Creato da aliantelibero il 15/08/2008
ovvero il fratello dello scemo del villaggio

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PICCOLA NOTA

L'intento di questo blog è di far conoscere da un punto di vista "altro" il mondo della malattia mentale e del disagio psichico. I contenuti del blog, in bilico fra cronaca quotidiana, letteratura scientifica e presunzione letteraria affronteranno con ironia e creatività, ma pur sempre con serietà e correttezza i temi più vari che attengono alla vita delle persone con disagio psichico e i loro familiari.

I contenuti e le immagini non intendono offendere nè stigmatizzare persone con disagio psichico o loro familiari. Termini crudi e forti sono usati, e talvolta abusati, non per connotare le persone in condizione di disagio psichico, ma per sottolineare e stigmatizzare precisi luoghi comuni e stereotipi sociali di cui è spesso intriso il linguaggio e il pensiero corrente

Il blog non pretende di far divulgazione nè scientifica nè di altra natura, ma offre solo le riflessioni e gli sfoghi di una persona che nel mondo della malattia mentale, per professione e per affetti familiari, ci vive ogni giorno.

Il personaggio narrante è frutto di pura fantasia e tutte le vicende narrate, devono intendersi fortemente romanzate, senza alcun riferimento intenzionale a persone reali... in quanto ai fatti, quando sarà necessario i riferimenti saranno seri e circostanziati e sotto stretta responsabilità dell'autore.

 

Foto e video pubblicati su questo blog, laddove reperiti sulla rete, sono utilizzati in perfetta buonafede e con l'intento di divulgare un messaggio sociale di promozione dell'integrazione.

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« vola solo chi osa farloMa che musica maestro - ... »

Ma che musica maestro - parte prima

Al tempo della mia infanzia, sembrava che l'intera economia del paese natìo dovesser reggersi su due grandi categorie di professionisti: 

i ragionieri

e

musicanti-contadini.

Avevo pressappoco 8 anni...

per una strana proprietà transitiva applicata tra me ed Amerigo, e per la mia predilezione verso i fumetti di Topolino, mio padrè decretò che la ragioneria non fosse sicuramente il mestiere su cui puntare,

ergo,

decise di iscrivermi alla scuola di musica del paese. Tanto più che da quell'anno era pure gratis per volontà della Giunta Comunale.

Ora, della categoria dei ragioneri c'è effettivamente poco da dire.

Un po' più complesso è, giustamente, il discorso sui musicanti-contadini.

Erano suppergiù gli anni '80, quelli del 1900 naturalmente, e nel paese si fronteggiavano ben 3 bande, che misuravano il proprio blasone sul numero di elementi che potevano mettere in campo, pardon, in cassarmonica.

Fatto è, però, che i MUSICISTI, quelli veri, costavano un occhio della testa, non viaggiavano in corriera e non dormivano nelle scuole offerte come alloggio dai comitati feste patronali dei piccoli comuni disseminati fra Calabria e Campania. 

Di necessità virtù dunque,

e virtù si fece, quella d'istruire i virgulti del paese alla nobile arte dello strumento, assolutamente da non confondersi con quella della musica.

In una parola, i MUSICANTI: seconde e terze linee di banda, addestrate a soffiare e diteggiare su uno strumento il repertorio dell'anno, senza alcuna presunzione di artisticità.

Stagionali della musica, precari da 52 giornate di contributi all'anno (il minimo sindacale per poi accedere al sussidio di disoccupazione), che finita la stagione estiva, immancabilmente si dedicavano (rigorosamente in nero), al lavoro della campagna, in proprio o presso terzi.

Questo, praticamente, il futuro che l'amorevole papà Buonofiglio aveva immaginato per me.

Fu così che, senza colpo ferire mi ritrovai iscritto alla Scuola di Musica Comunale del Maestro Ciccillo "La Traviata", così ribattezzato, per la sua passione per l'omonima opera.

Inoltre, per suggellare l'inappellabilità e la sacralità della scelta, Antonio Buonofiglio incaricò lo zio importante della famiglia, quello che abitava in città, della ricerca di un buon flauto traverso, che quello era lo strumento che nella banda di Maestro Franco Costantinelli, la più prestigiosa del momento, con ansia, si ricercava.

Fu di domenica che Zu Rafeli arrivò con il suo involto nero. Dentro... tre pezzi d'argento scintillante, odoroso di Sidol e diluente.

Ma più del flauto, in quel momento splendevano i suoi denti gialli di sigaro economico. Denti lucidi per l'orgoglio del grande affare, per prezzo e per potestà. Meraviglia musicale, che su assicurazione giurata sui Santissimi Cosimo e Damiano d'Oria e Santa Lucia d'Erchie, il venditore gli aveva confidato esser appartenuto al fratello del grande Domenico Modugno.

Papà ascoltava fremente ed incredulo, come se, sempre per quella misteriosa proprietà transitiva di cui sopra, il maestro Modugno avesse necessariamente infuso, per interposta persona, la sua grazia su quel pezzo di metallo pregiato.

Dal canto mio guardavo i due uomini fibrillanti e pensavo che, dovendo imparare quel coso, ahimè, avrei smesso di passare i pomeriggi inseguendo lucertole con Amerigo


 
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LA FAMIGLIA BUONOFIGLIO

Amerigo Santacroce… mio fratello.

Uno dei tanti nati verso la fine degli anni 60, quando i parti si facevano in casa e il nascituro doveva affidare la sua sorte nelle mani di qualche buona praticona...

Lui non ebbe culo: una banale complicazione, una levatrice leggermente impreparata, un principio di embolia che blocca l’afflusso d’ossigeno al cervello e… buona notte al secchio…

Ecco dunque a voi, signore e signori l’iperbolica genesi dell’attuale detentore del titolo di “scemo del villaggio” di questo ameno borgo del sud Italia.


Io.. io sono Adalberto.

Adalberto Buonofiglio per la precisione. Figlio di secondo letto di mia madre. Potete tranquillamente risparmiarvi l’ironia a buon mercato sul mio nome: la conosco da quando sono nato. Per l’esattezza 7 anni dopo. In ospedale questa volta, a scanso di equivoci…


PierManfredo Santacroce, padre d’Amerigo era un artista di quelli che la critica colta ama chiamare “eclettico”. La gente comune, più grossolanamente, “svitato”. Di origine geografica ignota, girovago fin dall’adolescenza, la leggenda narra che non abbia soggiornato in un luogo mai più a lungo di 3 anni consecutivi.

Il matrimonio e la convivenza con mamma non contraddissero questa regola. Si racconta infatti che all’alba del mille e dodicesimo giorno di stanzialità nel nostro paese raccolse i suoi vestiti ed i suoi silenzi lasciando come ricordo di se un letto vuoto, un amore interrotto ed un figlio che era il giusto frutto di cotanto genitore.


Di Antonio Buonofiglio, mio padre c’è poca storia da raccontare… Buon uomo senza arte e senza dote. Semplicemente l’unico partito per rimediare alla “bianca vedovanza” di mia madre


Su Maddalena Santacroce Buonofiglio, angelo del focolare di questa nostra laconica famiglia, concedetemidi conservare un devoto silenzio, ché gia troppe son le parole spese su di lei…

 

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