Arriva il bel tempo. Nei campi rosseggiano i papaveri. Presto torneranno le rondini. Il polline delle graminacee mi tormenta. Ecco i segnali della buona stagione. Giunge l’ora felice di riempire le tasche dei cappotti con fiori di lavanda e caramelle di formalina. Camminerò a piedi nudi dentro i miei sandali. Accorcerò le maniche.
Ieri sera ho invertito il guardaroba. D’inverno sistemo nei cassetti superiori le canottiere di lana, mentre ripongo le T-shirt di cotone negli scomparti bassi, più disagevoli per il mio cronico mal di schiena. D’estate inverto le posizioni: sopra la roba leggera, sotto la pesante, che tanto non s’usa. Inverto anche gli armadi, le cassapanche e i comodini. Creo spazi adeguati al nuovo equipaggiamento. Via le giacche grigie, via le scarpe massicce, via i maglioni intrecciati. Col bel tempo sono preferibili tessuti freschi e colori vivaci. Non è una semplice questione di praticità. Una forma, seppur blanda, di adattamento all’ambiente richiede di collocare le risorse secondo un principio d’ordine: vicino, nell’armadio ai piedi del letto, quelle di più immediata utilità; lontano, nelle scatole sopra l’armadio (qualcosa anche in mansarda, qualcos’altro in cantina) la roba meno attuale e gli arnesi che adesso non servono. Occorrono adeguate capacità geometriche e un equilibrato senso estetico. Piegare le camice in base ad uno schema omologato di angoli e linee; impilarle secondo una coerente gradazione di colore, procedendo dai toni scuri ai toni chiari; distinguere righe e quadretti; arrotolare le cravatte in senso antiorario; eliminare il superfluo: l’ordine ha bisogno di essenzialità. Ogni cosa al suo giusto posto. Non è proprio una questione di razionalità. Le persone ordinate, con qualche eccesso patologico di natura compulsiva, ambiscono piuttosto all’armonia. Come i quadri di Magritte.
- Sarebbe?
- A te piacciono le ballerine di Degas, a me gli omini con la bombetta.
- Ntz. Troppo razionali.
- Piovono dal cielo. Hanno il cielo dentro la faccia, oppure una mela invece della testa, o niente: né faccia né testa. Ti sembra razionale?
- Il surrealismo è profondamente razionale. Iper razionale. Tu sei surrealista.
- Tu, invece, che sei? Impressionista? Impressionabile? Ti commuovi davanti alle ballerine di Degas. Brava. Animo sensibile. A me, però, piacciono di più gli omini. Va bene, sarò surrealista. E’ un reato?
- Ntz.
- Allora siamo d’accordo.
- Ntz.
- Non siamo d’accordo?
- I tuoi omini sono evocativi. Le mie ballerine, commoventi. L’evocazione è uno spasmo della mente. La commozione è una vibrazione del cuore.
- La commozione del cuore! Che vibra. Bello. Me l’annoto.
- Tu da quanto tempo non piangi?
- Non può piacermi Magritte? Devo piangere per forza? Guardare un poster di Degas, e piangere? Non piango. Io preferisco Magritte. Mi emoziono per Magritte. Vale lo stesso, anche se non piango.
- Da quanto?
- Si, più o meno… No. La questione adesso è… Qual è la questione?
- Io non ti ho mai visto piangere.
- Al funerale di mio padre piangevo.
- Io non c’ero.
- Pazienza. Avrò pianto senza di te. Posso piangere senza di te?
- Piangi senza di me. Vuoi che esca? Ti lascio solo?
- Perché?
- Per piangere.
- Perché?
- Piangere fa bene.
- Che discorsi!
- Tuo padre è morto dieci anni fa. Allora non mi conoscevi.
- Ho pianto senza conoscerti. Si può?
- Adesso non più. Adesso mi conosci.
- Infatti adesso sono felice e non piango.
- Mai?
- …
- Hai mai pianto da quando mi conosci?
- …
- Ti sei commosso almeno una volta?
- ...
- Sei davvero così felice?
- …
- Mi ami?
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