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« BOUQUET | STRANI GIORNI » |
Alla fine
THE END
Questa è la fine
magnifico amico
Questa è la fine
mio unico amico, la fine
dei nostri piani elaborati, la fine
di ogni cosa stabilita, la fine
né salvezza o sorpresa, la fine
non guarderò nei tuoi occhi... mai più
puoi immaginarti come sarà
così senza limiti e libero
disperatamente bisognoso di una... mano straniera
in un... paese disperato
perso in una romana... regione di dolore
E tutti i bambini sono alienati
tutti i bambini sono alienati
aspettando la pioggia estiva
C'è pericolo alla periferia della città
cavalca la King Highway, baby
strane scene all'interno della miniera d'oro
cavalca l'autostrada ovest, baby
cavalca il serpente, cavalca il serpente
fino al lago, l'antico lago, baby
Il serpente è lungo, sette miglia
cavalca il serpente... è vecchio e la sua pelle è fredda
l'ovest è il meglio, l'ovest è il meglio
Vieni qui e ci occuperemo del resto
l'autobus blu ci chiama
Autista, dove ci porti
L'assassino si svegliò prima dell'alba, s'infilò gli stivali
Prese una maschera dall'antica galleria
e s'incamminò verso l'atrio
andò nella stanza dove viveva sua sorella e... poi lui
fece una visita a suo fratello, e poi lui
s'incamminò verso l'atrio
arrivò a una porta... e guardò dentro
padre, sì figlio, voglio ucciderti
madre... ti voglio... fottere
Vieni, baby, rischia con noi
e incontrami sul fondo del bus triste
faccio un rock triste, su un bus blu
uccidi, uccidi, uccidi,
Questa è la fine
magnifico amico
questa è la fine
mio unico amico, la fine
mi fa male liberarti
ma tu non mi seguirai mai
la fine delle risate e delle dolci bugie
la fine delle notti in cui tentammo di morire
Questa è la fine
THE DOORS
CAVALIERI CHE POSSON MORIR
Io cavalcherò acceso l’immenso tormalinico
fino alle stelle eclissate ai confini della luce,
risalendo i nubifragi di argento strinato
nel bersagliante di guglie e oltre l’antartico
sudando stille oniriche proteso,verace,
nelle distanze nere che vedi nell’alto
fra un bagliore affilato,talamo e l’altro,
come un maroso che ha battiti che va a largo
nelle acque e nei ghiacci delle comete polari,
il guanto schiumante,si galleggerà sul baratro,
ho lanciato sulle calamità,alzando i veli ego
dell’originario romanzo sedotto,bilico su note di stradivari,
tutto per prenderti le dita nel finale tra nebbie fulve,
mi vocerai io sono qua dall’oasi,un falco scapperà
li sedevi senza la brezza angelica,tu centro del ventre!
Insieme cavalcheremo fin dove,fin dove
il vento lunare solo per me e per te soffierà.
Come la marea, figlia dell’universo salirà il fremere.
Dal fuoco vespertino celebrate,arso
al momento delle nostre nozze
il cielo si fermerà nel muovere in giro
e che acceso s’accende il firmamento casto seppur ebbro ,
come il cero di sacri aromi su fogli di poesie in bozze,
cavalcheremo fino al paradiso forse a tiro
così vertiginosi che le tue lacrime saranno armi bianche
o lo sono sempre state, stringi l’anche,
spediti andremo amore sul cavallo alato alchimista rosso
e ormai sarai lontana da me sommo stretta al mio torso.
ALESSANDRO IDISIUM
ADDIO
Già l'autunno! - Ma perché rimpiangere un eterno sole, se siamo impegnati nella scoperta della chiarità divina, - lontano dalla gente che sulle stagioni muore.
L'autunno. La nostra barca alta nelle nebbie immobili si volge verso il porto della miseria, la città enorme dal cielo macchiato di fuoco e di fango. Ah! gli stracci putridi, il pane inzuppato di pioggia, l'ebbrezza, i mille amori che mi hanno crocifisso! Dunque non finirà mai questa lamia regina di milioni d'anime e di corpi morti e che saranno giudicati! Mi rivedo con la pelle corrosa dal fango e dalla peste, i capelli e le ascelle pieni di vermi, e vermi ancor più grossi nel cuore, disteso fra sconosciuti senza età, senza sentimen- to… Avrei potuto morirci… Spaventosa evocazione! Esecro la miseria.
E temo l'inverno perché è la stagione del comfort!
- A volte vedo nel cielo plaghe sterminate coperte da bianche nazioni in festa. Un grande vascello d'oro, sopra di me, sventola le sue bandiere variopinte alla brezza del mattino. Ho creato tutte le feste, tutti i tri- onfi, tutti i drammi. Ho cercato d'inventare nuovi fiori, nuovi astri, nuove carni, nuove lingue. Ho creduto d'acquisire poteri sovrannaturali. Ebbene! devo seppellire la mia immaginazione e i miei ricordi! Bella glo- ria d'artista e di narratore andata in malora!
Io! io che mi sono detto mago o angelo, dispensato da ogni morale, vengo riportato al suolo, con un do- vere da cercare, e la rugosa realtà da stringere. Bifolco!
Sono ingannato? la carità sarebbe la sorella della morte, per me?
Insomma, chiederò perdono per essermi nutrito di vergogna. E andiamo.
Ma neanche una mano amica! e dove trovare aiuto?
ARTHUR RIMBAUD
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