SOLTANTO L'INFINITO

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GIOVANNI PAOLO II

Post n°18 pubblicato il 05 Gennaio 2007 da Baphomet6
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Con la ragione l'uomo può giungere alla conoscenza di Dio

mercoledì, 20 Marzo 1985

1. Nella scorsa catechesi abbiamo detto che la fede è condizionata dalla rivelazione e che questa precede la fede. Dovremo dunque cercare di chiarire la nozione e di verificare la realtà della rivelazione (seguendo in ciò la costituzione “Dei Verbum” del Concilio Vaticano II). Prima di questo, tuttavia, vogliamo concentrarci ancora un poco sul soggetto della fede: cioè sull'uomo che dice “credo”, rispondendo in questo modo a Dio, il quale “nella sua bontà e sapienza” ha voluto “rivelare se stesso all'uomo”.  Prima ancora di pronunciare il proprio “credo” l'uomo possiede già qualche concetto di Dio che raggiunge con lo sforzo del proprio intelletto, la costituzione “Dei Verbum” (n. 6), trattando della divina rivelazione, ricorda questo fatto con le seguenti parole: “Il sacro Concilio professa che "Dio, principio e fine di tutte le cose, può esser conosciuto con certezza con il lume naturale dell'umana ragione dalle cose create" (cf. Rm 1,27)”. Il Vaticano II si richiama qui alla dottrina presentata ampiamente dal precedente Concilio: il Vaticano I. Essa corrisponde a tutta la tradizione dottrinale della Chiesa, che affonda le sue radici nella Sacra Scrittura, sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento.

2. Un testo classico sul tema della possibilità di conoscere Dio - prima di tutto la sua esistenza - partendo dalle cose create, lo troviamo nella lettera di san Paolo ai Romani: “...poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili” (Rm 1,19-21). L'Apostolo ha qui nella mente gli uomini “che soffocano la verità nell'ingiustizia” (Rm 1,18). Il peccato li trattiene dal rendere la gloria dovuta a Dio, che ogni uomo può conoscere. Può conoscere la sua esistenza, e anche, fino ad un certo grado, la sua essenza, le sue perfezioni, i suoi attributi. Dio invisibile diventa in un certo senso “visibile nelle sue opere”.  Nell'Antico Testamento, il libro della Sapienza proclama la stessa dottrina dell'Apostolo sulla possibilità di giungere alla conoscenza dell'esistenza di Dio a partire dalle cose create. La troviamo in un passo un po' più esteso, che conviene leggere per intero: “Davvero stolti per natura tutti gli uomini / che vivevano nell'ignoranza di Dio, / e dai beni visibili non riconobbero colui che è, / non riconobbero l'artefice, pur considerando le opere. / Ma o il fuoco o il vento o l'aria sottile / o la volta stellata o l'acqua impetuosa / o le luci del cielo / considerano come dèi, reggitori del mondo. / Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dèi, / pensino quanto è superiore il loro Signore, / perché li ha creati lo stesso autore della bellezza. / Se sono colpiti dalla loro potenza e attività, / pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. / Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature / per analogia si conosce l'autore. / Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero / perché essi forse s'ingannano / nella loro ricerca di Dio e nel volere trovarlo. / Occupandosi delle sue opere, compiono indagini, / ma si lasciano sedurre dall'apparenza, / perché le cose vedute sono tanto belle. / Neppure costoro però sono scusabili, / perché se tanto poterono da scrutare l'universo, / come mai non ne hanno trovato più presto il Creatore?” (Sap 13,1-9).  Troviamo il pensiero principale di questo passo anche nella lettera di san Paolo ai Romani (1,18-21): Dio si può conoscere dalle creature, il mondo visibile costituisce per l'intelletto umano la base per l'affermazione dell'esistenza dell'invisibile Creatore. Il passo del libro della Sapienza è più ampio. L'autore ispirato polemizza in esso con il paganesimo a lui contemporaneo, che attribuiva a delle creature gloria divina. Al tempo stesso ci offre degli elementi di riflessione e di giudizio che possono valere per ogni epoca, anche per la nostra. Egli parla dell'enorme sforzo compiuto per la conoscenza dell'universo visibile. Parla anche di uomini che “ricercano Dio e vogliono trovarlo”. Si chiede perché il sapere umano che permette di “scrutare l'universo”, non arriva a conoscere il suo Signore. L'autore del libro della Sapienza - così come più tardi san Paolo - vede in questo una certa colpa. Ma occorrerà tornare a parte su questo tema.  Per ora chiediamoci anche noi soltanto questo: come è possibile che l'immenso progresso della conoscenza dell'universo (del macrocosmo e del microcosmo), delle sue leggi e delle sue vicende, delle sue strutture e delle sue energie, non conduca tutti a riconoscere il primo principio, senza del quale il mondo resta senza spiegazione? Dovremo esaminare le difficoltà in cui inciampano non pochi uomini di oggi. Rileviamo però con gioia che sono molti, anche oggi, i veri scienziati che trovano proprio nel sapere scientifico un impulso alla fede, o almeno a chinare la fronte dinanzi al mistero.

3. Seguendo la tradizione che, come abbiamo detto, ha la sua radice nella Sacra Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento, la Chiesa, nel XIX secolo, durante il Concilio Vaticano I, ha ricordato e confermato la dottrina sulla possibilità di cui è dotato l'intelletto dell'uomo a conoscere Dio dalle creature. Nel nostro secolo, il Concilio Vaticano Il ha ricordato nuovamente questa dottrina nel contesto della costituzione sulla divina rivelazione (“Dei Verbum”). Ciò riveste una grande importanza.  La rivelazione divina sta infatti alle basi della fede: del “credo” dell'uomo. Al tempo stesso i passi della Sacra scrittura nei quali questa rivelazione è stata consegnata, ci insegnano che l'uomo è in grado di conoscere Dio con la sola ragione: è capace di una certa “scienza” su Dio, anche se in modo indiretto e non immediato. Dunque, accanto all'“io credo” si trova un certo “io so”. Questo “io so” riguarda l'esistenza di Dio, e anche fino a un certo grado la sua essenza. Questa conoscenza intellettuale di Dio è trattata in modo sistematico da una scienza chiamata “teologia naturale”, che ha carattere filosofico e sorge sul terreno della metafisica, cioè della filosofia dell'essere. Essa si concentra sulla conoscenza di Dio come causa prima, e anche come fine ultimo dell'universo.

4. Questi problemi, come l'intera vasta discussione filosofica ad essi legata, non si possono approfondire nell'ambito di una breve istruzione sulle verità di fede. Non intendiamo neppure occuparci qui in modo particolareggiato di quelle “vie”, che guidano la mente umana nella ricerca di Dio (le “cinque vie” di san Tommaso d'Aquino). Per questa nostra catechesi è sufficiente aver presente il fatto che le fonti del cristianesimo parlano della possibilità della conoscenza razionale di Dio. Perciò, secondo la Chiesa, tutto il nostro pensare su Dio, in base alla fede, ha anche carattere “razionale” e “intellettivo”. E anche l'ateismo rimane nel circolo di un qualche riferimento al concetto di Dio. Se esso infatti nega l'esistenza di Dio, deve pur sapere di chi nega l'esistenza.  E chiaro che la conoscenza mediante la fede è diversa dalla conoscenza puramente razionale. Tuttavia Dio non avrebbe potuto rivelarsi all'uomo, se questi non fosse già stato naturalmente capace di conoscere qualcosa di vero a suo riguardo. Quindi a fianco e oltre un “io so”, che è proprio dell'intelligenza dell'uomo, si pone un “io credo”, proprio del cristiano: con la fede infatti il credente ha accesso, anche se oscuramente, al mistero della vita intima di Dio che si rivela.

 
 
 

I TEMPLARI

Post n°17 pubblicato il 02 Gennaio 2007 da Baphomet6

L’ordine dei Cavalieri Templari nato inizialmente per proteggere i pellegrini in viaggio verso Gerusalemme dalle aggressioni dei Cavalieri Selgiuchidi, dediti al brigantaggio, assunse, con il passare del tempo e l’imperversare delle crociate, un sempre più grande potere e una maggiore influenza nel panorama politico-religioso dell’epoca. Il mistero che avvolge questo storico Ordine di sacerdoti-guerrieri tuttavia costituisce solo la punta dell’iceberg di un complesso reticolo di enigmi che interessa la loro permanenza in Terra Santa, in particolare il luogo dove risiedevano in Gerusalemme, e il loro legame più o meno presunto con la massoneria. Con la prima crociata (1096 d.C.)l’esercito cristiano guidato da tre grandi personaggi quali erano Goffredo di Buglione, duca della Bassa Lorena, Boemondo I di Taranto, Raimondo IV conte di Tolosa, iniziarono una guerra per liberare Gerusalemme (1099 d.C.) dall’influenza islamica che la governava, che in quel periodo era rappresentato dalla dinastia egizia dei Fatimidi. Nel periodo del dominio cristiano della città di Gerusalemme, i Cavalieri Templari trovarono la loro residenza nella moschea al-Aqsa irrilevante questo perché al-Aqsa sorge proprio nel luogo dove risiedeva sia il secondo Tempio eretto da Erode il Grande, distrutto dai romani nel 70 d.C. (di cui ai giorni nostri rimane solo il muro occidentale o muro del pianto), sia il più antico Tempio di Salomone, distrutto dai Babilonesi nel 586 a.C. dove era collocata l’Arca dell’Alleanza ma di cui non si hanno più notizie dal 620 a.C. Il monte del Tempio quindi è centro dell’interesse delle tre maggiori religioni monoteiste. Infatti esso è legato alla religione islamica in quanto costituisce la terza reliquia per importanza, essendo il sakhra il luogo in cui Maometto cominciò la sua ascesa (mi’ raj) attraverso le sfere celesti fino al settimo cielo dove fu confermato profeta di Allah. Inoltre il luogo viene fatto coincidere con l’esatta posizione dove al patriarca Abramo fu infiunto di sacrificare il proprio figlio Isacco nonché luogo dove risiede il centro esatto della Terra e Porta per il cielo secondo i sacerdoti mussulmani. Per la religione ebraica il monte del Tempio ha ragionevolmente importanza in quanto ivi risiedevano sia il Tempio di Salomone all’interno del quale (nel Sancta Sanctorum) era custodita l’Arca dell’Alleanza, sia il secondo tempio eretto da Erode il Grande. Per la religione cristiana inoltre rappresenta un luogo sacro in quanto vi si sono svolti i fatti intorno alla vita del Cristo nonché il fatto di costituire la culla di un giovane cristianesimo che presto si sarebbe espanso fino ad arrivare ai giorni nostri ad essere una delle religioni più praticate. Quindi il fatto che i Templari si fossero stabiliti nella moschea Al-Aqsa è un particolare sicuramente non irrilevante, in considerazione del fatto che intorno al 1170 d.C., stando al monaco e pellegrino tedesco Theodoricus, per mano dell’Ordine l’haram (haram al-sharif=sacro recinto)  aveva  subito alcune modifiche. Il complesso aveva a disposizione grandi cisterne sotterranee piene d’acqua e l’area sovrastante, la piattaforma del Monte del Tempio, era “ricca di luoghi di passaggio, prati rasati e sale di consiglio”. I T templari misero in funzione una serie di gallerie sotterranee utilizzandole come “lavanderie, magazzini, granai, legnaie e depositi di altro genere”, Anche il fatto che i Templari apportarono queste modifiche e scavarono dei tunnel è un fatto da non scartare per capire meglio il mistero che si cela attorno alla loro figura. Ora, fin dal tempo di Salomone il progetto di costruire il Tempio proprio sul monte Moria non era stata una scelta casuale. Le caratteristiche geologiche del terreno del Monte, costituito da rocce di formazione calcarea lo rendevano un posto ideale anche per ricavarvi dei  nascondigli. A questo punto entra in gioco un protagonista determinante sia per la costruzione del Tempio salomonico sia per i misteri che si celano intorno alla sua figura. Anche se l’architetto del Tempio di Salomone non viene menzionato nelle antiche scritture, si ritiene che questo sia di Chiram (Hiram)Abiff, re fenicio. Il nome di Chiram Abiff è di fondamentale importanza non solo per essere stato l’architetto del Tempio Salomonico ma anche per il fatto che era il detentore di segreti dell’arte muratoria se non anche relativi alla costruzione del Tempio stesso. E’ per questo che Chiram Abiff viene associato alla Massoneria come uno dei capostipiti di questa. Il mistero si infittisce dietro la morte di questo abile architetto detentore di segreti oramai andati perduti (N.B. nei riti di iniziazione massonica si ripercorrono le fasi della morte dell’architetto, attraverso simbologie particolari e mimando). Si ritiene che Chiram fu avvicinato da alcuni suoi intendenti al lavoro del Tempio con lo scopo di estorcergli i segreti che deteneva.

Alcuni ritengono che si voglia fare riferimento ad alcuni simboli segreti che venivano incisi sulle rocce lavorate onde stabilire una gerarchia e una modalità di pagamento dei lavoratori…quindi il fine ultimo degli assalitori era quello di ottenere una paga più alta. Tuttavia non è da scartare l’ipotesi che tali segreti riguardassero anche il Tempio stesso, come era stato costruito magari al suo interno, o perché no…nel sottosuolo. Rimane il fatto che la morte di Chiram rimane tuttora avvolta nel mistero ma si ritiene che il corpo dell’architetto fu sepolto con tutti gli onori nelle vicinanze del Sancta Sanctorum dove, a lavori completati, fu posta l’Arca dell’Alleanza.

Dopo la distruzione del Tempio salomonico ad opera dei Babilonesi le tracce dell’Arca dell’Alleanza diventano confuse fino a scomparire del tutto nel 620 a.C. L’ipotesi che l’Arca sia stata presa dai Babilonesi viene scartata in quanto si ritiene, che una reliquia di tale importanza non poteva  passare inosservata e i documenti dell’epoca non ne parlano. Si ritiene più plausibile che i Leviti, unici responsabili della custodia e mantenimento dell’Arca, siano riusciti ad occultarla in un qualche posto nei complessi cunicoli sotterranei del Monte del Tempio. Altre fonti, meno accreditate, ritengono che l’Arca sia stata nascosta nelle grotte del mar Morto dove sono stati rinvenuti i manoscritti di Qumran. Altre ancora presso le rovine del tempio egizio di Dhahiriya, 40 km a sud di Gerusalemme in quanto di ritiene che l’Arca sia stata sottratta dal Tempio di Salomone nel 925 a.C.nel corso di un attacco del faraone egizio Sesac e da li trasportata a Dhahiriya.

Tra gli ebrei c’è chi crede che nel 586 a.C. Geremia abbia portato l’Arca sul monte Nebo, in Giordania, 40 km a ovest di Gerusalemme. Tutte queste ipotesi non fanno altro che accrescere il mistero che la circonda. Se torniamo ora a considerare i Templari e gli scavi eseguiti da questi sul Monte del Tempio, le domande si sprecano; Cosa hanno trovato? Che mistero si cela dietro quest’Ordine la cui prosperità era basata sulla proprietà, le conoscenze matematiche e architettoniche fondamentali per un tale segreto? Cosa relaziona l’Ordine dei Templari alla massoneria? Due elementi celano la chiave del mistero: le squadre da disegno e il teschio che fungeva da reliquiario rinvenuto nel tempio di Parigi. Le squadre visibili su alcune lapidi tombali dei Templari in Scozia sono uguali a quella scoperta sul sepolcro di un crociato nel castello di Athilt, in Israele: il “segreto” dell’architettura doveva dunque rivestire una grande importanza nella vita dei confratelli sepolti in terra santa. A causa dell’insufficienza di informazioni, è invece decisamente complicato risalire all’identità della testa reliquiario ricoperta d’argento. E’ certo che i Templari ebbero l’idea proprio in Palestina: nel 1149 Nur ed-Din inviò al califfo di Baghdad il cranio ricoperto d’argento del principe Raimondo di Tripoli, ucciso in battaglia dai soldati dello stesso Nur ed-Din. La reliquia templare è stata via via identificata come la testa di Ugo di Payns, di Giovanni Battista o di Chiram Abiff. Considerato l’evidente rispetto dei Templari nei confronti della sacra scienza della costruzione, i resti di Chiram, che potevano essere stati nascosti sul monte, rischiavano di diventare un oggetto di venerazione, qualora fossero stati identificati. I Templari avrebbero potuto conservare il cranio che erano convinti appartenesse a Chiram e usarlo nelle proprie cerimonie.

 
 
 

IL SERPENTE ROSSO

Post n°16 pubblicato il 02 Gennaio 2007 da Baphomet6

Il Serpente Rosso

NOTE SU SAINT GERMAIN DES PRES E SAINT SULPICE DI PARIGI

di Pierre Feugere, Louis Saint-Maxent, Gaston De Koker

PONTOISE - 17 GENNAIO 1967

Acquario

Come sono strani i manoscritti di questo Amico, grande viaggiatore dell'incognito, essi mi sono apparsi separatamente, tuttavia formano un tutto per colui che sa che i colori dell'arcobaleno uniti danno l'elemento bianco, o per l'artista che sotto il suo pennello, fa dalle sei tinte della sua tavolozza magica, sorgere il nero.

Pesci

Questo Amico, come posso presentarvelo? Il suo nome resterà un mistero, ma il suo numero è quello di un sigillo celebre. Come descrivervelo? Forse come il navigatore dell'arca imperitura, impassibile come una colonna sulla sua roccia bianca, che guarda verso il mezzogiorno, al di là della roccia nera.

Ariete

Durante il mio sofferto pellegrinaggio, ho tentato di aprirmi con la spada una strada attraverso la vegetazione inestricabile dei boschi. Avrei voluto arrivare alla dimora della Bella Addormentata in cui certi poeti vedono la Regina di un regno scomparso. Alla disperazione di ritrovare il cammino, le pergamene di questo Amico furono per me il Filo di Arianna.

Toro

Grazie a lui, ormai a passo moderato e con sguardo rivolto verso l'alto, io posso scoprire le sessantaquattro pietre disperse del cubo perfetto che i Fratelli della Bella del bosco nero, sfuggendo all'inseguimento degli usurpatori, avevano seminato sulla strada quando fuggirono dal Forte bianco.

Gemelli

Riunire le pietre sparse, lavorare con la squadra ed il compasso per rimetterle nell'ordine regolare, cercare la linea del meridiano che va da Oriente a Occidente, poi guardando dal Sud al Nord, infine in tutti i sensi per ottenere la soluzione cercata, facendo sosta davanti alle quattordici pietre marcate con una croce. Il cerchio era l'anello e corona, ed esso era il diadema di questa Regina del castello.

Cancro

Le lastre del pavimento a mosaico del luogo sacro potevano essere alternativamente bianche o nere, e Gesù, come Asmodeo, sorvegliava i loro allineamenti. Il mio sguardo sembrava incapace di vedere la cima dove dimorava nascosta la meravigliosa addormentata. Non era stato Ercole con la potenza magica, come decifrare i misteriosi simboli impressi dagli osservatori del passato. Nel santuario tuttavia l'acquasantiera, fontana d'amore dei credenti che ridà il ricordo di queste parole: CON QUESTO SEGNO TU LO VINCERAI.

Leone

Di colei che io desidero liberare, salgono verso di me gli effluvi del profumo che impregnano il sepolcro. Una volta alcuni l'avevano chiamata: ISIDE, regina delle sorgenti benefiche, VENITE A ME VOI TUTTI CHE SOFFRITE E CHE SIETE OPPRESSI E IO VI DARO' SOLLIEVO, altri MADDALENA, dal CELEBRE vaso colmo di balsamo guaritore. Gli iniziati conoscono il suo vero nome: NOSTRA SIGNORA DES CROSS.

Vergine

Io ero come i pastori del celebre pittore Poussin, perplesso davanti l'enigma: "ET IN ARCADIA EGO!". La voce del sangue, vuole rendermi l'immagine di un passato ancestrale. Si, il lampo del genio attraversa il mio pensiero, rivedo, comprendo! Io conosco ora questo segreto favoloso. E meraviglia, al momento dei salti dei quattro cavalieri, gli zoccoli di un cavallo avevano lasciato quattro impronte sulla pietra, ecco il segno che DELACROIX aveva lasciato in uno dei tre dipinti della cappella degli Angeli. Ecco la settima sentenza che una mano aveva tracciato: ESTRAIMI DAL FANGO, PERCHE' IO NON VI RESTI AFFOSSATO. Due volte IS, imbalsamatrice e imbalsamata, vaso miracoloso dell'eterna Dama Bianca delle Leggende.

Bilancia

Cominciato nelle tenebre, il mio viaggio non poteva terminare che nella luce. Alla finestra della casa diroccata contemplavo attraverso gli alberi spogli dell'autunno la vetta della montagna. La croce di creta si distaccava sotto il sole del mezzogiorno, era la quattordicesima e la più grande di tutte con i suoi 35 centimetri. Eccomi dunque a mia volta cavaliere sul destriero divino che cavalcava l'abisso.

Scorpione

Visione celeste per colui che mi ricordano le quattro opere di Em. SIGNOL, intorno alla linea del Meridiano, nello stesso coro del santuario da dove irradia questa sorgente d'amore degli uni per gli altri. Io ruoto su me stesso passando con lo sguardo la rosa del P a quella dell'S, poi dall'S al P. E le spirali nel mio spirito diventano un polipo mostruoso che espelle il suo inchiostro. Le tenebre che assorbono la luce, ho un capogiro e porto la mia mano sulla mia bocca, mordendo istintivamente il palmo, forse come OLIER nel suo feretro. Maledizione,io comprendo la verità. E' il passaggio, ma egli stesso facendo il bene, come xxxxxxxx QUELLO della tomba fiorita. Ma quanto hanno saccheggiato la casa, non lasciando che cadaveri imbalsamati e numeri di metallo che non avevano potuto importare? Quale strano mistero cela il nuovo Tempio di SALOMONE edificato dai bambini di Saint VINCENT?

Ofiuco o Serpentario

Maledicendo i profanatori nelle loro ceneri e coloro che vivono sulle loro tracce, uscendo dall'abisso dove era stato tuffato, compiendo il gesto d'orrore: "Ecco la prova che del sigillo di SALOMONE io conosco il segreto, che xxxxxxxx di questa REGINA ho visitato le dimore nascoste". A questo, Amico Lettore, guardati di aggiungere o togliere uno iota ... Medita, medita ancora, il vile piombo del mio scritto contiene forse l'oro più puro.

Sagittario

Ritornando allora alla bianca collina, il cielo avendo aperte le sue cateratte, mi sembra di sentire vicino una presenza, i piedi nell'acqua come colui che riceve il segno del battesimo.Ruotando ad est, di fronte a me vidi srotolando senza fine i suoi anelli l'enorme SERPENTE ROSSO citato dalle pergamene, salato e amaro, l'enorme bestia aizzata (scatenata) davanti i piedi di questo monte bianco, rosso per la collera.

Capricorno

La mia emozione fu grande, "ESTRAIMI DAL FANGO", dicevo, e il mio risveglio fu immediato. Ho omesso di dirvi in effetti che questo era un sogno da me fatto questo 17 GENNAIO, festa di San SULPICIO. A seguito del mio turbamento persistente, ho voluto, dopo le riflessioni di rito, riferirvi un racconto di PERRAULT. Ecco dunque Amico Lettore, nelle pagine che seguono, il risultato di un sogno che mi aveva cullato nel mondo dallo strano all'ignoto. A Colui che è di passaggio per fare il bene.

Ottobre 1966

l'Autore
LOUIS SAINT-MAXENT

 
 
 

PROCESSO AI TEMPLARI PARTE 2

Post n°15 pubblicato il 01 Gennaio 2007 da Baphomet6

Parte terza - L'interrogatorio di Jacques de Molay

"... dopo di questo, il mercoledì 26 di novembre, riuniti i signori commissari, in una camera posta nel retro dell'aula episcopale, il fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, fu scortato dal preposto Pictavensem e dal preposto Johannes de Jamvilla davanti ai signori commissari, come da notifica letta dal vescovo di Parigi, egli aveva chiesto di conferire con detti signori commissari e venire alla loro presenza. I medesimi commissari, chiesto a lui se volesse difendere l'Ordine e aggiungere altro a suo favore, egli rispose che l'Ordine era confermato dalla Sede Apostolica e che gli sembrava molto strano che la Chiesa di Roma volesse distruggere tale Ordine, essendo stata in ogni caso differita di 32 anni la sentenza apostolica che decretava la destituzione dell'imperatore Federico. Lui disse che non si riteneva poi così saggiol, quindi non poteva da solo difendere tutto l'Ordine ma che era pronto, nel limite delle sue possibilità, a difendere tale Ordine, per non essere tacciato di meschinità e di viltà, visto che l'Ordine gli aveva riservato molti vantaggi e molti onori; tuttavia la cosa gli sembrava difficoltosa, essendo lui prigioniero del Re e del Papa e che non possedeva denari da poter spendere per questa difesa o per altro ancora, se non quello che gli veniva offerto. Chiese quindi che gli venisse dato aiuto e consiglio, in quanto desiderava che delle colpe ascritte a tale Ordine si conoscesse la verità, e non solo fra i fratelli, ma anche nel mondo esterno, fra cui regnanti, prelati, principi, baroni, duchi, conti e probiviri, e il Maestro si diceva pronto ad ascoltare le tesitmonianze di tutti costoro. Il processo in verità è molto gravoso e detto Maestro non aveva nessuno, eccetto un fratello servitore, con cui consigliarsi. I signori commissari dissero al Maestro di riflettere bene alla difesa cui si accingeva e che ricordasse le cose che aveva già ammesso sulla sua persona e sull'Ordine stesso; tuttavia essi volevano favorirlo, poiché capivano la difesa che il Maestro voleva fare, e per quanto la ragione lo consigliasse, qualora avesse voluto portare avanti la difesa, i signori commissari gli concedevano una dilazione di tempo per poter riflettere su questo. Ma i signori commissari dissero anche che in un processo per eresia occorreva avere in forma semplice e senza grida la presenza di giudici e avvocati. I signori commissari quindi disposero che al Maestro fossero letti i capi d'accusa e le lettere apostoliche della commissione di inquisizione  contro il predetto Ordine, lettere fatte dalla Sede Apostolica e da altre quattro lettere apostoliche relative al processo ed anche una lettera di Maestro Guglielmo Agarni, preposto Aquensis, nella quale egli a buon diritto si scusava, ed un pubblico atto di citazione nel quale i nominati commissari chiamavano in giudizio l'Ordine del Tempio, i fratelli che appartenevano a tale Ordine ed altri; i commissari dicono che il contenuto delle quattro lettere apostoliche e dell'editto di citazione è stato inserito negli atti del processo; che venissero lette anche le lettere apostoliche in cui detto Maestro si riteneva confesso delle colpe ascritte, alla presenza dei reverendi signori padri per grazia di Dio, padre Berengario, vescovo Tuscolano, dei presbiteri dei santi Nereo e Achilleo, di Stefano di San Ciriaco in Termis e di padre Landolfo, diacono di Sant'Angelo, dei cardinali deputati e incaricati a tale scopo dal nostro Sommo Pontefice, facendosi per due volte il segno di croce, pareva assai meravigliato delle cose della sua confessione e di quelle contenute nelle lettere apostoliche, affermando anche che se detti commissari fossero stati diversi da quelli preposti, egli avrebbe detto cose diverse. I commissari risposero che non accettavano questa sfida, ed egli allora disse che, a Dio piacendo, ciò che Saraceni e Tartari facevano, venisse fatto a questi perversi commissari stessi; perché Saraceni e Tartari tagliano la testa a coloro ritenuti indegni e perversi o li tagliano a pezzi. Ascoltato ciò, detti commissari dissero che la Chiesa riteneva eretico chi veniva giudicato tale, e lasciava alla Curia secolare gli ostinati. Avendo domandato il Maestro stesso al nobile Guglielmo di Plaisans, milite del re che era giunto fin là su incarico dei commissari predetti, secondo quanto affermarono i commissari, per parlare con detto Maestro, che lui apprezzava e stimava in quanto soldato anche lui e perché, come affermato dallo stesso Guglielmo, provvedeva di non rimproverarlo o perdere senza motivo alcuno. Il Maestro quindi disse che se non avesse pensato bene alla difesa si sarebbe impiccato con le sue mani stesse, quindi doveva riflettere, e supplicò i commissari di lasciare a lui tempo fino a venerdì per questa riflessione, e i commissari concessero questo, anche dando a lui più tempo qualora lo avesse domandato. Quindi disposero, qualora non vi fosse alcuno che volesse impedire la comparizione del Maestro, ma non si era presentato nessuno, che fosse prorogato in modo benigno il termine di comparizione stessa fino al giovedì mattino dalle sei alle sette, non revocando quindi la dilazione concessa al Maestro, ma procedendo nel frattempo ad altre faccende inerenti il processo stesso, come conviene in questi casi. Quindi, il venerdì prima della festività del beato Andrea, i commissari si riunirono nella camera suddetta, e fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, che il mercoledì scorso aveva fatto richiesta di poter riflettere fino ad oggi in merito alla difesa, fu portato alla presenza dei commissari stessi, che ringraziò per la dilazione concessa e per l'ulteriore dilazione che avrebbero concesso qualora egli ne avesse fatto richiesta. Posero quindi una briglia sul suo collo e si accinsero ad ascoltarlo. Il Maestro disse che lui era solo un soldato ed un illetterato povero, e che non poteva, nello stato in cui era, difendere l'Ordine. I commissari richiesero allora espressamente se il Maestro voleva difendere l'Ordine in altro modo, egli disse di no, ma che sarebbe andato alla presenza del Papa, quando al Papa piacesse, implorando i signori commissari che essendo lui come tutti gli uomini un semplice mortale, e che disponeva soltanto del tempo presente, che i commissari informassero il Papa di poter venire in sua presenza al più presto, per dire al Papa stesso che sia Lode a Cristo e alla Chiesa. I commissari dissero che non si intromettevano in merito a persone singole ma all'Ordine tutto, e chiesero se non dovessero proseguire nel processo apostolico stabilito dal Papa, ed il Maestro rispose che dovevano proseguire in modo buono in detto processo. Dopo ciò, il Maestro disse che voleva esporre tre argomenti, per il sollevamento della propria coscienza, ai signori commissari. Primo argomento era che il Maestro non conosceva nessun'altra religione che avesse cappelle e reliquie più belle di quella cristiana, ad eccezione delle spoglie cattedrali. Il secondo argomento era che il Maestro non conosceva nessun'altra religione nella quale vi fossero più elemosine e atti di carità come nella loro; difatti in tutte le Case dell'Ordine si faceva elemosina tre volte la settimana. Il terzo argomento era  che detto Maestro non conosceva nessun'altra religione nè altri popoli che in difesa della fede cristiana dessero la loro vita contro il nemico della stessa fede, né che spargessero tanto sangue e che fossero messi in dubbio dai nemici della fede cattolica; raccontò che il conte Atrabatense, quando morì in battaglia nelle terre di Oltremare, volle che i Templari si trovassero in prima linea nella sua battaglia, e se invece avesse dato ascolto all'allora Maestro del Tempio, sia lui che lo stesso Maestro non sarebbero morti, ma era certo che il conte aveva fatto questo a fin di bene, a difesa della fede cristiana. I signori commissari replicavano che comunque queste argomentazioni non portavano alla salvezza delle anime, in quanto mancava il fondamento della fede cattolica. Ma il Maestro ribattè che questo era vero, ma che egli stesso credeva in un solo Dio, nella Trinità e negli altri conosciuti principi della fede cattolica, che esisteva un solo battesimo, una sola Chiesa e che quando era giunto il momento della morte e l'anima si separava dal corpo, ognuno avrebbe conosciuto la verità sull'altro e su se stesso. Detto ciò, intervenne il cancelliere regio Guglielmo di Nogaret, e disse che il Maestro non aveva altro modo di difendere l'Ordine dalle altre accuse mosse, che giacevano negli atti e nelle cronache a San Dionisio, e che risultava che lo stesso Maestro e gli altri Dignitari dell'Ordine avevano reso omaggio a Saladino, sultano di Babilonia, e che lo stesso Saladino aveva detto che i Templari erano dediti a ciò che era sodomia e violavano la loro legge e la loro fede. Il Maestro disse che era molto meravigliato da ciò che udiva, in quanto esso ed altri fratelli soldato dell'Ordine avevano ben combattuto il Saladino e i suoi Saraceni e che mai si era mostrato accondiscendente verso Saladino e mai aveva lui reso omaggio o vi si era riappacificato; ma il commissario regio aggiunse che altri Templari avevano detto che era vero, in quanto non potevano essere difese le fortezze e le magioni presenti  in Oltremare, in quanto circondate dagli stessi Saraceni e non giungevano rinforzi o vettovaglie dal re di Inghilterra. Il Maestro ascoltò in silenzio e per tutta risposta chiese che potesse ascoltare messa, avere una sua cappella e dei cappellani. I commissari, lodando la sua devozione, concessero tutto ciò al Maestro. Dopo di tutto questo, il lunedì  2 marzo i predetti signori commissari si riunirono di nuovo nell'aula e furono condotti alla loro presenza alcuni fratelli della Casa di Parigi dell'Ordine affinché venissero ascoltati perchè difendessero l'Ordine. I fratelli risposero nel modo seguente: il fratello Johannes de Turno, tesoriere del Tempio, rispose che nella situazione in cui si trovava, non poteva nè voleva difendere il detto Ordine; il fratello Guglielmo de Arteblayo, già elemosiniere del Re, disse che non avevà alcunché da dire a difesa dell'Ordine; il fratello Filippo Agate disse che non era in grado né voleva difendere l'Ordine; il fratello Baldovino di San Giusto disse che non voleva difendere detto Ordine; di nuovo interrogato, il fratello Jacobus de Molayo, soldato e Gran Maestro del Tempio, se volesse difendere l'Ordine, rispose che tale cosa era riservata al Papa, e perciò supplicava i signori commissari che lo lasciassero libero di non parlare se non alla presenza del Papa e solo allora avrebbe detto ciò che riteneva necessario dire. I signori commissari replicarono che contro il singolo nulla potevano, ma dovevano proseguire nel processo all'Ordine nella sua interezza. Il Maestro chiese allora ai signori commissari che scrivessero al Papa affinché venissero convocati lui e gli altri, alla sua presenza, e i commissari risposero che lo avrebbero fatto il più presto possibile.

"Nel nome di Cristo, amen. Siano resi edotti tutti per questo pubblico presente atto che nell'anno del Signore 1307, indizione sesta, mese di ottobre, nel giorno 24 di stesso mese, anno secondo del pontificato di santo padre Clemente V, Papa per provvidenza divina, per quanto in proposito del religioso uomo Guglielmo de Parisius, dell'Ordine dei Predicatori, inquisitore nominato all'Eretica Pravità e deputato a ciò nel regno di Francia per autorità apostolica, nella Casa della Milizia del Tempio di Parigi per indagare contro ogni persona ivi esistente a lui denunciata per tale eretico crimine, alla presenza dei nostri pubblici notai, il fratello Jacobus de Molayo, Gran Maestro della Milizia dell'Ordine del Tempio, avendo giurato sul Vangelo a lui presentato e dallo stesso toccato, di dire in difesa di sè e degli altri nell'interesse della fede cattolica, piena e totale verità, e interrogato sul tempo e sul modo della sua accettazione nell'Ordine, rispose sotto giuramento che sono passati 42 anni da quando fu accolto presso la Milizia dell'Ordine del Tempio, dal fratello Umberto de Parado, milite e dei fratelli Amalrico de Ruppe e di molto altri fratelli di cui ora non ricorda il nome. Il Maestro disse sotto giuramento che dopo molte promesse che doveva rispettare e osservare, fra cui gli Statuti dell'Ordine, gli misero un mantello legato al collo e che gli fu recato avanti una croce in bronzo, nella quale c'era la figura del crocefisso, e che gli viene ordinato di rinnegare Cristo la cui immagine era lì, e che gli fu ordinato di sputare sopra l'immagine, ma lui sputò per terra. Interrogato su quante volte gli fu ordinato di sputare, egli rispose che sputò solo una volta, e a terra. Interrogato sul voto di castità, e se fosse disposto ad avere rapporti carnali con gli altri fratelli, rispose sotto giuramento che non lo fece mai, nè mai ebbe rapporti carnali con gli altri fratelli; richiesto sotto giuramento se altri fratelli dell'Ordine venissero accolti con tali modalità, disse che non fu fatto ad altri quello che non fu fatto a lui, e rispose che comunque furono pochi. Tuttavia aggiunse, sempre sotto giuramento, che dopo aver accolto coloro che egli nominò, li consigliava di farsi da parte e fare ciò che dovevano; richiesto se avesse detto qualcosa di non vero nella sua deposizione per torture e per la paura del carcere o di violenze, rispose di no, ma disse di aver detto la verità per la salvezza della sua anima..."

Breve commento

E' con commozione vera che invitiamo tutti a riflettere su quello che hanno appena letto. Jacques de Molay era un soldato, non un politico. E sapeva che altri suoi fratelli erano sotto tortura i varie prigioni dell'Inquisizione perchè dicessero anche quello che non era vero. Lui parlò e disse cose non vere come suggeritogli dal Nogaret in quanto gli fu promessa l'immunità non sua ma quella dei suoi fratelli e che avrebbe avuto un colloquio con il Papa, ma nessuna di queste promesse fu mantenuta. E mentre lui languiva poi in attesa di sentenza, 54 suoi fratelli del Tempio venivano giustiziati mediante rogo sulle rive della Senna su ordine del Marigny. E questo scatenò poi la sua reazione, che lo portò a gridare l'innocenza dell'Ordine e sua. E fu considerato "relapso" cioè mentitore, perchè se avesse confermato quanto deposto avrebbe avuto salva la vita, ma se avesse ritrattato, anche dicendo la verità, avrebbe fatto la fine dei suoi fratelli. Egli così scelse questa seconda via, la morte arso vivo a fuoco lento sul rogo, in nome di una verità e di una giustizia incontrovertibili, quella del Credo in Cristo e per tutti coloro che in Palestina lasciarono la loro vita ed il loro sangue nel nome del Figlio dell'Uomo.

 
 
 

Processo ai templari

Post n°14 pubblicato il 01 Gennaio 2007 da Baphomet6

ATTI  DEL  PROCESSO

Prima parte - La commissione apostolica

"Nel 1309, sotto il pontificato di Clemente V, servo dei servi di Dio, in ordine a quello che ci è stato detto e che è giunto alle nostre orecchie, ossia il comportamento della Milizia del Tempio di Gerusalemme, che appare agire contro quelli che erano stati i suoi compiti per i quali esso era stato ammesso ed aveva agito all'ordine di Santa Romana Chiesa, noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, per divina provvidenza nell'anno quarto del suo pontificato, e per richiesta del carissimo figlio Filippo Re dei Francesi, diciamo che è nostra volontà esperire una indagine inquisitoria su detti fatti che sono avvenuti nei territori sotto la nostra giurisdizione e sotto quella del carissimo figlio Filippo Re dei Francesi. A tale scopo noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, nell'anno quarto del nostro pontificato, nominiamo la presente commissione apostolica per dirimere questa questione i venerabili, irreprensibili e buoni padri:

In nome e per grazia di Dio: Guglielmo Nogaret, Ispettore Superiore di Santa Romana Chiesa; Guglielmo Imbert, Ispettore di Santa Romana Chiesa, l'Arcivescovo di Narbonne, e vescovo di Bajon, di Mimati e di Lemovici; Matteo di Napoli, notabile della sede apostolica e maggiore dei Rothomagesi; Giovanni della Mantova Tridentina; Giovanni arcidiacono di Monte Lauro; maestro Guglielmo Agarni, preposto ecclesiastico alla chiesa aquense e prevosto di Aquitania.

Suddetti padri dovranno appurare la verità dei fatti ascritti alla Milizia del Tempio ed emettere alla fine le conclusioni che saranno oggetto delle nostre decisioni in merito.

Firmato Clemente V, servo dei servi di Dio, datato in Avignone il nove di maggio, anno quarto del nostro pontificato." 

Breve commento:

questa commissione è stata ad arte nominata, tanto che non fu Clemente V, al secolo Bertrand de Got, a nominarla, ma i nomi dei componenti della commissione stessa furono suggeriti da una concertazione del Nogaret e dello stesso Re di Francia, Filippo IV detto il Bello. Infatti, fra le figure che compaiono nella commissione, spiccano l'arcivescovo di Narbonne, amico personale del Nogaret e Imbert, capo dell'Inquisizione di Francia, amico fraterno del Re e suo padre confessore. Per non parlare poi di Guglielmo Agarni, prevosto che era nemico dichiarato dei Templari.

Seconda parte - Le accuse all'Ordine

"Noi, Clemente V, servo dei servi di Dio, nell'anno quarto del nostro pontificato, prendiamo atto delle accuse alla Milizia del Tempio, che la reverenda commissione esamini e appuri la verità di tali accuse che elenchiamo qui di seguito:

- hanno istigato e ordinato ad ogni postulante, al momento dell'accoglienza nella loro Casa, di rinnegare Cristo, il Crocifisso, qualche volta Gesù e qualche volta Dio, qualche volta la Santa Vergine e qualche volta tutti i santi di Dio;

- item, viene riferito che tutti i fratelli ascritti lo hanno fatto

- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli ascritti lo hanno fatto

- item, viene riferito che lo hanno fatto anche dopo l'accoglienza

- item, che i fratelli cappellani hanno detto ai postulanti che Cristo o qualche volta Gesù o qualche volta Cristo crocifisso non è il vero e unico Dio

- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno detto ai postulanti che egli era un falso profeta

- item, viene riferito che egli non aveva sofferto e non era stato crocifisso per la redenzione degli uomini ma per i suoi peccati

- item, viene riferito che non i cappellani e nemmeno i postulanti potevano ottenere la salvezza per mezzo di Gesù, oppure una cosa simile ed equivalente a coloro che erano postulanti

- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato ai postulanti di sputare su una croce o su una figura o su una scultura e comunque su una immagine di Cristo o qualche volta Gesù

- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato ai postulanti di calpestare il crocifisso

- item, viene riferito che qualche volta è stato urinato sulla croce e qualche volta lo hanno fatto di venerdì santo

- Item, viene riferito che alcuni dei fratelli si sono riuniti durante la settimana santa per urinare sulla croce

- item, viene riferito che i fratelli adoravano un certo gatto che era solito comparire a loro mentre erano riuniti

- item, viene riferito che hanno fatto questo in dispregio di Cristo e della fede ortodossa

- item, viene riferito che i fratelli non credono nel sacramento che si svolge sull'altare

- item, viene riferito che alcuni dei fratelli non credono

- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli non credono

- item, viene riferito che non credono nei sacramenti della chiesa

- item, viene riferito che i cappellani dell'Ordine nel consacrare il corpo di Cristo non hanno pronunciato le parole del canone della messa prevista

- item, viene riferito che alcuni fratelli cappellani non le hanno dette

- item, viene riferito che la maggior parte dei fratelli non le hanno dette

- item, viene riferito che i fratelli cappellani hanno ordinato di farlo

- item, viene riferito che essi hanno creduto che il Gran Maestro potesse assolverli dal peccato

- item, viene riferito che i semplici visitatori potessero assolverli

- item, viene riferito che anche i precettori laici potessero farlo

- item, viene riferito che lo hanno fatto

- item, viene riferito che la maggior parte di loro lo hanno fatto

- item, viene riferito che il Gran Maestro dell'Ordine, alla presenza di persone importanti, abbia ammesso ciò durante il suo arresto

- item, viene riferito che durante la cerimonia di accoglienza nella loro Casa, alcuni di essi siano stati baciati sulla bocca, sulle natiche, sul fondoschiena e qualche volta sullo stomaco nudo dai fratelli cappellani e dagli altri fratelli

- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sull'ombelico

- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sull'ano

- item, viene riferito che qualche volta erano baciati sul pene

- item, viene riferito che i fratelli cappellani oppure i secolari ingiungessero ai postulanti di giurare di non lasciare l'Ordine

- item, viene riferito che qualche volta erano nominati fratelli professi immantinente

- item, viene riferito che qualche volta le accoglienze nella loro Casa erano effettuate in segreto

- item, viene riferito che alle accoglienze nella loro Casa potevano partecipare solo i fratelli dell'Ordine

- item, viene riferito che a causa di questo esistono molti sospetti sull'Ordine su menzionato

- item, viene riferito che questi sospetti erano diffusi e professati

- item, viene riferito che i fratelli secolari e professi hanno detto ai postulanti che essi potevano intrattenersi in rapporti carnali

- item, viene riferito che era lecito averli e che avrebbero dovuto farli e subirli in modo reciproco

- item, viene riferito che i fratelli professi e secolari hanno detto ai postulanti che tali rapporti erano leciti e che era giusto averli

- item, viene riferito che hanno avuto questi rapporti

- item, viene riferito che alcuni di loro li hanno avuti

- item, viene riferito che in ogni precettoria e provincia, i fratelli hanno tenuto idoli consistenti in teste, alcune con tre facce, altre con una, mentre altre avevano un cranio di osso umano

- item, viene riferito che i fratelli hanno adorato quegli idoli, soprattutto in occasioni importanti come i capitoli generali e le adunanze provinciali

- item, viene riferito che hanno venerato come loro Dio e loro salvatore ognuno di questi idoli

- item, viene riferito che tutti i fratelli lo hanno fatto

- item, viene riferito che alcuni di loro lo hanno fatto

- item, viene riferito che i fratelli hanno detto che tale testa poteva salvarli

- item, viene riferito che tale testa portava la ricchezza, faceva fiorire gli alberi e germinare i semi nella terra

- item, viene riferito che hanno toccato la testa di questi idoli con una cordicella che essi portavano sulle vesti o indosso alle carni

- item, viene riferito che tali cordicelle erano consegnate ai fratelli o parte di esse

- item, viene riferito che hanno fatto tutto questo per venerare un idolo

- item, viene riferito che i fratelli professi e secolari hanno ingiunto agli altri di portare queste cordicelle anche durante il sonno di notte

- item, viene riferito che i fratelli del sopra menzionato Ordine sono stati accolti in questo modo

- item, viene riferito che è stato fatto ovunque vi fosse una loro Casa

- item, viene riferito che è stato fatto nella maggior parte delle loro Case

- item, viene riferito che chiunque ha rifiutato tali pratiche è stato imprigionato e poi soppresso fisicamente

- item, viene riferito che alcuni di loro sono stati imprigionati

- item, viene riferito che qualcuno è stato imprigionato

- item, viene riferito che era fatto loro veto sotto giuramento di non rivelare tale pratica

- item, viene riferito che se qualcuno di loro avesse osato parlare sarebbe stato ucciso o imprigionato

- item, viene riferito che i confessori potevano essere solo confratelli del menzionato Ordine

- item, viene riferito che qualcuno lo ha fatto

- item, viene riferito che questi fratelli, consci dell'errore, non lo hanno corretto

- item, viene riferito che Santa Madre Chiesa non è stata avvertita di ciò

- item, viene riferito che le pratiche venivano fatte in tutti i territori di Oltremare e nei luoghi dove si trovavano il Gran Maestro ed il capitolo

- item, viene riferito che il rinnegamento di Cristo è avvenuto qualche volta avanti al Gran Maestro

- item, viene riferito che queste cose sono state fatte solo a Cipro

- item, viene riferito che queste cose sono state fatte ovunque si accogliessero nelle Case i fratelli

- item, viene riferito che le cose suddette sono state praticate in tutto l'Ordine in modo comune

- item, viene riferito che suddette cose erano parte dello statuto del menzionato Ordine

- item, viene riferito che il Gran Maestro aveva dato disposizioni che tali pratiche venissero fatte ovunque

- item, viene riferito che ogni visitatore era tenuto a farle

- item, viene riferito che ogni lamentela era punita in modo durissimo

- item, viene riferito che nel detto Ordine ogni dono caritatevole non veniva usato nel modo dovuto, e non si dava ospitalità a nessuno

- item, che nell'Ordine era consentito avere vantaggi in qualsiasi modo, sia esso lecito che illecito

- item, che non era considerato peccato commettere spergiuro per questa causa

- item, che si era soliti tenere i capitoli in segreto

- item, i capitoli erano tenuti in segreto perchè nessuno vedesse o udisse quanto essi facevano e quanto essi dicevano

- item, che i capitoli erano talmente segreti che i fratelli ponevano sentinelle sul tetto o nelle vicinanze del luogo di riunione, nel caso qualcuno si avvicinasse per vedere od origliare

- item, che erano usi a questa segretezza e la conservavano ad ogni costo

- item, che questa colpa è in essere nell'Ordine da molto tempo, poiché essi ritengono che il Gran Maestro possa assolverli dai loro peccati

- item, che esiste colpa ancor più grave, visto che ritengono che il Gran Maestro possa assolverli dai loro peccati, anche quelli non confessati o tralasciati dalla confessione per vergogna o per paura della punizione che potesse loro venire inflitta

- item, che erano presenti la maggioranza dei Precettori dell'Ordine

- item, che tali colpe erano insinuate loro dal Gran Maestro, dai Precettori e anche dai Visitatori

- item, che qualunque cosa il Gran Maestro facesse, soprattutto in capitolo, ordinasse, l'intero Ordine ha dovuto accettarla e osservarla come è poi accaduto

- item, che il Gran Maestro aveva quel potere e lo deteneva da molto tempo

- item, che le usanze perverse e gli errori duravano da un tempo talmente lungo che l'Ordine avrebbe potuto rinnovarsi più volte

- item, che tutto l'Ordine o almeno i due terzi di esso, pur essendo a conoscenza di queste colpe, ha trascurato di confessarle e abiurarle

- item, che non hanno volutamente informato Santa Madre Chiesa

- item, che non hanno rinunciato a commettere queste colpe nè si sono poi allontanati dalla Casa, pur avendo la possibilità di fare entrambe le cose

- item, che tanti fratelli, a causa della corruzione e delle varie colpe, si sono allontanati dall'Ordine, entrando in altri Ordini o per ritornare a vita secolare

- item, che le le colpe ascritte hanno suscitato grave scandalo contro l'Ordine nei cuori delle persone dabbene e nobili, persino di principi e regnanti, ad anche nel cuore di quasi tutto il popolo cristiano

- item, che tutte queste colpe sono state viste e sono palesi fra i fratelli dell'Ordine

- item, che queste colpe sono sulla bocca di tutti e di pubblico dominio all'interno e all'esterno dell'Ordine

- item, che la maggior parte di queste colpe lo sono

- item, che altre lo sono

Breve commento:

pensiamo che queste colpe si commentino da sole, soprattutto quelle inerenti il rinnegamento di Gesù. Sappiamo come gli antichi confratelli abbiano combattuto nei deserti della Terrasanta nel nome di Cristo, e mai lo avrebbero fatto e sarebbero morti se non avessero avuto la convinzione sulla natura del Cristo stesso. Le altre accuse infamanti, ripetiamo, non hanno alcun bisogno di commento, perchè leggendole attentamente, alcune contraddicono le altre in maniera clamorosa. Lasciamo ai gentili lettori i vari confronti, che non mancheranno, se pure in maniera triste e malinconica, di suscitare una velata ilarità.

 
 
 
 
 

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Sono leoni in guerra e agnelli pieni di dolcezza nelle loro case. Sono rudi cavalieri nel corso delle spedizioni mimmagineilitari ma simili a eremiti nelle chiese. Sono duri e feroci contro i nemici di Dio e prodighi di carità verso gli uomini pii e timorati di Cristo.......e tutte le volte che i cavalieri erano chiamati alla battaglia, essi domandavano non quanti fossero i nemici, ma in che luogo si trovassero...

 
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