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The Capatti's family MYTH: 'NINO' Alverino Capatti, an Italian pilot in a WWII;  photo from

the dedicated site Nino's Page  http://members.tripod.com/~Roberto_Lionello/nino/

other info on R.A.F. ( Romagna Air Finders) site http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=61117&idd=349

 

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'la Gioconda della nonna Pia' (BC, '05)

per/da  http://www.mailartmeeting.com/monnalisa_project.htm

 

 

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Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 01 Aprile 2005 da bnetblog
Foto di bnetblog

 ZEROTRE domande per ZAEM a Bruno Capatti:

 isdp - Tu che, come noi,  hai cominciato ad esprimerti in performance agli inizi degli anni '90, su quale "poetica"  hai costruito e senti la necessità di continuare a costruire le tue azioni?

 BC – Per quanto mi riguarda, ma sono convinto che la cosa si possa allargare a molti di noi, l’ esperienza della performance è iniziata come proseguimento della Mail Art in un contesto di incontri  fra networker che fino a quel momento erano stati in rapporto solo tramite la posta (DECENTRALIZED NETWORKER CONGRESS). Credo che l’azione poetica, la performance,  stesse  al contatto diretto come l’ Arte Postale  all’incontro epistolare indiretto.Ci si incontrava e ci si esprimeva esteticamente attraverso lavori di insieme, happening e performance individuali o di gruppo.Le  mie azioni inizialmente erano esse stesse eventi comunicativi nelle quali provavo delle ‘patapsichiche’ trasmissioni mentali  a contenuto estetico. L’azione era un atto, un processo  collettivo di condivisione di contenuti, un’azione ‘sciamanica’  tribale che voleva trascendere  la nostra tradizione occidentale,  alla ricerca di nuovi ruoli per l’artista.   Secondariamente ho sentito l’esigenza di confrontarmi con tutti gli altri aspetti delle performance individuale, come  setting  per sperimentare e condividere stati emozionali, psicodrammi, rielaborazioni. Allo stesso tempo dialogando con alcune fondamentali esperienze novecentesche legate alla pratica performativa: SITUAZIONISMO, GUTAI, FLUXUS, AZIONISMO. Dalla fine degli anni ottanta eravamo infatti noi tutti alla ricerca di riferimenti che trascendessero quanto stava avvenendo nei circuiti ufficiali dell’arte con il recupero della pittura che citava le forme più varie della  tradizione figurativa. Il circuito della  MAIL ART per molti è proprio servito da tramite per poter entrare in contatto con ambiti estetici in cui erano attive sperimentazione, multimedialità, utilizzo di tecnologie audio-video e arte comportamentale.Credo che un grande merito abbia avuto l’Artestudio di Emilio Morandi a Ponte Nossa (Bergamo) che ha saputo mettere in contatto attraverso la sua attività (Perfomedia) operatori e gruppi di diversa provenienza e formazione alla luce dell’allora nascente NEOISMO. Non è un caso che le nostre prime azioni pubbliche siano state fatte proprio a Ponte Nossa o come la chiamavo: Perfolandia.Nelle mie ultime azioni ho  affrontato la problematica del Sacro e della rappresentazione che ne ha dato la tradizione cristiana.Poi, chi vivrà, vedrà.

 isdp - Che concetto e definizione riesci ad esprimere dell' Arte: che è per  sua natura abbastanza indefinibile? E se puoi e vuoi: che cosa identifichi nella non-arte?

  BC – Cosa penso…che l’Arte è un modalità per oggettivare il nostro pensiero sul mistero che ci circonda e di cui siamo parte, così che gli altri ci si possano confrontare e trarne  un qualche beneficio.Una sorta di meditazione sul senso delle cose, un percorso di comprensione fatto di ‘segni’ più o meno materiali ma pur sempre trasmissibili.Per quanto riguarda la non-arte, la prima cosa che mi fa venire alla mente sono proprio I Santini Del Prete… Credo che la non-arte sia una delle numerose forme che si sono cercate per coniugare i termini Arte-Vita. In questa particolare modalità la sottolineatura è sul primo termine: Vita, con quello che comporta a tutti i livelli. Per quanto riguarda voi è l’aspetto della  ‘professione’ ad essere  indagato. Voi siete ferrovieri…o sbaglio?Pertanto, nel binomio di cui sopra, se la Vita vuole rimanere tale pur essendo estetizzata, pur mantenendo il suo rapporto con l’Arte, deve dichiararsi non-arte…altrimenti si annullerebbe e ne uscirebbe vincente il valore estetico e non quello etico.

isdp - ZEROTRE, Movimento per l' Arte Effimera  che significato gli dai e che cosa ti aspetti ?

 BC – Premetto di non condividere molto l’utilizzo del termine effimero per definire le differenti esperienze che si manifestano in ZEROTRE. La comunicazione è ciò che gli altri percepiscono e nell’uso comune ‘effimero’ è sinonimo di: labile, fugace, fuggitivo, fuggevole, passeggero, momentaneo, transitorio,temporaneo,fragile, precario (Zingarelli).Ma al di là dei termini condivido i presupposti del gruppo e la missione che ci si è dati.Come già vi dicevo, credo che sia importante, ora che la pratica dell’azione performativa e dell’installazione si sono diffuse in tutti i circuiti, avere una maggiore visibilità e un maggiore rapporto con il  discorso critico e storico-artistico sul nostro fare. Questo può essere una chiave per confrontarci  con  l’ufficialità, per non far scomparire nel rumore della moltitudine ciò che si è prodotto in tutti questi anni.Fin dai nostri primi scambi, precedenti la fondazione del Movimento, auspicavo che ci fosse una maggiore presenza di mediatori esterni…e di qui a muoverci per aprire la nostra RETE a figure che fino ad ora si erano pensate ostili ai circuiti ‘alternativi’ in cui il nostro lavoro performativo aveva preso atto.Una maggiore strutturazione organizzativa può inoltre aumentare la nostra capacità ‘contrattuale’ e quindi, come dicevo, aumentare la visibilità.Credo che si debba mantenere aperto all’interno del gruppo un dibattito sui fini, i modi e i contenuti, in modo che aumenti sempre di più la condivisione degli obiettivi che ci permetta di superare in maniera dialettica i differenti punti di vista.Penso che strumenti come ZAEM, pur nei limiti possano servire a questo scopo. (5 marzo 2005)

Immagine allegata:

Bruno Capatti, “VISIONE CIECA”

MIMETISMO IN PERFORMANCE - I° FESTIVAL DELLA PERFORMANCE

Liceo Artistico Statale, Venezia, ’01 (foto G. Strada )

 
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