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Post N° 329

Post n°329 pubblicato il 15 Novembre 2008 da brec3

- Il primo triumvirato

Al termine della guerra in Oriente, durata dal 66 al 62, nel corso della quale Pompeo ha sconfitto definitivamente Mitridate e ha dato un nuovo assetto alle zone orientali, il condottiero romano ha oramai sviluppato a livello generale una vasta rete di consenso popolare, e detiene inoltre degli enormi poteri a livello sia economico che politico, poteri derivanti dai successi delle proprie campagne militari e dalla fedeltà degli eserciti.

Giulio Cesare

Per tali ragioni, i tempi sarebbero ormai già maturi per la costituzione di uno stato tipo militare e imperiale, una soluzione che Pompeo potrebbe facilmente imporre al Senato, presentandola in pratica come un dato di fatto. Eppure questi, per ragioni peraltro in gran parte ancora oscure (si badi però che, oltre che un fatto storico, una tale decisione è anche una libera - e come tale forse non del tutto giustificabile - deliberazione umana), non lo fa.
E' probabile comunque che Pompeo non voglia sovvertire tradizioni tanto radicate come quelle repubblicane, e assieme a esse la centralità stessa del Senato, anche per le conseguenze che un tale atto potrebbe avere in termini di 'governabilità'. In ogni caso, prescindendo dalle ragioni di tale comportamento, egli preferirà muoversi in un modo che sia, almeno formalmente, rispettoso delle prerogative del Senato.
(E' opportuno notare poi come un tale atteggiamento di rispetto formale per l'istituzione senatoria rimarrà a lungo una costante anche nella condotta dei futuri condottieri romani, da Cesare a Ottaviano, con l'unica eccezione di Marco Antonio).

La nascita del primo Triumvirato (60) è dovuta infatti al rifiuto del Senato di avallare le proposte fatte da Pompeo per un nuovo assetto delle zone orientali (proposte che riguardano essenzialmente la fondazione di tre nuove province: Bitinia, Ponto, Siria), oltre che alla mancata concessione delle terre ai veterani del suo esercito.
Deciso quindi a non agire apertamente contro le istituzioni repubblicane, ma anche a non subire passivamente le decisioni del Senato, Pompeo escogiterà una terza via, chiamata 'Triumvirato', basata su un'alleanza privata con altri due potentissimi esponenti politici di quegli anni, i soli forse che possano competere con lui per influenza e notorietà: ovvero Giulio Cesare e Mario Licino Crasso.

Mentre il primo è un giovane politico emergente di area popolare, imparentato alla lontana con Mario, l'altro è invece un ricchissimo finanziere, un uomo legato agli ambienti romani dei publicani (equestri) di cui è anche uno degli esponenti più in vista e più potenti.
Alleandosi, i tre cercheranno di ottenere - attraverso tale patto, di natura non ufficiale e privata, basato cioè sull'idea di un aiuto reciproco tra i soci - ciò che il Senato non vuole concedere loro singolarmente.
Una tale soluzione decreterà quindi il trionfo stesso della politica personalistica e clientelare dei generali e dei potentiores romani contro quella delle ormai obsolete istituzioni cittadine, e sarà inoltre la manifestazione più lampante della debolezza di queste ultime, della loro impotenza a gestire in modo efficiente e reale il nuovo Stato.

Tralasciando la figura di Crasso, che avrà in realtà un ruolo abbastanza marginale nelle vicende di questi anni, e che morirà durante una campagna militare in Siria presso Carre già nel 53, sono questi a grandi linee gli eventi più significativi tra il 60 e il 56:

a) Nell'anno del suo consolato, il 59, Giulio Cesare:
· fa approvare i progetti di Pompeo per la modifica dell'assetto orientale;
· promuove due leggi agrarie in favore dei veterani di Pompeo (includendo nelle terre distribuite anche l'agro campano: una zona tradizionalmente del patriziato romano, che nemmeno i Gracchi avevano osato toccare);
· favorisce attraverso vari sgravi fiscali i ceti finanziari più vicini a Crasso;
· assegna infine a se stesso il proconsolato dell'Illirico e della Gallia (Cisalpina e Narbonense), territori su cui costruirà negli anni futuri il suo potere privato.

b) Tra il 58 e il 56 (l'anno in cui viene rinnovato il patto triumvirale), Cesare estende (con il pretesto di difendere e consolidare i confini dei territori già acquisiti) il dominio romano in Gallia a tutta la regione, giungendo perfino a esplorare l'odierna Inghilterra e la Germania. Egli accumula in tal modo un enorme potere personale, data anche la straordinaria ricchezza naturale della zona su cui è ora impegnato.
La potenza di Cesare comincia perciò a far paura tanto a Pompeo quanto al Senato, ciò che finirà col tempo per determinare un loro avvicinamento, a seguito del quale Pompeo si troverà in una condizione molto simile a quella che era stata in precedenza di Silla, a essere cioè il difensore (pur nella propria veste di generale e di uomo di poteri eccezionali) dell'ortodossia romana contro i nuovi venti rivoluzionari e anti-oligarchici.
E' oramai chiaro come il dissidio tra i due potentati, quello di Pompeo e quello di Cesare, non possa negli anni futuri che sfociare in un nuovo conflitto civile. Tuttavia, per il momento, un tale conflitto viene scongiurato attraverso il rinnovo del patto triumvirale, nel 56.
Attraverso tale contratto si decide di ripartire i possedimenti romani in modo equo tra i triumviri: a Pompeo spetta infatti la Spagna (in aggiunta ai domini orientali, su cui ha già esteso le sue influenze); a Cesare spetta per altri cinque anni la Gallia; mentre a Crasso viene assegnata la Siria (regione nella quale morirà nel 53, combattendo contro i Parti).

Tuttavia, mentre Giulio Cesare si trova in Gallia, a Roma il Senato e Pompeo si coalizzano contro di lui, al fine di togliergli il proconsolato della Gallia.
Questi, che nel frattempo è impegnato a sedare la sollevazione di alcune tribù indigene (guidate da un capo gallico, Vercingetorige) su cui riuscirà a trionfare ad Alesia nel 51, tenta contemporaneamente di smorzare la tensione politica col Senato e Pompeo, onde evitare l'inizio di un ennesimo conflitto civile.
Ma nel momento in cui il suo avversario ha scelto di allearsi con i repubblicani più intransigenti, ha decretato purtroppo anche l'inevitabilità della guerra.
Di fronte alla minaccia di venire spodestato dalla propria carica e allontanato dai propri domini, estromesso quindi per sempre dalla vita politica, Cesare è costretto infatti a scegliere la strada del ritorno in Italia. Il dieci gennaio del 49 varca così il Rubicone (il limite estremo del pomerium, cioè l'inizio dei territori italici, e il confine della provincia gallica), per difendere - egli dice - la propria dignità e quella dei tribuni della plebe.
Ha così inizio la terza guerra civile.
B - La guerra tra Cesare e Pompeo

Se la prima guerra civile si combatte esclusivamente sul territorio urbano di Roma, e la seconda coinvolge invece l'intera penisola italica, la terza e ancor più la quarta si svolgeranno su tutto il territorio dell'Impero, giungendo perfino nelle province più orientali: è l'ennesima dimostrazione di come Roma sia oramai andata oltre un orizzonte meramente peninsulare e cittadino, e sia divenuta una realtà globale e mondiale.

Subito dopo la discesa di Cesare in Italia infatti, Pompeo risponde riparando nei territori orientali, laddove sa di avere le influenze politiche e le alleanze più salde, nonché quindi maggiori probabilità di vincere il conflitto.
Tale mossa apparentemente saggia, osteggiata tuttavia da gran parte del Senato (legato tradizionalmente alle regioni occidentali), si rivelerà un errore fatale. Essa darà difatti a Cesare tempo e modo di sistemare le zone occidentali dell'Impero procurandosi la loro fedeltà o comunque la loro neutralità, e d'approntarsi così una discesa sicura verso l'oriente, fattore che gli preparerà la vittoria.
Appena giunto a Roma, Cesare tenta infatti un riavvicinamento col Senato, cercando di giustificare il proprio precedente operato e garantendo la revoca di molti dei passati provvedimenti dei popolari (dei quali Cesare è il principale esponente politico), provvedimenti che decretano tra l'altro la cancellazione sommaria dei debiti: veri e propri 'attentati' contro la proprietà fondiaria.
Nonostante tali disposizioni, i suoi rapporti col Senato rimarranno, anche negli anni futuri, sempre estremamente tesi e difficili (come dimostra anche l'esito della sua vicenda personale). E tuttavia, nell'immediato, egli riesce attraverso esse a diminuire la tensione politica con la nobiltà, ingraziandosi almeno una parte della classe senatoria.

La seconda mossa di Cesare consiste poi nel coprirsi la spalle a Occidente, bloccando i possibili focolai di rivolta in Spagna (un territorio sul quale il suo avversario aveva esteso negli anni precedenti la sua influenza politica). Nel 49 egli guida infatti una campagna che partendo da Marsiglia arriva fino nella Spagna vera e propria, e che si conclude lo stesso anno.
Per conquistare la fiducia delle popolazioni locali egli adopererà, pur nell'azione bellica, molta cautela, limitando il più possibile gli atti di saccheggio e di vandalismo dei propri uomini e moderando le pene inflitte ai vinti.

Infine, nel 48, Cesare raggiunge Pompeo nelle regioni orientali, dove questi lo attende assieme a parte del Senato (quella che, fuggita con lui da Roma, lo ha aiutato a prepararsi ad affrontare la guerra).
Le ostilità si svolgeranno principalmente in Epiro. In una prima battaglia, quella di Durazzo, Cesare uscirà sconfitto, rischiando quasi di perdere la guerra; ma nella seconda e decisiva battaglia di Farsalo, egli riuscirà a piegare definitivamente il nemico e a chiudere lo scontro in proprio favore.
A questo punto egli si trova ad essere in buona sostanza il padrone assoluto dei territori romani, tanto che anche il Senato - seppur controvoglia - si vede costretto a riconoscere la sua autorità.
Nello stesso anno Pompeo fugge in Egitto, chiedendo asilo e rifugio a Tolomeo XIII, sovrano di tale stato assieme alla sorella Cleopatra, nonchè suo alleato politico (quantomeno fino a prima della sconfitta). Ma, anziché ricevere aiuto e solidarietà, egli viene assassinato a tradimento per ordine dello stesso Tolomeo.
Saputa la cosa Cesare, divenuto oramai 'padrone' anche delle zone orientali, fa destituire Tolomeo dal trono, dimostrando di non gradire un atto tanto scopertamente opportunistico, e celebra la memoria del rivale appena scomparso.

Subito dopo egli si lega a Cleopatra, divenuta sovrana unica dell'Egitto, annettendo all'Impero come zona a protettorato romano anche quest'ultima regione orientale, fino ad allora rimasta indipendente. (Vedremo più avanti il ruolo assunto da questa provincia, di antichissime tradizioni, all'interno dell'economia imperiale, soprattutto nel fomentare e guidare la rivolta dell'Oriente nei confronti del predominio delle zone occidentali.)

Nel 47, inoltre, Cesare affronta e sconfigge il re del Ponto Farnace (figlio di Mitridate) e si prepara alla campagna - che tuttavia non farà a tempo a combattere - contro l'agguerritissimo Impero partico, un nemico contro il quale già altri condottieri romani (uno tra tutti, Crasso) hanno combattuto senza successo.
Nel 45 infine, egli affronta e sconfigge in Spagna gli ultimi residui del partito di Pompeo, guidati dai figli di questi, Gneo e Sesto.

Dopo aver annientato tutti i propri nemici sul piano militare, gli rimane però un'ultima (e forse più difficile) impresa: quella di giustificare, alla luce delle tradizioni e della costituzione romane, il proprio pressoché assoluto predominio politico, e ciò sia agli occhi del Senato che del popolo. Egli deve affrontare insomma uno scottante problema, che è stato già dei condottieri-politici (da Mario a Silla a Pompeo) che l'hanno preceduto.

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Commenti al Post:
siriusblack.v
siriusblack.v il 17/11/08 alle 08:11 via WEB
Ciao! Grazie della visita e dei complimenti...anche il tuo blog è molto interessante!
 
brec3
brec3 il 17/11/08 alle 15:35 via WEB
grazie siri
 
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