pensieri e parole
tutto ciò che vorrei urlare e che invece resta silenzio...« Il valore di un sorriso | Dove sarà la mia cura?... » |
<<Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la dritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant'è amara che poco più è morte...>>
DANTE ALIGHIERI (Inferno, canto I)
Smarrir la via (come qualsiasi altra cosa), è l'esperienza più traumatica e dolorosa che un essere umano possa fare, poiché scatena tutta una serie di sensazioni e stati d'animo di difficile gestione: rabbia (talvolta anche verso sè stessi), frustrazione, sofferenza, senso d'impotenza, ecc.
Non a caso, in psicologia, perdite e distacchi vengono definiti indistintamente LUTTI...
Si dice che il tempo, in questi casi, sia la miglior medicina... In reltà il tempo in sè non ha nulla di terapeutico. E' la nostra psiche, piuttosto, che si serve di quel tempo per elaborare il lutto e per studiare un riassetto dell'equilibrio interiore. Difatti in ogni perdita (del lavoro, di un'amicizia, di un amore), in ogni distacco (dalle proprie origini, ad esempio) e in ogni trasformazione (da bambini ad adulti, da figlia/figlio a madre/padre, ecc.) vi è una brusca interruzione di una rasserenante continuità e, di conseguenza, la distruzione di un vecchio equilibrio senza che ve ne sia ancora uno bel e fatto, pronto a sostituirlo. Sono fasi però molto produttive, in quanto costringono ad un incessante lavorio mentale volto alla "ricostruzione". I tempi di "elaborazione del lutto" variano tuttavia da individuo a individuo, dato che ognuno è psicologicamente diverso da chiunque altro.
Poco saggio, quindi, rifarsi a qualcuno che "ce l'ha fatta" in minor tempo, perché questo creerebbe solo ulteriore frustrazione... "FARCELA" significa innanzitutto accettare e rispettare i propri tempi, essere consapevoli dei propri limiti e, perché no, accogliere e coccolare il proprio dolore... Combatterlo è controproducente: esso è tanto più potente di noi e contrastarlo equivarrebbe a sprecare preziose energie, consentendogli di sfiancarci e sconfiggerci... Il dolore è come un vicino di casa irascibile che bussa alla nostra porta nell'intento di attaccar briga, ma se gli apriamo con un sorriso -e con gentilezza gli offriamo il caffè- l'inaspettata reazione lo sorprenderà a tal punto da spiazzarlo. Solo allora e solo così lo vinciamo!... Con questo non voglio affatto sminuire la sofferenza che c'è in una qualsivoglia perdita... Sono stata la prima a dire che l'elaborazione del lutto è complicata, a maggior ragione quando ci troviamo di fronte a situazioni improvvise oppure fortemente ambivalenti, nelle quali vi è una forte contrapposizione di sentimenti contrastanti e/o la mancanza di un confine netto tra l'essere e il non essere... Una di queste è senz'altro la separazione, in cui ad esempio si ha a che fare con un sentimento che, seppur morto, continua ad essere vivente perché vivo è il soggetto che l'aveva suscitato... Elaborare un lutto così è doppiamente complicato, poichè non vi è neanche una lapide su cui deporre un fiore...
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