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THE AMERICAN

Post n°122 pubblicato il 27 Agosto 2010 da Heidegger79

C'era di che essere sospettosi di fronte alla visione di The American. Veniva infatti naturale chiedersi come mai un titolo americano così atteso, con una star in grado di attirare l'attenzione di pubblico e critica, non sia stato selezionato al Festival di Venezia. Decisamente non era un buon segno, anche se non è detto che le scelte al Lido debbano sempre essere perfette.
In realtà, The American non è un film orrendo e/o invedibile. Semplicemente, è una pellicola decisamente noiosa e poco appassionante. La descrizione più semplice che mi verrebbe da fare è Antonioni che gira un thriller. La prima scena è la migliore del film, per come ribalta certe aspettative e mette il protagonista di fronte a una scelta difficile. Peccato che, da quel momento in poi, sia praticamente impossibile provare un minimo di empatia per il personaggio di George Clooney, che durante l'intero film non verrà (volutamente) approfondito.
Ma la freddezza la fa da padrone anche per tutti gli altri, a cominciare dalla prostituta dal cuore d'oro Violante Placido (un'abruzzese che parla bene inglese e senza traccia di inflessioni dialettali, che peraltro va a vedere al cinema film americani in lingua originale... nei paesini abruzzesi?), il cui rapporto con George Clooney è quanto mai bislacco e poco credibile. Ma anche il prete ficcanaso che nasconde qualcosa non è certo un mostro di efficacia, mentre sembra sempre sul punto di virare verso la macchietta (cosa che succede, non per colpa sua, nel finale).
The AmericanVa detto che, almeno, ci viene risparmiato buona parte del folclore sull'Italia che vediamo spesso nelle pellicole americane in visita da noi, a parte qualche momento straniante che non convince proprio e soprattutto l'idea che nessuno indaghi su morti violente (sottinteso, tanto la legge in Italia non esiste). Il problema è che il resto sa già di stravisto (tanto da farti pensare, chissà perché, che stai assistendo a un remake), dal killer che si deve nascondere a tante altre piccole cose, senza che ci siano dei guizzi capaci di risollevare la piattezza della vicenda. Certo, quando la maggiore scena d'azione è un inseguimento assurdo, non è il caso di chiedere il bis.
In effetti, il maggiore brivido che si prova durante tutta la pellicola dipende da un 'Buu!' con l'audio a palla, mentre per il resto si prosegue avvertendo un interesse quasi nullo nei confronti di questa vicenda. 'Merito' anche del modo in cui Anton Corbijn mantiene slegate le scene, con momenti francamente inutili, se non per farci capire l'isolamento del protagonista (ma alla sesta volta non dovrebbero esserci dubbi). E francamente, con quell'ambientazione, non sarebbe stato difficilissimo provocare qualche brivido in più (ma con quella fotografia, soprattutto di notte, magari non c'era proprio intenzione di farlo).
Insomma, in attesa di vedere se il
Festival di Venezia ha scelto bene i titoli in cartellone, per ora non è il caso di rammaricarsi della pellicola che ha scartato... 

 
 
 
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