narbona divenne un florido centro economico nonché

uno dei porti più grandi del Mediterraneo occidentale.

La sua posizione strategica la rendeva di fatto crocevia insostituibile

anche per gli scambi via terra e fiume.

L'intera provincia avrebbe preso il nome di Gallia Narbonense "come

omaggio" a questa città.

Una necropoli con oltre mille tombe

Il sito funerario sorge alla congiunzione di due strade, seicento metri a

est della città antica.

Tra I e II sec. d.C. occupava duemila metri quadrati di superficie ospitando,

si stima, un migliaio di tombe di cui "solo" trecento al momento sono

state scavate.

La necropoli è caratterizzata da una rigida suddivisione degli spazi con

"piazzole" delimitate da muretti e talvolta divise da stradine di servizio.

Il tutto a sottolineare la presenza di diversi gruppi sociali, come riportato

anche su alcuni epitaffi dove si legge il nome dello schiavo o "libero"

(quasi sempre di origine italiana).

Ben distinte fisicamente anche le aree che furono destinate alla sepoltura

della plebe. Inutile dire che ai signori furono riservati posti (i migliori)

lontano dai poveri.

Parola d'ordine: cremazione

La maggior parte delle sepolture testimoniano il rito, molto diffuso in

quest'epoca, della cremazione.

Le tombe contengono per lo più ossa combuste cui si accompagnano

brocche di vetro o ceramica, vasetti di profumi e lampade.

Recipienti che testimoniano l'importanza delle offerte in onore del defunto.

Nella cenere delle pire sono stati rintracciati resti di frutta carbonizzata

tra cui datteri e fichi.

Prove (inedite) di libagioni

Proprio l'ottimo stato di conservazione ha reso possibile documentare

per la prima volta in tutta la Gallia pratiche di libagione compiute nei

pressi di almeno tre tombe.

Nel terreno circostante le sepolture sono stati infatti rinvenuti vari tipi

di ceramiche, anfore, coppe e conchiglie

. L'analisi dei resti organici associati ai reperti ha potuto confermare le

ipotesi di partenza.

Un sito salvato grazie all'acqua

La vicinanza del Canal de la Robine (che ancora oggi taglia in due la città

di Narbonne costituendo una delle sue principali attrazioni) ha svolto un

ruolo fondamentale per la conservazione dei resti del sito.

La necropoli è stata infatti protetta da circa tre metri di limo provenienti

dalle esondazioni che di fatto hanno sigillato i diversi strati archeologici

permettendo di analizzare l'evoluzione della pratiche funerarie così come

quella dei riti di commemorazione.

"Una Pompei francese"

«La varietà di sepolture, l'incredibile stato di conservazione, la straordinaria

sovrapposizione di tombe e reperti - secondo gli archeologi dell'Inrap -

rende questo sito dell'antica Gallia un unicum paragonabile a Pompei e

Roma.

Uno spaccato senza precedenti di come si viveva e moriva (da signori o

da schiavi) a Narbonne duemila anni fa.

Info: www.inrap.fr

 
 
 

La Signora di Vix

Post n°2718 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

 

Signora di Vix. Ritorno sulla tomba della principessa celtica.

Archeonews.

23 settembre 2019


La scoperta risale a quasi settant'anni fa, ma le

sorprese non sono ancora finite.

Siamo nei pressi del villaggio di Vix, sul Mont Lassois

vicino a Châtillon-sur-Seine, nel cuore della regione

francese della Borgogna.

È il lontano inverno del 1953 quando a tornare alla luce

è nientemeno che la tomba di una principessa celtica

(VI sec. a. C.) praticamente intatta.

I primi scavi

Le prime segnalazioni di uno strano dosso nel terreno e

un'insolita concentrazione di ghiaia erano giunte da alcuni

operai della zona.

La conferma che si trattasse di qualcosa di eccezionale ar-

rivata grazie all'archeologo autodidatta René Joffroy che aveva

dato ufficialmente inizio agli scavi.

Sotto il terreno c'era una camera sepolcrale di legno circondata

da quattro ruote di carro.

Al centro, sui resti della carrozza, giaceva una donna sui

quarant'anni riccamente decorata con un bracciale in oro,

fibule di bronzo e oro, corallo e ambra.

In un angolo della tomba gli archeologi scoprirono un gigantesco

cratere greco di bronzo (540-530 a.C.) abbellito con opliti,

cavalli e carri.

Le anse decorate con gorgoni e leoni rampanti.

Dello straordinario corredo facevano parte anche una patera

d'argento, un ainochoe (vaso simile una brocca) e un bacile

di bronzo.

Ritorno sul sito

Dagli anni Sessanta a oggi molto si è detto e scritto

sul sito di Vix.

Fino alla recente decisione di tornare a scavare: le

ricerche, appena partite, sono condotte dal CNRS/

Université de Bourgogne-Franche-Comté, sotto la

direzione dell'Inrap e la collaborazione del laboratorio

archeologico ARTEHIS.

Luogo di potere e di élites

La tomba in questione fu edificata a valle, ai piedi del

Mont Lassois, un promontorio fortificato con bastioni

affacciato sulla Senna.

Sulla sua sommità gli archeologi hanno portato alla luce

un insediamento probabile sede della locale aristocrazia

e composto da edifici absidati e granai.

Il tumulo tombale di grandi dimensioni e ricoperto di pietre

fu progettato per essere ben visibile anche da lontano e

celebrare così per sempre la memoria della Si

gnora.

Ritorno a... Vix

Oggi si torna sullo scavo utilizzando le più moderne

tecnologie tra cui i droni, gli studi fotogrammetrici e

l'elaborazione di modelli tridimensionali.

Tra le molte domande rimaste in sospeso, una su tutte: è

possibile che esista una seconda camera sepolcrale?

Nel frattempo alcune novità arrivano dai sondaggi che si

stanno effettuando su ciò che resta del tumulo funerario.

Analisi sul monumento funebre

Poco si sapeva fino a oggi riguardo alla struttura funeraria

in sé.

Recenti indagini geofisiche hanno ipotizzato che tipo di

aspetto dovesse avere in origine: il tumulo, di quaranta

metri di diametro, era composto da un mix di terra e pietre

di vario genere.

Alcuni blocchi particolarmente grandi e ben visibili lungo il

perimetro della struttura non provenivano da montagne

vicine; erano dunque stati scelti e trasportati per l'occasione.

Il monumento, pensato per l'eternità, fu distrutto in realtà

poco tempo dopo la sua costruzione.

Il tumulo, volutamente spianato, fu reso invisibile agli occhi

dei più permettendo alla sepoltura di arrivare intatta fino

ai giorni nostri.

Nuovi reperti e ... indizi

In cima a quello che resta del tumulo, una sorta di cappello

di ghiaia delimitava l'ubicazione della camera sepolcrale.

Sulla sua superficie gli archeologi hanno rinvenuto dei piccoli

chiodi di bronzo probabilmente facenti parte degli ornamenti

del carro.

Al di là del valore intrinseco rappresentano i primi indizi sul

fatto che tanto ancora rimane da scoprire.

 
 
 

Paesaggi dell'Asia Minore...

Post n°2717 pubblicato il 06 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet
  • Benvenuti a Kyme. La Cuma dell'Asia Minore
  • Mediterraneo orientale

Archeologia Viva n. 199 - gennaio/febbraio 2020
pp. 40-53

di Marco Camera, Benedetto Carroccio, Carmelo Colelli,

Mariantonietta De Fazio, Vincenzo Di Giovanni, Massimo

Frasca, Antonio La Marca, Stefania Mancuso, Maurizio Paoletti,

 Giuseppe Ragone e Lucia Scatozza Höricht

a cura di  Antonio La Marca

Il geografo greco Strabone la definì come "la più grande e

splendida tra le città eoliche": i risultati delle trentennali indagini

condotte dalla missione archeologica italiana confermano la grandezza

di questo centro portuale della costa anatolica attivo senza soluzione

di continuità per quasi duemila anni

Tra le tante esplorazioni archeologiche in corso in tutto il bacino

mediterraneo, una delle più affascinanti è senza dubbio quella che sta

portando alla luce i resti dell'antica Kyme d'Eolia, o "Cuma eolica",

sulla costa occidentale dell'Asia Minore.

Qui, a circa metà percorso della moderna strada statale fra Izmir

(l'antica Smirne) e Bergama (l'antica Pergamo*), giacciono le rovine di

questo importante centro affacciato sull'Egeo.

A partire dagli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, sul sito ha

operato una missione italiana che, in oltre trent'anni di lavoro, è riuscita

a far emergere quello di Kyme tra i "grandi scavi" della Turchia egea,

restituendo un quadro ormai abbastanza chiaro dello sviluppo della città.

Essa fu attiva, senza soluzione di continuità, dalla fondazione nell'XI sec. a.C.,

forse a opera di coloni eoli provenienti dalla Beozia, fino agli inizi del XV

sec. d.C., quando il territorio fu conquistato dagli ottomani di Maometto I. 

 
 
 

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