Creato da bluestella il 28/12/2009

Pensieri in libertà

Pensieri, parole, magari qualche idea... chissà... prolissa o sintetica, riflessiva, concreta o astratta, confusa, un po' nebulosa, magari irrazionale, empatica e... chissà

 

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abdicare

Post n°154 pubblicato il 01 Luglio 2014 da bluestella

         I buoni propositi hanno a volte vita breve e la leggerezza rischia di frantumarsi con la stessa facilità di una lastra di cristallo colpita da un sasso. Stanchezza, debolezza, le piccole, grandi difficoltà di ogni giorno che creano ostacoli lungo il cammino di una quotidianità che, a volte, si complica da sola e che, altre volte, siamo noi stessi, con le nostre piccole manie, paure, incomprensioni, a rendere più difficile e complessa di quanto essa non sia realmente.

Le sensazioni sono le più disparate. Ci sono la voglia ed il desiderio di sentirsi forti, di progettare o, più, semplicemente, di fare tante cose, non importa se utili o inutili, e c'è, al contempo, la percezione di una fragilità prima ignota che poi, a ben pensarci, esisteva forse anche in passato, ma era mascherata dalla cosiddetta normalità, fingendo di ignorare che la vita è fatta anche della sua stessa negazione e di tutti quegli imprevisti che la possono bloccare, arginare, limitare in modo del tutto repentino ed inatteso.

Ci sono le paure, a prevalere sulle altre è soprattutto quella di non farcela, il timore di non riuscire a gestire al meglio il proprio presente e quello che sarà, che potrà essere il proprio domani. Non è una paura irrazionale, perché è qualcosa che, a vari livelli, appartiene a tutti, solo che non sempre se ne possiede concreta consapevolezza.

Si guarda un po' più a fondo anche dentro se stessi, non più venendo a patti con la propria personalità, ma cercando di conferirle valore. Non desidero più abdicare a me stessa e cercare compromessi, ma essere come realmente sono e non è una minaccia velata, una forma di egoismo latente portato alla luce, perché la mia aspirazione è rinunciare allo scontro a favore dell'incontro costruttivo, sempre e comunque. Solo che questo richiede compartecipazione e condivisione, implica avere di fronte un'altra personalità analoga e non è qualcosa di così immediato o scontato; assurdo sarebbe pretendere di ritrovare sempre se stessi in un mondo popolato da sette miliardi di individui.

È una forma di egoismo per niente velato, ne sono consapevole, ma l'egoismo sta diventando un modo per mettermi in relazione con me stessa, per cercare una modalità diversa con la quale comprendere meglio cosa desidero e cosa posso fare per il mio benessere e per essere a mio agio nel mio mondo, nel mio piccolo, grande universo.

Non li conosco più i miei sogni, forse non li ho mai conosciuti. So che tante persone mi hanno spesso offerto su un piatto d'argento le loro ricette, una su tutte: vivi. E poi il suggerimento proseguiva col consiglio successivo: viaggia, innamorati, costruisci, realizza mentre, immancabilmente, arrivava la condanna alla mia apparente ignavia, al mio immobilismo, pronta a farmi sentire degna del più turpe dei gironi danteschi.

Eppure, a ben guardare, anche le altrui vite sono limitate ad alcune dinamiche, non sono così ampie e complete come potrebbero essere. Oh, sì, c'è anche chi ha stravolto la propria vita per andare a vivere dall'altra parte del mondo, ma ci sono anche persone il cui vivere è trovare soddisfazione nella propria quotidianità, anche semplicemente nel prepararsi un buon caffè o nel prendersi cura del proprio giardino. Ecco, non è forse quello che facciamo tutti ? Un po' di quiete, un po' di relax, di bellezza e di poesia ?

Ancora una volta mi rendo conto di cadere nel cliché di voler credere che tutti siano alla ricerca di un equilibrio stabile, mentre è evidente che c'è chi trova la misura di se stesso nello scontro, nella prevaricazione, nel volersi affermare al di sopra degli altri.


L'uso frequente del pronome IO e dell'aggettivo possessivo MIO, parole in fondo non dissimili nella lingua italiana, tanto che la seconda contiene la prima, ben evidenzia come ogni parola da me scritta sia autoreferenziale, benché non lo trovi così strano visto che, in fondo, ciascuno scrive ciò che crede di sapere, di conoscere meglio; presuntuoso oltreché complesso sarebbe cercare di dissertare su qualcosa che non ci appartiene.


Ci sono anche le ossessioni, i pensieri impervi che , piano piano, tornano a prendere il loro spazio, quello che avevano un tempo e che proprio non riesco ad accantonare. Il temere per gli altri, il non voler deludere nessuno, la voglia di portare a compimento i propri impegni, reali o presunti tali e poi tutte quella cose “da farsi”, anche quelle più semplici, come leggere un libro che si è comperato o che si è preso a prestito in biblioteca e riuscire a farlo entro termini adeguati. Strano perché per me la lettura è quasi sempre stata un piacere, ma così diventa un'ulteriore fonte d'ansia.

Intanto sto imparando che non si può essere sempre sereni e felici: se così fosse il mondo sarebbe probabilmente ben diverso, una sorta di eterno paradiso, finto ed artificiale, una spiaggia con palme di plastica fluorescenti o qualcosa del genere. Invece no e forse è anche vero che la sofferenza aiuta in qualche modo a progredire, perché cambia la percezione e modifica le prospettive.


So di essere cambiata un po' in questi ultimi mesi. Solo un po', niente di eclatante, ma so di aver sperimentato periodi di grande forza emotiva proprio quando fisicamente stavo meno bene e so di essere emotivamente fragile adesso che comincio a stare fisicamente meglio.

La colpa è mia, dei miei pensieri, come al solito, perché i pensieri non portano da nessuna parte. Si pensa troppo quando si dà eccessivo valore a ciò che, in realtà, non serve. Quando ci si affeziona, quando si prova un sentimento per cose, oggetti ed anche persone. Quanto saremmo più forti se sapessimo andare oltre queste emozioni. C'è chi ci riesce, certo: gli asceti, i saggi, gli indifferenti, quelli che semplicemente vanno oltre o che guardano solo al proprio interesse. Sono dei modelli, a loro modo, modelli cui aspirare.

Da parte mia ci vorrebbero atti di coraggio e ci vorrebbero anche idee da perseguire e poi un pizzico di distacco e di indifferenza. Poi, magari, ci vorrebbe anche assenza di accanimento come tutti quelli che comprano vitamine e bacche miracolose in quantità pensando di prolungare un benessere psico-fisico che, invariabilmente, è destinato al declino. Ho letto una frase abbastanza negativa su questo argomento, sul fatto che tutti siamo destinati naturalmente alla fine (ma i termini erano più forti, estremi e negativi), ma personalmente preferisco pensare che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto, però, si trasforma. In questa forma mi sembra meno drammatica, meno drastica forse.

Tornando al dilemma iniziale, però, come conciliare l'esigenza di serenità con l'esistenza? Non si può, credo, semplicemente non è possibile, non si può fare. Si prende la vita, si accetta per quello che è, ossia un tempo limitato da riempire in vario modo, con un pizzico di quell'illusione chiamata libero arbitrio e un gran numero di variabili non sempre dipendenti dalla nostra volontà e si fa del proprio meglio per contrastare le malinconie e le depressioni che sembrano essere una costante nella vita di molte persone e poi, passate le fasi necessarie all'elaborazione delle nostre percezioni e alla rielaborazione di un percorso adatto alle nostre esigenze, si riparte, con un po' di coraggio, con meno entusiasmo, forse, con qualche paura in più e con meno certezze.

Con la voglia di vivere.

 


 
 
 
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