Creato da Convallaria_majalis il 01/01/2008
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UNA VIOLENZA BESTIALE. E L'INDIGNAZIONE HA AVUTO IL SOPRAVVENTO SULLA PAURA

Foto di Convallaria_majalis

Così una ragazza indifesa è diventata simbolo di coraggio per tutte le donne


In pieni anni duemila, gli anni della tecnologia, dei diritti civili, delle nuove democrazie, una ragazza viene sequestrata col suo fidanzato su un autobus in una grande città democratica come New Delhi e viene stuprata da sei giovanotti davanti al fidanzato legato e ridotto al silenzio a furia di pugni e calci.
La ragazza, dopo essere stata violentata, viene scaraventata giù dall'autobus come fosse un giocattolo che ha stufato.
Sappiamo poco dei dettagli, che forse arriveranno in seguito.

Alcune domande però vengono alle labbra dopo avere saputo che l'autista era del gruppo degli stupratori: come mai è così facile sequestrare una persona in piena città? Possibile che nessuno abbia visto e sentito nulla?

La violenza contro le donne c'è sempre stata, lo dicono le cronache, lo racconta la storia, ma dobbiamo riconoscere che da ultimo ha preso un passo veloce e sfrontato.
Ha preso un tono dimostrativo, come se si volesse punire il sesso femminile per il solo fatto di esistere, con la sua diversità, i suoi desideri, i suoi sogni, le sue ambizioni, la sua gioia di esistere.

 

Per questo è stato chiamato «femminicidio». La nuova violenza ha preso un piglio teatrale, rabbioso e rivendicativo.

Come a dire: io qui sono il padrone e te lo dimostro subito. Tanto poi nessuno oserà punirmi, perché quelli che hanno in mano le leve del potere, sotto sotto la pensano come me.
Le ragazze stuprate lo dicono a bassa voce: i violentatori non li prendono quasi mai e quando li prendono, li fanno uscire dopo pochissimo.
Lo stupro, si sa, è una arma di guerra.
Quando si paragonano gli stupratori alle bestie, si fa un torto agli animali perché gli animali non stuprano. La violenza carnale è un'arma per umiliare il nemico. Il sesso c'entra poco o niente.

Più che ai genitali femminili il violentatore punta a sporcare, squarciare, brutalizzare e ferire il luogo sacro della nascita.
Per questo lo stupro è un fatto puramente umano, una pratica dalle profonde simbologie che parlano il linguaggio del potere, non quello della sessualità.

Colpire una donna per impaurirne cento, mille. Il risultato sarà che le ragazze avranno paura di uscire da sole di notte, prenderanno un atteggiamento di difesa e possibilmente se ne staranno a casa. Di conseguenza sarà più facile comandarle, sfruttarle, disporre di loro come lavoratrici gratuite, come amanti silenziose, come succubi afasiche, come complici perfette anche se involontarie.

Il guaio è che questo non avviene solo in India dove ancora le donne sono spesso discriminate e trattate come una razza inferiore, ma in tutto il mondo.
Anche nella nostra civile Italia che vanta leggi molto avanzate, siamo già arrivati a 120 donne uccise dai loro mariti in un anno, solo per avere espresso la volontà di andarsene.

In tutto il mondo la violenza contro le donne sta aumentando e prendendo quell'aria dimostrativa che è tipica delle azioni umane ideologizzate. Colpirne una per convincerne tante. Questa la tecnica profonda.
E spesso i colpevoli rimangono impuniti perché coloro che stanno in alto, coloro che vogliono conservare un viso paterno e bonario del potere, fanno fare il lavoro sporco ai più deboli e insicuri, a quelli che facilmente si prendono carico delle paure collettive per trasformarsi in ladri dell'identità altrui, assassini per conto terzi.

Troppo spesso la violenza viene fatta a faccia scoperta, senza tante precauzioni. E la cosa sta a significare che circola un senso di invulnerabilità: chi sequestra, mutila, abusa, colpisce, si sente autorizzato a farlo, ritenendosi protetto da una pigra, sottile, cinica indulgenza che lo lascerà comunque impunito.
Ma questa volta le donne indiane hanno reagito. E i politici si sono stupiti. Hanno subito preso le parti della ragazza uccisa, come non farlo del resto? Il Presidente Pranab Mukherjee e il Primo Ministro Manmohan Singh hanno invitato la nazione a pregare per la morte della giovane donna «brutalmente torturata e violentata da una banda di giovani nella città di New Delhi».

Ma non basta, il Presidente ha pubblicamente elogiato la ragazza chiamandola «brave and coragious girl» per avere «difeso fino all'ultimo la sua dignità e la sua vita».
Questo raccontava ieri The Times of India .

Ma cosa hanno fatto in questi anni per rendere la vita cittadina meno pericolosa per le donne?
Tutti sanno che il problema è vasto e profondo, che la violenza cittadina è in crescita, che le donne sono le prime vittime di una cultura della predazione, che nasce dalla paura, dalla crisi, dalla frustrazione, dall'odio per i diritti civili, dalla avversione per le regole sociali, dal disprezzo nei riguardi dei più deboli. Tutti atteggiamenti culturali, figli di modelli perversi.

Di fronte alla richiesta di più libertà e autonomia, il mondo androcentrico, o per lo meno quello degli uomini che si identificano con i privilegi storici che da secoli appartengono al loro sesso, rifiutano furiosamente il cambiamento e si armano di disprezzo e di rabbia vendicativa. Pronti a «farla pagare» a qualsiasi donna si trovi sulla loro strada.
Naturalmente se la donna è giovane e bella, la loro azione dimostrativa avrà più peso.
Toccherà il fondo dell'immaginario collettivo. Ma l'immaginario collettivo, oltre che spaventarsi, può anche improvvisamente indignarsi ed esplodere. E questa indignazione i giovanotti non avevano previsto.

La collera delle donne offese, se diventa massa, può fare cambiare le leggi, rendere efficienti gli indagatori, prendere di mira i prepotenti. L'indignazione nasce dalla convinzione che lo stupro è una terribile ferita sociale, che non riguarda solo chi lo pratica e chi lo subisce, ma tutti coloro che con tanta difficoltà e molta buona volontà cercano di fare convivere una umanità divisa e diversa, costruendo faticosamente le ragioni di una comune convivenza basata sulla fiducia e l'accettazione dell'altro.



(DACIA MARAINI)

 

 
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