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Telecom-Tim addio, così falliscono le privatizzazioni (il governo lo sa?)
Parte l’ennesima riorganizzazione del gruppo Telecom, l’“azienda fiore all’occhiello dell’Italia”, la società “destinata a diventare leader europeo nel settore delle telecomunicazioni, e chi più ne ha più ne metta, andando a pescare fra i migliaia di elogi spesi nell’ultimo decennio. Niente di tutto questo, il gruppo di Tronchetti Provera ha imboccato la strada che porta esattamente in direzione opposta. Il cda fiume di ieri pomeriggio è servito proprio a questo: scorporare il gruppo (gravato da 41,3 miliardi di euro di debiti) in due società, una che si occupi della telefonia fissa e l’altra di quella mobile. Tradotto, Telecom da una parte e Tim dall’altra. Quale sia la destinazione di Tim non è dato saperlo dagli azionisti che si sono trincerati dietro un accomodante «non abbiamo ancora deciso», ma il suo futuro sembra segnato e si chiama cessione. La rete e i contenuti che passano attraverso i 30,4 milioni di linee di Tim, leader in Italia con il 40, 5% del totale e 3,4 milioni di clienti Umts, cambieranno probabilmente mano e si fanno i nomi di Rupert Murdoch, della spagnola Telefonica e del fondo americano Carlyle di cui è rappresentante per l’Italia quel Carlo De Benedetti fino ad un mese fa ad di Tim. Per adesso, Tronchetti Provera assicura che non sono arrivate offerte, anche se «se arrivassero le valuteremmo», ma non basta a zittire i mal di pancia di chi, sia a livello politico che a livello sindacale, non vede di buon occhio il passaggio in mani straniere dell’ultima compagnia di telefonia mobile rimasta dopo le sorti toccate alla ex Omnitel, a Wind e a Tre. E se i sindacati hanno già annunciato uno sciopero «entro settembre», la lezione delle privatizzazioni fatte male degli anni 90 di cui Telecom è stata un po’ la capofila, sembra non essere servita ai responsabili della politica di metà 2000 (che in molti casi sono gli stessi di allora), dato che al Senato giace già il disegno di legge della ministra Lanzillotta che mira a liberalizzare un altro importante e delicato settore: i servizi pubblici locali.
articolo tratto da www.liberazione.it
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