Creato da m.edea il 05/10/2007

Cantina

la cantina del mio cervello

 

 

« Messaggio #7ed io mi "perplimo" »

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Post n°8 pubblicato il 13 Novembre 2007 da m.edea
 
Tag: episodi

La continua osservazione del mondo, delle situazioni frantuma, disfa, devasta, spezza…

Oggi 2 VI 200X

pranzo: buono.

compagnia piacevole.

situazione mediamente interessante.

pomeriggio: carino.

E.: sta bene.

A.: in ascesa.

R.: in gamba.

Io: non lo so.

Mattina:

Mi sveglia alle sei :- Ricordi il progetto di ieri?

Sobbalzo nel sonno, come se sveglia lo fossi da un po’.

- Sì…sì…sì , il progetto, mi alzo subito, in cinque minuti sono pronta, ho lasciato…

- Ma è presto, a che ora sei andata a dormire.

- Alle due, ma non ho più sonno.

 Scendo velocemente giù dal soppalco avevo voglia e bisogno d’abbracciarlo, non posso farlo, credo non gli piaccia, forse non da me. Continuo a parlare come se avessi abbandonato il sonno da un bel po’, come se il suo sonno frammentato fosse stato il mio:

- ho la tuta all’entrata, anche le scarpe, tutto.

- Brava, allora bevi un po’ di caffè e andiamo.

Lo vedo bellissimo quest’uomo, che per circa tre anni della mia vita, mi ha fatto pensare che da un momento all’altro anch’io sarei stata messa al corrente della sua morte, in chi sa quale posto sperduto. Avevo paura  e terrore di ricevere questa notizia, ero terrorizzata dal pensiero che lui nella mia vita avrebbe smesso di esserci, avevo paura di non incontrarlo mai più per le vie, per la strada per la città, per il mondo. Poi, adesso, dopo; tante fughe e lui tornava, io lo braccavo stretto, mi tenevo informata un po’ per caso, un po’ per volontà mi ritrovavo a cercare persone che in qualche modo mi riportassero a lui, uno strano intreccio di sconosciuti mi riconduceva a lui. Questa mattina, qualche giorno, qualche settimana fa ho visto quello che avevo sempre visto e desiderato: la foto realizzata.

 

Oggi il pranzo con sua madre e il compagno di sua madre, una persona meravigliosa sia ai miei occhi di donna, sia ai miei occhi di figlia. Si rivolge a me  e a suo figlio con un:- Vostra madre…

In verità quel “vostra” non includeva me, ma lui e sua sorella, per un attimo mi ha dato l’idea di avere un fratello, seppur io lui non lo vedo esattamente come un fratello, o meglio non lo vedo solo come un fratello!

Il pranzo, nel bilancio risultava “buono”, lo era in effetti: couscous, fragole con panna, buon vino; io lì sentivo uno strana appartenenza, mista ad un  piacevole disagio che c’era per ricordare il mio ruolo. Lui non mi ha mai osservata, mi perdevo nel fascio di sole che sbatteva in quella terrazza, osservavo, ma come se già conoscessi, niente era per me nuovo, neanche quel pranzo. Alla fine il cuore però viene toccato, gli si ricorda cosa succede quando due vite che s’incontrano perché facenti parti entrambe di un disegno sono destinate a perdersi a rincontrarsi a girare vorticosamente senza pace, perché il momento non è quello giusto, almeno non lo è qui in questa dimensione:

-         Cosa farete dopo pranzo?

Al silenzio segue la risposta, al bis della domanda le parole scandite:

- Viene Laura, ti ricordi? Laura.

- Laura!? Lalla!? Ah si certo, come sta?

- Come sta? Non lo immagini come sta? Come vuoi che stia? Come stanno i tossici? Ne hai conosciuti tanti no? Quindi lo puoi sapere.

- ti ho solo chiesto come sta.

- Sta male, morirà, tutti i tossici muoiono, non lo sai? Sono destinati a fare tutti la stessa fine…ti ricordi di Valerio?-

di nuovo silenzio e poi sua madre traduce il mio pensiero stringendo con forza e affetto il suo braccio:

- tranne uno vero?…

Sono spettatrice di questo dialogo, ed è come se non ci fossi, il mio essere invisibile mi salva, ma non salva quello che sento, la mente non rimane immune, rigurgito il pensiero fisso che per anni mi ha perseguitato, il terrore che per qualche strana via giungesse a me la notizia che lui fosse morto, chi sa dove, il come mi era chiaro, il resto dettagli.

Quel dialogo rompe l’atmosfera pacifica iniziale, il momento che segue è l’andar via, prima che io mi senta fuori luogo o costretta a schierarmi. Per strada sento la rabbia, la sua, tento di parlare, è inutile e sbagliato. Io la sua paura la conosco, io posso solo dare fiducia, un po’ per egoismo, un po’ per amore, un po’ perché a me ci sono state persone che l’hanno sempre data.

Giungiamo a casa straniti, l’arrivo di questa Laura lo sento una sorta di esame, la devo trattare con riguardo, questa è la sua raccomandazione. Preferisco uscire. Raggiungo casa di E., le racconto tutto e poi l’ascolto, fumo tre sigarette, c’è ancora il sole caldo nel suo giardino, lei è vestita da ballerina, sta bene con il bimbo in pancia, si sente già ingrassata, io la vedo più magra. Strano effetto ottico forse, o solo l’idea che qualcosa di bello stia per mutare una due tre vite. Lascio E. e raggiungo A., chiacchiere a iosa per continuare il pomeriggio con R, ci incontriamo a P. M, passeggiamo per S. L. ci ascoltiamo e poi raccontiamo finché inizio a sentire di voler tornare a casa, così faccio, voglio conoscere Laura, ma è troppo tardi è andata via…peccato! La serata prosegue strampalata, il giorno dopo è il migliore. Mi sveglio alle otto, vedo le chiavi del motorino, il casco, l’assicurazione, capisco che è ancora in casa, apro pian pianino la porta della sua stanza, lo chiamo:

-       Non sei a lavoro?

Non lo è, mi meraviglio, tra stupore e apprensione, salgo le scale e raggiungo il suo letto sospeso per aria, mi sdraio, lo guardo come tanto mi piace fare, è ancora assopito, mi si avvicina, mi abbraccia, io divento piccina, mi faccio coccolare e baciare, sentire il desiderio dà la giusta carica per affrontare il mondo anche nei giorni che già sai nati sbagliati, l’atmosfera è quella giusta, la luce anche, ci abbracciamo, ma non ci coinvolgiamo, io ho paura di farlo, la mia mente non si sottrae, lascio che sia lui a decidere tutto, io non mi sottraggo alle sue carezze, ma so che non faremo l’amore, così è, il suo abbraccio è rivelatore, ma non so se di bugia o verità, ma che importa! Poi elaboro. Si ferma a guardarmi , mi osserva, mi bacia, mi abbraccia, mi accarezza, e poi:

- No, io non posso farti questo, non voglio, scusami…

- No, capisco, capisco quello che ti succede, giuro, lo capisco.

Il dialogo non finisce, il dialogo continua:

- non ce la faccio, non ce la faccio a fare l’amore con te, non me la sento.

 Penso di non piacergli, ma la sua è una dichiarazione d’amore, così forte che non posso accettarla come verità, preferisco pensare si tratti di una bella balla confezionata per l’occasione:

- non posso farti questo, ti farei male.

- lo capisco, succede, a volte sembra che ci vada una cosa, ed invece poi no, ci eravamo sbagliati, o forse solo abbiamo cambiato idea troppo velocemente.

- no, non è così, sono troppo presente, io non posso fare l’amore con te.

Non posso far altro che alzarmi, e andare a preparare il caffè…continuando a desiderare non so bene cosa.

"Tante moltitudini, una sola moltitudine": duplicato, frammentato, dissociata, mi sento di passare da un quadro all’atro, non riesco a mettere ordine

 
 
 
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