S. Ilario di Poitiers
E' stato definito "l'Atanasio d'Occidente", e infatti i punti di somiglianza col battagliero vescovo di Alessandria sono molti. Contemporanei - Ilario nacque agli inizi del secolo IV a Poitiers e vi morì nel 367 - hanno dovuto combattere contro lo stesso avversario, l'arianesimo, partecipando alle polemiche teologiche con i discorsi e soprattutto con gli scritti. Anche Ilario, per ordine dell'imperatore Costanzo, allineatosi con le decisioni del sinodo ariano di Béziers del 356, venne mandato in esilio, in Frigia.
Il contatto con l'Oriente fu provvidenziale per il vescovo di Poitiers: nei cinque anni che vi trascorse ebbe modo di imparare il greco, di scoprire Origene e la grande produzione teologica dei Padri orientali, procurandosi una documentazione di prima mano, per il libro che gli ha valso il titolo di dottore della Chiesa (attribuitogli da Pio IX): il De Trinitate, intitolato dapprima più felicemente De Fide adversus Arianos, era infatti il trattato più importante e approfondito apparso fino ad allora sul dogma principale della fede cristiana. Anche nell'esilio non rimase inattivo. Con l'opuscolo Contra Maxentium attaccò violentemente lo stesso Costanzo, contestandone il cesaropapismo, la pretesa di immischiarsi nelle dispute teologiche e negli affari interni della disciplina ecclesiastica. Rientrato a Poitiers, il coraggioso vescovo riprese la sua opera pastorale, efficacemente coadiuvato dal giovane Martino, il futuro santo vescovo di Tours.
Nato nel paganesimo, Ilario aveva cercato a lungo la verità, chiedendo lumi alle varie filosofie e in particolare al neoplatonismo, che avrebbe poi fortemente influito sul suo pensiero anche più tardi. La ricerca di una risposta al suo interrogativo sul fine dell'uomo lo portò alla lettura della Bibbia, dove finalmente trovò quello che cercava; allora si convertì al cristianesimo.
Nobile proprietario terriero, quando si convertì era già ammogliato e padre di una bambina, Abre, che amava teneramente. Era stato battezzato da poco, che venne acclamato vescovo della sua città natale. Furono sei anni di intenso studio e predicazione, prima di partire per l'esilio, che come abbiamo ricordato ne perfezionò la formazione culturale teologica. Accanto alla voce squillante del polemista e del difensore dell'ortodossia teologica, vi è però in lui anche un'altra voce, quella del padre e del pastore. Umano nella lotta, e umanissimo nella vittoria, si prese cura dei vescovi che riconoscevano il proprio errore, e ne sostenne persino il diritto di conservare l'ufficio.
Fonte: www.santiebeati.it
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il 28/01/2011 alle 18:55
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