Lucieombre

...segretezza polare di un'anima al cospetto di se stessa...

 

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Post N° 16

Post n°16 pubblicato il 03 Luglio 2005 da solstiziod_inverno
Foto di solstiziod_inverno

A scuola sono sempre andata malissimo, tranne che in italiano.
Avevo tutti due e due meno, anche in condotta, e otto in italiano scritto e orale.
Dalla terza elementare alla terza liceo, pagelle clonate.
In classe contestavo sempre tutto ed eccitavo i campagni alla ribellione e all'anarchia.
Non so più quante volte sono salita sui banchi arringando professori di religione o di storia che mi guardavano con una smorfia tra il ribrezzo, il disprezzo e la pietà che i borghesi provano verso i pezzenti illusi.
Una specie di condiscendenza tiepida, più gelata di una doccia in cortile a gennaio.
Ogni fine anno, in questa scuoletta ganza, c'era la cerimonia della premiazione.
La cosa si svolgeva in un cinema parrocchiale.
Genitori e figli, travestiti da pinguinoidi o agghindate come alberi di natale, si cuccavano pistolotti etici di presidi ed ex alunni fetenti che venivano a darci un saluto dal "mondo del lavoro" (roba da pazzi) e mai che avessi visto parlare un operaio o una parrucchiera.
Sempre e soltanto facce di gesso che la più sfigata era bancaria e la più osannata era avvocato.
Questa cerimonia di futuri culi di pietra italiani si concludeva, invariabilmente, con la consegna delle medaglie.
Cristo le davano a tutti.
C'erano i primi della classe coi loro occhiali dalle lenti spesse, color nebbia in Val Padana, che facevano sempre bingo di pergamene e medaglie.
Dopo circa tre ore di sta solfa infame si arrivava agli ultimi, quelli con tre medaglie di bronzo, poi ai deficienti, quelli con due bronzi, infine ai figli della serva, quelli con una medaglia di bronzo in educazione fisica.
Ricordo che uno era figlio del bidello, che era un nano coi baffi.
Quando sentiva il suo nome s'irrorava il viso di un rosso gagliardo e guardava il figlio Mariano, lassù, sul palco, tra i ricchi.
"Sgargagnati Mariano", e il bidello andava in gloria.
Poi: "Una medaglia. Una medaglia di bronzo".
E il bidello faceva spallucce e con la mano destra, ma contentone, faceva il segno delle totò a quel giuggiolone di Mariano, che adesso fa il fioraio.
Cinque anni infiniti.
Cinque premiazioni, nello stesso cinema dei preti.
E sempre questo film in cui io non sono mai esistita neppure come comparsa, figurante, eccentrica, medaglia di carta stagnola.
Mai, mai, mai.
Credo che le sofferenze da giovani siano inenarrabili.
E questo silenzio, il silenzio della premiazione al cinema parrocchiale, non se n'è andato più via.
Ce l'ho dentro, è un silenzio assoluto, è la società che non ti vuole, non ti riconosce, non ti dà e non ti prende.
Sono venuta su da qui.
Da questo granito di nulla.
Perchè ho letto più libri di tutta la mia classe e del corpo insegnante.
Io sono stata un autodidatta disperata.
A scuola scena muta.
Odio puro.
Noia a trecentosessanta gradi.
Ma mentre ai mie compagni insegnavano a detestare per sempre "I promessi sposi", io già mi dilettavo con "Le illusioni perdute" di Balzac o mi stravolgevo con "La morte a Venezia" di Thomas Mann.
E ora tutti loro parlano del Chievo e si bevono la De Filippi.
Sarà un caso?.
Tre De Filippi. Tre De Filippi d'oro.
E tre San Remi. Tre San Remi d'oro.
Complimenti.
Ottima scuola.
Mi dicono che le cose non sono tanto cambiate.
Gli svogliati, gli assenti, i ragazzi difficili, i battutari, i contestatori, i Gran Distratti dagli occhi che galoppano oltre i finestroni non sono tenuti in gran conto.
Quelli invece che la sanno a memoria, i rispettosi, i secchioni, si.
C'è qualcosa che non va.
Cari maestri, care professoresse.
Attenti, non pretendo che vada premiato chi non fa una sega, o solo quelle.
Dico che va amato, è un'altra cosa.
E che i primi, i sempre primi vanno certo circondati di premure, ma non hanno bisogno di voi per diventare più stronzi di quanto già non siano.
Sono leader in scatola, leccapiedi in provetta, mediocri modello dell'Italia di domani.
Le grandi anime, i grandi cuori, stanno quasi sempre seduti scomposti agli ultimi banchi e li dovete stanare.
E' nella gioventù difficile l'avvenire più facile di questo Paese.
I primi della classe sarà difficile aggiungano qualcosa di nuovo.
Repetita non juvant.
Ma tra quei disadattati, quei finti sfrontati in fondo classe, forse c'è un cuore che farà battere, un domani, le tempie dell'umanità.
Ma poi, per favore, la scuola non è una partita di calcio, con le eliminazioni, i trofei, le coppe, i vincitori e i vinti.
Buttate le medaglie e le pergamene nella spazzatura, date retta.
Chi è stato disonorato in pubblico da giovane, o lo avete ucciso per sempre o ne avrete fatto un nemico irriducibile.
E quindici anni dopo, magari scrivendo un libro, ve lo dimostrerà.

 
 
 
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Un blog di: solstiziod_inverno
Data di creazione: 29/04/2005
 

 

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