La differenza tra me e Giulia è che il mio ordine è di natura spaziale: io dispongo, abbino e combino gli oggetti intorno a me, nel loro giusto posto; l’ordine di Giulia, invece, risiede in un sentimento esatto del tempo. Giulia colloca i discorsi nei momenti che più le sembrano opportuni. Siamo al punto di collisione: mentre io risistemo i vestiti dentro l’armadio, Giulia mi osserva, seduta sul letto a gambe incrociate. Mastica il nocciolo di una nespola che ha mangiato un’ora fa. Non ha digerito la riproduzione di Magritte che ho appesa in sala, affianco al suo poster di Degas. Sento distintamente la mandibola di Giulia che scricchiola. Quando il conflitto è serio, Giulia vuol discutere d’amore. Sui nodi cruciali della nostra relazione, quali siano per lei, Giulia impone il voto di fiducia. Se l’amo, devo rimuovere il quadro sacrilego. Disturba. Durante le sedute di meditazione, quando Giulia si accomoda come un fiore di loto sbocciato sul tappeto, e resta in silenzio per ore, fissando, contro la parete, le ballerine che danzano, i miei omini con la bombetta, affacciandosi sulla scena da un angolino remoto del suo campo visivo, le impediscono di entrare in sintonia coi battiti del cuore. Ammette che gli omini sono belli. Nulla esclude che l’inconscio sia fatto proprio così: omini senza volto che piovigginano dal cielo. Tuttavia io confondo una seduta di meditazione con un appuntamento dallo psicanalitica. Invece di abbandonarmi alla contemplazione, fisso un punto sul poster e cerco di pervenire ad uno stato di ipnosi, che – Giulia mi spiega – è ben diverso dalla commozione. Davanti a un quadro di Magritte, la meditazione non riesce. Dunque il quadro va rimosso. Potrei appenderlo nello studiolo. Giulia dice: meglio in bagno. Che già sarebbe una grande concessione, perché, a voler fare come Giulia pensa, Magritte andrebbe rimosso definitivamente. Quanto a me, se mi spetta un’obiezione, confesso che il mio senso estetico non è sufficientemente sviluppato. Anche Degas mi piace. Anzi, mi basta. Se Giulia non sopporta altri pittori in casa, accetto di schiodare la mia riproduzione di Magritte, purché Giulia me lo chieda. Invece Giulia mi domanda se l’amo. Sorrido. Mi avvicino a lei mugolando. Le mordo un orecchio. Punzecchio la sua femminilità dov’è languida e, insieme, appuntita. Giulia accetta qualche coccola, poi però mi respinge. Esige una risposta esplicita.
- Ti adoro.
- Davvero?
- Come l’aria che respiro.
- E a casa?
- Sarebbe?
- Stanno tutti bene?
- Chi?
- Mi saluti tanto la sua signora. Cos’è ‘ti adoro’? Perché non provi a dirmi: ‘distinti saluti’, ‘anticipandole i sensi della mia gratitudine’, ‘sinceramente suo, Alberto Finetti’? Una formula di convenienza. ‘Ti adoro’ non è ‘ti amo’.
- Per carità, non ricominciamo con le acrobazie mentali. Mi vengono le vertigini.
- Allora non mi ami.
- Allora ti amo. Va bene? Ti amo. Ti a, mo. Ti amo ti, a, mo. E’ una farfalla che sbatte le ali.
- Seriamente non riesci a dirmelo?
- Seriamente.
- Dimmelo.
- Giulia, io ti…
- No, aspetta. Adesso non ci crederei. Mi hai fatto venire in mente Umberto Tozzi. Dentro la mia testa c’è Umberto Tozzi! Oddio, che orrore!
Giulia non vuole più chiacchiere. Giulia non vuole più coccole. Giulia non vuole più una dichiarazione d’amore. Io non voglio litigare. Smaltiremo il malumore restando entrambi in silenzio. Io appenderò gli abiti alle grucce, e Giulia mi osserverà muta, masticando un nocciolo di nespola. Ho imparato dalla convivenza che il dialogo prevede, a volte, la reciproca capacità di tacere. Aspettiamo che il rancore tra noi si attenui, perché questo rancore non è nostro. Io e Giulia, come tutti, vorremo dall’amore una consolazione che non può darci. Che sia pieno quando la vita sembra vuota; vuoto quando, nella mente e nel cuore, si affollano gli omini con la bombetta. Vorremmo un amore alternativo. Però io e Giulia sappiamo che amarsi non è meglio di vivere. Come l’amore, la vita a volte premedita imprese storiche, e trae coerenza da estreme passioni; più spesso, tuttavia, si limita ad accadere. Non dedico a Giulia tenere filastrocche. Non compongo poesie per lei, non canto serenate, non scrivo bigliettini profumati. Io, però, sento accadere l’amore tra noi. Di questo non so parlare. Se le dicessi che l’amo, davvero mentirei. Più appropriatamente dovrei dirle che io la ‘sto’ amando. Proprio come una farfalla che sbatte le ali, svolazzando tra nubi bianche, nel cielo azzurro dentro la mia bombetta.
un sorriso